«Sto prendendo in considerazione la possibilità di candidarmi alle europee. Devo valutare se la mia candidatura può essere utile al partito. In caso di elezione sarei probabilmente l'eurodeputato più anziano. Presiedere la seduta inaugurale del parlamento di Strasburgo mi toccherebbe di diritto. C'è un precedente, Le Pen. E sollevò grandi contestazioni. Non credo che per me sarà diverso».
Il presidente del Msi, Pino Rauti, è in viaggio in Lombardia, tra visite alle sezioni di partito e commemorazioni del sessantennale della Rsi. Dopo un discorso mattutino a Ponte Crenna, vicino a Varzi, per ricordare un eccidio di soldati salotini compiuto dai partigiani, e prima dell'immancabile riposino pomeridiano, pranza al Selvatico di Rivanazzano, con un gruppo scelto di camerati. Per stare in tema di europee, con la sua affermazione su Mussolini dittatore buono, Berlusconi ha voluto colpire Fini, forse punirlo del suo rifiuto a presentarsi in una lista unica. Fini, che non può permettersi ambiguità sul Fascismo, è stato costretto a intervenire prontamente. Un silenzio avrebbe vanificato il lungo lavoro diplomatico fatto con la comunità ebraica, la visita alle Fosse Ardeatine eccetera. Ma polemizzare con Berlusconi su Mussolini facendo dell'antifascismo gli è costato molto caro. La sede di An è inondata di fax di protesta».
È evidente la soddisfazione che si spande sul roseo volto sereno del presidente missino. Mentre, tra una minerale («Per favore non Fiuggi») preferita al vino - non perché rosso, di giorno non beve alcolici - e un antipasto di salumi locali, compreso un ottimo lardo, analizza la gaffe che pare tanto un anticipo di campagna elettorale. Nato nel 1926, Rauti si trovò diciottenne dopo l'armistizio a comandare un reparto di circa quaranta militari che presidiava Adria, nel Polesine. E svolgendo anche funzioni di polizia, scoprì un infanticida. Prigioniero di guerra, fu portato coi commilitoni dagli inglesi in Algeria per sottrarlo alla giustizia sommaria. Al rientro a Roma, si impegnò aiutando i reduci sui quali gravavano isolamento, condanne, vendette. Alla Repubblica sociale aveva preso parte con spirito patriottico. La convinzione ideologica maturò dopo, quando la sua attività di "soccorso nero" diventò stabile militanza politica sia pure storcendo il naso per un Msi più reazionario che rivoluzionario, più pedina della Guerra Fredda che terza via tra capitalismo e comunismo.
Si fa una cultura in carcere («la biblioteca di Regina Coeli è ottima»), dove prepara la laurea in legge e assiste a uno scherzo a Dumini, l'assassino di Matteotti («lo chiamavano con voce cavernosa e quando rispondeva chiedendo chi lo volesse dicevano: sono Matteotti…»). Folgorato dai libri di Evola, come Rivolta contro il mondo moderno, organizza una specie di commemorazione scoprendo infine che l'autore, il misterioso barone che partecipò attivamente alla fase esoterica del nazismo, non solo era ancora vivo ma viveva a Roma in corso Vittorio. Ne diviene assiduo frequentatore.
Fondatore dei Far, Fasci d'azione rivoluzionaria, e di Ordine Nuovo, movimenti degenerati nel clima di tensione terroristica, viene arrestato per la strage di piazza Fontana, con grande scandalo e motivazioni più politiche che indiziarie. D'Ambrosio lo libera con tempistica incauta il 24 aprile 1972, rovinando la ricorrenza del giorno successivo. Altro che toghe rosse.
Non c'è bisogno di ricordare che disapprova la svolta di Fini, l'abiura del fascismo, l'adesione a una sorta di gollismo in salsa liberista. Più interessante, e preoccupante per Bocca, scoprire che il viscerale antiamericanismo di Rauti trova ora in Bocca l'autore che legge con maggior piacere, condividendone fino all'ultima virgola i libri e gli articoli, specie Basso impero. «Quando mio nipotino mi chiede di indovinare dove è stato io già capisco che mi vuole raccontare che lo hanno portato al McDonald's. A volte arriva direttamente con la merendina del McDonald's e per convincerlo a mangiare qualcosa di più genuino devo sudare sette camicie. Prendere una frisella dalla credenza, per esempio. Spiegargli di cosa si tratta. Inventarmi che l'hanno prodotto le mani di vecchie contadine e che è un cibo rarissimo eccetera eccetera. Metterci lo zucchero al posto del pomodoro per renderla più appetibile. Allora si arrende e lascia perdere le merendine americane. Possibile che per far mangiare ai nostri bambini qualcosa di più buono e sano si debba faticare tanto?» (la frecciata è rivolta al genero, il padre del nipotino, Alemanno, ministro dell'Agricoltura, responsabile di certe cattive frequentazioni culinarie).
Rauti fa invece i complimenti alla cuoca del Selvatico. Dopo l'antipasto, arriva un piatto di fettuccine ai funghi porcini e un rotolo d'anatra ripieno. Tra poche settimane, il partito, che già pubblica un quotidiano, Linea, cui collaborano le migliori firme della destra, da Solinas a Cabona, che, liberi dai vincoli di servizio del Giornale, possono dar sfogo a una vena più varia e politica, manderà in stampa un mensile di cultura gastronomica, Sapere e sapori. «Uno dei primi temi servizi riguarderà la riscoperta delle antiche cisterne come risorsa per combattere l'emergenza idrica. Punteremo sulla valorizzazione dei cereali imperiali, come il cicerchio e il farro, sconfitto, quest'ultimo, dal grano. Farro che costituiva la razione giornaliera del legionario. Come diceva il grande gastronomo francese Brillat-Savarin, nei confini dell'impero romano si cucina. Fuori dai confini si cuoce. E allora l'Italia, cuore dell'impero, è la patria della buona cucina. Persino il più piccolo borgo ha riserve gastronomiche straordinarie, anche quello più sperduto dove Mussolini mandava gli oppositori al confino». Insomma, da Cristo si è fermato a Eboli a Linea verde il passo è breve, e Carlo Levi un antesignano di Fazzuoli, ha ragione Berlusconi.
Il Riformista
24/09/03