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  1. #1
    Viva la piadina!!!
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    Predefinito Incontro con Bin Laden nel Deserto

    "Il racconto di una studiosa italiana. «Ottobre 1999, ero al confine tra Pakistan e Afghanistan con la jeep in panne, quando arrivò lo sceicco con i suoi uomini»


    «Il giorno in cui presi un tè con Osama Bin Laden»


    Ho incontrato Osama Bin Laden. E adesso penso di poterlo raccontare perchè è passato abbastanza tempo, ho smaltito l'inquietudine che mi crea quel ricordo, perché credo non siano ancora evidenti i motivi per i quali non è stato ancora possibile catturarlo. E perchè chi doveva essere informato di questo episodio, lo è da tempo. Mi sono imbattuta in lui in modo casuale, nell'ottobre del 1999, durante una tempesta di sabbia ai margini del Deserto Rosso, ai cui miasmi e folletti non sfugge nessuno, fra Afghanistan, Pakistan e Iran, a nord ovest di Quetta. Mi trovavo da alcuni giorni in quella zona con il gruppo di ricerca italiano da me diretto, scortata da alcuni Levys, corpi speciali pachistani abituati a sopravvivere senza cibo e senza acqua anche per alcuni giorni, veri e propri uomini-cammelli. Dovevamo effettuare dei rilievi e documentare graficamente e topograficamente alcuni mausolei-tombe di antichi re: monumenti segnalati da eroici esploratori inglesi due secoli or sono, stupefacenti monumenti cupolati, a due piani, in mattone cotto e decorati con placche di terracotta in bassorilievo, resti di qualche glorioso passato dall'undicesimo secolo dopo Cristo. La notte precedente, dopo avere montato le tre tende del nostro gruppo e acceso i fuochi, notai che i soldati erano nervosi. Avevano visto in cielo la cometa di Halley, ed erano spaventati perchè la stella puntava la coda «a oriente»: un presagio funesto, secondo i saggi locali, tetra premonizione di qualche disgrazia terribile. Ma nessuno aveva ancora sentore della guerra che sarebbe scoppiata tre anni dopo: in quei giorni, c'era stato soltanto il colpo di stato incruento che aveva portato Pervez Musharraf al potere in Pakistan. La mattina dopo, partii con la mia Mercedes jeep, il mio autista, un soldato di scorta che parlava il dari, e il topografo francese. La visibilità era minima: la sabbia mulinava tutto intorno e copriva la pista. Improvvisamente, colpimmo uno sperone di roccia che l'autista non aveva visto. Scoppiarono le due ruote anteriori, e l'auto si insabbiò pericolosamente. Scendemmo per vedere il da farsi. I miei due accompagnatori cercarono di sbullonare le ruote, inutilmente. Eravamo bloccati e isolati nel nulla. All'improvviso, apparvero a poche decine di metri due grosse Toyota pick up. Procedevano in fila indiana. Sul retro di ogni camioncino, avvolti nei turbanti per proteggersi dalla sabbia, c'erano otto, dieci tribali armati di kalashnikov. Sulla prima automobile, davanti, accanto all'autista, sedeva un uomo sulla quarantina, con il turbante e la barba, e accanto a lui un altro personaggio al quale il primo dava ordini secchi in arabo.
    Allora, non sapevo che fosse Bin Laden. Non sapevo neppure chi fosse. Intuivo solo che si trattava del comandante di un reparto di guerriglieri talebani, perchè in quella regione esistevano diversi campi di addestramento. E capii anche che erano persone che ufficialmente non si dovevano nè incontrare, nè riconoscere, nè vedere. Lo sconosciuto scese dal pick up con il suo numero due. Mi parlò in un inglese perfetto. Chiese che cosa ci era successo, e capii che sapeva benissimo chi fossimo e che cosa stessimo facendo. Ordinò ai suoi uomini di aiutarci. Una decina di loro sollevarono di peso la Mercedes dalla buca di sabbia in cui si era impiantata. E cominciarono ad armeggiare intorno alle ruote.
    Il capo mi fece salire nell'abitacolo del suo pick up, al riparo, e mi offrì del tè caldo da un thermos. Mi fece domande sulle mie ricerche, mi interrogò sui monumenti cui stavo lavorando, mi chiese a quale epoca risalissero. Gli spiegai a quali tribù nomadi centroasiatiche li ricollegavo, e perché. Era un personaggio colto e informato. Aggiunsi che ero diretta ad una fortezza segnalatami sui monti, a tre ore circa di pista. avvertì. «Sul monte c'è una tempesta peggiore di questa. E' pericoloso. Torni al campo prima di sera». Quindi, mi riaccompagnò alla Mercedes, e solo allora mi resi conto che il soldato di scorta, un anziano mingherlino che mi faceva anche da guida, si era nascosto sotto il sedile posteriore, coperto dal cesto di cipolle che avevamo portato per i soldati del posto di blocco dove dovevamo arrivare.
    Quando il capo l'ha visto, ha detto poche secche parole in arabo al suo numero due. Questi si è avvicinato al mio Levy e gli ha intimato in dari: «Tu non ci hai visto. Di noi non parli. Se lo fai...» e si passò l'indice della mano sotto la gola, con un gesto inequivocabile. Tremante, il soldato annuì. In tutto, erano passati circa 40, 45 minuti. Ebbi la sensazione che quelle persone avessero totale libertà di movimento e che conoscessero il territorio a menadito. Per questo, quando oggi sento dire che è assurdo che Bin Laden non sia stato preso, ripenso a quell'incontro. Mi rendo conto che in quelle aree, perfino i satelliti e le apparecchiature più sofisticate faticano ad intercettare gli obiettivi. In fondo, l'attacco all'Iraq fu rimandato di alcuni giorni perchè c'era una tempesta di sabbia simile a quella che ci bloccò quel giorno.
    I due pick up scomparvero nel deserto, e noi tornammo indietro. Io riferii l'incontro all'Assistant Commissioner pachistano al quale dovevo fare sempre rapporto. Lui non disse nulla, ma non mi sembrò sorpreso. Ero in una zona definita Very sensitive area: zona pericolosa. Era quasi naturale imbattersi in bande di narcotrafficanti o di talebani. Il funzionario federale di Islamabad, capitale del Pakistan, al quale comunicavo gli spostamenti, mi aveva avvertito. Qualche volta, negli anni successivi, ho ripensato a quell'episodio. Fino al 2001, lo consideravo soltanto uno dei tanti che mi sono capitati nel corso delle mie ricognizioni in quei territori così lontani, e che continuo ad amare. Poi arrivò l'11 settembre. E riconobbi nel volto di Bin Laden trasmesso da tutte le tv del mondo quella faccia incorniciata dalla barba e quella voce educata che mi aveva chiesto in un inglese perfetto spiegazioni storico-archeologiche. Rabbrividii. Sperai che non si ricordasse mai di avermi incontrato.
    Ma non sono sorpresa che Bin Laden non sia stato ancora catturato. Se è ancora vivo, temo riesca ancora a muoversi con un certo margine di libertà. E non soltanto per qualche connivenza di una parte dell'ISI, il servizio segreto pachistano. In quelle zone sperdute, fra gole, zone desertiche, caverne, i nascondigli sono migliaia. E una persona che ha soldi, carisma, che conosce i codici d'onore e le superstizioni locali, che parla la lingua e ha una scorta armata e agguerrita, non viene nè ammazzata, nè venduta a quelli che sono considerati gli infedeli: e cioè noi occidentali, tanto più le truppe e gli agenti statunitensi. E' un contesto che offre protezione e omertà non solo fra quelle tribù, ma oserei dire in tutto il contesto sociotribale che va dall'Algeria all'Asia centrale. Tribale, non solo e non tanto islamico: ometterei il fattore Islam. Bin Laden, sempre - ripeto - che sia ancora vivo, ha fatto leva su questo sfondo culturale per sopravvivere. Si muove e si nasconde in una realtà transfrontaliera e transetnica nella quale lui e i suoi uomini hanno conoscenze e appoggi.
    Ripenso spesso anche alle dicerie degli indovini sulla coda della cometa di Halley. Non ci credo, naturalmente. Ma, visto quello che è accaduto dopo quella notte e in seguito, spero non indichi più con la sua coda nessun Paese della terra.

    Valeria Piacentini


    Esteri "

    Dal Corriere.it

  2. #2
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    Predefinito

    questa da per assodato che bin laden dai deserti del pakistan sia responsabile di tutto... e che da perfetta donna civilizzata occidenale si consideri superiore alle abitudini "tribali" di gente che ha conociuto solo quelle leggi....
    inoltre ha cosi tanta paura che bin laden si ricordi di quell'incontro....che per evitare che se ne dimentichi davvero si fa avanti con un pezzo sul corriere...
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

 

 

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