Doveva essere una giornata di festa. Con la città chiamata a riappropriarsi,
attraverso l'intitolazione di un piazzale di Marghera ai «Martiri giuliano
dalmati delle foibe », di una pagina tragica di storia nazionale ed europea,
da cui sono scaturiti, per 350mila italiani, diaspora ed esilio. Ma non è
stato così: questa domenica di fine settembre verrà ricordata per la
guerriglia urbana e gli scontri (quattro i ragazzi di Azione giovani finiti
al pronto soccorso). Che qualcosa fosse destinata ad accadere, lo si è
capito subito, ieri, nell'ex-piazzale Tommaseo. Sono passate da poco le 10:
esponenti di Rifondazione comunista protestano, a qualche metro dal palco,
sistemato di fronte al cancello della scuola Visintini. Hanno srotolato uno
striscione rosso con un «Vergogna» a caratteri cubitali e dispensano
volantini, firmati anche dai «Verdi non violenti». Nome che scatena le prime
reazioni. «Alcuni attivisti del Rivolta e del Pedro di Padova - raccontano i
rifondisti - si sono avvicinati, scandendo «Boato, Boato», e giù offese,
prima di prendere a pugni Gigi, un nostro esponente». Minacce verbali
giungono all'indirizzo del consigliere regionale di Rifondazione Pierangelo
Pettenò che ribadisce come «il Comune abbia la colpa di aver creato
steccati, invece di eliminarli». Passa mezz'ora: accanto allo striscione
scarlatto, si posizionano il picchetto dei lagunari, una trentina di agenti
di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa. Di fronte al palco, si
stanno concentrando autorità e una folla di persone e associazioni, tra lo
sventolio di tricolori. Ma si tratta di pace apparente; pochi metri più in
là è guerriglia. I poliziotti vengono richiamati - e vi si precipitano di
corsa - da uno scontro in via Kossuth, la laterale del piazzale, dalla parte
opposta del palco. A prendere le botte, questa volta, una ventina di ragazzi
di Azione giovani. Ne escono malconci in cinque, quattro si faranno medicare
al Pronto soccorso dell'Umberto I. «Erano una cinquantina. Ci hanno
accerchiato: venivamo da piazza Mercato. Dalla siepe di piazzale Tommaseo, -
ricorda Andrea De Simone, capogruppo di An a Marghera che ha riportato la
frattura della mandibola - sono sbucati quelli del Rivolta. Abbiamo
indietreggiato, ma un altro gruppo di loro ci si è parato davanti». «Pare ci
fosse anche Tommaso Cacciari. L'extraterritorialità con cui operano quelli
del Rivolta - commenta con rabbia il consigliere comunale Raffaele
Speranzon - deve finire».
La cerimonia ha inizio sulle parole del presidente della Municipalità,
Roberto Turetta, che chiede scusa per quanto accaduto e rivendica per
Marghera l'essenza di città tollerante e civile. «Quello che facciamo oggi,
riconoscere una tragedia in cui sono morte, secondo storici di sinistra,
almeno 10-12mila persone - esordisce con foga il prosindaco Gianfranco
Bettin - è normale dappertutto, ma non qui, dove è incistata un'ideologia
che diventa livore e mandato politico a colpire». Attacca i «Verdi non
violenti che hanno una colomba, come simbolo, ma dovrebbero avere un
avvoltoio che aleggia sui morti» e invita, però, a andare avanti da una
Marghera che non è «questa» per riprendersi la «storia per intero». «Abbiamo
il dovere - afferma invece il presidente nazionale dell'Associazione Venezia
Giulia Dalmazia, senatore Lucio Toth che ringrazia Bettin, la Municipalità e
la gente di Marghera - di ricordare a voi quale pulizia etnica abbiamo
subìto». «Non si elimina il problema - conclude il sindaco Paolo Costa prima
di scoprire la nuova denominazione del piazzale - nascondendosi: abbiamo
bisogno di verità, fondamento di democrazia». Ma gli scontri hanno fatto
registrare anche la spaccatura fra Rifondazione e i Centri sociali: la
federazione provinciale del Prc scrive che una «gravissima provocazione è
stata attuata da elementi facenti riferimento al Centro sociale Rivolta»,
con l'aggressione di un esponente della segreteria a calci e pugni. «I
picchiatori hanno accusato i militanti di Rifondazione di essere a favore
delle foibe », è scritto nella nota. «Ci pare che la gravità del fatto metta
in evidenza la pochezza politico culturale di questi personaggi».
Giacinta Gimma



MESTRE CENTRO
Raid neonazista contro Ds, Pdci, Verdi e Arci

Due mesi fa avevano colpito a Marghera, questa volta, probabilmente
approfittando del buio fitto nelle strade di Mestre, si sono avventurati in
centro. I risultati dell'ennesimo raid di ispirazione neonazista si sono
visti al sorgere del sole, ieri mattina. L'ingresso della sezione di
piazzetta Canova dei Comunisti italiana, nei pressi di viale San Marco, è
stata imbrattata di scritte offensive di matrice fascista, e la bandiera del
partito è stata trafugata. Poco distante, in via Hermada, è stata presa di
mita una sezione dei Ds e l'attigua sede dell'Arci, lordata di svastiche e
croci celtiche. Gli ignoti autori del gesto hanno forzato l'ingresso e
prelevato la cassa del circolo, come constatato dai dirigenti dell'Arci che
in una nota condannano «questo ennesimo atto vigliacco e criminale compiuto
da individui che evidentemente trovano nell'attuale contestoculturale
nazionale terreno fertile per azioni che nulla hanno a che fare con la
normale dialettica e convivenza democratica». Del raid ha fatto le spese
anche la sezione Ds di Zelarino, quello dello Sdi a Marghera e la deputata
dei Verdi Luana Zanella, sotto la cui abitazione sono comparse scritte
offensive che rivelano una preoccupante escalation dell'intolleranza nei
confronti delle istituzioni e delle forze politiche. Il segretario del Pdci
di Mestre, Carlo Coccato, parla di «logica conseguenza della riabilitazione
che il fascismo ha ottenuto da troppi rappresentanti democratici, l'ultimo
lo stesso sabato al convegno organizzato dal verde Bettin». Gli episodi sono
stati segnalati alla Digos.