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  1. #1
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    Post La mia testimonianza di ieri a Roma

    Saremo noi sciaman*, variopint* e assolut* a scuotere i corpi, a iniziare
    le danze febbrili, a battere strade e tamburi fino alla perdizione, facendo
    incontrare azione e parola, corpo e azione, corpo e spirito, conflitto e
    consenso"
    (la Dissobedienza ha le zinne di Assalti A-salti, primavera 2002)



    Arriviamo a Laurentina alle 13, tutto sembra tranquillo.
    Ci prepariamo per formare lo spezzone disobbediente. Oggi come ieri ci sentiamo invincibili, come sempre. Dopo Cancun abbiamo capito che si possono invadere tutte le zone rosse, anche se non ce le costruiscono contro ad ogni manifestazione, fatte di reti e container accatastati, anche quelle che esistono tutti i giorni nelle nostre vite e nei nostri territotri e che non ci piacciono.
    Le vogliamo invadere coi nostri corpi, con i nostri desideri e crediamo davvero si possa ancora fare, di nuovo. Si, se puede.

    I carabinieri ci creano problemi a far arrivare il nostro camion assemblato al "corto circuito"fino alla Laurentina. Appena arrivato saliamo il corteo. All'altezza dell'EUR cordoni immensi di finanzieri, carabieni e polizia circondano lo spezzone. Sono un piccolo esercito. Sfoderano il manganello, battono contro lo scudo, cercano di intimidirci al nostro passaggio. Noi balliamo e gli dicamo che sono veramente brutti e grigi e che noi siamo bellissimi, coloratissimi, e pieni di gioia di fronte alla loro tristezza fatta divisa. Gli diciamo di unirci a noi perchè stanno difendendo il niente, stanno difendendo un non-luogo, "pieno" di 15 non-persone che non rappresentano nessun cuore, nessun desiderio, nessun bisogno, ma solo carte di credito.

    Formiamo un cordone umano a difendere il corteo, io mi metto proprio davanti al camion.

    Il blocco delle forze dell'ordine sono molto più avanti di quanto era stato accordato. Il palazzo congressi in lontananza appena visibile. Un esercito dispiegato davanti a noi.

    Dopo un pò le compagne e i compagni volontari a forzare il blocco si fanno in avanti. Casco (obbligatorio), mascherina, e scudo di pexiglas. E il nostro corpo, la nostra indignazione, i nostri desideri come uniche armi.

    Il camion e noi del cordone stiamo dietro di almeno 500 metri dagli scontri. Proprio all'altezza dell'obelisco. Da lì non ci muoveremo più in avanti per tutto il resto della manifestazione. Il nostro compito è solo quello di fare da "cuscinetto" allo spezzone davanti quando verrà caricato, in modo da tenere le posizioni.

    Poi arrivano loro. Sono 100, forse 200. I "neri" li chiamiamo noi. Un ragazzo mi è rimasto impresso perchè portava pantaloni militari, bomber nero, completamente rasato. Puro Skinhead. Sono black Block? Forse. Forse sono quelli di "europposizione" vicini al campo antimperialista, gli stessi che nella mattinata hanno incendiato l'Adecco. Passano alla sinistra del nostro spezzone. Ci provocano, urlando e gesticolando. Offendendoci. Noi non rispondiamo alle provocazioni. Stringiamo il cordone per evitare infiltrazioni. Intanto se la prendono con un distributore dell'ENI. Vengono fischiati in coro. Passano davanti, verso la zona degli scontri dove i nostri stanno a faccia a faccia con le forze dell'ordine. C'è una sede della BNL. La attaccano violentamente. I compagni davanti intervengono subito. Dopo aver cercato inutilemente di dissuaderli, volano gli schiaffi.

    I neri le prendono dai disobbedienti. E scappano. E mentre scappano ci gridano: "sbirri difensori di banche". E noi gli gridiamo dietro "chi vi paga?".

    Intanto, davanti al cordone della polizia sono le compagne a prendere l'iniziativa. Come a Cancun, vogliamo che siano le donne a invadere la zona rossa. La testuggine immensa farcita di palloncini, si scontra contro i cordoni dei poliziotti. E' un tira a molla, scaramucce, niente di che. Una piccola carica di allegerimento ci fa prendere un pò il panico. Veniamo gente scappare dalla zona del contatto. Ma sono solo turisti incuriositi che alle prime scaramucce fuggono pensando a chissà cosa. Dopo un'altra decina di minuti un'altra carica di alleggerimento. Un pò di tensione, ma anche stavolta noi dietro stiamo tranquilli. Arriva Franco Giordano, capogurppo di Rifondazione, un pò preoccupato. Dietro al nostro camion sia lo spezzone del PRC sia quello dell'ARCI se ne sono andati. I poliziotti avanzano anche da dietro e ci chiudono l'unica via di fuga. Se contiamo i carabinieri che abbiamo alla nostra destra e alla nostra sinistra alle ucite della piazza, sappiamo di essere circondati.

    Davanti intanto i compagni hanno preso posto delle compagne a fronteggiare il blocco. E sappiamo che da adesso le cose si complicheranno. Gli scontri si fanno più pesanti. Ritornano i neri e tirano bombe carta e sanpietrini. Sempre loro, a rovinare tutto. Esplodono lacrimogeni. E poi arriva la carica (vera) dei carabinieri. Stavolta non è leggera. Stavolta fa centinaia di metri ed è piuttosto violenta. Stavola la gente ha ragione a fuggire. Noi del cordone al camion che pensavamo di essere abbastanza distanti ce li vediamo arrivare fino a una trentina di metri. C'è la voglia di scappare, c'è la paura. Un ragazzo fugge con il volto insaguinato. Ma teniamo. Il cordone non si spezza nemmeno con la carica vicinissima. Dopo qualche secondo capiamo che tutto è finito. Siamo circondati da un esercito. Ce la siamo vista brutta, ma è finita. "Una sconfitta militare di propozioni gigantesche" ci diciamo, ridendo. Con ancora un pò di tensione sciogliamo il cordone per far marcia inversione al camion. Usciamo lentamente, riformando il cordone. Ritorniamo alla Laurentina a suon di musica per alleviare l'adrenalina. Con dietro un plotone di polizia che ci segue. Alla fine caricheranno anche alla stazione Metrò i compagni che se ne volevano solo ritornare a casa.

    Una mia amica (piuttosto ingenuamente) sulla via del ritorno mi chiede. "Ma loro sono forze dell'ordine. Dovrebbero caricare i cattivi, no?" Io non riesco a dirle altro che "siamo noi i cattivi".

    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





  2. #2
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    Predefinito Da indymedia.

    Resoconto di quello che vedono gli occhi e il cuore ma non gli obbiettivi delle telecamere.

    Verso le 13 e 30 nelle strade fuori da stazione Laurentina erano presenti all'incirca 5000 persone che con l'andare dei minuti aumentavano sino a raggiungere quota 40 mila.
    Si viene a sapere tramite amici che la mattina ci sono stati scontri e si capisce già da quel momento che la serata non sara' tranquilla.
    Facendo un giro nelle strade prima che inizi il corteo si nota la quantità esagerata di personaggi grossi brutti e armati che affollano le strade limitrofi, ovviamente si parla di finanzieri (i piu' brutti e cattivi in assoluto) e poliziotti.

    13:45 Parte il corteo dei social forum, sindacati di base di "disubbidienti" e di singoli.

    14:18 Il corteo è lunghissimo, colorato e con molta musica (soggettivamente quella dei cobas faceva cagare... pardon), ci sono dai cattivoni in nero che vengono puntualmente insultati dai democratici del corteo, ma anche i grandi e grossi disubbidienti, poi c'e' l'ARCI, il PMLI, molte bandiere sarde, insomma tutto il movimento!
    Il corteo e' sempre sorvegliato dall'alto da due elicotteri e in coda il corteo è pressato dalle forze del (dis)ordine.

    18:00 Le quindicenni dei disubbidienti "assediano" simbolicamente le forze di polizia che proteggono i potenti(grandi e grassi pure loro), e incomincia dalle retrovie (sempre dei disubbidienti) il simbolico lancio di ortaggi.
    Solo che a questo punto bisogna fare delle precisazioni, chi lanciava uova alla polizia (o anche semplici fumogeni) veniva "dolcemente" redarguito dai cari e sempre mitici disubbidienti, un po' come quando da piccoli si dicevano le mitiche frasi <il pallone e mio e ci gioco io>, questa piazza e' mia e gli ortaggi li lancio io (a questo punto immaginatevi il bambino di 5 anni imbronciato).
    Chi veniva scoperto lanciando uova veniva quindi dolcemente preso per il collo scosso "leggermente" e sempre "dolcemente" veniva avvisato che se avesse provato a fare di nuovo un simile affronto alle forze di polizia sarebbe stato redarguito in altri modi.
    Questa pagliacciata si prolunga (con uno spallamento generale non indifferente) per una buona mezzora nella quale i casarini boys ( :-) ) si fanno fotografare e riprendere per avere l'ennesima prima pagina sul giornale in quanto salvatori del mondo (?).

    180 A questo punto dato che l'azione di disobbedienza era "simbolica" e non violenta, le 15 enni hanno lasciato lo spazio ai fratelli piu' grandi armati di bastoni (sempre di disobbedienti si parla) che hanno attaccato la polizia. Sono quindi incominciate le cariche, e quando queste cominciavano se qualcuno tentava di difendersi con lanci di pietre i disobbedienti continuavano a rimproverare che quelle cose non si fanno neanche per legittima difese (fortunatamente non picchiavano in quel momento perche' dovevamo scappare tutti).
    Fattosta' che i manifestanti vengono caricati dalla polizia che comincia a spuntare da tutte le vie e a far defluire il corteo da dove era arrivato.
    A corteo concluso i manifestanti vengono nuovamente caricati nei pressi della stazione Laurentina probabilmente per far andare via la gente (bel modo di far finire una manifestazione), e mentre nella metropolitana vengono interrotte partenze ed arrivi, lo speaker della metropolitana chiede alla gentile clientela di spostarsi fuori dalla stazione, peccato che fuori dalla stazione stiano ancora caricando.
    Ripartono i metro' e fuggiamo definitivamente verso ostiense, ma veniamo a sapere che i manifestanti sono stati caricati fin dentro la metropolitana.

    Provo solo disprezzo per chi come Casarini non mette mai in discussione davanti ai poliziotti la propria pellaccia mentre quelli che lo devono fare sono minorenni neanche cosi' grossi da poter tentare di tenere le cariche della polizia, provo disprezzo per chi come i Disobbedienti minaccia e picchia compagni durante i cortei perche' le loro azioni non sono consone alla loro idea di ribellione.
    Chi picchia i compagni o e' un poliziotto o e' un fascio

    Con tutto il rispetto per chi crede nella pratica della disobbedienza questo e' quello che ho visto.



    E poi che cos'hai contro gli Skin? Non sono vestiti di bianco?

    mah...

  3. #3
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    Quelli di "europposizione" hanno avuto ciò che si meritavano.

    La loro strategia era quella di infiltrarsi nel nostro spezzone e provocarci. Ed ognuno si prende le sue responsabilità. Si tratta dell'ultimo grido infantile per cercare di sopravvere a un movimento che oramai ha deciso di chiudere con la loro cultura di piazza che fa il gioco degli ambienti più reazionari e avrebbe permesso ai veri sbirri di caricare e fare una strage. Che vadino pure a bruciare l'ADECCO, ma che stiano lontanti dal nostro spezzone. Non vogliamo mischiarci con certa spazzatura.

    Il resto dell'articolo di indy sembra l'ennesima conferma del travaso di bile i settori che non hanno più poverini - la visibilità che vorrebbero avere. L'accusa ai disobbedienti è quella di essere troppo comunicativi. Per fortuna, aggiungo io. L'accusa (maschilista) è quella di mettere in gioco le ragazze. Falso, che sono state le compagne a voler autodeterminare la loro posizione nel corteo, con un appello che è girato in rete per molto tempo.

    Insomma, ad ogni manifestazione del movimento arrivano le lamentele di questi tizi che fanno esplodere la solita loro rabbia, la solita frustazione, nel sentirsi superati e isolati. Che gran goduria.

    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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  4. #4
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    sinceramente, ma dopo Genova avete ancora voglia di sfondare "zone rosse"?

    ma che credibilità possono avere questi "disobbedienti" che a Genova volevano chiedere il permesso alla Questura di poter "sfondare" la zona rossa per 15 (quindici!) metri, magari tra due alti di celerini sorridenti.
    Ma nemmeno i bambini....

    I "disobbedienti" "sfondano", la polizia carica (a ragione, dal punto di vista legale), la gente ci prende il solito fracco di botte e Casarini torna a casa contento di essersi assicurato i soliti 2 minuti di visibilità al Tg3.
    Ovviamente dallo "sfondamento" non discende nessun cambiamento politico reale, solo pubblicità per i soliti noti.



  5. #5
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    In origine postato da enrique lister
    sinceramente, ma dopo Genova avete ancora voglia di sfondare "zone rosse"?

    ma che credibilità possono avere questi "disobbedienti" che a Genova volevano chiedere il permesso alla Questura di poter "sfondare" la zona rossa per 15 (quindici!) metri, magari tra due alti di celerini sorridenti.
    Ma nemmeno i bambini....

    I "disobbedienti" "sfondano", la polizia carica (a ragione, dal punto di vista legale), la gente ci prende il solito fracco di botte e Casarini torna a casa contento di essersi assicurato i soliti 2 minuti di visibilità al Tg3.
    Ovviamente dallo "sfondamento" non discende nessun cambiamento politico reale, solo pubblicità per i soliti noti.


    Non credo che tu non abbia molto chiaro il significato del tentativo di varcare la zona rossa genovese (lo ripeto: tentativo, nessuno pensava di riuscirci come nessuno però poteva immaginare il comportamento delle forze dell'ordine). Non era solo la necessità di far emergere l'ademocraticità del G8 e di quella zona rossa su cui tutto il GSF era d'accordo ( e come era d'accordo su questa pratica il nascente movimento a Seattle, riuscendo a fermare il vertice WTO e a subentrare nella scena internazionale); ne era solo il simbolico il tentativo di una moltitudine di voler varcare le migliaia di zone rosse che quotidianamente subisce, nel luogo di lavoro, nel quartiere, nella sua faticosa esistenza.Ma il vero ruolo di quel corteo è stato quello, riuscito a pieno, di tenere unito il movimento. Perché? Perché la nuova pratica politica che esprimeva quel corteo di una disobbedienza come azione diretta non-violenta (lo sottolineo, non si sa mai), faceva da ponte alle due ali che in un movimento antagonista esistono storicamente: l'ala pacifista e l'ala, diciamo, non-pacifista.

    Ecco il punto: fu superato quell'orribile spettro che è la discussione "violenza/non violenza", l'unica sulla quale potevamo separarci e potevano, loro i potenti della terra, dividerci in "buoni" e "cattivi". Tutto questo tu lo chiami esibizione personale? Sfoggio di autoreferenzialità? No affatto, è stata piuttosto la capacità di aprire un nuovo spazio politico per rafforzare l'unità del movimento e concentrare le nostre forze sui contenuti rispetto ai metodi (esattamente l'inverso di quello che sostieni tu).

    Come fai a non vedere che se non ci fosse stata una pratica di disobbedienza tu avresti regalato alla violenza blackblockista tanta parte di giovani che invece il 20 luglio hanno sfilato in modo non-violento nel nostro corteo? Non lo vedi o non ti interessa? A me francamente interessa se un mio coetaneo che ha come me un livore contro questa società, che potrebbe essere indotto a un elemento e di esasperazione della propria critica e perciò mettere a repentaglio la sua esistenza oltre a quella del movimento, venga sottratto a tutto questo e portato invece dentro un corso che lo fa diventare un mio compagno di strada per tutta una vita.

    E mi fa piacere vedere che sempre di più aumentano gli spezzoni che vogliono invadere la zona rossa, di manifestazione in manifestazione. E vedere persone che senza questa oppurtunità si sarebbero probabilmente lasciate ad andare a forme di lotta sbagliate.

    Come fai a non vedere che questa cosa è una chiave di interpretazione di argomenti più generali? Come fai a non vedere che l'Intifada come forma di disobbedienza non-violenta è l'alternativa al terrorismo di Hamas? Come fai a non vedere che si tratta di un alternativa vera, di una nuova forma di lotta politica di un movimento che non vuole percorrere gli stessi errori dei movimenti antagonisti degli anni '70, schiacciati da una parte dagli apparati burocratici e partitici e dall'altra dalla tragica strada della violenza come unica arma politica rimasta, senza nessuna alternativa?

    Non è un metodo, caro Lister, è un contenuto, non è un fine ne mezzo è semplicemente un terreno, un luogo/non luogo di conflitto sociale; e soprattutto non è una strategia che i leader ordinano a dei gregari che amano fare collezioni di denunce in questura ma è una desiderio che nasce spontaneo, dal basso, da quello che noi insistiamo a chiamare moltitudine (o classicamente, masse).

    E poi ci sono altre ragioni, certo, comunicative ed altro. Ma al tuo pragmatismo contrappongo il mio. Senza disobbedienza in questi anni ci sarebbero stati due movimenti divisi, da Genova in poi.
    Questa è la verità. La tua alternativa quale sarebbe? Ritornare a prima della carta di Milano? I "buoni" e i "cattivi" che si dividono su come stare in piazza?

    Non credo proprio.

    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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  6. #6
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    Predefinito Domanda

    In origine postato da Paddy Garcia
    Saremo noi sciaman*, variopint* e assolut* a scuotere i corpi, a iniziare
    le danze febbrili, a battere strade e tamburi fino alla perdizione, facendo
    incontrare azione e parola, corpo e azione, corpo e spirito, conflitto e
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    Arriviamo a Laurentina alle 13, tutto sembra tranquillo.
    Ci prepariamo per formare lo spezzone disobbediente. Oggi come ieri ci sentiamo invincibili, come sempre. Dopo Cancun abbiamo capito che si possono invadere tutte le zone rosse, anche se non ce le costruiscono contro ad ogni manifestazione, fatte di reti e container accatastati, anche quelle che esistono tutti i giorni nelle nostre vite e nei nostri territotri e che non ci piacciono.
    Le vogliamo invadere coi nostri corpi, con i nostri desideri e crediamo davvero si possa ancora fare, di nuovo. Si, se puede.

    I carabinieri ci creano problemi a far arrivare il nostro camion assemblato al "corto circuito"fino alla Laurentina. Appena arrivato saliamo il corteo. All'altezza dell'EUR cordoni immensi di finanzieri, carabieni e polizia circondano lo spezzone. Sono un piccolo esercito. Sfoderano il manganello, battono contro lo scudo, cercano di intimidirci al nostro passaggio. Noi balliamo e gli dicamo che sono veramente brutti e grigi e che noi siamo bellissimi, coloratissimi, e pieni di gioia di fronte alla loro tristezza fatta divisa. Gli diciamo di unirci a noi perchè stanno difendendo il niente, stanno difendendo un non-luogo, "pieno" di 15 non-persone che non rappresentano nessun cuore, nessun desiderio, nessun bisogno, ma solo carte di credito.

    Formiamo un cordone umano a difendere il corteo, io mi metto proprio davanti al camion.

    Il blocco delle forze dell'ordine sono molto più avanti di quanto era stato accordato. Il palazzo congressi in lontananza appena visibile. Un esercito dispiegato davanti a noi.

    Dopo un pò le compagne e i compagni volontari a forzare il blocco si fanno in avanti. Casco (obbligatorio), mascherina, e scudo di pexiglas. E il nostro corpo, la nostra indignazione, i nostri desideri come uniche armi.

    Il camion e noi del cordone stiamo dietro di almeno 500 metri dagli scontri. Proprio all'altezza dell'obelisco. Da lì non ci muoveremo più in avanti per tutto il resto della manifestazione. Il nostro compito è solo quello di fare da "cuscinetto" allo spezzone davanti quando verrà caricato, in modo da tenere le posizioni.

    Poi arrivano loro. Sono 100, forse 200. I "neri" li chiamiamo noi. Un ragazzo mi è rimasto impresso perchè portava pantaloni militari, bomber nero, completamente rasato. Puro Skinhead. Sono black Block? Forse. Forse sono quelli di "europposizione" vicini al campo antimperialista, gli stessi che nella mattinata hanno incendiato l'Adecco. Passano alla sinistra del nostro spezzone. Ci provocano, urlando e gesticolando. Offendendoci. Noi non rispondiamo alle provocazioni. Stringiamo il cordone per evitare infiltrazioni. Intanto se la prendono con un distributore dell'ENI. Vengono fischiati in coro. Passano davanti, verso la zona degli scontri dove i nostri stanno a faccia a faccia con le forze dell'ordine. C'è una sede della BNL. La attaccano violentamente. I compagni davanti intervengono subito. Dopo aver cercato inutilemente di dissuaderli, volano gli schiaffi.

    I neri le prendono dai disobbedienti. E scappano. E mentre scappano ci gridano: "sbirri difensori di banche". E noi gli gridiamo dietro "chi vi paga?".

    Intanto, davanti al cordone della polizia sono le compagne a prendere l'iniziativa. Come a Cancun, vogliamo che siano le donne a invadere la zona rossa. La testuggine immensa farcita di palloncini, si scontra contro i cordoni dei poliziotti. E' un tira a molla, scaramucce, niente di che. Una piccola carica di allegerimento ci fa prendere un pò il panico. Veniamo gente scappare dalla zona del contatto. Ma sono solo turisti incuriositi che alle prime scaramucce fuggono pensando a chissà cosa. Dopo un'altra decina di minuti un'altra carica di alleggerimento. Un pò di tensione, ma anche stavolta noi dietro stiamo tranquilli. Arriva Franco Giordano, capogurppo di Rifondazione, un pò preoccupato. Dietro al nostro camion sia lo spezzone del PRC sia quello dell'ARCI se ne sono andati. I poliziotti avanzano anche da dietro e ci chiudono l'unica via di fuga. Se contiamo i carabinieri che abbiamo alla nostra destra e alla nostra sinistra alle ucite della piazza, sappiamo di essere circondati.

    Davanti intanto i compagni hanno preso posto delle compagne a fronteggiare il blocco. E sappiamo che da adesso le cose si complicheranno. Gli scontri si fanno più pesanti. Ritornano i neri e tirano bombe carta e sanpietrini. Sempre loro, a rovinare tutto. Esplodono lacrimogeni. E poi arriva la carica (vera) dei carabinieri. Stavolta non è leggera. Stavolta fa centinaia di metri ed è piuttosto violenta. Stavola la gente ha ragione a fuggire. Noi del cordone al camion che pensavamo di essere abbastanza distanti ce li vediamo arrivare fino a una trentina di metri. C'è la voglia di scappare, c'è la paura. Un ragazzo fugge con il volto insaguinato. Ma teniamo. Il cordone non si spezza nemmeno con la carica vicinissima. Dopo qualche secondo capiamo che tutto è finito. Siamo circondati da un esercito. Ce la siamo vista brutta, ma è finita. "Una sconfitta militare di propozioni gigantesche" ci diciamo, ridendo. Con ancora un pò di tensione sciogliamo il cordone per far marcia inversione al camion. Usciamo lentamente, riformando il cordone. Ritorniamo alla Laurentina a suon di musica per alleviare l'adrenalina. Con dietro un plotone di polizia che ci segue. Alla fine caricheranno anche alla stazione Metrò i compagni che se ne volevano solo ritornare a casa.

    Una mia amica (piuttosto ingenuamente) sulla via del ritorno mi chiede. "Ma loro sono forze dell'ordine. Dovrebbero caricare i cattivi, no?" Io non riesco a dirle altro che "siamo noi i cattivi".

    P.G.

    Tu, moderatore del Forum Rifondazione Comunista, sei un tesserato del PRC?

  7. #7
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    Predefinito Re: Domanda

    In origine postato da Sant'Eusebio
    Tu, moderatore del Forum Rifondazione Comunista, sei un tesserato del PRC?
    Ovvio.
    Why?

    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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  8. #8
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    Predefinito retorica e realta'

    piu' che la retorica dell'intervento di Paddy che, mutatis mutandis, sembra preso da uno spot di MTV forse quest' articolo del Manifesto mi sembra molto obiettivo e mette il dito nella piaga della sconfitta politica del "movimento dei movimenti "di sabato:


    I no global si dividono sul corteo di sabato. Benzi della Cgil accusa: «C'è qualcuno che pensa già alle elezioni». I disobbedienti rivendicano lo «sfondamento della zona rossa» e attaccano le «burocrazie sindacali» sul palco di piazza del Popolo. Ma tra loro non c'è accordo sulle modalità di piazza. I Giovani comunisti: così paghiamo un prezzo troppo alto. E su Indymedia si parla di «vittoria della polizia».


    Una sconfitta o una vittoria? L'inizio della fine o un nuovo punto di partenza? Se non aveva i numeri e le forze per impedire l'avvio della Conferenza intergovernativa, la manifestazione di sabato a Roma ha sicuramente prodotto il risultato di far discutere, probabilmente per la prima volta così in profondità, il cosiddetto movimento dei movimenti. Nei luoghi e con le modalità ad esso più consoni, ovviamente: dalle assemblee delle varie organizzazioni che lo compongono alla rete. Il bilancio della due giorni di contestazione al summit europeo è infatti impietoso, per quello che veniva presentato come l'avvio dell'«autunno caldo» del movimento: un corteo lontano dalle grandi adunate di un anno fa anche se dai numeri affatto irrilevanti visto che una parte consistente ha preferito puntare sulla Perugia-Assisi di domenica prossima, ma ingabbiato nella morsa di 5 mila agenti; un forum sulla Costituzione europea all'università di Roma che se da un lato è servito a creare «un clima di dialogo» e a evitare la contrapposizione con la contemporanea manifestazione dei sindacati europei, come spiega Gianfranco Benzi della Cgil, dall'altro è stato praticamente ignorato al di fuori del circuito militante. Parliamo dei media come di buona parte dei politici dell'opposizione ma soprattutto di chi avrebbe dovuto costituirne il corpo vivo, vale a dire gli studenti dell'università più grande d'Europa. Unici a intervenire, infatti, i pur lodevoli ragazzi che la sera precedente avevano occupato la facoltà. Nulla a che vedere con le centinaia e a volte migliaia di persone che hanno affollato le assemblee di movimento degli ultimi due anni. Cosa è accaduto nel frattempo? Il fatto è che «il movimento non può sopravvivere solo come riflesso di eventi esterni quali la guerra o il vertice di Cancun», spiega ancora Benzi, ma «deve entrare nel merito delle questioni sociali, altrimenti si esaurirà». «C'è troppa cautela nell'affermare cosa si vuole sul terreno delle lotte sociali e non dice nulla anche su grandi questioni sovranazionali come il conflitto israelo-palestinese», continua. E «può essere costruttivo solo se riesce a darsi un contenuto programmatico», non «se qualcuno pensa di utilizzarlo per candidarsi alle elezioni o qualche forza politica di poterne incassare i dividendi». Come a dire che la campagna elettorale è già cominciata e anche il movimento ne sta inevitabilmente facendo le spese.


    La critica corre su Indymedia

    Dopo sabato, quello che era latente già da qualche mese, più o meno dal dopo-referendum sull'articolo 18, è esploso con maggiore evidenza. Uno dei termometri più attendibili per misurare la febbre al movimento è ancora una volta Indymedia. Nato con il «popolo di Seattle» per raccontare attraverso gli stessi protagonisti i grandi eventi di contestazione, oggi si ritrova ad essere l'unico luogo in cui il confronto è alla luce del sole. Il «la» lo ha dato una delle anime del collettivo, Blicero. «Sabato si è dato lo scenario in cui gli unici perdenti siamo noi: la polizia è riuscita a tenere la piazza in maniera eccellente non prestando il fianco a possibili attacchi» e risanando «in parte Genova», ammette. Per questo ora non rimane che «surfare sull'onda di risacca». Altri commenti parleranno di «luci e ombre» o di «problemini e problemoni». C'è chi parla di «pratiche gruppettare» e chiede di «abbandonare la rappresentazione dello scontro» e «la sua spettacolarità», chi critica «il tentativo di sfondamento dei disobbedienti perché attuato in un punto pericolosissimo per la presenza di centinaia di agenti su ogni lato» che «se solo avessero voluto avrebbero chiuso ogni via di fuga e sarebbe successo un macello come a Napoli», e chi invece, pur «antidisobbediente», «a malincuore» rivolge loro i complimenti.

    E qui veniamo al punto più dolente, che tocca una delle componenti più forti e vitali di questo movimento. L'assemblea di domenica al centro sociale Corto circuito di Roma ha partorito infatti un documento dai toni duri nei confronti delle «burocrazie sindacali» e che rivendica «fino in fondo la contestazione del vertice, in tutte le sue articolazioni», e segnato una frattura profonda in quel movimento con una parte significativa dei centri sociali che vi aderiscono e con i Giovani comunisti. Tanto che nei prossimi giorni la divisione dovrebbe produrre delle prese di posizione pubbliche da parte dei dissidenti. Problemi in parte preesistenti, se è vero che sabato notte per andare a Roma i disobbedienti milanesi hanno scelto tre orari e due stazioni diverse. E in piazza si è visto: il cospicuo spezzone disobbediente al momento del fronteggiamento con la polizia si è più che dimezzato, e Rifondazione ha addirittura fatto dietrofront senza arrivare alla fine del corteo. Tra i più insofferenti, il Leoncavallo di Milano che ora avanza «problemi molto seri di legittimità di quell'assemblea a decidere» per tutti, visto che ad essa sarebbero state presenti solo i disobbedienti di alcune aree geografiche, in particolare romani e del nord-est. «Ci sono ampi disaccordi di metodo e di sostanza», si limita a dire il portavoce Daniele Farina. Ma leggiamola, la «sostanza» contestata: «L'altra Europa non era sul palco di piazza del Popolo, se a parlare potevano essere solo le burocrazie sindacali, con il loro equilibrismo continuo che poco serve (o molto nuoce) a milioni di lavoratori. L'altra Europa non può nemmeno nascere se a parlare, anche all'Eur, fossero state le compatibilità o la testimonianza. L'altra Europa esiste se esistono coloro che sono disposti a costruirla, a conquistarla, anche scontrandosi con l'arroganza dei sovrani». E ancora: «La storiella che ci sono azioni "buone" e "cattive" è finita», scrivono rivendicando il diritto a non farsi utilizzare in piazza da nessuno. Posizioni che fanno storcere il naso ai Giovani comunisti, che non ci stanno a dire che le migliaia di persone scese in piazza sono «testimonianza», non condividono le accuse ai sindacati alla vigilia dello sciopero generale sulle pensioni e di quello della Fiom e pensano sia finita l'era delle zone rosse da violare. Così commenta il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni: «Non si può presentare la giornata di sabato come un successo, perché rischiamo di pagare tutti un prezzo alto, a cominciare dai due arrestati». Uno dei quali è un dirigente del Prc di Arezzo.

  9. #9
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    Mi sa che al posto della sigaretta il paddy nel suo avatar c'ha la canna. Questo serve a spiegare l'aria mtviana su cui viaggia il suo discorso.

    Peace & Love with police
    Mazzate ai compagni.



  10. #10
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    Peace e love con un compagno GC agli arresti domiciliari (dopo tre notti a Regina Coeli) è davvero ridicolo. Avete il coraggio pure di parlare? Dopo la repressione di oggi al Corto sono sicuro che state brindando. Chi parla poi di mazzate ai compagni da chi ha difeso lo squadrismo delle BAL è tutto dire. Come sempre sapete solo criticare senza avanzare nessuna alternativa. E' il triste ruolo delle piccole sette che vivono ai margini del conflitto sociale aspettando il giorno della rivoluzione. Buona permanenza sulla riva del fiume. Per quanto riguarda l'articolo de Il Manifesto è solo la conferma della dialettica che c'è all'interno del movimento e del movimento dei disobbedienti stesso che alcuni vorrebbero dipingere come una realtà omogena e statica agli ordini di Casarini. Mispiace ma non è così. E nessuna frattura, solo la necessità come sempre di trovare una sintesi come è successo da 2 anni a questa parte.

    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





 

 
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