Saremo noi sciaman*, variopint* e assolut* a scuotere i corpi, a iniziare
le danze febbrili, a battere strade e tamburi fino alla perdizione, facendo
incontrare azione e parola, corpo e azione, corpo e spirito, conflitto e
consenso"
(la Dissobedienza ha le zinne di Assalti A-salti, primavera 2002)
Arriviamo a Laurentina alle 13, tutto sembra tranquillo.
Ci prepariamo per formare lo spezzone disobbediente. Oggi come ieri ci sentiamo invincibili, come sempre. Dopo Cancun abbiamo capito che si possono invadere tutte le zone rosse, anche se non ce le costruiscono contro ad ogni manifestazione, fatte di reti e container accatastati, anche quelle che esistono tutti i giorni nelle nostre vite e nei nostri territotri e che non ci piacciono.
Le vogliamo invadere coi nostri corpi, con i nostri desideri e crediamo davvero si possa ancora fare, di nuovo. Si, se puede.
I carabinieri ci creano problemi a far arrivare il nostro camion assemblato al "corto circuito"fino alla Laurentina. Appena arrivato saliamo il corteo. All'altezza dell'EUR cordoni immensi di finanzieri, carabieni e polizia circondano lo spezzone. Sono un piccolo esercito. Sfoderano il manganello, battono contro lo scudo, cercano di intimidirci al nostro passaggio. Noi balliamo e gli dicamo che sono veramente brutti e grigi e che noi siamo bellissimi, coloratissimi, e pieni di gioia di fronte alla loro tristezza fatta divisa. Gli diciamo di unirci a noi perchè stanno difendendo il niente, stanno difendendo un non-luogo, "pieno" di 15 non-persone che non rappresentano nessun cuore, nessun desiderio, nessun bisogno, ma solo carte di credito.
Formiamo un cordone umano a difendere il corteo, io mi metto proprio davanti al camion.
Il blocco delle forze dell'ordine sono molto più avanti di quanto era stato accordato. Il palazzo congressi in lontananza appena visibile. Un esercito dispiegato davanti a noi.
Dopo un pò le compagne e i compagni volontari a forzare il blocco si fanno in avanti. Casco (obbligatorio), mascherina, e scudo di pexiglas. E il nostro corpo, la nostra indignazione, i nostri desideri come uniche armi.
Il camion e noi del cordone stiamo dietro di almeno 500 metri dagli scontri. Proprio all'altezza dell'obelisco. Da lì non ci muoveremo più in avanti per tutto il resto della manifestazione. Il nostro compito è solo quello di fare da "cuscinetto" allo spezzone davanti quando verrà caricato, in modo da tenere le posizioni.
Poi arrivano loro. Sono 100, forse 200. I "neri" li chiamiamo noi. Un ragazzo mi è rimasto impresso perchè portava pantaloni militari, bomber nero, completamente rasato. Puro Skinhead. Sono black Block? Forse. Forse sono quelli di "europposizione" vicini al campo antimperialista, gli stessi che nella mattinata hanno incendiato l'Adecco. Passano alla sinistra del nostro spezzone. Ci provocano, urlando e gesticolando. Offendendoci. Noi non rispondiamo alle provocazioni. Stringiamo il cordone per evitare infiltrazioni. Intanto se la prendono con un distributore dell'ENI. Vengono fischiati in coro. Passano davanti, verso la zona degli scontri dove i nostri stanno a faccia a faccia con le forze dell'ordine. C'è una sede della BNL. La attaccano violentamente. I compagni davanti intervengono subito. Dopo aver cercato inutilemente di dissuaderli, volano gli schiaffi.
I neri le prendono dai disobbedienti. E scappano. E mentre scappano ci gridano: "sbirri difensori di banche". E noi gli gridiamo dietro "chi vi paga?".
Intanto, davanti al cordone della polizia sono le compagne a prendere l'iniziativa. Come a Cancun, vogliamo che siano le donne a invadere la zona rossa. La testuggine immensa farcita di palloncini, si scontra contro i cordoni dei poliziotti. E' un tira a molla, scaramucce, niente di che. Una piccola carica di allegerimento ci fa prendere un pò il panico. Veniamo gente scappare dalla zona del contatto. Ma sono solo turisti incuriositi che alle prime scaramucce fuggono pensando a chissà cosa. Dopo un'altra decina di minuti un'altra carica di alleggerimento. Un pò di tensione, ma anche stavolta noi dietro stiamo tranquilli. Arriva Franco Giordano, capogurppo di Rifondazione, un pò preoccupato. Dietro al nostro camion sia lo spezzone del PRC sia quello dell'ARCI se ne sono andati. I poliziotti avanzano anche da dietro e ci chiudono l'unica via di fuga. Se contiamo i carabinieri che abbiamo alla nostra destra e alla nostra sinistra alle ucite della piazza, sappiamo di essere circondati.
Davanti intanto i compagni hanno preso posto delle compagne a fronteggiare il blocco. E sappiamo che da adesso le cose si complicheranno. Gli scontri si fanno più pesanti. Ritornano i neri e tirano bombe carta e sanpietrini. Sempre loro, a rovinare tutto. Esplodono lacrimogeni. E poi arriva la carica (vera) dei carabinieri. Stavolta non è leggera. Stavolta fa centinaia di metri ed è piuttosto violenta. Stavola la gente ha ragione a fuggire. Noi del cordone al camion che pensavamo di essere abbastanza distanti ce li vediamo arrivare fino a una trentina di metri. C'è la voglia di scappare, c'è la paura. Un ragazzo fugge con il volto insaguinato. Ma teniamo. Il cordone non si spezza nemmeno con la carica vicinissima. Dopo qualche secondo capiamo che tutto è finito. Siamo circondati da un esercito. Ce la siamo vista brutta, ma è finita. "Una sconfitta militare di propozioni gigantesche" ci diciamo, ridendo. Con ancora un pò di tensione sciogliamo il cordone per far marcia inversione al camion. Usciamo lentamente, riformando il cordone. Ritorniamo alla Laurentina a suon di musica per alleviare l'adrenalina. Con dietro un plotone di polizia che ci segue. Alla fine caricheranno anche alla stazione Metrò i compagni che se ne volevano solo ritornare a casa.
Una mia amica (piuttosto ingenuamente) sulla via del ritorno mi chiede. "Ma loro sono forze dell'ordine. Dovrebbero caricare i cattivi, no?" Io non riesco a dirle altro che "siamo noi i cattivi".
P.G.