La Rivoluzione A Scrocco

[Affus]

LA RIVOLUZIONE A SCROCCO
Mandato da Rassegna Stampa LS Domenica, 05 Ottobre 2003, 202 uur.
I centri sociali sfasciano,distruggono e poi lasciano il conto da pagare. Ma anche i sindacati non vorrebbero mai pagare pegno. Casarini si consola: “ Le abbiamo prese, però ne valeva la pena”.


Vittorio Feltri - Libero 5 ottobre 2003
Ottobre di passione. L'ala cattiva dei no global ha cominciato presto le esercitazioni. Ieri mattina nella capitale, con largo anticipo sull'inizio dei cortei, un gruppo di disubbidienti ha sbriciolato le vetrine di un'agenzia interinale. Ben fatto. Cosi certa gente impara a offrire lavoro invece di cappuccini e cornetti.
In Italia si gioca da anni alla rivoluzione; sempre meglio che andare a bottega e apprendere un mestiere. Berlusconi e Ciampi incontrano a Roma i capi di governo del nostro continente, discutono di costituzione europea, cercano insomma di aggirare diffidenze e incomprensioni, e gli arditi della sinistra vanno all'assalto.
Le solite scene: giovanotti-cavallette che sciamano per le strade e distruggono ciò che capita a tiro. Indossano la divisa d'ordinanza: jeans e scarpe da tennis. Corrono imbufaliti qua e là. Strillano. Picchiano. Minacciano Berlusconi. E non concludono niente.
Casarini si consola gestendo a Padova un ristorante alla moda stracciona denominato "Allo sbirro morto". Che è la sintesi del programma politico fissato dal movimento.
I centri sociali non pagano né l'affitto né le tasse. Vanno a scrocco. Sono i portoghesi della rivolta. Bandiere rosse e mezzo litro di quello buono, ovviamente rosso. Questi combattenti da osteria sono in giro da 30 anni e non li sopporto più, neanche in fotografia. La sinistra libresca ha adottato gli estremisti della tavola imbandita perché ha con loro un feeling antropologico.
All'intellettuale progressista piace anche la mistica sindacale, l'iconografìa operaia, il romanticismo da assemblea. Non c'è nulla di più decadente e fradicio di una manifestazione. Ma dove si svolge un raduno muscolare, lì accorrono gli scribi dei giornali iperdemocratici: descrivono e interpretano e purtroppo intervistano. Perché sei sceso in piazza? Mi portano via la pensione. Storie. Udendo le quali però, gli scribi iperdemocratìci non muovono ciglio né obiettano.
La tivù manda in onda gli sproloqui dei manifestanti e li spaccia per Vangelo. A casa qualcuno guarda e pensa: il Governo smantella lo stato sociale, e quando sarò vecchio non avrò da mangiare. Non un giornalista che dica: alt, la previdenza non viene cancellata ma soltanto adeguata alla longevità degli europei. In Francia, Germania, Inghilterra, Svezia eccetera si va in quiescenza a 65 anni o addirittura più tardi; perché noi dovremmo seguitare ad andarci a 55 con 35 anni di anzianità?
Tra l'altro, nel 2008 chi vorrà smettere di lavorare dopo 35 anni di attività potrà farlo, e riscuoterà in proporzione ai contributi versati.
E allora dove è il problema? Il problema esiste esclusivamente negli slogan dei progressisti. Slogan frusti e bugiardi, ma proprio per questo persuasivi.
Roma assediata. Roma cosparsa di liquame. Roma scossa dagli scontri. La gente osserva stupita e impaurita.
Non bastasse lo spettacolo cui abbiamo assistito, il 24 ottobre ci sarà lo sciopero generale preteso dalla Cgil e condiviso da Uil e Cisl. L'anticaglia sindacale ritrova così unità nel ritorno al passato, alle più decrepite forme di protesta di massa, e mobilita con euforica stoltezza le truppe brizzolate della riserva, i pensionati, che costituiscono i due terzi degli iscritti alle 3 vetuste sigle cui si attribuisce la rappresentanza dei lavoratori.
Eppure le confederazioni sono superate per evidenti questioni anagrafiche e per altrettanto evidenti questioni di contenuti. Agiscono come se il mondo fosse rimasto tale e quale 40 o 50 anni fa, quando le ciminiere degli stabilimenti fumavano notte e giorno, gli operai entravano in fabbrica con la "schisceta" e la bottiglia di vino che spuntava dalla borsa, e confidavano in Stalin e poi in Kruscev per un avvenire migliore.
Poveracci, furono ingannati.
Cgil Cisl e Uil, nonostante la rivoluzione tecnologica e i mutamenti epocali dell'ultimo ventennio, hanno ancora un'anima ottocentesca; sono conservatori come preti lefevriani. Hanno gli occhi nella nuca e guardano indietro anziché avanti. Fanno tenerezza e rabbia perché incapaci di reinventarsi un ruolo diverso dall'altoparlante del la sinistra retrograda. I sindacati sono prigionieri della loro mitologia, della retorica e della liturgia proletaria.
Assomigliano agli antenati, ai personaggi ritratti da Pelizza da Volpedo.
Roba da museo.

[anton]

Poveracci, furono ingannati

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COME GONGOLA IL NOSTRO FELTRI...MA STALIN NON C'ENTRA NIENTE ..
e' STATO IN ITALIA CHE HANNO SEMPRE DETTO CHE TUTTI I PROVVEDIEMNTI PRESI DOPO IL 60 ERANO PER FARCI STAR MEGLIO...E CI TROVIAMO INVECE IN QUESTA SITUAZIONE....
ORA, NONOSTANTE LE MASSICCE DECURTAZIONI PREVISTE DA QUESTA RIFORMA, SECONDO LUI, NON è VERO NIENTE...
E PURTROPPO C'è GENTE CHE COMPRA QUEI GIORNALI