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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Per il partito unico (o quasi) del CentroDestra

    dal CorSera

    " Corriere della Sera del 09/10/2003


    --------------------------------------------------------------------------------

    Ora il progetto del partito unico
    Francesco Verderami
    --------------------------------------------------------------------------------

    ROMA - « Serve un progetto che vada oltre gli attuali confini della destra», e le parole di Gianfranco Fini sono la chiave per interpretare i ragionamenti degli uomini più vicini al vice premier, che sottovoce discutono sulla necessità di «un nuovo contenitore» per la coalizione e si proiettano verso l'orizzonte del «partito unico». Si vedrà se il leader di An sarà in grado di contribuire a realizzare un disegno «che - dicono - non è solo suo». Comunque è di questo che si parla, è questa l'idea che prende corpo .
    Lo si intuisce dall'entusiasmo con cui il ministro Matteoli saluta «l'operazione politico-culturale di Fini, che è di grande rilievo, perché porta la destra ad affrontare un tema finora considerato tabù. La sua è una rivoluzione». Una rivoluzione che attraversa anzitutto An e squinterna il blocco delle correnti: con l'annuncio di un progetto di legge sul voto per gli immigrati, infatti, sono saltate d'un colpo vecchie e nuove alleanze, «così se qualcuno voleva la dimostrazione che sono a capo del mio partito, l'ha avuta».
    E' chiaro che il vicepremier si riferisce al Cavaliere, ma stavolta Fini non ha intenzione di animare uno scontro nella coalizione, perché - come spiega un dirigente della destra - «Gianfranco ricorda l'esperienza dell'Elefantino», la pesante sconfitta alle Europee del '99. Il leader di An è esplicito su questo punto con i suoi, «non ho nessun interesse a rompere con Berlusconi e Forza Italia, piuttosto il ruolo del partito dovrà essere diverso d'ora in poi. Rendendoci utili a noi stessi, saremo utili all'allenza».
    Fini pensa alla lista unica del Polo per il Parlamento di Strasburgo, che secondo un autorevole ministro della destra «serve al premier. Anzi, è lui che la vuole più di tutti. Ma deve prendere atto che esistono degli alleati, non dei vassalli». Non a caso Fini nei suoi colloqui riservati ha fatto capire che «se la lista unica si realizzerà, il problema non sarà se entrarci o meno, ma come entrarci: da protagonisti, oppure appiattiti? Ecco, dobbiamo essere pronti a farne eventualmente parte presentandoci con i nostri progetti ».
    Negli ultimi tempi la subalternità a Berlusconi aveva allarmato An, così ieri il vicepremier ha voluto rispondere anche a quei timori: «Non rimango a Palazzo Chigi come fossi in un museo». E la sfida lanciata dal convegno del Cnel «non è nemmeno il tentativo di mettere all'angolo la Lega. Però Bossi deve capire che non può più procedere a strappi, altrimenti finirà per spezzare la corda». Certo, il partito è in subbuglio, al vertice come in periferia, «lo sapevo», dice, lo aveva messo nel conto: «Ma io vado avanti, con convinzione». La stessa con la quale già ieri mattina, mentre montava il malcontento e alla Camera si raccoglievano le firme tra i banchi di An per bocciare la sua proposta, Fini ha chiamato al telefono dalla Spagna il capogruppo dei deputati, Anedda: «Mettetevi al lavoro per scrivere il testo di legge sul voto agli immigrati» .
    E poco importa se era rimasto ancora una volta deluso per l'atteggiamento di una parte del gruppo dirigente: «Non hanno capito...». Il forum annunciato da La Russa sembrava dovesse diventare la sede dove far scoppiare la rivolta. Invece il coordinatore - sebbene preoccupato per la reazione della base - al termine parlava con la voce del leader, usando una sua battuta per replicare a Berlusconi: «E' vero che questo tema non fa parte del programma di governo, come sostiene il presidente del Consiglio. Ma abbiamo già votato altre leggi che non facevano parte del programma di governo».
    Nel corso delle conversazioni telefoniche tra Roma e Madrid - dove Fini ha incontrato Aznar - è stata anche analizzata la presa di posizione del Cavaliere, e secondo quanto riferiscono fonti qualificate di An, Fini ha messo in rilievo soprattutto il fatto che «Berlusconi non ha posto un veto alla nostra proposta». Semmai sono stati valutati positivamente i segnali di «apertura» riscontrati nelle dichiarazioni del coordinatore di Forza Italia Bondi, e del capogruppo al Senato Schifani.
    «Vado avanti», ripeteva ieri sera il leader della destra, consapevole di aver incrociato un consenso trasversale, dal mondo ecclesiastico alla Confindustria, ai sindacati. Se è vero che «serve un progetto che vada oltre gli attuali confini della destra», se è vero che il disegno passa per la lista unica alle Europee e conduce fino all'ipotesi del partito unico, significa che - per usare le parole di un importante dirigente di An - «si sta lavorando per l'oggi ma anche per il domani». Insomma, nella Cdl si discute già sul futuro della coalizione, su come sarà il dopo-Berlusconi. Per essere uno dei protagonisti di quel progetto, Fini aveva bisogno di superare le antiche colonne d'Ercole della destra. E' da vedere se riuscirà ad arrivare in porto o naufragherà durante la rotta .
    "

    Sono iniziate le grandi manovre............e necessariamente..........le grandi pulizie. Per una Destra compiutamente democratica, europea, occidentale saldamente alleata al Centro liberaldemocratico e distinta e sempre più distante, anzi irriducibilmente avversaria della Destra radicale illiberale, razzista e antisemita.


    Saluti liberali

  2. #2
    sacher.tonino
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    In Italia non è mai esistita una destra liberale.Salvo nel Risorgimento, cioè la destra che faceva riferimento a Cavour.
    Coloro che attualmente militano in AN sono donne ed uomini in carriera, adoratori del potere.

    Mai in Italia è esisitita una destra radicale.
    Esisteva l'MSI di Giorgio Almirante che era il politico Italiano maggiormente amico di Israele e degli Stati Uniti di America.Totalmente filoatlantistaoccidentale.
    La differenza tra me e Fini, è che Gianfranco Fini è un politico, io sono un uomo di cultura.
    Cordiali Saluti
    sacher.tonino

  3. #3
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    da www.giornale.it

    " Tiro al piccione di Fini sul Cavaliere


    (La Velina Azzurra scrive):

    Un piccione volava sui tetti di Yalta: l’uccisero. Si potrebbe chiudere qui. Siamo al tiro a piccione del governo più forte e inutile, del premier più esibizionista e inetto che la repubblica abbia mai avuto. Questa Velina Azzurra lo ha sempre temuto e, nel suo piccolo, ha sempre lavorato per impedirlo. E’ possibile che dopo i guasti combinati dal Cavaliere dal 1994 a oggi, il sistema Italia alla deriva non avrà una classe politica di centro-destra per un paio di generazioni. Né una di sinistra. Se Berlusconi non fosse entrato in politica, la sinistra avrebbe governato con Occhetto il tempo necessario per far emergere un’alternativa seria sul fronte opposto, che avrebbe migliorato la governabilità complessiva del Paese. Quello che c’è adesso è quasi tutto da gettare, dalle Istituzioni in giù. Intanto tutti lavorano al dopo-Berlusconi. La schioppettata di Gianfranco Fini sul voto agli emigrati aveva due obiettivi: il primo, immediato, di confermare irrevocabilmente che il Cavaliere non controlla più neppure gli uscieri di Palazzo Chigi. L’accusa sul quale insiste il leader di An colpisce diabolicamente il premier nel suo suolo di leader di facciata, ultimo equivoco e ultimo orgoglio dietro il quale l’uomo di Arcore vorrebbe ancora trincerarsi. Per fare un politico non basta saper ingannare le masse, bisogna talvolta essere spietati, come Fini adesso è stato, guadagnandosi il plauso dell’intero arco politico. Adesso, se il Cavaliere capisce e fa il bravo, potremmo passare a un gabinetto Berlusconi bis a gennaio, febbraio, per affrontare le elezioni in migliori condizioni. Una cosa del tutto diversa dal gabinetto attuale: con Berlusconi sorridente e imbalsamato e con Gianfranco Fini vicepresidente del consiglio e ministro degli esteri. La Lega dentro o fuori, poco importa . Ma la schioppettata di Fini sul voto agli emigrati va anche oltre, ipotizzando la sepoltura definitiva del Cavaliere e lo scenario di un governo neo-centrista che potrebbe mantenere unita Forza Italia e ottenere l’appoggio di parte dell’opposizione. In questa prospettiva, Fini conta di bruciare sul tempo il rivale Pierfurby Casini emergendo come il vero leader centrista a disposizione del Quirinale, con l’appoggio del Vaticano e delle lobby ebraiche, sapientemente curate in Italia e negli Usa. E potrebbe permettersi di perdere, con una nuova scissione a destra, anche un pezzo di Alleanza Nazionale portato via dalla Destra sociale . In questo scenario si spiega la seconda misteriosa schioppettata della giornata di ieri, quella partita dalla lupara di Enrico La Loggia: una risposta alla mossa di Gianfranco Fini sugli emigrati, per indebolire AN nel nord d’Italia e bloccare subito ogni possibilità utilizzo del voti della SVP per una maggioranza di governo neo-centrista. Il Cavaliere non è così astuto: l’idea può essere venuta solo a Marcello Dell’Utri, silenzioso protagonista anche lui di questa guerra fratricida



    9 Ott 2003
    "


    Saluti liberali

  4. #4
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    In origine postato da Pieffebi
    da www.giornale.it

    " ....E’ possibile che dopo i guasti combinati dal Cavaliere dal 1994 a oggi, il sistema Italia alla deriva non avrà una classe politica di centro-destra per un paio di generazioni. Né una di sinistra. Se Berlusconi non fosse entrato in politica, la sinistra avrebbe governato con Occhetto il tempo necessario per far emergere un’alternativa seria sul fronte opposto, che avrebbe migliorato la governabilità complessiva del Paese. Quello che c’è adesso è quasi tutto da gettare, dalle Istituzioni in giù....
    Parole sacrosante.

    Ed è per questo che ogni persona sinceramente liberale e democratica non può che essere antiberlusconiana.
    Cum Feris Ferus

  5. #5
    SENATORE di POL
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    dal quotidiano La Stampa........

    " La Stampa del 10/10/2003


    --------------------------------------------------------------------------------
    Le conversazioni del Presidente del Consiglio al rientro dalla missione europea di Yalta

    Silvio ai due delfini: resto io a guidare la Casa moderata
    "Gianfranco e Pier puntano a un rassemblement centrista, e si potranno candidare: ma in un futuro che è ancora lontano"
    Fabio Martini
    --------------------------------------------------------------------------------

    In privato li chiama sempre per nome, "Gianfranco" e "Pier" e con loro è sempre riuscito a stemperare le tante tensioni accese nel corso degli anni. E anche in queste ore così calde, Silvio Berlusconi è convinto di potercela fare, di riuscire a ricucire gli strappi violentissimi che squarciano il fianco destro dell'alleanza. Il premier lo ha spiegato agli amici più fidati: " Fini e Casini li ho capiti, puntano ad un rassemblement moderato assieme a noi, nella speranza un giorno di spartirsi l'eredità. Gianfranco punta al governo e Pier al Quirinale. Un giorno potranno candidarsi, ma quel giorno è lontano: il processo verso la "Casa dei moderati" lo guiderò io e il prossimo candidato a palazzo Chigi sarà Silvio Berlusconi! ".
    Chi ha parlato con il Presidente del Consiglio in queste ore lo ha trovato battagliero, ma preoccupato per la violentissima diatriba tra Lega e An, con l'Udc schierata a fianco della destra. "E comunque - ha confidato Berlusconi - non si illudano: una eventuale crisi di governo porterebbe dritti dritti alle elezioni ". Anche se poi Berlusconi, quando è riuscito finalmente a parlare con Fini; ha cercato di dissuaderlo con le buone: "Gianfranco, lo sai: il voto agli immigrati non rientra nel programma di governo". E Fini: "Ma questa maggioranza ha già approvato provvedimenti che non rientravano negli accordi di governo. E in ogni caso è chiaro: sul voto agli immigrati dovremo trovare prima un accordo in maggioranza".
    Una telefonata che non è finita bene, ma al di là della chiacchierata, i due in questo momento hanno imboccato strade divaricate. Per capirlo, basta ascoltare i discorsi che Berlusconi e Fini, separatamente, fanno in queste ore. Il presidente del Consiglio confida di aver capito la mossa di Fini:
    " Sulla strada che lo porta verso il Ppe, Gianfranco deve liberarsi del peso di una certa eredità. Certo, dal punto di vista elettorale rischia di essere un'operazione costosa, la Lega potrebbe guadagnare consensi. Ma quella di Fini è un'operazione importante, anche se forse non si potrà fare con tutta An ".
    E dunque, ecco comparire per la prima volta, il tema di una scissione di An. Berlusconi, ovviamente, si limita a parlarne nelle chiacchierate ultraprivate, si guarda bene dal farne argomento di discussioni pubbliche, ma nell'entourage del premier hanno fatto già i conti: una scissione - o meglio una mancata adesione alla "Casa dei moderati" - potrebbe interessare circa il 20% dell'elettorato di An e dunque pesare elettoralmente tra il 2 e il 3%, "un partito di destra - ha fatto capire Berlusconi - col quale potremmo allearci, così come l'Ulivo si allea con Rifondazione ".
    Ma Gianfranco Fini non la pensa allo stesso modo, stavolta non ritiene di dover pagar pegno come nel 1994, quando al congresso di Fiuggi il segretario dell'Msi-An non mosse un ciglio per far restare nel partito Pino Rauti e in quel modo la svolta sembrò più genuina .
    Dice Teodoro Buontempo , uno dei leader virtuali di un'ipotetica scissione: "Inutile negarlo, questa ipotesi serpeggia. Personalmente non ci credo. Perché l'aspetto insopportabile di questa vicenda è che Fini abbia voluto accreditare l'immagine di un leader liberale e moderno e di un partito arretrato. Non è così: la destra non è mai stata xenofoba". Tema subacqueo, ma ricorrente nella Casa delle libertà, quello della scissione a destra, ma che finora non ha mai preso corpo, anche se proprio Buontempo rivela: "In queste ore sento qualcuno che dice: andiamo da Berlusconi e mettiamoci d'accordo con lui per una scissione concordata. Ma una destra oltranzista e al tempo stesso di comodo non avrebbe alcun impatto elettorale".
    Ma c'è un altro scenario che divide Berlusconi e Fini: la lista per le Europee. Per il premier resta un obiettivo prioritario anche perché "se la farà l'Ulivo, per noi sarà difficile non farla". E subito dopo la lista, il premier" considera ineluttabile arrivare ad una nuova formazione che lui, nelle chiacchierate con i suoi, chiama sempre la "Casa dei moderati", evitando con cura la parola partito. Fini invece è persuaso che se non ci sarà un radicale rinnovamento nella compagine di governo, la lista unica alle Europee non si possa fare, anche per non lasciare troppo spazio alla Lega. E su Bossi, anche in queste ore, Berlusconi avvolge la sua protezione: "Umberto mi piace perché non è uomo del Palazzo e io dei palazzi non mi fido...".
    Mentre Berlusconi resta diffidente nei confronti di Pier Ferdinando Casini. Certo, il premier ha apprezzato che, la settimana scorsa, il presidente della Camera abbia invitato a casa sua gli altri leader del centro-destra, ma a palazzo Chigi continuano a tenere sotto osservazione il bel Pier "soprattutto per quel che vuol fare alla Rai". E così, anche l'Udc alla fine ha scelto Fini. Certo, Follini è rimasto sorpreso dal fatto di non essere stato informato dal vicepremier della mossa che aveva in serbo di fare sul voto agli immigrati. Ma in quella occasione Fini si è mosso esattamente come fece Achille Occhetto in occasione della svolta: non ha informato nessuno, perché qualsiasi spiffero avrebbe aperto una trattativa preventiva che il vicepremier ha voluto evitare .
    "

    Signore e signori, le danze sono iniziate............

    Saluti liberali

  6. #6
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    Il partito di Fini ha compiuto la metamorfosi da partito destra a partito di centro, come di centro è FI e di centro è l'UDC. Di compiutamente "destro" in italia è rimasto solo Forza Nuova, Fiamma Tricolore e Fronte Nazionale, che, nel complesso, visti gli ultimi sviluppi di An, passeranno dall'1-2% al 4-5% e si radicheranno ed amplieranno massicciamente in termine di militanza.
    La Lega, dal canto suo, se riuscirà a cogliere la palla al balzo, potrebbe tornare, se non addirittura alle percentuali del '96-'97 almeno al 6-7% tranquillo.
    Poi c'è l'incognita FI. Piu' vicina alla Lega che ad An al nord, potrebbe intercettare i voti dei delusi ai An al sud. E in un'ipotesi di una sua unione con An e Udc nel partito unico del Polo (del quale la Lega, ovviamente, non farà mai parte), potrebbe perdere una parte dell'elettorato, forse marginale, ma comunque in grado di fare la differenza nelle competizioni elettorali locali.
    E sicuramente, senza l'apporto della Lega, questo partito unico del Polo, non riuscirà minimamente a reggere il confronto con un centrosinistra agguerritissimo, allargato a Di Pietro e Rifondazione, che corteggia senza pudore le frange sinistre piu' estreme e becere e potrà contare inoltre, tra poco, sul 90% dei voti degli extracomunitari.....

  7. #7
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    " ....E’ possibile che dopo i guasti combinati dal Cavaliere dal 1994 a oggi, il sistema Italia alla deriva non avrà una classe politica di centro-destra per un paio di generazioni. Né una di sinistra. Se Berlusconi non fosse entrato in politica, la sinistra avrebbe governato con Occhetto il tempo necessario per far emergere un’alternativa seria sul fronte opposto, che avrebbe migliorato la governabilità complessiva del Paese. Quello che c’è adesso è quasi tutto da gettare, dalle Istituzioni in giù...."

    Questo è verissimo. A proposito proprio di questo vi rimando al links "cosa sarebbe successo se nel '94 Berlusconi non fosse sceso in campo?":
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=68383

  8. #8
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    da www.giornale.it

    " Sull’immigrazione prova di forza nella Casa delle Libertà

    E’ un riallineamento di poteri all’interno del centrodestra la ragione del movimentismo di Gianfranco Fini. Che con la sua proposta di voto agli immigrati ha scompaginato l’alleanza. Due fronti ora si contrappongono nella Cdl: An-Udc e Fi-Lega.
    E se Berlusconi ricorda che la questione non era nel programma di governo, Fini ha facile gioco nel replicare che nel programma c'erano cose scritte ma anche cose non scritte e che comunque sono state fatte. E' da questo ragionamento che parte Gianfranco Fini per ribaltare uno schema: che a decidere le priorità nella Cdl debbano essere altri e non ad esempio An, come è accaduto invece con la proposta-choc del vicepremier sul voto agli immigrati.
    La strategia di Fini, che vede favorevole l’Udc, è questa: il '3 piu' 1': Fi-An-Udc insieme, la Lega a margine.
    Intanto su una proposta come quella sul voto agli immigrati, poi su altro ancora. Se Bossi vorrà chiamarsi fuori, liberissimo di farlo. Perchè se Fini dice che è 'fuor di luogo' ipotizzare crisi di governo su una questione di buon senso come quella del voto agli immigrati, in realta' questa e' la prima di una serie di mosse per disegnare una nuova maggioranza, che alla Lega potrebbe dispiacere al punto da doverne uscire. La Lega reagisce stizzita. 'Cosi' si sfasciano le maggioranze -ribatte Francesco Speroni- A che pensa il vicepremier, ad un governo Rutelli-Fini al posto dell'attuale? E' troppo comodo far votare dall'opposizione le proposte su cui la propria maggioranza dissente'. 'Con questa azione Fini si assume la responsabilita' di mettersi fuori dal programma della Cdl per trasferirsi armi e bagagli nell'altro schieramento', rincara Roberto Castelli, mentre Umberto Bossi tace.
    Ma l’attuale fase va anche oltre. Oltre gli attuali assetti. Sono le prove di intesa tra An e Udc, due partiti della vecchia guardia, della tradizione, contro i nuovi arrivati di forza Italia e lega Nord.
    Allora ecco l’altra parte, quella più nascosta del ragionamento di Fini. Fi e lega rischiano di venir superate dai tempi. ma An e Lega hanno la forza per durare, conquistate l’elettorato del centrodestra, imporsi come l’asse dei moderati degli anni a venire.
    Resta da vedere se i fatti gli daranno ragione. Molto dipende anche da come il tradizionale elettorato di An prenderà questa nuova sterzata del vicepresidente del Consiglio.


    10 Ott 2003
    "


    Saluti liberali

  9. #9
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    ...rispondere è cortesia.

  10. #10
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    In origine postato da Padanik
    " ....E’ possibile che dopo i guasti combinati dal Cavaliere dal 1994 a oggi, il sistema Italia alla deriva non avrà una classe politica di centro-destra per un paio di generazioni. Né una di sinistra. Se Berlusconi non fosse entrato in politica, la sinistra avrebbe governato con Occhetto il tempo necessario per far emergere un’alternativa seria sul fronte opposto, che avrebbe migliorato la governabilità complessiva del Paese. Quello che c’è adesso è quasi tutto da gettare, dalle Istituzioni in giù...."

    Questo è verissimo. A proposito proprio di questo vi rimando al links "cosa sarebbe successo se nel '94 Berlusconi non fosse sceso in campo?":
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=68383
    ------------------------------
    I guasti del '94 ai quali alludi sarebbero le cavolate ( uso un termine dolce e tranquillo dato che siamo ancora alleati) di Bossi, capo della lega alleata a Berlusconi, di Maroni ministro, della Pivetti Presidente della Camera, dei tanti leghisti voltagabbana e falliti come l'ex e unico sindaco di Milano?

    Amico leghista: mi dici come farebbero a tirare avanti le migliaia di piccole e grandi industrie padane senza il "lavoro degli immigrati), regolari e non?

    Prima rispondi e dopo, solo dopo, "urla".

    Amico leghista: mi dici chi sono i personaggi provenienti dalla Lega che fanno parte di una classe dirigente decente?

    Amico leghista: credi di far politica dicendo se Fini avesse...se Berlusconi fosse....se Occhetto non avesse.
    La faresti (originale e curiosa, ma interessante) solo aggiungendo con coerenza ...se Bossi fosse nato a Palermo...!

    saluti

 

 
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