Diritto di voto, decida il popolo con un referendum


Il Senatùr: alcuni alleati volevano far cadere il governo nel semestre e tenerci fuori. «Berlusconi come Carlo Magno»
DAL NOSTRO INVIATO
AZZANO DECIMO (Pordenone) - «Sapete quanto valgono quelli lì, quanto contano l’Udc e An senza Berlusconi?». Umberto Bossi si ferma, la gente ammutolisce. Il Capo alza la mano, chiude pollice e indice a cerchio: «Zero! Lo capite? Zero. Come si dice da queste parti...». I leghisti di Azzano fanno a gara a suggerire in dialetto furlan. «Nuje. Ecco valgono nuje fuori dalla coalizione, senza Berlusconi, senza il re, senza Carlo Magno».
Il Bossi incalzato da Fini, il ministro delle Riforme nel mirino degli alleati arriva, ad Azzano, periferia d'Italia, in quel Pordenonese lembo del Nordest produttivo, e prova a uscire dall’angolo appellandosi alla gente, «al popolo» come dice lui.
«Dare il diritto di voto agli immigrati è una cosa troppo importante per lasciarla ai partiti o al Parlamento. Non fasciatevi la testa prima del tempo, ci sarà un referendum, sarà il popolo, sarete voi a decidere».
Dei colleghi di maggioranza, dei compagni di governo sembra di capire che non si fida più. «Già alle regionali in Friuli sono iniziati gli attacchi dall'Udc. Mi sono subito accorto che c'era qualcosa che non quadrava. Ragionando ho capito il perché: c’è il semestre europeo, e se cade il governo ne fanno uno tecnico. Senza la Lega...».


LE PROVE DEL COMPLOTTO - Le prove del complotto, per Bossi, sono «le tre teorizzazioni sbagliate degli alleati». «Fini ha teorizzato nuovi confini quindi la fine della maggioranza. Follini ha spiegato che non è Berlusconi a decidere se si sciolgono le Camere, in pratica ha detto che è finita la sua leadership. E, terzo, è stata teorizzata la fine del patto elettorale del 2001». «Su tutto questo - promette - dobbiamo tornare a discutere. Berlusconi, che è il re, che è Carlo Magno, se non è morto, si farà sentire. E se ci sono altri Carlo Magno, si facciano avanti».
Ormai, per il ministro delle Riforme, è un problema di governo, del futuro della maggioranza, non più e non soltanto di dare o meno il voto agli immigrati. «Anche perché quella di Fini è una proposta irrealizzabile - dice il leader della Lega - Perché la cittadinanza e il voto sono cose sacre. E’ necessaria una riforma costituzionale, dovrà essere approvata dalla Camera e dal Senato, e poi ancora dalla Camera e dal Senato... ne parleremo tra dieci, venti anni».
Bossi pensa invece all’immediato, a questi giorni in cui la Casa delle Libertà sembra andare a pezzi, «proprio mentre bisogna fare quadrato, e tutti devono farlo, attorno alla Finanziaria. Perché Tremonti non può subire imboscate».
La guerra dentro il Polo è dichiarata e il Senatùr non si sottrae a chiarire quali sono le forze in campo: «Un asse Berlusconi-Bossi-Tremonti? Non so se è vero, ma se c'è è un'affinità elettiva per riformare il Paese».
Si stringe attorno al Cavaliere, consegna nelle sue mani tutto. Dalla decisione se e quando far finire l'esperienza di governo («E' lui che deve decidere se sciogliere le Camere») fino alle quote latte: «E' il leader in Europa, tocca a lui portare a casa un po' di quote in più». Per gli altri, solo ironia. Follini? «Ha detto bene Calderoli, sembra l'uomo che legge le cartine dei baci Perugina». Fini? «Continua a biasciare, ma poi bisogna confrontarsi con la gente, con il territorio. E lì contano i leoni...».


NESSUN MARGINE DI TRATTATIVA - Su possibili nuovi equilibri, rimpasti ipotizzati è invece sbrigativo: «Mi occupo di riforme, non di posti. Se li vogliono, glieli regaliamo».
Davanti ai suoi che gridano «Libertà, libertà» e ritirano fuori i cartelli con «secessione», non concede nessun margine di trattativa.
Il Guardasigilli Roberto Castelli, in mattinata, era stato altrettanto esplicito: «Se Fini prende questa posizione sul voto agli immigrati, si schiera, da un punto di vista ideologico, con la sinistra. Questo è stato un cavallo di battaglia di Bertinotti». Né sono servite a tranquillizzare i leghisti le parole del coordinatore di An Ignazio La Russa: «Una maggioranza diversa è una cosa diversa da un voto trasversale su una legge». All’Udc invece non sono piaciute le minacce dei giorni scorsi di far saltare l'alleanza e tornare alle urne: «Certi richiami al voto anticipato - ha detto ieri il ministro Rocco Buttiglione - non ci sono piaciute. Sento parlare con troppa facilità di queste cose. Continuando così va a finire che ci si va davvero». Tocca al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini cercare di riportare tutto in equilibrio: «Quelle sul diritto di voto agli immigrati sono riflessioni che si fanno in tutta Europa. E' fisiologico che si facciano anche da noi».