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Discussione: Magdi colpisce ancora

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    Predefinito Magdi colpisce ancora

    Non so voi, ma io l'attacco del velinaro Magdi Allam non me lo aspettavo. È chiaro che si tratta di qualcosa di pilotato, dal momento che mette insieme persone e fatti che in realtà non hanno collegamenti tra loro. Siccome seguo da un po' di tempo queste persecuzioni mediatiche, orchestrate con singolare imparzialità sia contro la destra sia contro la sinistra, mi è sembrato di cogliere nel testo di Allam lo stesso schema a cui si è fatto ricorso in altre analoghe situazioni: per esempio, chissà come saltano sempre fuori Orion e Avanguardia, anche quando (come in questo caso) mi pare proprio che non c'entrino niente — i "compagni" fanno sempre paura, e i "fascisti" ancora di più, ma quando si mettono insieme chissà mai che cosa può succedere...
    Comincio seriamente a pensare che l'iniziativa del Campo stia davvero iniziando a dare fastidio a qualcuno. E a nessuno piace farsi pestare i piedi.
    Francamente non credo che si debba pensare a una repressione o qualcosa del genere: penso invece che si moltiplicheranno i tentativi di svilire e screditare l'iniziativa, anche a livelli più alti rispetto ai penosi indymedia e affini.
    Il Corriere la sua parte l'ha fatta: adesso bisognerà forse tenere d'occhio Repubblica; se la cosa finisce su Panorama c'è da stare attenti, e speriamo che non se ne arrivi ad occupare Gad Lerner...
    Intanto si continua, no?

  2. #2
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    Predefinito x klasse

    ecco il capolavoro di Magdi

    Dal corsera di oggi Post #75 di 93

    L’Occidente per noi è un nemico» Così gli estremisti ora si alleano

    Il rischio di un fronte comune tra integralisti religiosi e gruppi di neofascisti e di ultrasinistra Sottoscrizioni per la resistenza irachena, campi di indottrinamento e manifesti pro kamikaze


    ROMA - Chiamiamole pure esercitazioni congiunte degli estremisti delle varie provenienze: schegge di comunisti, fascisti, no global, animalisti, cattolici scismatici, islamici. Uniti dal collante dell’ostilità, dell’odio e della violenza: antiebraismo, antiamericanismo, antisistema, antiglobalizzazione. Alcuni devoti persino a nuovi miti contemporanei: i kamikaze islamici, Osama Bin Laden, gli irriducibili della lotta armata. Tra essi anche i credenti in un sistema di valori radicali: l’esaltazione del sacrificio estremo della vita, lo scontro frontale costi quel che costi, la guerra ad oltranza come fine a se stessa. Potremmo essere alle prove generali dell’esordio di una Internazionale degli estremisti globalizzati. Che hanno abbattuto il loro Muro, accantonato le divergenze ideologiche, suonato le sirene dell’allarme generale, serrato le fila degli intellettuali, militanti e combattenti. Sottomettendosi a una unica priorità: sconfiggere insieme il nemico comune. Ebbene tutto ciò ci riguarda assai da vicino. Perché è proprio qui in Italia che si sta sperimentando l'inaudito sodalizio tra le varie anime della galassia degli estremisti contrari a tutto e a tutti. Scena prima. Per la prima volta, negli scorsi giorni, è stata lanciata una campagna di sottoscrizione a favore dei combattenti antiamericani in Iraq. Lo slogan recita: «Dieci euro a testa per la resistenza irachena». L’iniziativa è del Campo Antimperialista. Con questa motivazione: «Tanti, tantissimi, comprendono che la resistenza irachena contro gli occupanti imperialisti è giusta e legittima. La Resistenza è ai suoi primi passi, è nella fase delicata, embrionale, in cui deve raggiungere una più ampia massa critica e unirsi in un fronte unito, creare un comando generale. In questo contesto è più che mai importante l’appoggio internazionale».
    Il Campo Antimperialista aveva organizzato dal 31 agosto al 6 settembre scorso ad Assisi un raduno di militanti radicali convenuti dall’Italia e dall’estero. I relatori erano sia di estrema sinistra sia di estrema destra, sia laici sia integralisti islamici. Tra loro c’erano Moreno Pasquinelli, Miguel Martinez, Hamza Roberto Piccardo, Carlo Corbucci. Quest’ultimo, un convertito all’islam, avvocato, lo scorso mese ha dato alle stampe un libro dal titolo «Il terrorismo islamico in Italia, Realtà e finzione». Vi si teorizza il sodalizio tra gli islamici e i no global.
    Scena seconda. Dopo l’attacco «selettivo» israeliano dello scorso 6 settembre, da cui si è salvato il leader spirituale del movimento islamico palestinese Hamas, la Comunità politica di Avanguardia (estrema destra) ha fatto affiggere sui muri di diverse città un manifesto dal titolo «Lunga vita allo sceicco Ahmed Yassin, Lunga vita a Hamas». Sempre in caratteri grandi vi si legge: «Israele non capisce il linguaggio del dialogo, ma solo quello della guerra e del sangue». Segue una apologia e esaltazione dei kamikaze islamici: «Il nostro abbraccio fraterno a chi offre la sua vita in combattimenti impari di fronte a un nemico infinitamente superiore militarmente, ma totalmente inferiore sul piano morale. Per il loro generoso ed eroico sacrificio il nostro affetto e rispetto eterno».
    L’apparizione di questo manifesto ha coinciso con l’avvio di alcuni incontri tra i militanti dell'estrema destra e dell'estrema sinistra, riservati formalmente a questioni ecologiche e animaliste.
    A conferma del flirt tra gli opposti estremismi, Leonardo Fonte, il fondatore della Comunità politica di Avanguardia, in una sua recente dichiarazione pubblica ha espresso «ammirazione e solidarietà a Nadia Lioce per la coerenza politica dimostrata».
    Scena terza. Entriamo nel forum promosso da Al Awda (Il ritorno), gestito da Suzanne Sheidt. Anche qui si confrontano personalità che fanno riferimento a estremismi diversi. Vi si ritrovano gli stessi nomi del Campo Antimperialista. Il sito si presenta così: «Al Awda si fa portavoce del diritto dei palestinesi di ritornare nella loro patria e di rientrare pienamente in possesso delle loro proprietà confiscate e distrutte». E’ quel «pienamente» il passaggio cruciale. Per la Sheidt significa sostanzialmente la negazione del diritto di Israele all’esistenza, perché a suo avviso tutta la Palestina mandataria dovrebbe andare ai palestinesi. Israele, afferma la Sheidt «è solo l’appendice della grande potenza americana spinta dentro il Medio Oriente per destrutturare il mondo arabo».
    Scena quarta. Fervono i preparativi per la preparazione di una manifestazione a Roma il 6 dicembre a favore della resistenza irachena. In un appello si legge: «La battaglia che si svolge in Iraq ha un’importanza storica. Se gli occupanti angloamericani saranno cacciati, se il popolo iracheno riuscirà a liberarsi di loro, le pretese imperiali e imperialiste nordamericane, l’idea di trasformare il mondo intero nel loro orto di casa, subiranno un colpo fatale. La sconfitta degli occupanti angloamericani sarebbe dunque una vittoria per tutti coloro che nel mondo lottano per la democrazia, l’autodeterminazione e la libertà dei popoli che non vogliono essere sottoposti al giogo imperiale».
    Ora è chiaro che gli estremisti di tutti i colori concordano sull'opportunità di creare un fronte comune per sconfiggere gli americani in Iraq. Di grande interesse il dibattito che si sta sviluppando tra i militanti nella rete. Sul sito del Campo Antimperialista uno di loro protesta: "Perché per colpire meglio la destra ve la portate al campo e gli fate fare le conferenze? Perché dare spazio a chi propone un'adesione al manifesto Fiamma Tricolore in vista delle prossime elezioni europee 2004 come Enrico Galoppini? Perché dare spazio a Miguel Martinez che pubblica sulla rivista Orion di Maurizio Murelli estremista di destra. Sicuri di voler colpire la destra? Ci state collaborando con la destra!".
    Replica Galoppini, responsabile del sito Al Jazirah.net e delle Edizioni del Veltro: "Mi permetto di osservare che insistendo troppo con la similitudine con la resistenza al fascismo, si rischia di tenere lontane molte persone che non si sentono «di sinistra». Tutti d'accordo sul fatto che se uno non si sente «di sinistra», non è detto che 1) si senta «di destra» o, peggio, 2) sia un mostro a sette teste. Molti avvertono come non più dilazionabile un impegno fattivo contro il pericolo n. 1 del nostro tempo. E, considerato che il pericolo n. 1 ha legioni di lacchè e di indifferenti («di sinistra», «di destra» e «di centro») che portano acqua al suo mulino, non mi pare il caso di giocarsi potenziali aderenti e simpatizzanti non "di sinistra" per due o tre riferimenti a fascismo e nazionalsocialismo".
    Anche all’interno del forum di Al Awda, Claudio Tullii, che gestisce il sito «Materiali resistenti», difende la linea di apertura ai fascisti. Replicando a Fulvio Grimaldi, giornalista ex Rai, presidente del Comitato internazionale di difesa di Slobodan Milosevic, afferma: «Già da tempo anche qui si è fatto un serio discorso sul superamento della dicotomia destra-sinistra. Io personalmente provengo dalla sinistra estremissima ma non mi sento di sputacchiare a priori contro chi, da destra (non quella di Alemanno o Fini) fa un discorso che collima con il mio al 98 per cento... Io non sono un integralista come te caro Grimaldi... Io considero uomini anche quelli che tu chiami topi di fogna... e anche il buon Hitler... non aveva tutti i torti...».
    Sottoscrizioni a favore della resistenza irachena, campi di indottrinamento ideologico, manifesti inneggianti ai kamikaze islamici, dibattiti accesi nei forum sulla rete. E’ qui che sta prendendo corpo la nuova realtà del sodalizio tattico tra i vari estremisti del nostro Paese. Dove si forgia un nuovo tipo di militante che ha una sola priorità: colpire l’America e Israele. Per ora siamo alle convergenze politiche. Ma il pericolo di degenerazioni non va sottovalutato».

    www.corriere.it

  3. #3
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    Predefinito Anche in Bolivia la sinistra aiuta gli Usa

    Nella notte l'ex presidente e leader del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR), cosiddetto di centrosinistra, Jaime Paz Zamora, ha "a sorpresa" confermato l'appoggio al capo dello stato Gonzales "Goni" Sànchez de Lozada, imprenditori pluirmiliardario, affamatore del settore minerario, amico del clan Bush e mallevadore dell'ALCA e della liberalizzazione delle esportazioni di gas (che tendono a isolare la posizione del Venezuela di Chavez), oggi assediato dalla rivolta sociale e civile delle popolazioni povere della Bolivia, che hanno invaso la capitale La Paz.
    L'appoggio di Paz Zamora è seguito alle defezione del vicepresidente Mesa, alle dimissioni del ministro economico Jorrge Torres dello stesso MIR e agli annunci di ritiro del sostegno al governo di molti dirigenti nazionali e locali e di gran parte del gruppo parlamentare del MIR medesimo. Ma si spiega: è arrivato infatti un'ora dopo la diffusione della nota del Dipartimento di Stato USA, che ha avvertio come "non tollererà alcun rivolgimento del governo costituzionale in Bolivia"...
    Il presidio del centro di La Paz è mantenuto da ieri sera dalle truppe speciali prima mandate a garantire domenica il passaggio di un convolgio di 12 cisterne di gas naturale attraverso El Alto, dove quel giorno hanno compiuto un massacro di 26 indios aymara. Sono statre ritirate da El Alto e portate nel centro della capitale, San Francisco: sommate a contingenti della Guardia Nacional accorsi a presidiare il palazzo del governo, comunque vuoto perché il presidente è rinserrato da domenica sera nella sua villa nel sud ricco della città.
    Come già a El Alto domenica, si succedono episodi di insubordinazione dei soldati semplici dell'Esercito di fronte agli ordini di sparare sui manifestanti. Si tratta soprattutto di coscritti delle regioni del Oriente e dell'Altiplano, indios figli di indios, minatori e cocaleros. Uno di loro, stanotte a La Paz, è stato ucciso a pugni e calci dal suo comandante davanti agli occhi dei manifestanti, di fronte ad una delle mille barricate paceñe.
    Intanto, si hanno notizie precise sulle adesioni allo sciopero generale a tempo illimitato indetto dalla Central Obrera de Bolivia, confederazione unitaria, che finalmente si è data gli obiettivi comuni alla protesta spontanea: abbattimento del presidente e del suo governo, riappropriazione pubblica e comunitaria del controllo su gas e petrolio boliviani.
    Il sempre più popolare segretario-minatore della COB, Jaime Solares, li ha ribaditi ieri, proprio mentre Evo Morales, ex rivale di "Goni" nelle elezioni presidenziali, leader dei cocaleros del Chaparé e del Movimiento Al Socialismo (MAS), annunciava l'estensione a tutti i dipartimenti tropicali dei blocchi della circolazione.
    Cinque delle dieci metropoli della Bolivia hanno aderito, stamane, al 100% allo sciopero della COB: La Paz, El Alto, Cochabamba, Oruro e Potosì. Queste due ultime, città minerarie, sono le storiche vittime di "Goni" imprenditore.
    Da Achacachi, nell'Altiplano, l'assemblea delle assemblee dei vicini delle comunità aymara ha cominciato ieri sera la marcia su La Paz, per unirsi alla gente delle bidonville che assedia la zona del governo politico, guidati dal "Mallku" Felipe Quispe: a loro si sono aggiunti 10mila vicini di Oruro, minatori, commercianti e impiegati. Anche La Cruz si è rivoltata, da ieri mattina, pagando un tributo di due morti. Marce contadine arrivano nel distretto di La Paz da tutte le direzioni, i quartieri ricchi sono assaltati da folle in tumulto e i militari debbono dividersi per difenderli.
    Contingenti di forze speciali sono stati mobilitati dalle zone frontaliere, peraltro sedi di grandi basi statunitensi: da Trinidad, lungo il confine brasiliano, per via aerea, e da Tarija, nel sud, in convoglio blindato.
    Nella notte, a La Paz, l'arrivo delle unità corazzate a disperdere la testa della manifestazione d'assedio alla centrale Plaza Murillo ha visto un disimpegno organizzato della moltitudine in ribellione: ordinatamente, è stato lasciato un cerchio di barricate a circondare il centro e le folle si sono ritirate nei quartieri periferici e nelle "laderas", le bindonvilles, per poi ripresentarsi agli scontri all'alba di stamattina, più disperese e capillari. Si nota un coordinamento garantito dalle leadership comunitarie, integrate con le strutture locali della COB e dei sindacati scolastici, dei trasporti pubblici e dei commercianti al minuto, oltre che con il sindacato contadino a base indigena, motore organizzato della calata sulla capitale. I consigli ai manifestanti sono stati inviati di continuo dalle due catene di radio indipendenti vicine alla protesta, e dalle due radio dell'Altiplano in lingua quechua e aymara.

  4. #4
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    Sempre più viscido questo Allam...d'altra parte ci sarà un motivo se da Repubblica è passato al Corriere!


    IL PINOCCHIO D'EGITTO

  5. #5
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    Predefinito Così il Corsera lincia i musulmani

    Continua l’ignobile e calunniosa campagna della stampa di regime contro le comunità religiose

    I bilanci della moschea di Milano sono pubblici e cristallini.
    Eppure un pennivendolo sostiene che essi celano finanziamenti occulti ai terroristi.
    Le prove? Non servono: basta ripetere continuamente l’insinuazione e ricorrere ad accostamenti arbitrari tra fatti leciti, evidenti, e fatti illeciti, tutti da dimostrare.


    di Gian Carlo Mosca



    Giorni fa Magdi Allam, giornalista del Corriere della Sera, telefona a Abdelhamid Shaari, presidente dell’Istituto Culturale Islamico di Viale Jenner, a Milano. Sto facendo un’inchiesta sui musulmani in Italia, gli dice, mi concede un’intervista?
    Magdi Allam ha una pessima reputazione tra i musulmani italiani, che non hanno apprezzato i suo articoli al veleno contro alcuni imam (cioè i ministri del culto islamico), accusandoli di predicare la guerra santa con la stessa foga utilizzata - il paragone è nostro - dai preti cattolici per predicare l’anticomunismo o l’inosservanza di leggi dello Stato, come quelle sull’aborto. Comunque Abdelhamid Shaari è consapevole che questo è un momentaccio per i musulmani, bersagliati dalla propaganda americana, alla quale fa eco, prona servitrice, tutta la stampa italiana di regime, a cominciare appunto dal quotidiano più diffuso. Così accetta l’intervista e offre al giornalista un pranzo a base di pesce.
    Quando Magdi Allam viene al dunque e chiede all’intervistato se gli risulti che la rete di moschee italiane è in qualche modo collusa con Al Qaeda, questi nega: «Non abbiamo niente a che vedere con il terrorismo e siamo rispettosi delle leggi italiane. Per questo stiamo trasformando il nostro Istituto in una onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale), cioè in un sodalizio obbligato alla massima trasparenza e sottoposto a rigorosi controlli, sia per quanto riguarda i suoi membri, sia per quanto attiene alle sue fonti di finanziamento.»
    E, a richiesta del giornalista, Abdelhamid Shaari squaderna i conti della Moschea di Milano. Sono cifre piccine: il totale delle entrate annuali ammonta a 400 mila euro, equivalente al fatturato di un chiosco di patatine fritte e panini alla piastra. Da dove vengono questi 400 mila euro?
    - l’87,5% dalla vendita di alimentari, dalla mensa e dalla libreria all’interno della moschea;
    - il 9,4% viene dalle rette della scuola interna: 400 studenti che sborsano mediamente una retta annuale di 94 euro;
    - il resto viene dall’elemosina del venerdì e dalle donazioni largite in occasione del Ramadan e del pellegrinaggio alla Mecca.
    Ed ecco come vengono spesi i 400 mila euro:
    - il 62,2% se ne va nell’acquisto di alimentari, libri e altri prodotti venduti all’interno della moschea;
    - il 13,5% garantisce gli stipendi agli imam e ai 7 dipendenti. Per inciso, calcolando tre imam, viene fuori che a lavorare alla moschea si guadagna 5.400 euro all’anno, cioè 450 euro lordi al mese, cioè - altro nostro raffronto - la ventiduesima parte di quanto guadagna un semplice commesso della Camera dei deputati;
    - un altro 13% è assorbito dalle spese di gestione (acqua, luce, gas, telefono);
    - il resto finisce nella gestione della scuola e in aiuti ai bisognosi.
    Chiarito ogni aspetto contabile della moschea, Abdelhamid Shaari spiega quindi al giornalista che i sodalizi religiosi musulmani in Italia non sono oggetto di alcuna inchiesta giudiziaria e che non sono mai stati riconosciuti colpevoli di alcun reato. Certo, può essere che il singolo musulmano commetta qualche marachella, ma questo non può coinvolgere l’intera comunità dei suoi correligionari, così come sarebbe assurdo fare un collegamento tra i 45 mila detenuti cattolici italiani e la Chiesa di Roma.
    Magdi Allam ringrazia per il pesce, Abdelhamid Shaari ringrazia per l’opportunità di aver potuto dissipare ogni dubbio sulla probità della moschea e dei suoi frequentatori, e i due si congedano da gentiluomini.
    Ma il 24 settembre, quando Abdelhamid Shaari compra il Corriere della sera, fa un sobbalzo. Titolo in prima pagina: «I soldi delle moschee per i fanatici di Allah». E all’interno una pagina intera dove Magdi Allam si arrampica invano sui vetri per dimostrare il suo assunto. Innanzitutto argomenta che un bilancio di 400 mila euro è modesto in Italia, ma diventa una cifra colossale nel Terzomondo, dove si campa con niente e dove alligna il preteso terrorismo islamico. E dunque gli spiccioli della mosche di Milano bastano e avanzano per finanziare attentati.
    Su cosa si basa questa affermazione di Magdi Allam? Su nulla. Le sue si rivelano pure illazioni. A disdoro dello spazio che il giornale gli concede, il giornalista non riferisce uno straccio di prova, di contestazione, di rinvio a giudizio a sostegno della tesi del titolo: cioè che i soldi delle moschee finanziano i fanatici. A meno di non considerare prove l’intervista a «un giovane maghrebino che chiede l’anonimato» (e che comunque rivela, anche lui, un bel nulla) o affermazioni gratuite del tipo: «è stata accertata la presenza di un sistema finalizzato al finanziamento del terrorismo che ruota attorno a talune moschee d’Italia». Accertata da chi? Quando? Dove? Qual è l’autorità giudiziaria che indaga? Non si sa.
    Altro assunto di Magdi Allam: i musulmani di Milano, dunque probabili frequentatori della moschea, falsificano i documenti degli immigrati clandestini al fine di ottenere permessi di soggiorno. Ma, a parte che anche qui si tratta di un’ipotesi tutta da dimostrare; a parte che l’eventuale contraffazione di un documento effettuata da un musulmano non può criminalizzare tutti i musulmani, a cominciare dai responsabili delle moschee; a parte che una buona metà dei cinque milioni d’immigrati extracomunitari presenti in Italia vi sono entrati illegalmente, e dunque si sono procurati o stanno per procurarsi documenti fasulli; a parte, ancora, che la produzione di documenti fasulli è talmente generalizzata da essere diventata fonte d’illecito tornaconto persino per i poliziotti impiegati nella questura di Milano (poliziotti che furono trasferiti, ma che nessuno si sognò di associare al fondamentalismo islamico); a parte tutto questo, la contraffazione di documenti è un conto, il terrorismo è un altro.
    La faziosità dell’articolo è compendiata in una tabella, in cui sono elencati «i modi di raccogliere denaro attraverso attività lecite o illecite», dandosi per scontato che la comunità islamica ricorre alle une e alle altre.
    All’indomani di questa sedicente inchiesta, Magdi Allam intervista il ministro dell’Interno, Pisanu, e gli chiede: che intende fare a cospetto della congiura islamica? Risposta: non mi risulta ci siano congiure, né mi consta che nelle moschee italiane si violi la legge, in caso contrario le chiuderemmo. Insomma persino il governo di destra è costretto ad ammettere implicitamente che il Corsera ha peccato per eccesso di zelo.
    Magdi Allam torna alla carica nell’edizione del 28 settembre. Per sparare altre presunte rivelazioni, anche queste non provate, o sorrette da documenti che le contraddicono. Scrive che i musulmani hanno raccolto 4.500 euro per finanziare un’imprecisata «azione terroristica all’estero»; la prova è data da un paio di intercettazioni telefoniche. Per inciso: perché i carabinieri o la polizia o la magistratura passano sottobanco le intercettazioni al Corriere della sera?
    E che dicono i musulmani nelle loro conversazioni telefoniche? Nella prima c’è un tale che racconta di avere ricevuto un prestito da un imam milanese, che con questi soldi si è comprato un furgone da lavoro e che il prestito è stato rimborsato. Cosa ci vede Magdi Allam di eversivo in questo dialogo non si sa.
    Seconda intercettazione: due tipi si mettono d’accordo per trasportare merce del peso complessivo di 50 chili. Chissà perché, Magdi Allam deduce che si tratta di una bomba.
    Ma che ci sta a fare, al Corriere della sera, un direttore responsabile?


    Abdulhamid Shaari ha confermato la dinamica dei fatti con una sola precisazione: "Il pranzo l'ha offerto lui, anzi, il Corriere della Sera"


 

 

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