Più volte ho espresso la mia opinione riguardo ai cosiddetti "salvataggi" di
cavalli dal macello attraverso "collette" e alle"adozioni"distanza, manifestando il modus agendi e la filosofia della Proequo. Mentre, nell'ambito del vero mondo equestre certe considerazioni sono ovvie e, come si dice,
sfondano una porta aperta, succede, tuttavia, che altrove, in ambienti
improvvisati ai margini dell'equitazione e delle attività equestri, persistono
comportamenti sui quali conviene fare riflettere.

Viviamo in un Paese che consuma per uso umano la carne di cavallo, come quella di maiale o di agnello o di pollame. Nella sola città di Roma vengono macellati circa cento cavalli a settimana. In Italia subiscono questa sorte circa
duecentomila cavalli all'anno. Se non mutano consuetudini, usi e gusti della
popolazione, questa abitudine è destinata a permanere e ogni polemica è
sterile, inutile e strumentale. In linea con il pensiero dell'ILPH (Lega Internazionale per la Protezione del Cavallo), più volte espresso dalla sua
Presidentessa, S.A.R. la Principessa Anna d'Inghilterra, anche la Proequo si
astiene dal condannare chi fa uso di carne di cavallo per scopo nutrizionale.
E' un problema che riguarda l'etica dell'individuo e non sta a noi criticare.
Mettersi a "salvare" tutti i cavalli che vanno al macello rappresenta, in
queste condizioni, un'impresa insensata.

E' certamente encomiabile il gesto di un singolo che evita a un cavallo di
essere macellato, purchè gli assicuri una vita che ne garantisce il benessere,
senza sfruttamenti. Da', invece, adito al dubbio la richiesta di denaro
per "salvare" non un solo cavallo come fatto sporadico, ma addirittura
l'organizzazione di "collette", a ruota o come attività, per "salvare" vari
cavalli destinati alla macellazione o presunti tali e poi per mantenerli.

Il tarlo del dubbio
I "salvataggi" sono convenienti ai commercianti di cavalli, i quali perseguono
lo scopo legittimo di realizzare il maggior profitto. Essi, infatti, per far
leva sui sentimentalismi, hanno sempre a disposizione una cavalla con puledro che devono essere macellati, oppure fanno sapere a chi è facilmente emotivo, di avere un cavallo destinato a prossima macellazione, se non prontamente acquistato. Ciò significa che se il cavallo ha un valore commerciale, come carne, di cinquecento euro, può, se venduto altrove, diventare fonte di un guadagno maggiore. Il commerciante, infatti, facendo un affare legittimo, può chiederne tranquillamente ottocento e ottenerle da chi giustamente si commuove. Su tutto questo non c'è nulla da dire se si tratta di singoli individui, che, potendoselo permettere, con un bel gesto generoso, tirano fuori i soldi dalle proprie tasche e nulla si può rimproverare al commerciante che fa i propri interessi. Sicuramente ci sarà chi agisce in buona fede; sugli "acquisti" organizzati, però, molti sono i dubbi che possono nascere.

Traendo, infatti, vantaggio dalla pubblicizzazione resa oggi possibile da
Internet, gli organizzatori della colletta potrebbero facilmente far leva sui
sentimentalismi di tanti con le solite storie strappalacrime e mettere insieme
una cifra notevole, ben superiore a quella richiesta dal venditore. E' lecito,
quindi, chiedersi: Pagato il commerciante, il denaro restante dove finisce? Non
è neppure poco realistica l'ipotesi che tra venditore e "acquirente" si crei un
accordo del tipo: "Tu mi fai guadagnare qualcosa in più del valore dell'animale
e il resto te lo metti in tasca". Così a guadagnare sono entrambi e, agendo in
modo continuativo, si può organizzare una bella attività. Se, poi, si fa
ricorso al sistema dell'adozione a distanza, è possibile creare un'altra fonte
di guadagno. Facilmente, infatti, si può raggiungere la cifra necessaria al
costo di mantenimento di un cavallo: basta che una decina di persone mandino 10 euro ciascuno per superare abbondantemente i 65/70 euro mensili, che sono il costo di quanto un cavallo "scuderizzato" consuma. Non finisce qui, però.
I cavalli "salvati" potrebbero essere messi al lavoro, potrebbero, cioè, essere
sfruttati in passeggiate e pseudo-istruzioni condotte, oltretutto, da chi non
ha titolo e quindi non da istruttori federali. Gli utenti o clienti dovrebbero,
ovviamente, pagare il servizio del quale usufruiscono o con una quota stabilita o con mascheramenti tipo "donazioni". Si crea, comunque, un'altra fonte di entrate. Si può, in fine, anche ipotizzare che se l'attività fosse priva di
strutture, con piagnistei ben concertati, sarebbe possibile racimolare le
somme necessarie a costruirle. Così, senza investimento di capitali e senza
rischio, si creerebbe una attività equestre redditizia, mascherata da opera
pia, al contrario di chi onestamente opera nell'attività equestre, sia per
passione sia per legittimo lucro, che deve investire, a proprio rischio,
capitali per costituire il parco cavalli, investire nelle strutture, affrontare
i costi di mantenimento e quelli del personale addetto.

L'esempio
Internet, purtroppo, è un coro dove cantano tutti: intonati, stonati e senza
voce. Bisogna aprire gli occhi e, soprattutto, accertarsi.
Recentemente mi era stato segnalato un sito web che si auto-descriveva come un centro equestre non a cinque, ma addiritura a sette stelle. Sale parto, assistenza veterinaria permanente, club house, sale riunioni e conferenze, ambulatorio plurispecialistico, zona solarium, ampi box, paddocks, insomma ce n'era da far impallidire un bel centro come l'Olgiata o quello di Bagnaia o quello di Bolgheri dai cipressi alti e schietti. La segnalazione, però, non era stata fatta per dare risalto a un paradiso equestre, bensì per avvertire che il sito era menzognero e pubblicizzava una struttura non corrispondente a quanto veniva dichiarato. Il fatto grave stava nel fatto che, con una pubblicità ingannevole, si chiedevano contributi in denaro per i soliti salvataggi di cavalli dalle mani di feroci commercianti e per la loro adozione. Gravissimo, poi, mi si diceva, che sulle pagine del sito in questione comparissero i marchi distintivi e riferimenti di una grande associazione. Per non sapere né leggere né scrivere, a scanso di equivoci, sono andato a vedere il sito web e me lo sono tutto stampato, per leggerlo e considerarlo con calma e tempo e conservarlo. Le segnalazioni, peraltro, mi informavano che nella suddetta struttura i cavalli non erano tenuti in maniera decente. Per farla breve, poiché mi fido solo dei miei occhi e delle mie orecchie, a mie spese sono partito per andare a vedere e a investigare.
Dalle informazioni prese sui "gestori" della struttura è uscito un bel quadro.
Un rappresentante delle Forze dell'Ordine ha detto che non si trattava di
pregiudicati o di veri e propri delinquenti, ma di lestofanti. Nella zona,
infatti, molti sono quelli che sono rimasti bruciati da costoro. Insomma,
chiedendo di qua e di là, è venuto fuori che sono, come si dice a Roma,
dei "sola". Sono, poi, venuto a sapere, con testimonianza diretta, che "lor
signori", in precedenza, avevano portato dei cavalli in una struttura ippica
dove li avevano abbandonati per mesi, nonostante gli animali avessero bisogno di cure e di medicinali, senza farsi vivi e, naturalmente, senza pagare la pensione. I proprietari della scuderia se ne son dovuti far carico e hanno
faticato non poco per contattare questi "amanti degli animali", che si facevano
regolarmente negare, e costringerli, in fine, a portar via i cavalli.
Testimonianze dirette mi hanno altresì confermato che costoro non sono gente di cavalli ( persino incapaci di mettere una capezza se un cavallo si muove un po'), non sono mai stati visti montare un cavallo, ma sono stati visti far salire i cavalli sul van prendendoli a bastonate. Si presentavano, inoltre,
come i responsabili per la regione di una grande associazione. Quando i cavalli sono rimasti abbandonati, una cliente del centro, che è socia della grande associazione, ha scritto alla sede denunciando il fatto, ma non ha mai avuto risposta.
Sono andato a vedere la struttura tanto ben presentata in Internet. Avendo
capito con chi avevo a che fare, mi sono fatto accompagnare da un testimone.
Lo "Sheraton" per cavalli era, in realtà, un immobile in stato di abbandono e
di degrado cosparso di detriti e calcinacci, non destinato ad accogliere
cavalli, nel quale nulla esisteva di quanto pubblicizzato sul sito web.
Neppure un box per cavalli e invece che in "ampi paddocks" le povere bestie
stavano raggruppate in una sorta di campo-cortile dove abbondavano macerie e lamiere, senza riparo dal sole e dalle intemperie. Insomma, ho visto una bidonville per cavalli gestita da bidonisti. Se invece che in Italia quella
situazione si fosse verificata in un Paese più sensibile nei confronti dei
cavalli e dove è in vigore e viene applicato il Codice degli Standards e dei
Requisiti Minimi per il Benessere del Cavallo[ii], i gestori sarebbero stati
arrestati e denunciati e gli animali sequestrati, poiché in quel luogo i
requisiti minimi non esistono. Traspaiono chiaramente, invece, gli elementi
dell'inganno che caratterizzano la frode per eccellenza: "Chi con artifizi e
raggiri, inducendo taluno in errore…."… ma questo è compito del magistrato.
Il personaggio che mi illustrava luogo e attività aveva la duplice caratteristica dell'imbroglione, che si presenta dapprima con il piagnucolio del mendicante, mirando a commuovere, per poi erompere prontamente con la volgarità del rozzo se lo si scopre cogliendolo nella menzogna.
Su due cose, in fine, bisogna stare in guardia quando si incontrano individui e
situazioni di questo genere. La prima è la possibilità del ricatto, che costoro
potrebbero esercitare sui "benefattori-contribuenti" qualora venissero a
mancare i presupposti economici: noi molliamo, che fate coi cavalli? La seconda è il fatto che o per vergogna o per qualche sindrome psicologica i gabbati potrebbero essere portati a giustificare, dando così l'impressione di essere complici.

Conclusione
Non per stupido vanto, ma per offrire un esempio che possa servire come termine di paragone e abbia carattere informativo per chi nulla sa del mondo equestre, sono costretto a scrivere del lavoro della Proequo, discreto e silenzioso. E' tra i nostri compiti quello di recuperare cavalli dismessi o resi inutili da patologie o da abusi di vario genere o giunti a fine carriera. Per quanto è possibile ci occupiamo del rehoming, cioè di trovare una nuova casa per cavalli che i proprietari non possono più tenere. Una nuova casa che può essere solo presso qualcuno da noi conosciuto e selezionato, che terrà il cavallo come un animale di affezione e se ne farà carico, pur restando il cavallo di nostra proprietà, per poter esercitare un'azione di controllo ed eventualmente riprenderlo se non viene trattato secondo i canoni degli standard del benessere del cavallo e affinchè non possa mai essere venduto. Cavalli che hanno bisogno di cure particolari restano, in genere, qui per sempre. Ne abbiamo che sono arrivati in condizioni tali da non poter più camminare e ora corrono, saltano e sgroppano felici, totalmente recuperati e restituiti a una vita normale. Non sfruttiamo i cavalli facendoli lavorare per "autofinanziarsi". Non svolgiamo alcuna attività remunerativa a scapito degli animali. I cavalli qui da noi vivono senza essere molestati; ginnasticati ovviamente perché il cavallo, anche se anziano, deve essere esercitato, oltre che poter godere della propria libertà in compagnia dei suoi simili. Non chiediamo soldi, non organizziamo collette, non strombazziamo ai quattro venti ogni volta che recuperiamo un cavallo. Non "salviamo" cavalli comperandolidai commercianti perché non ce n'è bisogno: a noi giungono i cavalli destinati alla macellazione grazie all'opera di convincimento dei veterinari, che persuadono i proprietari a portarli qui, rinunciando a un guadagno e salvando loro la vita. Non sfruttiamo in vario modo questa attività per ricavarne utili, ma, al contrario, con il nostro lavoro di volontariato adoperiamo la nostra proprietà e le nostre rendite e i nostri introiti personali per mantenere la struttura e l'attività. La Proequo non sfrutta la sofferenza degli animali a proprio vantaggio. Non siamo dei burocrati dell'animalismo, ma gente che si tira su le maniche e lavora sul campo con professionalità e cognizione di causa. Non siamo in antagonismo con strutture ippiche regolari e riconosciute, ma, anzi, spesso collaboriamo con esse per il benessere del cavallo. A molte di loro va dato credito perchè mantengono cavalli dismessi senza ricavarne utile. Ci sono, poi, persone degne di nota e di lode come Maria Grazia Barbieri, Ebe Dalle Fabbriche e altri che trovano gratuitamente sistemazioni per i cavalli.
E' con grande scetticismo che io guardo chi dice di fare il bene…con i soldi
degli altri. Specialmente in un Paese con tanti furbi e tantissimi grulli, che
non aspettano altro che di essere gabbati.

Carlo Faillace