Studio su Nature: le vibrazioni delle navi militari fanno risalire in superficie i mammiferi che sviluppano emboli spesso mortali.


ROMA - Sono i sonar delle navi militari a minacciare la sopravvivenza delle balene: investiti dalla violenza dell'onda acustica, i mammiferi schizzano verso l'alto in preda al panico, tanto velocemente da sviluppare un embolo che spesso risulta mortale. Lo studio sull'impatto biologico prodotto dai sonar è stato pubblicato da Nature. Solo a settembre 14 esemplari si sono arenati sulle spiagge delle Canarie durante esercitazioni militari Usa. E il Wwf parla di colpo di grazia alla specie.

L'onda acustica emessa dal sonar scende in profondità con una tale violenza da provocare un danno fisico. Investita dalle vibrazioni, la balena sente minacciata la sua sopravvivenza, viene presa dal panico e schizza verso l'alto: sale in superficie così velocemente da sviluppare un embolo che spesso risulta mortale.

L'ultimo episodio risale al settembre scorso: 14 balene si sono spiaggiate alle Canarie durante un'esercitazione della marina militare americana.
Il sospetto che fossero i radar a causare la morte di una serie di cetacei era affiorato già nel 1998, quando in Grecia si verificò la prima moria di zifi, un cetaceo che somiglia a un grosso delfino. Nel 2001, dopo un'altra moria alle Bahamas, sia la marina militare americana che quella della Nato ammisero il rapporto tra gli strumenti di controllo anti sommergibile e gli spiaggiamenti delle balene.

Adesso, in un articolo apparso sulla rivista "Nature", è arrivata una spiegazione sull'impatto biologico prodotto dai sonar. La ricerca sfata la leggenda secondo la quale i mammiferi marini non sono soggetti ai problemi derivanti da una risalita troppo rapida verso la superficie del mare. L'analisi dei corpi delle balene spiaggiate ha provato che gli animali sono morti a causa di un embolo: le cavità interne della testa erano piene di sangue.
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"In realtà il meccanismo che disturba le balene al punto da creare un danno mortale non è ancora del tutto chiaro", precisa Giuseppe Notarbartolo di Sciara, uno dei maggior esperti mondiali di cetacei. "Nell'articolo su "Nature" si ipotizza che l'impatto delle vibrazioni acustiche possa creare direttamente la formazione di bolle gassose nei tessuti grassi che porterebbero alla creazione di un embolo. Ma è anche possibile che il suono dei sonar risulti così allarmante da spingere le balene a cercare la salvezza emergendo troppo in fretta. In altre parole, se quest'ultima fosse l'ipotesi corretta, la moria provocata dai sonar militari proverebbe che i cetacei utilizzano, durante la risalita verso la superficie del mare, procedimenti di compensazione dello sbalzo di pressione che noi ignoriamo, ma la cui assenza porta alla formazione di un embolo: lo stesso rischio a cui sono sottoposti i sub".

Sotto accusa sono i sonar militari di grande potenza che agiscono sulle medie frequenze, mentre quelli commerciali, che lavorano sulle alte frequenze a potenza ridotta, non provocano danni. La moria di balene durante le esercitazioni militari comincia a costituire un serio problema d'immagine per le marine militari: quella americana negli ultimi anni ha speso 10 milioni di dollari per studiare sistemi di rilevamento che permettano di avvistare in tempo i cetacei evitando di ucciderli.

"I sonar militari possono costituire il colpo di grazia per alcuni dei mammiferi marini più minacciati", commentano al Wwf. "Questo elemento di squilibrio si somma a una situazione che diventa sempre più precaria. Oltre al cosiddetto prelievo a fini scientifici, un trucco per uccidere ogni anno centinaia di balene, c'è il rischio legato ai cambiamenti climatici: il riscaldamento delle acque superficiali altera l'equilibrio tra le specie e crea problemi ai grandi cetacei che si nutrono soprattutto di krill e piccoli pesci".

La causa principale di morte per le balene restano comunque le catture accidentali: si stima che 300 mila cetacei rimangono uccisi ogni anno nelle reti dei pescatori. Nell'elenco dei colpevoli figurano anche le collisioni con le navi, la caccia diretta e gli effetti dell'inquinamento.


Antonio Cianciullo
La Repubblica (11 ottobre 2003)