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Discussione: Sacro Cuore di Gesù

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    GIOVANNI PAOLO II

    LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
    IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA CONSACRAZIONE
    DEL GENERE UMANO AL CUORE DIVINO DI GESÙ

    Carissimi Fratelli e Sorelle!


    1. La ricorrenza del centenario della Consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù, stabilita per tutta la Chiesa dal mio Predecessore Leone XIII con la Lettera Enciclica Annum Sacrum (25 maggio 1899: Leonis XIII P.M. Acta, XIX [1899], 71-80) e avvenuta l'11 giugno 1899, ci spinge in primo luogo alla gratitudine verso «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap 1,5).

    La felice circostanza si rivela inoltre quanto mai opportuna per riflettere sul significato e sul valore di quell'importante atto ecclesiale. Con l'Enciclica Annum Sacrum, il Papa Leone XIII confermò quanto era stato compiuto dai suoi Predecessori per religiosamente custodire e mettere in più vivida luce il culto e la spiritualità del Sacro Cuore. Con la consacrazione, poi, egli intendeva conseguire «insigni frutti in primo luogo a vantaggio della cristianità, ma anche dell'intera umana società» (l.c., p. 71). Domandando che venissero consacrati non solo i credenti ma gli uomini tutti, imprimeva nuovo orientamento e senso alla consacrazione che, già da due secoli, era stata praticata da singoli, gruppi, diocesi, nazioni.

    La consacrazione del genere umano al Cuore di Gesù fu pertanto presentata da Leone XIII come «culmine e coronamento di tutti gli onori, che era nella consuetudine tributare al Sacratissimo Cuore» (Annum Sacrum, cit., 72). Tale consacrazione, spiega l'Enciclica, si deve a Cristo, Redentore del genere umano, per ciò che è in sé e per quanto ha operato per tutti gli uomini. Poiché nel Sacro Cuore il credente incontra il simbolo e la viva immagine dell'infinita carità di Cristo, che per se stessa sprona ad amarci scambievolmente, egli non può non avvertire l'esigenza della personale partecipazione all'opera della salvezza. Per questo ogni membro della Chiesa è invitato a vedere nella consacrazione un donarsi e obbligarsi verso Gesù Cristo, Re «dei figli prodighi», Re che chiama tutti «al porto della verità e all'unità della fede», Re di tutti coloro che attendono di essere introdotti «nella luce di Dio e nel suo regno» (Formula di consacrazione). La consacrazione così intesa è da accostare all'azione missionaria della Chiesa stessa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo, attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno, e di unire sempre più la Chiesa nell'offerta al Padre e nel suo essere per gli altri.

    La validità di quanto avvenne l'11 giugno 1899 ha trovato autorevole conferma in ciò che hanno scritto i miei Predecessori, offrendo approfondimenti dottrinali circa il culto del Sacro Cuore e disponendo la rinnovazione periodica dell'atto di consacrazione. Fra questi mi è grato ricordare: il santo successore di Leone XIII, il Papa Pio X, che dispose nel 1906 di rinnovarla ogni anno; il Papa Pio XI di venerata memoria, che ne fece richiamo nelle Encicliche Quas primas, nel contesto dell'Anno Santo 1925, e Miserentissimus Redemptor; il suo successore, il Servo di Dio Pio XII, che ne trattò nelle Encicliche Summi Pontificatus e Haurietis aquas. Il Servo di Dio Paolo VI, poi, alla luce del Concilio Vaticano II, volle in merito parlarne nell'Epistola apostolica Investigabiles divitias e nella Lettera Diserti interpretes, diretta il 25 maggio 1965 ai Superiori Maggiori degli Istituti che prendono il nome dal Cuore di Gesù.

    Anch'io non ho mancato più volte di invitare i miei Fratelli nell'episcopato, i presbiteri, i religiosi ed i fedeli a coltivare nella propria vita le forme più genuine del culto al Cuore di Cristo. In quest'anno dedicato a Dio Padre, ricordo quanto scrissi nell'Enciclica Dives in misericordia: "La Chiesa sembra professare in modo particolare la misericordia di Dio e venerarla, rivolgendosi al Cuore di Cristo. Infatti proprio l'accostarci a Cristo nel mistero del suo Cuore ci consente di soffermarci su questo punto - in un certo senso centrale e nello stesso tempo più accessibile sul piano umano - della rivelazione dell'amore misericordioso del Padre, che ha costituito il contenuto centrale della missione messianica del Figlio dell'uomo" (n. 13). In occasione della solennità del Sacro Cuore e del mese di giugno, ho spesso esortato i fedeli a perseverare nella pratica di questo culto, che «contiene un messaggio che è ai nostri giorni di straordinaria attualità», perché «dal Cuore del Figlio di Dio, morto sulla croce, è scaturita la fonte perenne della vita che dona speranza ad ogni uomo. Dal Cuore di Cristo crocifisso nasce la nuova umanità, redenta dal peccato. L'uomo del Duemila ha bisogno del Cuore di Cristo per conoscere Dio e per conoscere se stesso; ne ha bisogno per costruire la civiltà dell'amore» (Insegnamenti, XVII, 1 [1994], 1152).

    La consacrazione del genere umano del 1899 costituisce un passo di straordinario rilievo nel cammino della Chiesa ed è tuttora valido rinnovarla ogni anno nella festa del Sacro Cuore. Ciò va detto anche dell'Atto di riparazione che si è soliti recitare nella festa di Cristo Re. Ancora attuali risuonano le parole di Leone XIII: «Si deve pertanto ricorrere a chi è la Via, la Verità e la Vita. Ci siamo sviati: dobbiamo ritornare sulla Via; si sono oscurate le menti: si deve dissolvere l'oscurità con la luce della Verità; la morte ha preso il sopravvento: si deve far trionfare la Vita» (Annum Sacrum, cit., p. 78). Non è questo il programma del Concilio Vaticano II e del mio stesso pontificato?

    2. Mentre ci stiamo preparando a celebrare il Grande Giubileo del 2000, questo centenario ci aiuta a contemplare con speranza la nostra umanità e ad intravedere il terzo millennio illuminato dalla luce del mistero di Cristo, «Via, Verità e Vita» (Gv 14,6).

    Nel constatare che «gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo» (Cost. past. Gaudium et spes, 10), la fede scopre felicemente che «nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo» (ivi, 22), poiché «con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo» (ibid.). Dio ha disposto che il battezzato, «associato al mistero pasquale e assimilato alla morte di Cristo», potesse andare «incontro alla risurrezione confortato dalla speranza», ma ciò vale «anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia» (ibid.). «Tutti gli uomini - come ricorda ancora il Concilio Vaticano II - sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per lui viviamo, a lui siamo diretti» (Cost. dogm. Lumen gentium, 3).

    Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa è magistralmente detto che «per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di Colui che dalle tenebre li chiamò all'ammirabile sua luce (cf. 1 Pt 2,4-10). I discepoli di Cristo, quindi, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cf. At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cf. Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e rendano ragione della speranza che è in loro della vita eterna (1 Pt 3,15)» (ivi, 10). Di fronte al compito della nuova evangelizzazione, il cristiano che, guardando al Cuore di Cristo, Signore del tempo e della storia, a Lui si consacra e insieme consacra i propri fratelli, si riscopre portatore della sua luce. Animato dal suo spirito di servizio, egli coopera ad aprire a tutti gli esseri umani la prospettiva di essere elevati verso la propria pienezza personale e comunitaria. «Dal Cuore di Cristo infatti il cuore dell'uomo impara a conoscere il vero e unico senso della sua vita e del suo destino, a comprendere il valore di una vita autenticamente cristiana, a guardarsi da certe perversioni del cuore umano, a unire l'amore filiale verso Dio con l'amore del prossimo» (Messaggio alla Compagnia di Gesù, 5 ottobre 1986: Insegnamenti, IX, 2 [1986], 843).

    Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato. Si tratta ancora oggi di condurre i fedeli a fissare lo sguardo adorante sul mistero di Cristo, Uomo-Dio, per divenire uomini e donne di vita interiore, persone che sentono e vivono la chiamata alla vita nuova, alla santità, alla riparazione, che è cooperazione apostolica alla salvezza del mondo. Persone che si preparano alla nuova evangelizzazione, riconoscendo il Cuore di Cristo come cuore della Chiesa: è urgente per il mondo comprendere che il cristianesimo è la religione dell'amore.

    Il Cuore del Salvatore invita a risalire all'amore del Padre, che è la sorgente di ogni autentico amore: «In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4,10). Gesù riceve incessantemente dal Padre, ricco di misericordia e compassione, l'amore che Egli prodiga agli uomini (cfr Ef 2,4; Gc 5,11). Il suo Cuore rivela particolarmente la generosità di Dio verso il peccatore. Dio, reagendo al peccato, non diminuisce il suo amore, ma l'allarga in un movimento di misericordia che diventa iniziativa di redenzione.

    La contemplazione del Cuore di Gesù nell'Eucaristia spingerà i fedeli a cercare in quel Cuore l'inesauribile mistero del sacerdozio di Cristo e di quello della Chiesa. Farà gustare loro, in comunione con i fratelli, la soavità spirituale della carità alla sua stessa fonte. Aiutando ognuno a riscoprire il proprio Battesimo, li renderà più consapevoli della loro dimensione apostolica da vivere nella diffusione della carità e nella missione evangelizzatrice. Ciascuno si impegnerà maggiormente nel pregare il Padrone della messe (cfr Mt 9,38) perché conceda alla Chiesa «pastori secondo il suo cuore» (Ger 3,15) che, innamorati di Cristo Buon Pastore, modellino il proprio cuore ad immagine del suo e siano disposti ad andare per le vie del mondo per proclamare a tutti che Egli è Via, Verità e Vita (cfr Esort. ap. post-sinod. Pastores dabo vobis, 82). A ciò si aggiungerà l'azione fattiva, perché anche molti giovani di oggi, docili alla voce dello Spirito Santo, siano formati a lasciar risonare nell'intimità del loro cuore le grandi attese della Chiesa e dell'umanità e a rispondere all'invito di Cristo per consacrarsi con Lui, entusiasti e gioiosi, «per la vita del mondo» (Gv 6,51).

    3. La coincidenza di questo centenario con l'ultimo anno di preparazione al Grande Giubileo del 2000, che ha la «funzione di dilatare gli orizzonti del credente secondo la prospettiva stessa di Cristo: la prospettiva del "Padre che è nei cieli" (cfr Mt 5,45)» (Lett. ap. Tertio millennio adveniente, 49) costituisce un'opportuna occasione per presentare il Cuore di Gesù, «fornace ardente di amore, ... simbolo ed espressiva immagine di quell'amore eterno col quale "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3, 16)» (Paolo VI, Epist. ap. Investigabiles divitias, 5: AAS 57 [1965], 268). Il Padre «è Amore» (1 Gv 4,8.16), ed il Figlio unigenito, Cristo, ne manifesta il mistero, mentre svela pienamente l'uomo all'uomo.

    Nel culto al Cuore di Gesù ha preso forma la parola profetica richiamata da san Giovanni: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; cfr Zc 12,10). E' uno sguardo contemplativo, che si sforza di penetrare nell'intimo dei sentimenti di Cristo, vero Dio e vero uomo. In questo culto il credente conferma ed approfondisce l'accoglienza del mistero dell'Incarnazione, che ha reso il Verbo solidale con gli uomini, testimone della ricerca nei loro confronti da parte del Padre. Questa ricerca nasce nell'intimo di Dio, il quale «ama» l'uomo «eternamente nel Verbo e in Cristo lo vuole elevare alla dignità di figlio adottivo» (Tertio millennio adveniente, 7). Contemporaneamente la devozione al Cuore di Gesù scruta il mistero della Redenzione, per scoprirvi la dimensione di amore che ha animato il suo sacrificio di salvezza.

    Nel Cuore di Cristo è viva l'azione dello Spirito Santo, a cui Gesù ha attribuito l'ispirazione della sua missione (Lc 4,18; cfr Is 61,1) e di cui aveva nell'Ultima Cena promesso l'invio. E' lo Spirito che aiuta a cogliere la ricchezza del segno del costato trafitto di Cristo, dal quale è scaturita la Chiesa (cfr Cost. Sacrosanctum Concilium, 5). «La Chiesa, infatti - come ebbe a scrivere Paolo VI - è nata dal Cuore aperto del Redentore e da quel Cuore riceve alimento, giacché Cristo "ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola" (Ef 5,25-26)» (Lettera Diserti interpretes, cit.). Per mezzo poi dello Spirito Santo, l'amore che pervade il Cuore di Gesù si diffonde nel cuore degli uomini (cfr Rm 5,5) e li muove all'adorazione delle sue «imperscrutabili ricchezze» (Ef 3,8) e alla supplica filiale e fidente verso il Padre (cfr Rm 8,15-16), attraverso il Risorto, «sempre vivo per intercedere per noi» (Eb 7,25).

    4. Il culto al Cuore di Cristo, «sede universale della comunione con Dio Padre ..., sede dello Spirito Santo» (Insegnamenti, XVII, 1 [1994], 1152), tende a rafforzare i nostri legami con la Santa Trinità. Pertanto, la celebrazione del centenario della consacrazione del genere umano al Sacro Cuore prepara i fedeli al Grande Giubileo, sia per ciò che attiene al suo obiettivo di «glorificazione della Trinità, dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia» (Tertio millennio adveniente, 55), sia per il suo orientamento all'Eucaristia (cfr ibid.), in cui la vita che il Cristo è venuto a portare in abbondanza (cfr Gv 10,10) è comunicata a coloro che mangeranno di Lui per vivere di Lui (cfr Gv 6,57). Tutta la devozione al Cuore di Gesù in ogni sua manifestazione è profondamente eucaristica: si esprime in pii esercizi che stimolano i fedeli a vivere in sintonia con Cristo, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29) e si approfondisce nell'adorazione. Essa si radica e trova il suo culmine nella partecipazione alla Santa Messa, soprattutto a quella domenicale, dove i cuori dei credenti, riuniti fraternamente nella gioia, ascoltano la parola di Dio, apprendono a compiere con Cristo offerta di sé e di tutta la propria vita (Sacrosanctum Concilium, 48), si nutrono del pasquale convito del Corpo e Sangue del Redentore e, condividendo pienamente l'amore che pulsa nel suo Cuore, si sforzano di essere sempre più evangelizzatori e testimoni di solidarietà e di speranza.

    Rendiamo grazie a Dio, nostro Padre, che ci ha rivelato il suo amore nel Cuore di Cristo e ci ha consacrato con l'unzione dello Spirito Santo (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 10) in modo che, uniti a Cristo, adorandoLo in ogni luogo e operando santamente, consacriamo a Lui il mondo stesso (ivi, 34) e il nuovo Millennio.

    Consapevoli della grande sfida che ci sta dinanzi, invochiamo l'aiuto della Vergine Santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Sia Lei a guidare il Popolo di Dio oltre la soglia del Millennio che sta per iniziare. Lo illumini sulle vie della fede, della speranza, della carità! Aiuti, in particolare, ogni cristiano a vivere con generosa coerenza la consacrazione a Cristo che ha il suo fondamento nel sacramento del Battesimo e che opportunamente trova conferma nella consacrazione personale al Sacratissimo Cuore di Gesù, nel quale soltanto l'umanità può trovare perdono e salvezza.

    Varsavia, 11 giugno 1999, Solennità del Sacro Cuore di Gesù.

    IOANNES PAULUS II




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    VIAGGIO APOSTOLICO IN VENEZUELA, ECUADOR, PERÙ, TRINIDAD-TOBAGO

    SANTA MESSA PER IL 450° ANNIVERSARIO
    DELL'EVANGELIZZAZIONE DELL'ECUADOR

    OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II


    Mercoledì, 30 gennaio 1985

    Signor cardinale, fratelli nell’episcopato, autorità, cari fratelli e sorelle.

    1. “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36, 28). Con queste parole tratte dalla prima lettura della liturgia di oggi, desidero commemorare questo giorno importante nella storia della evangelizzazione dell’Ecuador. Come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa nella sede di San Pietro, suscita in me una grande gioia il trovarmi qui con tutti voi. Stiamo per celebrare l’Eucaristia, centro della vita liturgica della Chiesa, che di generazione in generazione ha alimentato la fede, la speranza e l’amore di questo popolo, riunito come comunità ecclesiale intorno al primo episcopato dell’Ecuador, precisamente quello di Quito. Qui i primi missionari celebrarono per la prima volta il santo sacrificio, nel luogo in cui oggi si trova la storica cappella di Cantuña.

    In questa sede episcopale di Quito, insieme al vostro pastore, il cardinale arcivescovo, ai miei fratelli nell’episcopato, ai sacerdoti, ai religiosi, e alle religiose, ai laici dei diversi movimenti ecclesiali e a tutto il popolo cattolico dell’Ecuador, elevo il mio rendimento di grazie al Dio uno e trino per gli abbondanti frutti di questi 450 anni di evangelizzazione iniziata in questi territori poche decadi dopo l’arrivo di Cristoforo Colombo nel nuovo mondo.

    2. Nel nome della santissima Trinità, Cristo risorto, giunto il momento di ritornare al Padre e dopo aver consumato la sua missione messianica nel mondo, inviò i suoi apostoli dicendo: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 18-19). E aggiunse: “Insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

    Gli apostoli di Cristo, e poi i loro successori, hanno compiuto il mandato del Signore risorto e hanno continuato di generazione in generazione, facendo discepoli in tutti i popoli. Come il chicco di grano che si deposita in terra e germina, così il seme del Vangelo fu seminato nell’anima feconda dei nuovi popoli che, sempre più numerosi, ricevettero il Battesimo nel nome della santissima Trinità. Essi, accettando Cristo, come signore e salvatore, entrarono nella famiglia dei figli di Dio, la Chiesa.

    3. In questo modo è venuto a compiersi, anche fra i popoli del continente americano nati alla fede, la profezia di Ezechiele che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati: vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli” (Ez 36, 24-25).

    La promessa del Signore si è compiuta, ed ecco che i popoli del nuovo mondo sorgono come un popolo nuovo, il popolo di Dio: “Abiterete la terra che io diedi ai vostri padri: voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36, 28).

    4. Ciò che il profeta Ezechiele aveva annunciato, avendo davanti agli occhi l’Israele dell’antica alleanza, si è realizzato nella nuova alleanza; dopo 15 secoli dalla venuta di Cristo, il suo messaggio di salvezza s’è fatto vita fra voi, incominciando dai vostri antenati.

    Infatti, secondo le relazioni, nel 1534 viene fondata la città indoispana di San Francisco di Quito, allo scopo di evangelizzare. Dieci anni più tardi, quella comunità è elevata a diocesi. Le “dottrine”, anticipazioni delle future parrocchie, si moltiplicano in mano ai religiosi francescani, domenicani, agostiniani e mercedari. E dopo vent’anni, da questa comunità ecclesiale elevata a diocesi nasce politicamente la Real Audiencia di Quito, il 29 agosto del 1563.

    Associatisi all’attività evangelizzatrice anche i religiosi della Compagnia di Gesù, l’opera ecclesiale dà vita ad una rete di scuole e licei; all’università domenicana di San Fulgenzio e a quella gesuitica di San Gregorio, all’arte della scuola “quiteña” e alla santità di Mariana de Jesús; all’opera missionaria in zone amazzoniche dove messaggeri del Vangelo testimoniano Cristo con il martirio.

    Nell’Ecuador repubblicano, vescovi, sacerdoti diocesani, religiosi, religiose ed eminenti secolari impegnati estendono e riaffermano, dagli inizi del XIX secolo fino al giorno d’oggi, la fisionomia cristiana e culturale della vostra nazione.

    5. Dopo questi 450 anni di evangelizzazione, e alla vista dei frutti che la parola di Dio e l’azione dello Spirito Santo hanno fatto maturare nella vostra amata patria, come successore di San Pietro mi colma l’anima di gioia il poter ripetere qui, a San Francisco di Quito, le parole del principe degli apostoli, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce... siete il popolo di Dio . . . avete ottenuto misericordia” (1 Pt 2, 9-10).

    Una nazione consacrata. Sì. Questa nazione, già da più di un secolo, si consacrò come popolo al sacro cuore di Gesù. Ancora risuona in tanti cuori l’eco del suo atto di consacrazione: “Questo è il vostro popolo, Signore. Vi riconoscerà sempre per il suo Dio. Non volgerà i suoi occhi ad altra stella che non sia questa di amore e misericordia che brilla in mezzo al vostro petto, santuario delle divinità, arca del vostro cuore”.

    Quella solenne professione di fede popolare onora questa nazione che conta fra i suoi figli esempi illustri di santità, come santa Mariana di Gesù, il santo fra Miguel, madre Mercedes di Gesù Molina, che avrò la gioia di proclamare beata, dopodomani, a Guayaquil. Sono il frutto eletto dell’evangelizzazione dell’Ecuador. Essi incoraggiano e servono da modello a tanti figli e figlie della Chiesa, che vogliono oggi nella loro vita seguire fedelmente Cristo, consacrarsi a lui e agli uomini, per lui.

    Cari fratelli e sorelle, accogliete come pegno di fedeltà la misericordia di Dio Padre, nella quale siete stati chiamati a partecipare della vita divina in Cristo, e siete stati fatti templi del suo Spirito. Siete il popolo annunciato dal profeta Ezechiele che cammina verso il Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo (cf. Lumen gentium, 4). Siete parte della Chiesa, corpo mistico di Cristo, Redentore del mondo.

    6. In questo giorno felice nel quale eleviamo il nostro ringraziamento a Dio per i 450 anni di evangelizzazione, desidero abbracciare con il mio cuore e con la mia preghiera tutta la Chiesa di Quito che cammina verso il Padre; tutta la Chiesa in Ecuador. Tutte le Chiese che durante questo tempo vi hanno aiutato con persone e mezzi.

    Questa Eucaristia che celebriamo nella capitale della nazione, riunisce intorno all’altare fedeli provenienti da tutti gli angoli del Paese. Come i chicchi di grano si uniscono per formare il pane eucaristico, così gli ecuadoriani si riuniscono qui con i loro pastori intorno al Papa, per essere confermati nella fede, per ravvivare la speranza, per testimoniare con amore il loro proposito di fedeltà a Cristo. Dalla pianura amazzonica fino alla costa, dalle città e dalla campagna, dalle Ande e dalla pianura, i figli di questo paese, situato alla metà del mondo, si riuniscono oggi per elevare a Dio un inno di rendimento di grazie per il dono della fede.

    Dato che sono venuto a visitare tutti, anche se non posso andare in tutti i luoghi, da questo altare, simbolo di comune unità di fede, rivolgo a tutti il mio saluto di pace, di amore, di comunione in Cristo, il quale ci ha chiamati “dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt 2, 9).

    Ai pastori e ai fedeli delle province ecclesiastiche di Quito, di Cuenca e Guayaquil, con le loro rispettive diocesi suffraganee; a quelli della prelatura de Los Rios, delle prefetture e vicariati apostolici; a quelli del continente e delle isole del Pacifico; alle popolazioni indigene e al resto degli abitanti; ai bambini, ai giovani, agli adulti e agli anziani. Infatti, ogni incontro con un gruppo o settore del popolo di Dio, in ognuna delle città incluse nel programma della visita, vorrei che fosse un gesto simbolico che potesse giungere agli stessi gruppi o settori del popolo fedele di tutta la nazione.

    7. Nel salmo responsoriale abbiamo cantato: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla” (Sal 23, 1). Dal principio dei tempi, ancor prima che fosse giunta la luce del Vangelo, la bontà paterna di Dio adornò con innumerevoli bellezze le terre dell’antico regno di Quito. Dio ha stabilito ogni cosa perché servisse all’uomo: i pascoli erbosi e le acque tranquille di cui ci parla il salmo. Il creatore mostrò con ciò tutto il suo amore per la creatura, fatta a sua immagine e somiglianza. Però solo con l’incarnazione del Verbo si manifesta in tutta la sua profondità l’amore di Dio verso l’uomo. Cristo viene per essere il pastore che si prende cura amorosamente del gregge. Egli è il Buon Pastore, che e disposto persino a “dare la vita per le sue pecore” (Gv 10, 11).

    Con quanta gioia la liturgia di oggi proclama questa verità del Vangelo! “Il Signore è il mio pastore... Mi guida per il giusto cammino... Se dovessi camminare per una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei come me”. Egli è il Buon Pastore, Gesù Cristo! Egli, che è la via che è la luce, è colui che “mi rinfranca”, che “davanti a me prepara una mensa”: il banchetto eucaristico, la mensa della parola, che rivela i misteri di Dio e la mensa del suo corpo e del suo sangue, che sono alimento per la vita eterna.

    Egli realizza la promessa biblica: “Cospargi di olio capo”, della quale ci parla il salmo responsoriale. Con questo olio, con questo profumo viene simbolizzata la grazia che irrompe dall’alto, la forza dello Spirito che profuma, che rafforza con la sua unzione.

    Cristo è l’unto di Dio, il Buon Pastore che continua a santificare mediante i sacramenti della Chiesa. Egli è nella grazia dell’unzione di chi riceve il Battesimo, per entrare a far parte dell’unico gregge di Cristo; è nell’unzione del sacramento della maturità cristiana, la Cresima; è nell’unzione sacerdotale di chi è consacrato per predicare, offrire il sacrificio nell’Eucaristia e perdonare i peccati nella Penitenza; è nella grazia che ricevono gli sposi che si uniscono nel matrimonio; è nell’unzione dell’infermo che si prepara al viaggio dell’incontro con Dio. Per questo il salmista esclama colmo di gioia: “Il mio calice trabocca”. Ecco così simbolizzata la comunione continua della nuova ed eterna alleanza, alla quale partecipano coloro che professano la propria fede in Cristo crocifisso, risorto ed esaltato alla destra del Padre.

    8. Popolo di Dio che abiti questa terra dell’Ecuador! Anche oggi la mia gioia trabocca perché il Signore è il tuo pastore; perché partecipi del sacrificio della nuova alleanza, perché professi Cristo morto e risorto, come tuo Dio e Signore. Il mio calice trabocca di ringraziamento, perché si compie la profezia di Ezechiele: “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36, 28). Un popolo nuovo nato dall’acqua e dallo Spirito Santo, che accetta la legge di Dio nel suo cuore come norma di vita: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi, vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36, 26-27).

    A quattro secoli e mezzo di distanza da quando hai ricevuto il Vangelo, ti domando, popolo di Dio dell’Ecuador, che hai ricevuto lo Spirito Santissimo, l’eredità della prima Pentecoste: il tuo cuore è fedele al Signore? Osservi i comandamenti del Dio dell’alleanza, del Dio del Vangelo? Ti conservi in quella “novità di vita” che proviene dal Signore?”.

    9. Le generazioni sono passate su questa terra. Una ha trasmesso all’altra la luce di Cristo, che per quattro secoli e mezzo ha illuminato il cammino del popolo di Dio in Ecuador. Nella loro anima portavano il segno indelebile del Battesimo; nel loro cuore, la speranza ardente nella risurrezione futura e nella vita eterna. Di nuovo diciamo col salmista: “Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni” (Sal 23, 6).

    Nel nostro rendimento di grazie di questa mattina, evochiamo il ricordo di quanti ci precedettero nella fede e adesso abitano nella casa del Signore per anni senza fine. Da loro avete ricevuto come eredità questa bella nazione, la cultura, il tesoro inestimabile della fede, l’eredità dello spirito. Sappiamo che ci attendono difficoltà e prove. Però camminiamo con coraggio verso il futuro!

    Cristo, il Buon pastore, è il principe del secolo futuro! Egli è la via, la verità e la vita. Conserviamo l’unione con lui e fra di noi. E seguiamolo. Aiutati da Maria, siamo perseveranti nel rimanere con lui. Così sia.

    Al termine della messa viene rinnovata la consacrazione dell’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù:

    Questo è, Signore, il tuo popolo, / sempre, o Gesù, ti riconoscerà come suo Dio, / non volgerà i suoi occhi ad un’altra stella / se non a quella dell’amore e della misericordia / che brilla in mezzo al nostro patto. / Sia, dunque, Dio nostro, sia dunque il tuo cuore / il faro luminoso della nostra fede, / l’ancora sicura della nostra speranza, / il simbolo della nostra bandiera, / lo scudo impenetrabile della nostra debolezza, / la bella aurora di una pace imperturbabile, / lo stretto vincolo di una santa concordia, / la nube che feconda il nostro campo, / il sole che illumina il nostro orizzonte, / la vena, infine, ricchissima / della prosperità e dell’abbondanza di cui abbiamo bisogno. / E inoltre ci consacriamo e ci affidiamo senza riserva / al tuo cuore divino. / Moltiplica senza fine gli anni della nostra pace, / estirpa dai confini della patria / la miscredenza e la corruzione, la calamità e la miseria. / Il tuo Vangelo detti le nostre leggi, / governi la tua giustizia i nostri tribunali / sostengano e dirigano i nostri governanti / la tua clemenza e la tua forza, / perfezionino i nostri sacerdoti / la tua saggezza, santità e zelo / converta tutti i figli dell’Ecuador la tua grazia / e la tua gloria li coroni per l’eternità / perché tutti i popoli e le nazioni della terra, / contemplando la vera gioia e felicità del nostro cuore / si rifugino a loro volta nel tuo cuore che ama / e usufruiscano della pace che offre al mondo / quella fonte pura e simbolo perfetto / di amore e carità.

    Amen.

  4. #24
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    Santino del 1880

    Santino del 1890

    Coeur Sacré de Jésus j’ai confiance en Vous (Pie X 1906 300 j. d’ind.) - Santino del 1918







  5. #25
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  7. #27
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    Originally posted by Augustinus
    Pompeo Girolamo Batoni, Sacro Cuore di Gesù, 1780. Uno tra i più bei sacri cuori diffusi per la pietà popolare.
    A Roma il Batoni si distinse per la grazia, la morbidezza delle forme, la preziosità del disegno e del colore. Il quadro del Sacro Cuore di Gesù è ispirato alle visioni della santa monaca francese Margherita Maria Alocoque.

    E' il primo pittore che vi si riferisce nel 1780 circa, su richiesta di una regina del Portogallo e subito ampiamente diffusa: il Cristo sostiene con la sinistra un cuore fiammeggiante, con la destra fa un gesto come invito alla confidenza nella sua misericordia.

    Il Salvatore ha un Volto bellissimo, giovanile, con lunghi capelli e breve barba.

    Oggi l'immagine è conservata nella Chiesa del Gesù di Roma. Essa è fedele ai dati materiali della visione della santa suora visitandina.

  8. #28
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    Predefinito La grande devozione di San Giovanni Bosco

    Egli stesso scrisse che dopo le rivelazioni a Santa Margherita Alacoque

    "questa devozione ecclesiastici e laici la adottarono con uno slancio singolare , siccome essa corrispondeva ad un bisogno pressante del cuore".

    Questa devozione di Don Bosco è attestata anche dal Padre G. Barberis SDB, che scrisse:

    "Mirabile era anche la devozione di Don Bosco al Sacro Cuore di Gesù. La raccomandava molto ai suoi giovani…".


  9. #29
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    Josef Hauber, Sacro Cuore di Gesù, 1775, Chiesa di S. Michele, Monaco

    Antonius Wierix, Gesù cammina in un cuore alla ricerca di anime, incisione dal "Cor Iesu amanti sacrum", 1585-86, Statens Museum for Kunst, København

    Copia luterana su vetro dell'incisione di Antonius Wierix, Gesù cammina in un cuore alla ricerca di anime, 1663, Museo di Bergen

    Antonius Wierix, Gesù insegna nel cuore, incisione dal "Cor Iesu amanti sacrum", 1585-86, Statens Museum for Kunst, København

    Copia luterana su vetro dell'incisione di Antonius Wierix, Gesù insegna nel cuore, 1663, Museo di Bergen

  10. #30
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