Africa: “Democrazia futura” PDF Stampa E-mail
venerdì 25 gennaio 2008
Africa: “Democrazia futura”


archiviostorico.info - Africa: “Democrazia futura”
di Dan Roodt*



Nel corso delle ultime elezioni in Kenia circa 600 persone sono rimaste uccise. In Africa, milioni di persone sono morte come conseguenza di guerre interetniche, genocidi e carestie; e questi milioni di morti non sono mai ricordati per molto tempo. Eppure le elezioni del Kenia, alle quali è stata data parecchia pubblicità e per le quali fu presente l’Unione Europea, hanno delle importanti lezioni da dare.

La prima di queste lezioni è che il continente africano, si afferma, un giorno o l’altro sarà una “democrazia”. Ci fu un tempo in cui la Costa d’Avorio fu indicata come l’”esempio” da seguire per il resto del continente, con un governo stabile, una crescita economica e un numero considerevole di bianchi nei posti tecnici. Ma la democrazia della Costa d’Avorio, dal 1998, si è progressivamente tramutata in conflitto etnico e alla lunga in guerra civile, nella quale risultò vincitore Laurent Gbagbo, che è ancora al potere. Intanto, molti europei, soprattutto francesi, hanno abbandonato il paese e in conseguenza c’è stato un collasso economico.

Ciò che è vero per la Costa d’Avorio è vero anche per la cosiddetta Repubblica del Congo, che è tanto democratica come potette esserlo l’ex Repubblica Democratica Tedesca. Solo qualche mese fa, l’Unione Europea, investendo 500 milioni di euro, ha reso possibili le prime elezioni in 40 anni. Fino a qualche settimana fa la ‘democrazia’ del Congo era la più ‘promettente’ di tutta l’Africa; poi scoppiò la guerra civile per le strade della capitale, Kinsjasa. La guerra interetnica, fino adesso, ha fatto nel Congo quattro milioni di morti, e non accenna a cessare.

Si sente spesso dire che in Africa non c’è una visione del futuro. Gli africani vivono alla giornata, non c’è molta pianificazione, le comunicazioni non ricevono manutenzione, l’agricoltura viene abbandonata e la crisi è ‘normalità’. Quindi ci vuole l’intervento delle organizzazioni ‘caritatevoli’, europee o delle Nazioni Unite.

Nel 1980 era lo Zimbabwe a essere la ‘futura democrazia’ dell’Africa. I giornalisti inglesi scrissero apologie di Mugabe e lo storico Thomas Pakenham, negli ultimi anni Novanta, presentò lo Zimbabwe come modello per il mondo, indicando come Mugabe fosse “tollerante verso le minoranze etniche e razziali”. Da allora Mugabe si è rivelato un dittatore che ha perseguitato le minoranze etniche, tipo i Matabele (egli è un Sjona) e ha espulso tutti i bianchi dal paese confiscando i loro beni e annientando l’economia del paese.

Nonostante tutto questo, un mese fa Mugabe è stato ricevuto con tutti gli onori alla riunione dell’Unione Europea a Lisbona, dove si ipotizzò che nello Zimbabwe ci potesse essere un ‘ritorno alla democrazia’ – come se da quelle parti democrazia ce ne fosse mai stata. Ma l’Africa è sempre una “democrazia del futuro” – prima la Costa d’Avorio, poi il Kenia, poi il Congo e poi lo Zimbabwe.

Anche il Sud Africa, il paese più sviluppato dell’Africa, all’inizio degli anni Novanta era indicato come la più promettente democrazia del continente. Mandela, ex comunista ed ex avvocato della classe media, appartenente all’etnia xhosa, fu acclamato in tutto il mondo come il più grande statista dopo John F. Kennedy, Charles de Gaulle e addirittura Giulio Cesare.

Adesso il Sud Africa sta attraversando le fasi preliminari dello scontro etnico fra gli xhosa, sempre più potenti, e i loro concorrenti storici, gli zulù; una circostanza, questa, che viene tenuta nervosamente d’occhio sia dai bianchi che che da tutte le altre minoranze etniche o razziali del paese. C’è una probabilità di oltre il 50% che, entro tempi relativamente brevi, il Sud Africa si incammini sulla stessa via dello Zimbabwe.

La lealtà alla propria etnia assieme a un sistema di valori che è incompatibile con quello delle democrazie occidentali, sono realtà indiscutibili in Africa. Eppure tanti osservatori occidentali dalle idee poco chiare, che visitano l’Africa all’ombra di parasoli o a fare vacanze di caccia, vi vedono ancora una futura democrazia e sono disposti a riversarvi milioni di euro.

Da quando è finita la guerra fredda, la democrazia e le elezioni che sono costate milioni di euro sono state le principali cause di guerra e di violenza interetnica in Africa. Coloro che vanno in Africa a fare ‘safari’ armati di binocoli e di denaro contante, non fanno proprio niente per ‘portare la democrazia’ agli autoctoni.

* Dan Roodt è uno scrittore e uno che combatte per la sopravvivenza dell’afrikaner in Sud Africa.

[Traduzione a cura di Silvano Lorenzoni per archiviostorico.info - Tutti i diritti riservati]