Occorre che gli immigrati entrino in possesso della cittadinanza italiana per poter votare? Questa la domanda che il Velino ha posto a diversi parlamentari raccogliendo una risposta tutt'altro che scontata dal capogruppo dell'Udc al Senato, Francesco D'Onofrio. Secondo D'Onofrio, infatti, il problema è a monte: «Nella costituzione italiana la norma della cittadinanza è figlia dello ius sanguinis; per passare a un'ipotesi basata sullo ius soli occorre una seria e approfondita riflessione. Che finora non è stata fatta - spiega. Anzi, sono rammaricato del fatto che l'argomento venga trattato come un optional e non vi sia stato un approfondimento adeguato», tuona D'Onofrio. «Bisognerebbe chiedersi: cos'è che identifica una comunità, il rapporto di sangue o il rapporto con il territorio? Da cattolico sono per lo ius soli, da costituzionalista farei prevalere lo ius sanguinis. Un'approfondita riflessione configura una rivoluzione costituzionale».
Con un tono polemico, D'Onofrio ironizza: «Sono lieto che il ministro Tremaglia passi dal diritto di sangue al diritto di suolo con estrema facilità. Non so se si renda conto che, sulla base di questo principio, non avremmo dovuto estendere il diritto di voto agli italiani residenti all'estero».