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    Predefinito Costanzo Preve su Grimaldi

    Intervento sul pezzo messo in rete da Fulvio Grimaldi il 28.9.03 intitolato “Fascisti sinistrati”


    di Costanzo Preve





    Ho letto l’interessante pezzo di Fulvio Grimaldi (d’ora in poi F.G.) intitolato “Fascisti sinistrati”. Altri , in sede giudiziaria, chiederanno a F.G. di rendere conto di menzogne integrali come quella sul Campo Antimperialista covo di fascisti infiltrati e di agenti segreti. E’ giusto che gli facciano pagare la diffamazione fino a ridurlo con le pezze al culo. Per quanto mi riguarda, invece, non mi sento affatto offeso. L’odio teologico di F.G. è infatti un prodotto storico, meritevole di riflessione. Il fatto che se la prenda con me non è per nulla rilevante, ed è anzi accidentale. Vale invece la pena di trasformare i deliri teologici di F.G. in oggetto di riflessione.

    Non intendo affatto confrontarmi con F.G., e dico questo senza nessuna presunzione ed arroganza. Ci si può confrontare solo con chi, pur dissentendo anche radicalmente, presenta in modo il più possibile credibile ed oggettivo le tue posizioni. Si tratta di un’etica della comunicazione che esiste da millenni, e che F.G. ignora.

    F.G. ritene evidentemente che un fuoco retorico e pirotecnico possa sostituire la riflessione. In questo, purtroppo, è erede di una lunga tradizione negativa della sinistra, per cui la “battuta” è scambiata per argomento.

    Per farla breve, toccherò solo sei punti, più un’appendice dedicata al signor Stefano Garroni, che mi ha chiamato simpaticamente in causa. Ripeto, si tratta solo di un’occasione per qualche riflessione.





    1. Grimaldi, le Torri Gemelle e la concezione paranoico-complottista della storia



    Un’utile introduzione al pensiero di F.G. può essere il suo articolo sulle Torri Gemelle pubblicato dall’”Ernesto”, n° 4, 2003. In esso F.G. sostiene che le Torri Gemelle se le sono fatte gli USA da soli, che hanno pianificato un “trauma di massa” per poter giustificare la teoria imperiale della “guerra preventiva”, che hanno giocato in borsa prima ancora dell’11 settembre sulle sue conseguenze prevedibili, che (come sostiene il francese Mayssan) l’attacco al Pentagono non è neppure mai esistito, e che tutto questo è stato “provato”(?) dall’informazione antagonista, che però è stata silenziata, eccetera.

    Ho deciso di partire da qui, perché so bene come (purtroppo) teorie del genere sono diffuse anche in insospettati ambienti, ed a mio avviso sono colpevolmente tollerate. Si tratta di una concezione complottistica della storia, non dissimile da quella del complotto mondiale ebraico a suo tempo diffusa dai Protocolli dei Savi di Sion, cui lasciarono spazio non solo dei futuri nazi, ma anche molti socialisti cretini dell’epoca. Io faccio parte invece di quella parte ingenua della sinistra anti-imperialista che pensa invece che sostanzialmente le Torri Gemelle le abbia fatte Bin Laden ed il suo gruppo, anche se non si possono escludere connivenze di settori di servizi segreti.

    Vorrei dire anche il perché non credo alla teoria dell’auto-attentato del gruppo di Bush. Non credo alla teoria dell’auto-attentato non certo perché il gruppo di Bush non sia teoricamente capace di tutto. Io penso che, in quanto gruppo messianico-fondamentalista che si crede direttamente alleato con Dio e pertanto non vincolato dalla morale comune la cricca di Bush sarebbe capace di tutto, e dunque anche di questo. Ma, appunto, il sistema politico americano non è il gruppo Spectre, e non esiste di fatto la possibilità di un vertice di fare una cosa simile in segreto. Pensiamo al fatto che i cialtroni del gruppo Bush non sono ancora riusciti a portare da fuori delle armi di distruzione di massa in territorio iracheno per legittimare l’aggressione, eppure gli converrebbe farlo, e non sono certamente remore morali a fermarli. E perché non riescono a farlo? Ma perché sono controllati dal gruppo Clinton, da altre cricche democratiche e repubblicane dissidenti, eccetera. Ecco perché, pur astrattamente volendolo, non sono ancora riusciti a portare armi di distruzione di massa. Ecco perché, pur magari volendolo, nessun gruppo di potere americano potrebbe organizzare le Torri Gemelle senza che un gruppo rivale venisse a saperlo ed a denunciarlo.

    Come mai un cretino come Grimaldi non riesce a capire una cosa del genere? Qui sta il punto più interessante. In prima istanza, ogni teoria di tipo complottistico nutre quella concezione poliziesca della storia che produce un rapido orgasmo intellettuale in tutti i paranoici (e con questo non escludo, ovviamente, un ragionevole fattore complottistico nella storia, sia pure secondario). Ma non è questo il punto essenziale. Il punto sta altrove, e vale la pena di capire dove.

    Come il 95% dei presunti marxisti della sua generazione e come il 100% degli operaisti, dei potereoperaisti negriani e dei lottacontinuisti, F.G. non ha un concetto di Capitale come un campo di battaglia plurale fra gruppi strategici in concorrenza reciproca mortale, ma ha un concetto di Capitale come centro poliziesco unificato di riproduzione complessiva. Si tratta della trasposizione in categorie (pseudo) marxiste di una concezione monoteistica ed antropomorfica di tipo religioso. Non pretendo che questo sciagurato riesca a capire una cosa tanto difficile. Ma il lettore di queste note forse comincerà a riflettere sul fatto che persino una cosa tanto astratta come il concetto di capitale, se non è ben inteso, porta a concezioni del tutto stravolte della storia contemporanea. Ed in questo senso l’esempio negativo di F.G. può essere utilissimo per “rettificare” una concezione sbagliata dell’attualità politica e storica.





    2. Grimaldi e la concezione diabolica e demonologica del fascismo



    La prima parte del pezzo di F.G. è una godibilissima immagine surreale del fascismo universale che parte da Bush, passa per Fini e Berlusconi, per giungere (sic!) ad un “rancoroso filosofo torinese”, e cioè Preve. Non esagero, leggere per credere.

    Metto in guardia il lettore benevolo dal pensare che si tratti solo di deliri di un paranoico. Non è così. Qui F.G. si innesta su di un terreno culturale che non è mai stato bonificato in mezzo secolo, e cioè l’uso terminologico “alla cazzo di cane” (mi si scusi l’espressione volgare) della parola “fascismo”. F.G., non dimentichiamolo mai, viene dall’eletta schiera dei grandi teorici di Lotta Continua, che definivano Fanfani “fascista” e coniarono il termine di “fanfascismo”. Qui Grimaldi è peraltro contiguo ai girotondisti che considerano Berlusconi un “fascista”. Questi sciagurati non si rendono neppure conto di segare lo stesso ramo in cui sono seduti, perché se tutti sono fascisti allora nessuno più è fascista. Bush, D’Amato, Bossi, Le Pen, Julius Evola, Preve, tutti fascisti. Ma allora anche Rutelli, D’Alema, Sofri, Rosy Bindi, eccetera, sono anch’essi fascisti, perché nessuno può negare che abbiano fatto e voluto la guerra del Kosovo del 1999. Chiunque non sia del tutto rincoglionito dal settarismo teologico si renderà conto che un simile uso del termine “fascismo” è la tipica notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere.

    Anche qui però lo sciagurato, certo senza sospettarlo, si ricollega ad una antichissima tradizione, che è quella della Demonologia. In tutti i trattati demonologici per esorcisti il Maligno si traveste in molte forme, dal denaro alla fica, dal libro filosofico proibito alla ricerca di onori mondani, eccetera. Ora, basta mettere al posto del Maligno il Fascismo ed il gioco e fatto. Essendo metamorfico e proteiforme, il fascismo si incarna in Bush come in Preve, in Berlusconi come in Mazzei, in Bossi come in Pasquinelli.

    Che cosa dire? Bisogna prendere sul serio questo delirio demonologico, perché il problema non è l’irrilevante personalità empirica dell’energumeno, ma è il fatto che, se può dire queste cose con un certo consenso, ciò è dovuto ad un ritardo ormai intollerabile nell’abbandono di un uso demenziale di una categoria storico-politica che invece è estremamente determinata storicamente e politicamente. E questo ci riguarda tutti.







    3. Grimaldi e la sacralità della dicotomia Destra/Sinistra



    F.G. mi piomba addosso con furore teologico sulla questione sacrale della dicotomia Destra/Sinistra, e ci mette insieme alla rinfusa i poveri, le sue irrilevanti esperienze bambinesche, eccetera. Ma non ci vuole molto a ristabilire i termini razionali del problema , e cioè che la Sinistra e la Destra non sono categorie metafisiche, idealtipiche e trascendentali, ma sono integralmente categorie storiche. Ed in quanto categorie storiche come tutte le categorie storiche hanno un inizio, un’evoluzione, un’involuzione ed anche una possibile fine, o quanto meno una trasformazione che le rende ormai irriconoscibili, almeno in alcune situazioni storiche particolari.

    E’ ovviamente possibile non concordare sulla fine di questa dicotomia. Persone ragionevoli ed intelligenti come Bobbio lo hanno fatto, in base ad esempio al parametro della “eguaglianza”. A queste ragionevoli obiezioni si può ragionevolmente obiettare che la sinistra neoliberista e neoimperialista, che resta elettoralmente nei paesi occidentali europei la parte maggioritaria e decisiva della sinistra (che l’ernestiano Grimaldi sostiene anche elettoralmente, alla faccia non solo dell’anti-imperialismo ma della stessa logica elementare), ha completamente abbandonato la difesa di questo parametro. In ogni caso, con Bobbio si può discutere perché ci si pone entrambi su di un terreno razionale di scambio di argomenti. Io ammetto apertamente che si possono portare buoni argomenti per difendere ancora la dicotomia, e conto amici e compagni fraterni e stimati che la difendono e che non sono affatto d’accordo con le mie tesi.

    Ma qui appunto si starebbe ancora su di un piano razionale. Ma per F.G. chi sostiene l’obsolescenza della dicotomia storico-politica nelle attuali condizioni italiane non è il portatore di una tesi discutibile, ma un peccatore, un subdolo fascista infiltrato. Il solo sollevare il problema è per questo energumeno un indizio inequivocabile di infiltrazione. E allora è evidente che non è più possibile discutere niente.

    Riassumiamo. Non ho nulla in contrario a che si respinga razionalmente la tesi della fine progressiva della dicotomia. Considero ogni tesi del mantenimento strutturale della dicotomia un errore teorico e politico, più esattamente un errore teorico che comporta poi un ancora più grande errore politico, e cioè l’auto-subordinazione, magari coperta con frasi estremistiche ed anti-imperialiste, alla banda dell’Ulivo fortemente dipendente da oligarchie finanziarie (Prodi, Fazio, Monti, eccetera). Ma con chi fa degli errori si può sempre discutere. Non si può invece discutere con energumeni che trasformano il mantenimento della dicotomia in preventivo giuramento religioso di appartenenza. E con questo spero di essere stato chiaro.





    4. Grimaldi e l’interpretazione viscerale del sessantotto



    Chi scrive, e cioè il filosofo “fascista” torinese Preve, è nato nel 1943, ed aveva dunque 25 anni nell’anno mirabile del Sessantotto. Il nostro F.G. non ha dunque il monopolio della conoscenza diretta del sacro evento. C’ero anch’io, e gliene potrei anche raccontare delle belle. Ma solo uno sciocco cita i compagni Poldo, Asdrubale, Carmelo e Filippo insieme con la loro indiscutibile buona fede rivoluzionaria, per motivare una tesi storica, e cioè quella della rivoluzionarietà strutturale di questo evento. L’intenzione soggettiva di Pancrazio e di Gaspare non coincide con il significato storico oggettivo dell’evento. Con i parametri di F.G. la disponibilità a farsi mangiare dai leoni nell’arena dei primi martiri cristiani sarebbe una prova dell’esistenza di Dio e della divinità del Cristo. Ma come tutti i primitivi che si lanciano nei dibattiti teorici F.G. cade nel difetto logico cui metteva già in guardia Port-Royal, e cioè prouver ce qui n’est pas en question (traducendo per Grimaldi : dimostrare ciò di cui non si sta discutendo).

    Non si sta discutendo infatti della buona fede soggettiva di gran parte (non tutti) dei partecipanti del ciclo di lotte del Sessantotto. Decine di studi hanno fatto l’ipotesi che il Sessantotto, vissuto soggettivamente dalla stragrande maggioranza dei suoi partecipanti come rivitalizzazione della rivoluzione comunista, fu in realtà un momento di modernizzazione postborghese del costume, o almeno che quest’ultimo aspetto finì sul medio periodo con il diventare l’aspetto principale. E qui la faccio breve solo per motivi di spazio.

    Si può discutere. La tesi può essere vera o falsa, eccetera. Ma il solo argomento che non si può decentemente usare è che gli amici di Fulvio, e cioè Antonino, Luigino e Addolorata erano bravi compagni. Un pò di primitivo naif è buono per la pittura etnica, ma non per la comprensione dialettica degli avvenimenti.





    5. Grimaldi e la teoria complottistica dell’infiltrato Adriano Sofri



    La concezione complottistica della storia e del Sessantotto di F.G. si manifesta in modo solare quando parla di Adriano Sofri come di un “infiltrato” nel movimento del Sessantotto. Ho dovuto leggere molte volte la riga per verificare di non avere male agli occhi. Eppure è così. Sofri è un infiltrato. Per dimostrare (si fa per dire) l’infiltrazione di Sofri F.G. parla delle sue posizioni, e cioè “il PCI come nemico principale, il socialimperialismo sovietico, le imprese editoriali realizzate insieme ad un rampollo della CIA, la soppressione di Lotta Continua (comprese molte vite) ed il rivelarsi facinoroso pannelliano, bombarolo, provocatore, sionista, iperatlantico, uomo d’ordine, bambolotto di Giuliano Ferrara”.

    Stupendo. Credevo che non ci fosse in Italia nessuno cui Sofri fosse più antipatico del sottoscritto. Bombardatore umanitario, sionista, tutto il peggio del peggio. Un Pannella leggermente più colto e brillante. Un nichilista puro che utilizza la vecchia retorica letteraria tipica della tradizione provinciale toscana. Per aumentare la dose, ho sempre avuto il convincimento che il sottoproletario rancoroso Marino dica sostanzialmente la verità e che la pervicace “volontà di non sapere” di gruppi politicamente corretti di letterati rimbambiti sia un esempio di diseducazione storica e filosofica delle nuove generazioni. C’era una strada aperta, quella della scarcerazione di Sofri per un’amnistia politica sacrosanta di fatti lontani. Ma non si è voluto percorrerla, perché avrebbe implicato un bilancio razionale di tipo storico, e si è preferito la sacra rappresentazione del Grande Intellettuale Bombardatore, che non può che dire la Verità, contro l’Operaio Primitivo e Rancoroso, che non può che essere manipolato dai carabinieri, per cui i Giudici sono sinceri quando condannano Berlusconi, e sono invece Insinceri quando condannano Sofri.

    Pagliacci. E tuttavia la mia disistima per Sofri, appena moderata dalla sua spiacevole condizione di carcerato che qualunque paese normale non in preda a veti incrociati avrebbe già scarcerato da tempo, non è nulla rispetto alla teoria della “infiltrazione” di F.G.

    In effetti, se Sofri è stato un infiltrato in Lotta Continua, anche Preve può essere un infiltrato nel movimento antimperialista. Naturalmente, Sofri non fu un infiltrato, solo un energumeno paranoico può sostenerlo. Sofri aderì sinceramente al comunismo nei primi anni Sessanta, diresse sinceramente Lotta continua dal 1969 al 1977, aderì sinceramente a Martelli ed a “Reporter” dopo il 1978, ed infine aderì integralmente al sionismo ed ai bombardamenti detti “umanitari” negli anni Novanta. Sofri è un personaggio weberianamente ideal-tipico, la cui traiettoria spirituale è sostanzialmente la stessa di gran parte della sua generazione. Ed allora Sofri è anche un personaggio tragico, perché la dissoluzione politica e lo spappolamento spirituale di una parte rilevante di quella generazione (che poi è anche la mia, ed ecco perché emozionalmente mi esprimo un po’ sopra le righe) è un fatto tragico, e ricchissimo di insegnamenti.

    Capisce qualcosa di tutto questo F.G.? Ma assolutamente nulla. L’energumeno è contento di aver trovato la categoria tuttofare di “infiltrato”, e la usa continuamente come fanno i bambini quando usano le parolacce perché in questo modo sono al centro dell’attenzione.





    6. Il Grimaldi filosofo, l’Islam e l’universalismo umanistico



    Abbiamo visto come il Grimaldi storico usi esclusivamente la categoria di complotto, ed il Grimaldi politico la categoria di infiltrazione. Finiamo ora con il Grimaldi filosofo, che assomiglia ad un ubriaco che decida di pattinare sul ghiaccio sottile. L’effetto comico è assicurato.

    Leggendo che il filosofo infiltrato Preve parla di universalismo umanistico, F.G. sulla base di lontane letture del Bignami di storia associa l’umanesimo con Pico della Mirandola e ne conclude che l’infiltrato vuole riportare lo statuto del marxismo al Quattrocento. Infame!

    Una breve segnalazione. Da circa un secolo, anche se F.G. non lo sa, esiste una discussione sullo statuto filosofico migliore per la teoria di Marx. Sono stati proposti il materialismo dialettico, la teoria neokantiana della giustizia, lo storicismo assoluto, l’ontologia dell’essere sociale, l’epistemologia althusseriana, eccetera. So bene che questo per F.G. non è inglese o francese, in cui sa probabilmente chiedere un bicchiere d’acqua, ma è armeno e georgiano, in cui certamente non lo sa fare. Allora faccia un breve corso domenicale, magari con il grande filosofo romano Garroni, e saprà che la discussione sullo statuto dell’umanesimo moderno, in cui alcuni sono per (Preve) ed alcuni sono contro (l’infiltrato veneto La Grassa) fa parte della discussione mondiale del marxismo.

    Ma F.G. è una miniera di sorprese. Afferma infatti che per Preve ( e per altri infiltrati come Martinez e Langthaler, che avendo cognomi stranieri sono sicuramente cosmopoliti sospetti) l’universalismo umanistico è l’Islam. Ho paura che F.G. scambi Preve con Garaudy o l’ayatollah Khomeiny. Io ho un grande rispetto per la cultura islamica, ma chi voglia leggere anche un solo mio breve testo (ad esempio quello pubblicato su “Praxis”, n° 34, ottobre 2003, la rivista dell’infiltrato Pasquinelli) vedrà agevolmente che le mie fonti filosofiche sono la filosofia greca, l’illuminismo europeo ed il giovane Marx. Leggere per credere.

    Le incursioni filosofiche di F.G. sono purtroppo solo il sintomo di un malcostume duro a morire. E cioè che per quanto riguarda la filosofia, che tanto non può essere dimostrata con equazioni o esperimenti, chiunque possa sparare le cazzate incontrollabili che vuole.

    F.G. è solo un esempio pittoresco di rozzezza, ma bisogna riconoscere che purtroppo nel campo della filosofia (per la storia, l’economia o la sociologia c’è più controllo) tutto è permesso.

    Concludo qui su Grimaldi. Io non so se F.G. sia un libero sparatore di cazzate oppure sia un losco individuo manovrato da Allam o da oscure forze che vogliono far fallire una promettente iniziativa politica. Fedele alla mia concezione ottimistica dell’essere umano ed al mio rifiuto metodologico della complottite faccio l’ipotesi più benevola, e cioè che sia solo un libero sparatore di cazzate. Ma allora la cosa, lungi dall’essere meno grave, è in realtà più grave. Su questo so che molti amici e compagni non mi seguono, ma voglio essere chiaro in proposito.

    Se infatti F.G. fosse solo un corrotto che provoca per conto di forze oscure la cosa non sarebbe per nulla grave. Smascherato un agente segreto, si passa all’ordine del giorno. Persino nella direzione bolscevica (caso Malinovsky) c’era un agente provocatore. Ma la cosa è più grave. F.G. non fa che esprimere in forma pittoresca un fondo limaccioso di luoghi comuni e di oscuri fantasmi che si agitano nel subconscio del militante rimasto invischiato in forme ideologiche ormai morte e che lo tengono prigioniero e disponibile ad ogni manovra ambigua.

    Questo, e solo questo, è il problema Grimaldi.





    APPENDICE



    Nel teatro antico, dopo la tragedia veniva il dramma satiresco. E dopo la tragedia Grimaldi viene il dramma satiresco di un signore rancoroso e bilioso chiamato Stefano Garroni. Vorrei citarlo.”…ho scritto una critica ironica e sprezzante contro il signor Preve, non citandolo perché egli non aspetta altro, se non che marxisti noti e riconosciuti polemizzino con lui…il signor Preve è un evidente cialtrone anche in sede propriamente filosofica, ed è facilissimo dimostrarlo. Evidentemente, il quarto d’ora di celebrità che ha avuto nel nostro giro deve essere stato costruito da quegli stessi ambienti che gli consentono oggi (ipotesi mia) di dare appoggi economici al gruppo di Pasquinelli e alla rivista di Mazzei”.

    La pittoresca dichiarazione di Garroni può essere messa nel genere letterario “niente di personale”. Il lettore noterà l’olimpica obiettività del nostro pensatore. Mi limito ad alcune osservazioni.

    In primo luogo, rispetto il dramma esistenziale in cui si trova Garroni. Da un lato, afferma che sarebbe facilissimo dimostrare la mia evidente cialtroneria (immagino significhi ignoranza) filosofica, e fa capire che per lui sarebbe un gioco da ragazzi. Dall’altro per dimostrare la mia cialtroneria dovrebbe leggermi e citarmi, ma non può farlo perché io non aspetto altro. Un bel dilemma. Persino Engels dovette citare a suo tempo l’infiltrato Duhring. Bravo Garroni. Ancora uno sforzo.

    In secondo luogo, Garroni parla di “quegli stessi ambienti” che, se ho capito bene, mi danno soldi perché io possa passarli a Mazzei e Pasquinelli. C’è dunque un triplice passaggio: oscuri ambienti/Preve/Mazzei e Pasquinelli. E tutto questo complicato casino sarebbe fatto per inquinare l’alto livello filosofico marxista di Garroni.

    Cosa dire? Sul piano fattuale, io purtroppo non ho ambienti che mi finanziano. Vorrei averli, naturalmente, ma purtroppo non li ho mai trovati. Inoltre non ho mai dato un soldo (e me ne dispiace) a Mazzei e Pasquinelli, ed è vero anzi il contrario, perché il Campo Anti-Imperialista ha finanziato integralmente la stampa di ben due miei libri presso l’editrice CRT di Pistoia, nota casa editrice finanziata dalla CIA e dalla Confindustria.

    Riassumiamo. Preve è (1) un cialtrone anche in sede propriamente filosofica, e (2) un corrotto (da ambienti non meglio identificati) ed un corruttore (dei semplici militanti sprovveduti Mazzei e Pasquinelli).

    Ora, la prima accusa è un’opinione personalmente non rilevante, mentre la seconda, trattandosi di un falso diffamatorio da dimostrare, ritengo che sia anche penalmente rilevante.

    Ma il lettore si rassicuri. Non seguirei questa strada neppure se fosse facile ed ovvia. Al di fuori della sua attività citatologica, limitata cioè alle citazioni, il mediocrissimo Garroni è costretto a sputare il suo veleno con insulti pittoreschi (cialtrone, corrotto, corruttore, eccetera). Ancora una volta non è Garroni il problema. Il problema è un’intera cultura politica.

    Il problema, e non mi stancherò di ripeterlo, è che Garroni si colloca in una gloriosa tradizione di origine staliniana per cui il pensatore che a torto o a ragione non la pensa come noi è un infiltrato ed un nemico del popolo da cui mettere in guardia. I tipi umani che scrivono come Garroni sono gli stessi che nel 1938 a Mosca o nel 1948 a Praga mettevano in guardia le autorità di polizia. Certo, nella nostra epoca postmoderna uno come Garroni è una curiosa sopravvivenza da giardino zoologico come gli ornitorinchi e i lemuri del Madagascar. Immaginatevi uno che nel 2003 mette in guardia contro gli infiltrati nel grande castello della ortodossia marxista. Altro che Good-by Lenin!

    Ma l’elemento pittoresco Garroni non deve trarre in inganno. Se questi iguanodonti sono sopravvissuti tanto a lungo ciò è dovuto ad una colpevole tolleranza propria del più vasto ambiente di sinistra e della stessa comunità di studio e di pensiero marxista. In fondo non si sa mai. Possono sempre fare comodo un giorno o l’altro dei brontosauri che riprendono il vecchio armamentario diffamatorio (cialtrone, corrotto da oscuri ambienti peraltro non menzionati, corruttore di onesti militanti, eccetera).

    E qui posso veramente concludere. I casi Grimaldi e Garroni non sono interessanti in sé, ma sono interessanti come sintomo di uno stato generale di arretratezza ormai grottesca: paranoia, complottite,sindrome dell’infiltrazione, odio per l’innovazione, ripiegamento identitario, abitudine alla diffamazione non dimostrata, eccetera. Ahimè, non ce ne libereremo presto.

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