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  1. #1
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    Predefinito Uso di stupefacenti e militanza nella "Destra Radicale". Sono compatibili?

    Premesso che il vostro moderatore non vi perderà d'occhio, se si vuol riprendere a discutere l'interessante tema nel rispetto reciproco qui si potrà farlo...

    Io comincio col dire che, dal mio punto di vista, la risposta è un NO secco...

    Chi usa sostanze stupefacenti secondo me denota (salvo casi particolarissimi...) una carenza di risorse interiori in contrasto non rimediabile con un modus vivendi tradizionale... E, altra buona ragione, finanzia e sostiene la criminalità organizzata, commerciante in regime di monopolio delle medesime almeno finché la legge non cambierà...

    D'altro canto, prendo atto che il problema esiste... Che tra i "camerati" lo spinello circola esattamente come tra le "zecche"... E l'esempio di chi si fa la canna o la pera dopo aver detto il contrario, mezz'ora prima, non era peregrino...

    Saluti.

  2. #2
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    Predefinito Re: Uso di stupefacenti e militanza nella "Destra Radicale". Sono compatibili?

    In origine postato da Tomás de Torquemada
    Premesso che il vostro moderatore non vi perderà d'occhio, se si vuol riprendere a discutere l'interessante tema nel rispetto reciproco qui si potrà farlo...

    Io comincio col dire che, dal mio punto di vista, la risposta è un NO secco...

    Chi usa sostanze stupefacenti secondo me denota (salvo casi particolarissimi...) una carenza di risorse interiori in contrasto non rimediabile con un modus vivendi tradizionale... E, altra buona ragione, finanzia e sostiene la criminalità organizzata, commerciante in regime di monopolio delle medesime almeno finché la legge non cambierà...

    D'altro canto, prendo atto che il problema esiste... Che tra i "camerati" lo spinello circola esattamente come tra le "zecche"... E l'esempio di chi si fa la canna o la pera dopo aver detto il contrario, mezz'ora prima, non era peregrino...

    Saluti.
    Quesito interessante, giä posto precedentemente, ma quanto mai attuale.

    Io comincerei con lo scindere i due aspetti negativi dell'uso di stupefacenti, ossia il palese contrasto con il modus vivendi di cui si parla ed il foraggiamento delle attivitä illegali e mafiose.

    Molti sono spinti a sottolineare come l'uso di stupefacenti aiuti in realtà ad aprire "vie mentali" e risorse che sono insite nella persona che ne fa uso, ma che non sono accessibili altrimenti. Ciò farebbe pensare non ad una reale carenza di risorse, ma solo ad una mancata accessibilità alle stesse in stato di lucidità.

    Non è un mistero, peraltro, che molti artisti e letterati del passato per esempio sfruttassero al massimo la propria vena artistica proprio sotto l'effetto di tali sostanze. La qualità delle loro produzioni potrà essere poi senz'altro discutibile, ma la sostanza del discorso non cambia. Ma siamo sicuri che non si tratti di un mero specchietto per le allodole? Cioè, siamo sicuri che questa spinta creativa non avrebbe potuto comunque essere liberata senza l'aiuto di tali sostanze, ma semplicemente a mente lucida, tramite una maggiore introspezione ed un "rilassamento mentale" indotti senza "aiuti" esterni?

    A me sembra che quella degli stupefacenti sia in realtà una agevole scappatoia, che rischia però di rivelarsi un'arma a doppio taglio, nel senso che con l'andare del tempo tali risorse, insite nella persona per cui in potenza accesibili, ma a cui si accede sempre per via di questa innaturale porta, diventino sempre più inaccessibili in modo naturale e di fatto dipendenti dall'uso delle sostanze di cui si parla.

    Senza contare la innegabile necessità di lucidità mentale per affrontare i compiti del quotidiano, i rapporti umani, la vita di per se stessa. In quale modo uno stile di vita tradizionale, per sua natura improntato al rispetto di determinati canoni, potrebbe essere seguito in uno stato mentale in cui i canoni stessi vengono dilatati, spostati, stravolti?

    Il secondo aspetto è in realtà privo di ogni discutibilità. Dare il proprio sostegno economico ad attività illecite dovrebbe essere (e sottolineo il condizionale) al di fuori dalla forma mentis di qualunque camerata.

    Ma mi preme porre anche l'accento su un punto non considerato in tale quesito, ossia l'uso "sopra la media" di alcolici. Non si commette di fatto nulla di illegale, ma ancora una volta si contravviene al primo dei due punti considerati (e solo a quello).

    Allora la domanda è: il camerata che si ubriaca (magari non di prima mattina facendo colazione col Campari, ma al sabato sera con gli amici), quand'anche saltuariamente, è un "camerata che sbaglia" (inquietante assonanza, lo so ), o si tratta di un peccato veniale e come tale perdonabile?
    Riaffiorano i ricordi degli anni di passione
    ritorna il vecchio sogno per la rivoluzione.
    Racconti senza fine di gente che ha pagato
    non puoi mollare adesso la lotta a questo stato.
    La rivoluzione è come il vento, la rivoluzione è come il vento.

  3. #3
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    Predefinito Re: Uso di stupefacenti e militanza nella "Destra Radicale". Sono compatibili?

    In origine postato da Tomás de Torquemada
    D'altro canto, prendo atto che il problema esiste... Che tra i "camerati" lo spinello circola esattamente come tra le "zecche"... E l'esempio di chi si fa la canna o la pera dopo aver detto il contrario, mezz'ora prima, non era peregrino...

    Saluti.
    però vestiti bene, ben rasati e coi capelli corti.
    La famosa artista idolo delle folle :" si figuri che uno ha addirittura scritto che avrei dovuto investire i MIEI soldi comprando un bar! Io!!!! La barista!!!!"

  4. #4
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    Predefinito

    Si, non vedo quale sia il problema, le droghe esistono, sono sempre esistite e sempre esisteranno, ovviamente l'uso di droga è spesso legato a vuoti interiori, o a noia, ma non sempre, penso sia una scelta individuale, basta evitare l'abuso. E cmq ci sarebbe da distinguere tra le sostanze.
    Cmq una buona metà di simpatizzanti/militanti d'area che ho conosciuto fanno/hanno fatto uso di droghe, più o meno leggere,
    L'altra metà di quelli che non facevano uso di droghe erano (e sono tutt'ora) dediti all'abuso di alcol, sabato sera ma non solo, per ridursi nelle condizioni in cui si riducono i camerati da birreria ci vogliono minimo una quindicina di canne una dietro l'altra.

    Fenris parla di stile di vita tradizionale, ma bisogna chiedersi se il militare nella destra radicale debba comportare necessariamente uno stile di vita tradizionale.

    E' chiaro che c'è un limite a tutto, va evitato l'uso abituale e l'abuso, ma non vedo perchè l'alcol si e le canne no, quando tra l'altro le canne non provocano nessuna dipendenza, mentre l'alcol la crea eccome (oltre a causare migliaia di morti per gli incidenti).

    Sul fatto di finanziare criminalità organizzata, beh penso che tutti i giorni quasi tutti finanziamo, vivendo, multinazionali e organizzazioni criminali che stanno un pò più in alto dei 4 mafiosi che organizzano lo spaccio.

  5. #5
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    Considerazione sparse...

    Per quanto riguarda il rapporto fra uso di droghe e creatività, secondo me ha ragione Fenris... A mio avviso, chi possiede un certo "talento" naturale potrà ottenere qualche beneficio effimero e temporaneo dagli stupefacenti ma otterrebbe la stessa cosa (in maniera migliore e duratura...) con la meditazione...

    E' proprio quello che testimonia Franco Battiato nel libro/intervista "Tecnica mista su tappeto", scritto prima che il Nostro rompesse con Giusto Pio, si convertisse al dio mercato e facesse numerosi altri errori che lo hanno ridotto come si vede oggi nei concerti... La mescalina, ad esempio, darebbe una sensibilità straordinaria, tale da far cogliere lo stato d'animo del bassista che suona... Ma, a lungo andare, danneggia e distrugge...

    Viceversa, chi componeva porcherie prima di "farsi" le comporrà anche dopo...

    Non credo, comunque, che il discorso valga per il consumatore medio... Come dicevo altrove, fra un ragazzino che fuma nel cesso della scuola e uno sciamano qualche differenza c'è, il contesto è fondamentale...

    Quanto al paragone con l'alcool, senza dubbio è una droga delle peggiori e dà assuefazione, ma non riesco a condannare chi beve un biccchiere di vino o birra a pranzo... "Allora neanche una tirata di spinello!", direte... Sarà un mio limite culturale, però non mi sento di equiparare le due cose....

    Quanto alla criminalità organizzata, il peggio non giustifica il male... E comunque essere avvolti in una rete inestricabile è altra cosa che compiere un gesto volontario e diretto...

    Per Wilhelm, infine: la tua stima è realistica, ma io appartengo a quella minoranza che "sballa" solo guardando un tramonto su Venezia o ascoltando una musica di Mozart... Sparuta, ma che esiste...

  6. #6
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    Secondo me fino a quando si continuerà a ragionare in termini funzionalistici, igienisti o moralisticheggianti, si sarà fraintesa la vera essenza del problema.
    Che non è né medico né legale né salutistico ma c u l t u r a l e.
    Il problema della marijuana non sono le sue conseguenze, di fatto trascurabili, sulla salute o quelle transitorie sulla psiche. Non è nemmeno quello legato all'evasione o all'alienazione: la ricerca di forme di evasione, ovviamente limitate e circoscritte, è una cosa tutto sommato normale. Il fatto che si alimentano le associazioni criminali, è un problema tautologico: intanto esse sono dannose in quanto diffondono sostanze dannose, per cui se le sostanze non sono dannose, poco male che ci sia chi le diffonde.
    Tutto ciò però è riduzionismo, è materialismo, è la solita reductio per cui l'uomo è un mero concentrato di esigenze materiali e pratiche, è una macchina che richiede una manutenzione adeguata e un uso appropriato.
    Ma vivadio, e chi meglio di noi che diciamo di avere delle idealità può proclamarlo a gran voce, l'uomo, oltre che una dimensione pratica e materiale, che pure costituisce l'indispensabile sostrato fisico della sua esistenza, vive anche una dimensione fatta di costume, di rito, di tradizione, di simbolo, di bellezza, di spirito, in una parola di cultura, nel senso più ampio del termine, di una Kultur, come dicono i Teutoni, intesa come un complesso di fattori che danno la fisionomia spirituale di un popolo, nel suo percorso storico.
    Ogni gesto che noi compiamo, oltre ad avere uno scopo funzionale, ha una serie di valenze, comunica qualcosa, si ascirve a un universo estetico e culturale, ha delle significanze e di simbologie.
    Quando mangiamo, stringiamo la mano a un amico, con la stretta di mano borghese o col saluto legionario stringendo i polsi, quando ci vestiamo, passeggiamo, facciamo la corte alle fanciulle, parliamo, gestiamo, noi, oltre a compiere delle azioni ci diamo un'impronta, uno stile di vita, una condotta, aderiamo a un modello, a un canone.
    Da questo punto di vista è folle equiparare il consumo di sostanze alcoliche a quello degli stupefacenti, perché non siamo animali, oltre che una fisiologia abbiamo un senso del bello, della convivialità, della tradizione, del gusto, della ritualità di certi gesti.
    In questo senso la birra, i liquori e, nella nostra tradizione latina e mediterranea ancor più il vino, sono storia, sono cultura, sono bellezza, sono costume, sono elementi costitutivi della nostra identità europea.
    Gli stupefacenti, importati da regioni esotiche in tempi relativamente recenti per le élites e in tempi recentissimi, nell'ordine dei decenni, in dimensioni massicce, sono legati alla devianza giovanile, alla marginalità, allo squallore delle periferie degradate e della vita metropolitana più alienante o, nel migliore dei casi, ai vizi sordidi delle borghesie debosciate e degli artisti degenerati e corrotti.
    Il tabacco si colloca, in questa prospettiva, in una posizione intermedia. Di provenienza americana (come d'altronde i pomodori e le patate) esso è estraneo alla nostra tradizione e la sua diffusione generale non risale più indietro del XIX secolo. Tuttavia il suo uso si è imposto in tutti gli strati della popolazione, fra ogni classe di età, sesso, ceto sociale ecc. Io non fumo e non ho molta simpatia per il tabacco, però questo suo radicamento nell'uso e questa sua scarsa caratterizzazione lo colloca a mio avviso in una posizione di innocua neutralità, in equilibrio fra l'abuso legato allo stress e alla necessità di sfogo per i nostri ritmi di vita da una parte e le sempre più pressanti istanze igieniste e salutiste dall'altra. Fa malissimo al nostro organismo ed è bene che lo si combatta sempre di più, senza però esagerare con le crociate isteriche come fanno in America.

  7. #7
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    In origine postato da Tomás de Torquemada
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    Per quanto riguarda il rapporto fra uso di droghe e creatività, secondo me ha ragione Fenris... A mio avviso, chi possiede un certo "talento" naturale potrà ottenere qualche beneficio effimero e temporaneo dagli stupefacenti ma otterrebbe la stessa cosa (in maniera migliore e duratura...) con la meditazione...

    E' proprio quello che testimonia Franco Battiato nel libro/intervista "Tecnica mista su tappeto", scritto prima che il Nostro rompesse con Giusto Pio, si convertisse al dio mercato e facesse numerosi altri errori che lo hanno ridotto come si vede oggi nei concerti... La mescalina, ad esempio, darebbe una sensibilità straordinaria, tale da far cogliere lo stato d'animo del bassista che suona... Ma, a lungo andare, danneggia e distrugge...

    Viceversa, chi componeva porcherie prima di "farsi" le comporrà anche dopo...

    Non credo, comunque, che il discorso valga per il consumatore medio... Come dicevo altrove, fra un ragazzino che fuma nel cesso della scuola e uno sciamano qualche differenza c'è, il contesto è fondamentale...

    Quanto al paragone con l'alcool, senza dubbio è una droga delle peggiori e dà assuefazione, ma non riesco a condannare chi beve un biccchiere di vino o birra a pranzo... "Allora neanche una tirata di spinello!", direte... Sarà un mio limite culturale, però non mi sento di equiparare le due cose....

    Quanto alla criminalità organizzata, il peggio non giustifica il male... E comunque essere avvolti in una rete inestricabile è altra cosa che compiere un gesto volontario e diretto...

    Per Wilhelm, infine: la tua stima è realistica, ma io appartengo a quella minoranza che "sballa" solo guardando un tramonto su Venezia o ascoltando una musica di Mozart... Sparuta, ma che esiste...
    Caro Tomàs,

    per quanto riguarda Battiato e la sua degenerazione, mi sento di dirti, da musicista quale sono: ci sono due elementi che ti portano a sentire lo stato d'animo di un musicista che sta suonando con te. Questi due elementi sono l'affiatamento che si costruisce con il tempo passato a suonare assieme, e l'adrenalina e l'"entrare nella musica" che si creano istantaneamente ogni volta che si sale su un palco. Credo che chi non sia musicista non possa comprendere appieno ciò che voglio dire, e peraltro non è neanche immediato lo spiegarlo con parole.

    Se mi consenti di dilungarmi un attimo, visto lo stretto legame "affettivo" ed emozionale che ho con l'argomento, ti dirò una"semplice" cosa: a meno di mosse commerciali (che personalmente rifuggo e non mi hanno mai riguardato), quando due musicisti suonano assieme su un palco, hanno in genere alle spalle mesi di musica suonata assieme dentro una cantina. Questo fa sì che queste due persone, nel momento in cui imbracciano lo strumento, cessino di essere due persone. Esse diventano un'entità unica, composta da due menti, quattro braccia e due strumenti musicali, in totale, assoluta simbiosi.

    Quando sei su un palco a suonare musica, non sei più un gruppo, sei un'unica entità che produce arte. Come le setole di un pennello, che tutte assieme tracciano il capolavoro, come i frammenti dei mosaici, come il blocco di marmo e lo scalpello di Michelangelo, come i mattoni della Reggia di Caserta. Non c'è anfetamina, dopamina, mescalina, messalina o formalina che tenga, c'è un solo fattore, assolutamente naturale, che lega queste persone: si chiama affiatamento.

    Ad esso tante volte si affianca l'adrenalina, ma è comunque di produzione spontanea e corporale. Quando sono sul palco, sento l'anima del bassista, del batterista. del cantante, sento l'anima della musica che stiamo suonando, dell'arte che produciamo.

    Non c'è bisogno di sostanze strane, te l'assicuro. Basta, momento per momento, sentire in presa diretta quello che stiamo creando. Ed il termine "creando" non è usato a caso. Perchè la musica è vana, caduca, passeggera, si esaurisce nel momento stesso in cui viene prodotta. E quindi ogni volta è una creazione, perchè è un produrre qualcosa che prima non c'era. Questa è l'essenza del musicista. Altro che mescalina!!!!!

    Quanto all'alcol, il mio quesito non aveva certo ad oggetto chi beve due bicchieri di vino a pasto, ma chi in poche ore si sgargarozza talmente tanto metile da andare, come si dice, "fuori di testa".

    Un ultimo appunto per Tomàs: ottimi sballi i tuoi, ma forse, e qui te ne consiglio altri, non hai ancora visto un bosco norvegese coperto di neve o non hai ancora ascoltato il canto di gola dei pastori mongoli, quando una sola persona riesce a produrre tre diverse voci contemporaneamente.
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  8. #8
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    In origine postato da Peucezio
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    Che non è né medico né legale né salutistico ma c u l t u r a l e.
    Il problema della marijuana non sono le sue conseguenze, di fatto trascurabili, sulla salute o quelle transitorie sulla psiche. Non è nemmeno quello legato all'evasione o all'alienazione: la ricerca di forme di evasione, ovviamente limitate e circoscritte, è una cosa tutto sommato normale. Il fatto che si alimentano le associazioni criminali, è un problema tautologico: intanto esse sono dannose in quanto diffondono sostanze dannose, per cui se le sostanze non sono dannose, poco male che ci sia chi le diffonde.
    Tutto ciò però è riduzionismo, è materialismo, è la solita reductio per cui l'uomo è un mero concentrato di esigenze materiali e pratiche, è una macchina che richiede una manutenzione adeguata e un uso appropriato.
    Ma vivadio, e chi meglio di noi che diciamo di avere delle idealità può proclamarlo a gran voce, l'uomo, oltre che una dimensione pratica e materiale, che pure costituisce l'indispensabile sostrato fisico della sua esistenza, vive anche una dimensione fatta di costume, di rito, di tradizione, di simbolo, di bellezza, di spirito, in una parola di cultura, nel senso più ampio del termine, di una Kultur, come dicono i Teutoni, intesa come un complesso di fattori che danno la fisionomia spirituale di un popolo, nel suo percorso storico.
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    Da questo punto di vista è folle equiparare il consumo di sostanze alcoliche a quello degli stupefacenti, perché non siamo animali, oltre che una fisiologia abbiamo un senso del bello, della convivialità, della tradizione, del gusto, della ritualità di certi gesti.
    In questo senso la birra, i liquori e, nella nostra tradizione latina e mediterranea ancor più il vino, sono storia, sono cultura, sono bellezza, sono costume, sono elementi costitutivi della nostra identità europea.
    Gli stupefacenti, importati da regioni esotiche in tempi relativamente recenti per le élites e in tempi recentissimi, nell'ordine dei decenni, in dimensioni massicce, sono legati alla devianza giovanile, alla marginalità, allo squallore delle periferie degradate e della vita metropolitana più alienante o, nel migliore dei casi, ai vizi sordidi delle borghesie debosciate e degli artisti degenerati e corrotti.
    Il tabacco si colloca, in questa prospettiva, in una posizione intermedia. Di provenienza americana (come d'altronde i pomodori e le patate) esso è estraneo alla nostra tradizione e la sua diffusione generale non risale più indietro del XIX secolo. Tuttavia il suo uso si è imposto in tutti gli strati della popolazione, fra ogni classe di età, sesso, ceto sociale ecc. Io non fumo e non ho molta simpatia per il tabacco, però questo suo radicamento nell'uso e questa sua scarsa caratterizzazione lo colloca a mio avviso in una posizione di innocua neutralità, in equilibrio fra l'abuso legato allo stress e alla necessità di sfogo per i nostri ritmi di vita da una parte e le sempre più pressanti istanze igieniste e salutiste dall'altra. Fa malissimo al nostro organismo ed è bene che lo si combatta sempre di più, senza però esagerare con le crociate isteriche come fanno in America.
    Caro Peucezio, rispondo volentieri anche a te, e ne approfitto per scusarmi se il mio precedente post è andato un tantino fuori tema (mi rifiuto di dire "off topic"). Concordo perfettamente con te quando poni l'aspetto culturale dell'uso di stupefacenti. In effetti, essi sono tutti di importazione esotica, ed in nessun modo si possono assimilare alla cultura del nostro folk (per rimanere nell'ambito germanico della terminologia).

    Concordo altresì quando fai notare come il vino (forse la birra un po' di meno) sia parte della nostra cultura e tradizione. Ti racconto un episodio: un paio d'anni fa, in un locale, un tipo comincia a fare delle chiacchiere con me. Dopo 3 minuti scarsi, la rivelazione: "Senti, io sono ebreo. Cosa pensi degli ebrei?". Io, che nonostante tutto sono una persona pacifica, e soprattutto, visto che ero in una serata con gli amici, non avevo voglia di polemiche, gli ho semplicemente risposto, nel miglior stile ebreo, con un'altra domanda: "E' obbligatorio che tu lo sappia perchè continuiamo a parlare?".

    E lì parte il panegirico: "Ma no, è che noi ebrei siamo uguali agli italiani, ci piace il buon cibo, le belle donne, il buon vino"... bravo merlo: a chi non piacciono? Facile dirmi "siamo uguali" con questi presupposti, quale Italiano ti direbbe che invece a lui non piacciono? Non ci son cascato, e gli ho risposto: "Non mi risulta che il vino sia un prodoto tradizionalmente ebraico". Cosa mi ha risposto? Indovina indovinello: "Ma sarai mica nazista?!". Omissis...

    Capisci Peucezio? Secondo certe persone, non possiamo essere Italiani neanche col vino, altrimenti siamo uguali a loro.

    Per quanto riguarda il tabacco, a mio avviso il discorso si complica: è talmente diffuso, talmente accettato, talmente presente e radicato nel nostro stile di vita (nostro intesa sia come di area, sia nel contesto nazionale), che per me il porre dei limiti alla lotta allo stesso è una pura questione di contingenza. E te lo dico da fumatore, bada bene! Non è vero neanche che la caratterizzazione sia scarsa. Qualunque fumatore ti dirà che preferisce le sigarete americane a quelle italiane. Per il semplice motivo che quelle italiane, te lo giuro, fanno schifo. Lo ammetto e me ne dolgo, il tabacco rappresenta una delle più forti componenti della penetrazione yankee in Italia, l'abbiamo preso da loro, e da loro (per l'80% circa) lo compriamo.

    La maggiore neutralità attribuita al fumo di tabacco deriva secondo me unicamente dal maggior lasso di tempo necessario a che i danni causati si manifestino, a differenza di alcol e stupefacenti vari. E so bene di darmi la zappa sui piedi con questo discorso. Ma lo ritengo essere veritiero.
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  9. #9
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    Predefinito

    il mio modesto parere: gli stupefacenti leggeri e "medi", in ogni caso non tossici, potrebbero essere utilizzati moderatamente nei termini descritti sopra, per raggiungere determinati stati di "grazia" artistica e spirituale, ma solo nell'ambito di un cerimoniale/programma ben delimitato, e da parte di MINORANZE RISTRETTE. Penso, per esempio, all'uso che ne faceva Jünger.
    Mai e poi mai si deve consentire l'uso consumistico-edonista di massa, e senza limiti in base alla pericolosità delle sostanze, come succede purtroppo oggi.
    La pregiudiziale per cui gli stupefacenti non fanno parte del nostro patrimonio tradizionale non mi pare rilevante. Nuove tradizioni possono innestarsi e fiorire sulle vecchie.
    Penso, per esempio, ad un ipotetico uso rituale di stupefacenti da parte di sacerdoti neopagani, in una società postcristiana ripaganizzata.

    saluti

  10. #10
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    In origine postato da Fenris
    Caro Peucezio, rispondo volentieri anche a te, e ne approfitto per).

    Concordo altresì quando fai notare come il vino (forse la birra un po' di meno) sia parte della nostra cultura e tradizione. Ti racconto un episodio: un paio d'anni fa, in un locale, un tipo comincia a fare delle chiacchiere con me. Dopo 3 minuti scarsi, la rivelazione: "Senti, io sono ebreo. Cosa pensi degli ebrei?". Io, che nonostante tutto sono una persona pacifica, e soprattutto, visto che ero in una serata con gli amici, non avevo voglia di polemiche, gli ho semplicemente risposto, nel miglior stile ebreo, con un'altra domanda: "E' obbligatorio che tu lo sappia perchè continuiamo a parlare?".

    E lì parte il panegirico: "Ma no, è che noi ebrei siamo uguali agli italiani, ci piace il buon cibo, le belle donne, il buon vino"... bravo merlo: a chi non piacciono? Facile dirmi "siamo uguali" con questi presupposti, quale Italiano ti direbbe che invece a lui non piacciono? Non ci son cascato, e gli ho risposto: "Non mi risulta che il vino sia un prodoto tradizionalmente ebraico". Cosa mi ha risposto? Indovina indovinello: "Ma sarai mica nazista?!". Omissis...

    Capisci Peucezio? Secondo certe persone, non possiamo essere Italiani neanche col vino, altrimenti siamo uguali a loro.

    Per quanto riguarda il tabacco, a mio avviso il discorso si complica: è talmente diffuso, talmente accettato, talmente presente e radicato nel nostro stile di vita (nostro intesa sia come di area, sia nel contesto nazionale), che per me il porre dei limiti alla lotta allo stesso è una pura questione di contingenza. E te lo dico da fumatore, bada bene! Non è vero neanche che la caratterizzazione sia scarsa. Qualunque fumatore ti dirà che preferisce le sigarete americane a quelle italiane. Per il semplice motivo che quelle italiane, te lo giuro, fanno schifo. Lo ammetto e me ne dolgo, il tabacco rappresenta una delle più forti componenti della penetrazione yankee in Italia, l'abbiamo preso da loro, e da loro (per l'80% circa) lo compriamo.

    .
    ti è andata di lusso. io avevo un mezzo amico, che mi ha confessato di essere ebreo dopo 6 anni che lo conoscevo..
    La famosa artista idolo delle folle :" si figuri che uno ha addirittura scritto che avrei dovuto investire i MIEI soldi comprando un bar! Io!!!! La barista!!!!"

 

 
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