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  1. #1
    zilath mexl rasnal
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    Predefinito Intervista a Franco Cardini

    Da La Nazione di oggi Sabato 1/11/2003 p. 3 (del Regionale)

    vedi: http://lanazione.quotidiano.net/chan...51:/2003/11/01

    Io, l'ultimo
    reazionario


    di Stefano Cecchi

    Arriva carico di bagagli e di ritardo, d'altronde mai visto a Prato arrivare un treno in orario. «Una spremuta d'arancia e un caffè, si parte?». Va bene. Ma da dove? E per dove? E' difficile stabilire una partenza e un percorso con Franco Cardini, intelligenza esplosiva, una delle menti più affascinanti e preparate della nuova destra italiana. Difficile inquadrarlo: «Come la penso? Per ciò che dicono e fanno, oggi potrei accettare una carica di senatore in tre partiti: An, Udc e Ds».
    Docente universitario, medievalista con nel passato anche una parentesi contronatura nel consiglio d'amministrazione della Rai, si è sempre definito un reazionario. E allora partiamo da qui. Da questa connotazione in controtendenza con i tempi:
    Cardini, si definisce sempre reazionario?
    «Senza dubbio. La reazione è una cosa sana e necessaria».
    Devoto-Oli: "Reazionario, chi vuol ricostruire con metodi violenti un ordine sociale superato".
    «Devoto e Oli sono due bischeri. Il termine nasce dalla rivoluzione francese per indicare la reazione ai rivoluzionari. Ergo: il fondo è sano».
    Allora che sistema vorrebbe lei?
    «Io vorrei uno Stato dove abbiano un peso i cittadini e non solo i consumatori. Essendo reazionario, alla democrazia non ho mai creduto. Però, è un metodo, può andare bene purché la si aggettivi».
    Aggettiviamola, allora...
    «Io sarei per una democrazia correttamente popolare, dove i più forti soccorrono i più deboli per impedire che la debolezza arrivi a livelli di miseria e abiezione morale».
    Oggi invece che succede?
    «Succede che nel mondo si è elaborato un sistema raffinatissimo per far arricchire ancora di più i pochi ricchi e far diventare più povero un numero sempre maggiore di persone. Siccome il mondo sta andando in questa direzione, io sono profondamente reazionario».
    Prima di essere reazionario, in gioventù si dichiarava neo-fascista...
    «Io non ero di famiglia fascista ma già da giovane leggevo molto. Nel '53 lessi degli operai di Berlino che si erano ribellati al regime comunista. Quando arrivarono i carri armati russi, ricordo che nessuno intervenne in loro difesa, mentre Bertold Brecht applaudiva l'invasione. "Sarà anche un grande scrittore, ma a me pare uno stronzo!", mi dissi. In breve: elaborai una mia idea molto embrionale che ci fosse un teatrino dietro la guerra fredda».
    Un teatrino?
    «Sì, un teatrino dove il liberalismo e il socialismo erano due sistemi, uno a testa americana l'altro a testa sovietica, nati da un accordo stipulato a Yalta e destinati a spazzare via il concetto di Europa se gli europei non si fossero risvegliati in qualche modo».
    Così il risvegliatore lo individuò nel Msi...
    «Nel nome di questo europeismo feci una scommessa sui movimenti neo fascisti, ma mai gridato "Viva il duce"».
    Mai fatto neppure a botte?
    «Poche volte, solo per difendermi».
    Qual è la cosa che più la faceva infuriare?
    «Non sopportavo quando il solito ignoto, che non sapeva niente ma aveva la tessera giusta, si alzava in piedi e mi gridava: "Tu non devi parlare perchè sei fascista!"».
    Però poi dal Msi se ne uscì con corredo di polemiche feroci...
    «Sono uscito un attimo prima di essere cacciato perchè mi ero reso conto che nel Msi c'era una cappa di piombo imposta da alcuni dei ras: Costoro badavano solo a non fare uscire da un certo giro di yes men il briciolo di potere che c'era. E questo mi dava l'impressione dei kapo che si approfittano del ghetto per diventarne i capi».
    In gioventù tifava per i vietcong e per gli indiani: sempre contro gli americani?
    «A me l'America in fondo piace. Io posso anche dichiarare che l'egemonia statunitense sia migliore di quella di Hitler o di Stalin, almeno ti lasciano in pace e non ti fanno andare alle adunate il sabato. Però mi urta i nervi accettare il fatto che il loro interesse lo chiamino libertà o democrazia o interesse di tutto il mondo».
    In passato lei è anche stato affascinato dalla Germania...
    «Vede, da giovane io ero abbastanza colto da sapere che l'antisemitismo non l'aveva inventato Hitler, ma che era una vecchia malattia che circolava per l'Europa. D'altra parte, l'adesione dei tedeschi al nazismo era nata per colpa della Francia e della vendetta effettuata col trattato di pace del 1918».
    La pace di Versailles incubatrice del nazismo...
    «La pace non la si fonda derubando al vinto il bacino del carbone e dell'acciaio. Se avessero fatto una pace giusta, Hitler non lo avremmo avuto. Il mio senso giustizialista delle cose, accompagnato dal fatto che la Germania reagiva a una ingiustizia feroce, mi portava a una ammirazione. E poi mi affascinava la solidarietà, la disciplina accompagnata dalla forte coscienza di coesione sociale del sistema tedesco».
    Oggi anche l'Unità ospita i suoi articoli: è cambiato lei, è cambiata l'Unità o sono cambiati i tempi?
    «Siamo cambiati tutti e tre. Per quanto mi riguarda, se avessi saputo allora dell'orrore dei campi di sterminio, il mio cattolicesimo avrebbe respinto ogni contatto con le simpatie per la Germania».
    Non sapeva la sua generazione dell'orrore dell'olocausto?
    «Molti hanno l'idea che già dal 1945 si sia avviata una campagna di denuncia degli orrori del nazismo. Questo non è vero. Per quanto oggi possa sembrare impossibile, fino al processo Eichmann, della questione ebraica si è parlato pochissimo. Anche quando si condannava il nazismo, dei campi di sterminio si parlava con difficoltà».
    E perchè?
    «Non so. Negli anni '50 le comunità ebraiche erano le prime a non voler ricordare l'orrore, forse per esorcizzarlo. C'è un racconto di Bassani, dove si narra di un ebreo che torna grasso dai campi di concentramento perchè si era preso un edema, e la gente di Ferrara diceva: " Mah, sarà anche stato male, ma è tornato grasso...". Ecco, Bassani, senza volerlo, fotografava una situazione che oggi potrebbe apparire incredibile. L'attrazione per il solidarismo nazista non avrebbe retto al mio cattolicesmo, se non avessi creduto che tutto fosse una montatura».
    Che differenza c'è fra cambiare opinione e essere voltagabbana?
    «Cambiare opinione significa rimettersi in discussione. Il voltagabbana non cambia opinione per conquista ma per il principio che le opinioni servono a far carriera. E quindi si organizza di conseguenza».
    Ha dei punti di riferimento nella vita?
    «Uno, un vero faro: Giorgio La Malfa. Nel corso degli anni ho sempre sentito il suo giudizio sulle cose. E ogni volta l'ho ribaltato di 180 gradi. Non mi sono mai sbagliato. Se lei vuol sapere cosa penso io su un argomento, senta La Malfa e scriva il contrario. E' una certezza matematica».
    Cardini, gioca sempre a stupire?
    «E' il mio limite anche caratteriale, un residuo irrisolto di goliardismo».
    Ho letto che, fosse per lei, anche le crociate andrebbero rivisitate...
    «C'era quantomeno un aspetto positivo nella misura in cui qualcuno pensava persino di poter sacrificare la propria vita per uno scopo ritenuto nobile».
    Morire per Dio?
    «Oggi siamo inorriditi dall'idea che si possa uccidere se stesso e gli altri nel nome di Dio. Io mi chiedo, però, se troviamo più plausibile che si possa ammazzare per il petrolio».
    Credo sia una conquista dell'Occidente relativizzare i valori senza scivolare nel fanatismo...
    «Lo pensavo anch'io. Ciò che mi fa orrore è che nel ventunesimo secolo si torni a dire che ci sono cose per le quali vale la pena fare una guerra. Dopo i fascismi credevo che nessuno lo avrebbe più sostenuto. Oggi lo sento riaffermare dai democratici americani. E questo mi preoccupa. Mica poco».

    stefano.cecchi@lanazione.it

  2. #2
    Ludovico
    Ospite

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    Direi che la qualità delle cose dette è meno che mediocre.
    Tra l'altro ha scelto i tre partiti che attualmente fanno più schifo sulla scena politica italiana, neanche farlo di proposito... An, udc, ds, strano che "il suo cattolicesimo" non lo tenga lontano da certe ignobili schiere.

  3. #3
    email non funzionante
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    Cardini comunque è un grande. Anche i grandi a volte scadono nel mediocre...

 

 

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