Oltre la vicenda (mal gestita) del crocifisso
LA SCUOLA LAICA E IL CORANO
di ANGELO PANEBIANCO
Adesso che la prima fase della vicenda del crocifisso si è conclusa con la sospensione della ordinanza del giudice che aveva dato ragione a Adel Smith, possiamo fare un bilancio di una vicenda che ha suscitato così forti emozioni. Per il suo svolgimento, per le parole pronunciate, per gli atti che l’hanno accompagnata, e per la sua conclusione, questo episodio sembra a chi scrive non una vittoria della «identità italiana», e nemmeno della Chiesa, come molti ritengono, ma l’esatto contrario, un disastro i cui effetti deleteri misureremo solo tra qualche anno. Basta un po’ meno superficialità di quanta ne sia stata impiegata da tanti protagonisti per capirlo. Come è stata letta nel corso della settimana questa vicenda? In due modi, entrambi, a mio giudizio, sbagliati. In primo luogo, come un attacco del fondamentalismo islamico a un simbolo cristiano che era anche, come in effetti è, un simbolo identitario. L’errore è consistito nel credere che fosse Adel Smith, un signor nessuno nel mondo islamico italiano (la sua associazione non conta niente), l’avanguardia di questo attacco. Si è distolta l’attenzione dal fatto che sono altri, molto più potenti di Smith, con molto più seguito fra i musulmani presenti sul territorio italiano, quelli con cui dovremo fare i conti, e saranno conti difficili e penosi, nei prossimi anni. Avrebbe dovuto metterci in guardia il fatto che questi altri (veri) rappresentanti dell’Islam organizzato fossero tutti, compattamente, contrari all’iniziativa di Smith.
Il secondo modo di trattare la vicenda è stato quello tradizionale: laici contro cattolici, ghibellini contro guelfi. Con la solita pigrizia intellettuale alcuni non hanno capito che l’immigrazione multireligiosa ha cambiato i termini della questione, che una cosa era dividersi sulla laicità della scuola prima che quella immigrazione ci fosse, un’altra cosa è farlo dopo. La conclusione del caso sollevato da Smith non lascia adito a dubbi. A differenza della Francia (ma anche della cattolicissima Spagna), l’Italia non disporrà di alcuna arma, nei prossimi anni, per impedire la trasformazione della scuola pubblica in un bazar multireligioso, in cui l’Islam organizzato, soprattutto, entrerà in forze pretendendo visibilità, spazi, la sua parte di «bottino». Allora sì che ci saranno seri problemi per la laicità dello Stato. E anche per la Chiesa che dovrà preoccuparsi ancor più di oggi per il fenomeno delle conversioni all’Islam.
L’Islam organizzato, appunto. Faceva impressione vedere, a «Porta a Porta», i politici italiani (e anche un vescovo come Rino Fisichella) trattare da «moderato» il capo della più forte organizzazione islamica italiana, solo perché schierato contro la rimozione del crocifisso. Ma né la più forte organizzazione islamica (Ucoii), quella che, a detta degli esperti, controlla più moschee, e che è una filiazione dei Fratelli musulmani, né l’altra organizzazione rappresentativa, la Lega islamica, legata ai sauditi, sono «moderate». Sono invece, sempre secondo gli esperti, organizzazioni «islamiste», nemiche dell’Occidente e dei suoi valori liberali.
Proprio perché forti e rappresentative, queste organizzazioni islamiste rifuggono dall’avventurismo, praticano l’entrismo, vogliono continuare a conquistare posizioni dentro la società italiana. Per diventare, entro non molti anni, anche in virtù del differenziale demografico, potenti e intoccabili lobbies. Non è certo quello l’Islam liberale, amico dell’Occidente, che noi dovremmo incoraggiare. La pessima gestione della vicenda della scuola di Ofena da parte di una classe dirigente superficiale e malata di demagogia contribuisce a preparare un futuro di guai per questo nostro Paese.