Da La Repubblica:
Il direttore Ruffini aveva deciso la sospensione
del programma, poi è intervenuta l'Annunziata
Guzzanti, va in onda
la farsa dell'equivoco
di SEBASTIANO MESSINA
Sabina Guzzanti
UN bravo autore satirico riuscirebbe a ricavare un magnifico spettacolo dal pasticciaccio sviluppatosi attorno all'esordio (prima annunciato, poi cancellato, poi confermato) del nuovo programma di Sabina Guzzanti. Un concitato gioco delle parti nel quale il fantasma della censura berlusconiana - e dunque dell'intolleranza del potere - è riuscito a far litigare furiosamente il direttore di RaiTre e la più brava imitatrice di Berlusconi e D'Alema.
Ha spinto gli autori di Raiot a mettere in piedi una rivolta pubblica contro chi aveva commissionato il programma e ha posto all'ordine del giorno i poteri dell'unico responsabile di rete non filogovernativo. Tutto questo senza che né il presidente del Consiglio né il direttore generale della Rai avessero alzato il telefono per intervenire.
Questa surreale commedia dell'assurdo è cominciata quando Paolo Ruffini, direttore di RaiTre, ha chiesto agli autori di Raiot, di rinviare di una settimana l'esordio del programma. Ruffini poneva "un problema di opportunità", alla vigilia dei funerali di Stato per i caduti di Nassiriya, per il lancio di una trasmissione satirica. Ma sollevava anche - senza ipocrisia - la questione della compatibilità di "alcuni momenti del programma" con la "sobrietà" di RaiTre. L'annuncio che la prima puntata sarebbe slittata di una settimana ha provocato l'immediata sollevazione di tutti i responsabili di Raiot, dal capostruttura che gli rinfacciava "un atto censorio che chiude la satira in Rai" fino alla protagonista, Sabina Guzzanti, che invocava addirittura una rivolta popolare contro un simile "atto gravissimo e intollerabile per la democrazia", con immediata conferenza stampa in teatro e infuocati annunci di cause civili.
Nessuno di loro voleva credere, conoscendo Ruffini, che si trattasse davvero di una sua decisione. Non poteva non essere un ordine di Berlusconi. Era stato di certo il Cavaliere a censurare la Guzzanti, che infatti spiegava ai giornalisti: "È come nello spot dove faccio Berlusconi e dico: "Ma chi ve l'ha detto che va in onda? Col cavolo che va in onda!"". Poi l'epilogo, con il direttore di RaiTre che sblocca la trasmissione e pone il problema del rapporto tra l'autonomia della satira e i suoi poteri.
Un bel pasticcio, come si vede, dal quale non esce bene nessuno. Ruffini ha evitato in zona Cesarini un'immeritata iscrizione all'albo dei censori, ma quei problemi che oggi mette sul tavolo forse avrebbe fatto bene a considerarli nel momento in cui ingaggiò - con scelta felice e coraggiosa - la Guzzanti, invece di accorgersi all'ultimo momento della inevitabile discrepanza tra la "sobrietà" della rete e la non imbrigliabile vis satirica dell'attrice. Gli autori e la protagonista hanno ceduto precipitosamente alla tentazione di dimostrare al mondo (con un intempestivo pathos rivoluzionario) che la realtà si adeguava alla satira, e il Berlusconi in carne e ossa faceva esattamente quello che loro gli facevano dire nella parodia televisiva, censurando proprio la sfida alla censura.
L'amara verità che ci rivela questa inverosimile commedia degli equivoci è purtroppo meno banale ma più inquietante. Ed è che nella Rai berlusconiana - presidiata da un direttore generale che interpreta alla perfezione il ruolo di guardiano dell'ortodossia mediatica - è diventata un'impresa temeraria, assai difficile e spesso impossibile mandare in onda un programma che vada al di là delle colonne d'Ercole di Porta a porta: la satira sul potere è diventata una merce che scotta, e chi prova a maneggiarla prima o poi si brucia le dita.
(17 novembre 2003)
Se la sono fatta e disfatta tutta in casa loro.
ma la colpa alla fine è del terribile censuratore il duce Silvio in persona.
Hasta la victoria, siempre.
Se non ci fosse da piangere per il livello della polemica ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate.