...combattente
Roma. Qualche agenzia di stampa ricamava ieri che Ariel Sharon sia in missione in Italia su mandato dell’America per convincere il governo a restare in Iraq, a non ritirarsi dopo la strage degli italiani a Nassiriyah.
Sbagliava, a Roma il premier israeliano è venuto a parlare d’Europa, a rivolgere richieste, alcune semplici, si potrebbe definirle il minimo della decenza, non fosse che vengono regolarmente disattese, altre più impegnative e ancora più difficili da ottenere.
Per tutte e due le cose, Ariel Sharon si rivolge al governo Berlusconi perché è presidente di turno, fino alla fine di dicembre, dell’Unione europea, ma questa non sarebbe ragione sufficiente; è perché lo ritiene il primo governo italiano dal Dopoguerra vero e sincero alleato dello Stato di Israele, l’unico in Europa.
Si aspetta risposte all’altezza, sforzi adeguati, come se li aspetta l’Amministrazione Bush, sicura che un ritiro delle truppe a Roma non venga neanche preso in esame.
Sono questi i prezzi alti e i rischi importanti per un premier che almeno in politica estera ha scelto il governo forte, ha ribaltato più di un tabù nei comportamenti, nelle alleanze, nei rapporti diplomatici, senza spaventarsi di una presunta opinione pubblica nazionale che, nei sondaggi, vuole il cinquantadue per cento degli italiani non simpatizzanti di Israele, il ventidue per cento addirittura convinto che gli ebrei italiani non siano connazionali, non siano cittadini di serie A.
Sharon arriva dopo le bombe a Istanbul, e più chiaro di così l’antisemitismo non si potrebbe mostrare agli europei cinici, ai
leader politici a caccia di distinguo sul perché tocca agli americani essere ammazzati vilmente, quando poi tocca anche agli italiani
essere ammazzati vilmente, sulla polemica che è contro Israele e la sua politica attuale, non sia mai contro gli ebrei, quando poi tocca agli ebrei, ma anche a musulmani, esattamente come in Iraq e in Arabia Saudita, soprattutto quando tocca alla Turchia, che è l’unico esempio di Islam moderato al governo, è quasi in Europa.
Arriva pure quando è fresco il dolore del sondaggio ormai infame
commissionato dalla Commissione europea. Di Prodi.
Non bastasse, tra qualche giorno dovrebbe essere votata
una condanna dell’Unione della barriera di sicurezza e di protezione dall’ingresso dei terroristi suicidi palestinesi, che il governo israeliano, ma era una vecchia idea della sinistra laburista, sta facendo costruire, e che viene disinvoltamente chiamata muro, e una condanna ulteriore perché un inviato europeo per il Medio Orente, Marc Otte, si è visto rifiutare incontri di alto livello, inevitabile, avendo Otte scelto di incontrare Yasser Arafat.
La promessa di un incontro con Abu Ala
Sharon collega le critiche imperanti in Europa al suo governo, e a quello che definisce “il diritto di usare la forza per difendersi” con la diffusione di un nuovo tipo di antisemitismo, che si rivolge alla terra dove gli ebrei sopravvissuti arrivarono, dove non c’era nessuno Stato palestinese, alla quale terra, al quale Stato, viene negato “il diritto di esistere”, viene attribuito “un peccato imperdonabile di origine”.
Chiede che si dica, che lo dica l’Italia, che finché si comporterà così, a botte di condanne e sanzioni, finché non sarà più neutrale ed equilibrata, l’Europa non conterà niente, né diplomaticamente né politicamente, in Medio Oriente.
Al governo Berlusconi, nella sua fiducia grande, Ariel Sharon attribuisce, fra gli altri meriti, la scelta di non incontrare Arafat, durante la visita del giugno scorso a Gerusalemme, e l’iscrizione, infine, di Hamas nella lista europea delle organizzazioni terroristiche.
Non è successa la stessa cosa per un’analoga organizzazione, turca, che oggi si prende, forse esagerando, la corresponsabilità delle stragi alle sinagoghe di Istanbul, un mese fa non è stata iscritta nelle liste di terroristi dell’Unione europea, nonostante la richiesta urgente del governo turco, per, manco a dirlo, “ragioni di diritti umani”.
Si chiama Great Eastern Islamic Raiders Front.
A Romano Prodi, in visita di solidarietà alla sinagoga di Milano, il rabbino Giuseppe Laras e il portavoce della comunità ebraica, Yasha Reibman, lo hanno ricordato con giustificata durezza. Vengono dall’Unione europea i fondi che hanno consentito a un’associazione privata di infilare in ogni buca delle lettere di Israele domenica scorsa una copia della Convenzione di Ginevra, un’accusa esplicita di violazione rivolta a un paese che da tre anni vive con il terrorismo.
Ieri Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini, oggi Sharon incontra Silvio Berlusconi. Gli porta il dossier Siria e il dossier Iran, chiede una cosa che appare impossibile, che vengano sospesi gli accordi commerciali europei con questi due paesi, finché non smetteranno di finanziare il terrorismo islamico fondamentalista. Gli ebrei italiani il premier li ha incontrati all’Hilton, in collina, il Tempio Maggiore della tradizione era troppo pericoloso.
Un minuto di silenzio per gli italiani vittime del terrorismo, la promessa che incontrerà presto Abu Ala, che il dialogo per quanto riguarda Israele prosegue.
da il Foglio
saluti