dal quotidiano liberaldemocratici IL Giornale
" il Giornale del 24/11/2003
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Verde: «Contro di me il record di ingiustizie»
L'ex giudice assolto per il caso Sme: «La Cir di De Benedetti mi voleva in galera per una sentenza sacrosanta»
Stefano Azurlo
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Parla il linguaggio difficile dei chierici del diritto. Ma alla fine punta il dito contro Carlo De Benedetti: "La parte ci-le Cir mi voleva in galera per una sentenza sacrosanta". La sentenza del 19 luglio 1986 che dichiarò "non cogente", insomma non vincolante e dunque nullo il precontratto che l'Iri di Romano Prodi aveva firmato l'anno prima con l'Ingegnere impegnandosi a cedere alla Buitoni la Sme per 497 miliardi. Il sogno di De Benedetti di fare un solo boccone dell'alimentare di Stato era svanito. Quel verdetto, scritto da Filippo Verde, è costato al suo estensore un processo lunghissimo. Concluso ora con la più limpida delle assoluzioni: "Il fatto non sussiste". Così, per la prima volta il giudice, ormai a riposo, può tracciare a 75 anni un bilancio della sua carriera da imputato e si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Dottor Verde, adesso è davvero finita: l'arresto nel '96 a Perugia, tre processi - l'Imi-Sir, la Sme, Perugia - e tre assoluzioni. Per un magistrato credo sia un record. "Ancora mi domando come sia stato possibile essere coinvolto in queste vicende giudiziarie. Ma la risposta è più semplice se si considera che, all'epoca, sembrava inevitabile che io fossi additato come un criminale per qualunque cosa succedesse. Sulla stampa si scrisse e si disse di tutto. Persino che ero un mafioso. E allora, evidentemente, si riesce a comprendere che, quando si cade in disgrazia è più facile che si creino equivoci e distorsioni. Quanto al record di assoluzioni, sì, è vero. Ma è anche un record di ingiustizie. Per fortuna ho avuto accanto a me due avvocati straordinari come Renato Borzone e Barbara Bonzano, e con loro Stelio Zaganelli a Perugia, che hanno combattuto giorno per giorno con grinta anche quando la mia immagine era distrutta presso l'opinione pubblica. Io sono innocente, ma questa innocenza l'hanno strappata loro". Come ha vissuto questi anni? "Molto male. Questa vicenda ha stravolto la mia vita. Da anni penso solo ai processi e al loro esito, a tenere contatti con gli avvocati, e così la mia famiglia. Sono stato costretto a dimettermi dalla magistratura e sono stato visto con sospetto da chi non mi conosceva bene. Nel contempo ho capito anche su chi potevo davvero contare: qualcuno a cui avevo fatto del bene mi ha abbandonato; altri, invece, mi sono stati vicini disinteressatamente".
Qual è stato il momento più drammatico?
"Quando ho capito qual è stato il peso della stampa nella vicenda. A Milano non sono mai stato arrestato e in più avevo mille argomenti per chiarire la mia innocenza: ma nonostante questo ho compreso che questi argomenti non interessavano a nessuno. Sui giornali sono stato quasi sempre presentato come colpevole. Ho davvero pensato che nessuno mi avrebbe mai creduto, ed è stata una sensazione terribile. Per fortuna è arrivato il momento della verità".
I processi non si fanno sui giornali ma in tribunale. Lei ritiene che i suoi siano stati corretti?
"Alla luce dei fatti sì. Forse però si sarebbero potuti evitare se certi elementi di prova fossero stati presi in esame prima. Entriamo nel merito della vicenda Sme: lei era accusato di aver addomesticato su input della cordata lar (Barilla-Berlusconi-Ferrero) la sentenza del tribunale di Roma che mise fuori gioco la Buitoni di De Benedetti. Oggi la riscriverebbe?
"Ricordo quel che è necessario ricordare e che è la verità: la sentenza fu regolarissima; fu condivisa da tutto il collegio giudicante. Si arrivò dialetticamente alla decisione finale e i due colleghi - Paolo Zucchini e Secondo Carmenini - hanno escluso, davanti al Tribunale, che io abbia mai fatto interventi su di loro per decidere in un certo modo, cosa che tra l'altro non ho mai fatto in vita mia. La sentenza concluse per la non cogenza dell'accordo preliminare Iri/De Benedetti ed escluse la partecipazione alla causa, e quindi la richiesta di risarcimento dei danni, avanzata dalla lar di Berlusconi, Ferrero e Barilla. La sentenza, come sa, fu confermata nei due successivi gradi di giudizio tranne che per l'intervento della lar, che invece fu ritenuto ammissibile dalla Corte d'appello e dalla Cassazione". Alt: lei si sarebbe fatto comprare per dare un calcio a Berlusconi e alla lar?
"Esatto, io (ma non il mio collegio di giudici!) sarei stato corrotto da Berlusconi per sfavorire la cordata lar. Non le sembra assurdo? Pensi che nel processo la parte civile De Benedetti è arrivata a sostenere che la nostra decisione, in fondo, non pregiudicava la lar. Niente di più falso: pensi che la lar ha potuto instaurare un ulteriore giudizio per chiedere il risarcimento dei danni solo alla fine del 1987, dopo che, appunto, la Corte d'appello aveva ammesso l'intervento in giudizio della cordata lar esclusa dalla decisione del mio collegio giudicante. In altre parole, fu possibile instaurare quella causa solo in quel momento a causa della nostra decisione sfavorevole alla lar, che a noi sembrò la più corretta. Quanto al merito della decisione non è mio compito, oggi, difenderla. Basta leggere la sentenza, e ricordare - come ha dimostrato la mia difesa nella discussione - che fu commentata favorevolmente su prestigiose riviste di giurisprudenza. Non sarebbe corretto da parte mia entrare ulteriormente nel merito di una decisione estremamente tecnica e sostanzialmente confermata dal supremo organo di legittimità. Quello che mi sconvolge è che la parte civile Cir pretendeva e ha preteso fino a ieri che io andassi in galera per una decisione sacrosanta, condivisa da tre giudici e tecnicamente corretta".
Secondo la Procura, lei avrebbe intascato in cambio una tangente: 200 milioni di lire. "Quanto ai duecento milioni basta leggere gli atti del processo. Si è parlato di un conto corrente su cui sarebbero stati versati denari corruttivi di provenienza Barilla/Pacifico. Prima è stato individuato un conto intestato a me e a mia moglie. Su questo conto non c'era nulla di particolare, e dopo l'inizio del dibattimento è stata_ improvvisamente cambiata l'imputazione e individuato un conto di mio figlio, il 5335 della Banca di Roma, affermando che invece era mio e che sullo stesso erano stati versati duecento milioni corruttivi di provenienza Barilla/Pacifico. I miei legali, e la consulente contabile Daniela Saitta, hanno dimostrato punto per punto che il conto non era mio; che era in uso a mio figlio e che sullo stesso egli movimentava legittimamente sia i suoi proventi personali e professionali sia, in parte, i denari di una squadra di basket di cui all'epoca era dirigente (all'epoca le società sportive non avevano particolari formalità in proposito). Su quel conto venivano addirittura pagati gli stipendi dei giocatori da parte di mio figlio. Di più: gli avvocati Borzone e Bonzano hanno potuto dimostrare, documenti alla mano, che quei duecento milioni non avevano nulla a che fare con presunti versamenti corruttivi, ma concernevano appunto alcune vicende economiche della squadra (compravendite di giocatori; transazioni tra dirigenti etc.)".
Il Pool ha confuso il basket con la corruzione? "Basti pensare, per dimostrare la verità di quanto affermo, che parte del denaro che l'accusa ritiene provento di corruzione è confluito su- quel conto addirittura alcuni mesi prima di quelli che la stessa accusa riteneva bonifici corrottivi di Pietro Barilla su un conto estero dell'avvocato Pacifico. In altre parole, secondo la tesi accusatoria, avrei ricevuto i soldi della asserita corruzione prima che il presunto corruttore li avesse pagati, e cioè pripa del maggio 1988! Oltre a questo si consideri che il pagamento corruttivo sarebbe avvenuto due anni dopo la pronuncia della nostra sentenza, e venti giorni prima del verdetto della Corte di cassazione, e, quindi, successivamente alla decisione della Corte di appello che aveva ammesso l'intervento della cordata lar da noi escluso. Insomma, tutta la vicenda non ha alcuna logica". Be', se l'hanno spedita a processo vuol dire che c'erano elementi concreti contro di lei. "Io sono sempre stato giudice civile, non ho praticamente mai fatto nulla nel campo penale. A me sembra che prove non siano mai state portate. Ma giudicheranno coloro che avranno la pazienza di leggere gli atti del processo se c'erano prove o no". Lei è finito nei guai anche per l'Imi-Sir. Per la Procura avrebbe manipolato una sentenza, una delle tante nella saga dei Rovelli, e indetto diabolicamente una riunione-fantasma al ministero della Giustizia. "Anche lì ho dimostrato che un asserito versamento corruttivo altro non era che la restituzione di un prestito che avevo fatto all'amico Attilio Pacifico. Non c'era nessun legame, in altre parole, con i pagamenti effettuati dalla famiglia Rovelli. Inoltre ho dimostrato che non avevo nulla a che fare con una presunta riunione che si sarebbe svolta presso il ministero della Giustizia per indurre un giudice a non partecipare a un'udienza del processo della causa che coinvolgeva i Rovelli". Alla fine, lei è stato assolto anche in quella vicenda. Ma nello scrivere le monumentali motivazioni del verdetto, il giudice Paolo Carfì non allontana completamente da lei ombre e sospetti.
"Lei parla di ombre. In realtà i giudici manifestano qualche dubbio su di me perché, quando scrissero la motivazione, pendevano ancora in attesa di decisione il processo Sme e il processo a Perugia. Posso capirli, anche se quei processi non erano oggetto della loro decisione. Ma oggi sono stato assolto anche nel processo Sme, e circa un mese fa a Perugia. Quindi..." "
Ai fans della sinistretta illiberale ricordo che il Giudice (con la G maiuscola) Verde è stato assolto ANCHE questa volta. Mentre altri magistrati (con la m minuscola) lo volevano in galera...... sulla base dei desiderata di potentati economici finanziatori della stampa che li esalta. Ovviamente una mera coincidenza.
Saluti liberali