Dal 2005, per ordine della Fcc, televisioni, lettori Dvd e videoregistratori dovranno avere un circuito per la gestione del copyright. Hollywood esulta, i consumatori no. Succederà qualcosa del genere anche da noi?

La lobby dei padroni dei bit mette a segno un nuovo colpo: per ordine della Fcc (Federal Communications Commission, l'organismo che sovrintende alle telecomunicazioni negli Stati Uniti), a partire dal 2005 i televisori, i lettori Dvd, i videoregistratori e in generale tutti gli strumenti che possono ricevere la Tv digitale dovranno avere a bordo un chip che impedisce all'utente di far ciò che vuole dei film che riceve, ma consente solo l'uso che è strettamente specificato nella licenza del singolo programma Tv: fine, tanto per dirne una, dello scambio di film su Internet.
Il chip si chiama broadcast flag e consente alle stazioni televisive digitali (via cavo, via etere o via satellite) di trasmettere, insieme con lo show, i limiti di utilizzo: per esempio il numero di volte che può essere copiato o visto. L'obbligo, almeno per il momento, riguarda solo gli strumenti elettronici venduti negli Stati Uniti, dove peraltro la televisione digitale (in alta e in bassa definizione) è molto più diffusa che non da noi, ma non è difficile immaginare che le consuete "esigenze di uniformità" finiranno con l'importare qualcosa del genere anche su questa sponda dell'Atlantico.

Ricordiamo che la Tv digitale in Italia è vicina al debutto, la Rai sta per completare la copertura del territorio. C'è da sperare che la televisione di Stato non partorisca un cucciolo destinato a venire mutilato troppo presto. Sta di fatto che questo nuovo giro di vite contro l'interscambio di contenuti digitali cade proprio mentre cominciano a farsi sentire gli effetti delle azioni legali della Riaa (i discografici americani) contro il popolo del peer-to-peer; secondo una ricerca di Ndp Group a partire dallo scorso agosto non solo gli americani stanno cancellando in massa la musica scaricata per paura delle azioni legali della Riaa, ma è anche calato significativamente l'uso dei programmi P2p, sceso dell'11 per cento in due mesi.

Insomma, un'offensiva su due fronti, musica e film, contro gli "scambisti digitali". Se la Riaa ci rimette in popolarità (due terzi di chi ha usato programmi Peer-to-peer dichiarano di vedere in modo "molto negativo" i discografici), anche per quanto riguarda il fronte della Tv digitale le critiche non mancano.

Tra le voci più autorevoli si segnalano l'associazione Pk (Public knowledge), che afferma che nonostante gli studi televisivi dicano che il "broadcast flag" si limiti a prevenire la pirateria di contenuti digitali in alta risoluzione sul Web, nei fatti «il chip fa molto più di questo, tra cui impedire attività che i consumatori hanno potuto fare per anni: in parole semplici, è un tentativo di Hollywood di controllare non solo che cosa la gente guarda, ma anche quando e dove la guarda». E intanto si prepara alla mobilitazione, con tanto di raccolta di firme via Web.

Se i paladini della libertà d'espressione si preoccupano, i padroni del vapore gongolano; per Jack Valenti, presidente della Mpaa (Motion Picture Association, una specie di Riaa formato Tv) il "Broadcast flag" sarebbe addirittura una «grande vittoria per i consumatori». Che per il momento non ringraziano neanche un po'.

Anzi, per la Electronic Frontier Foundation col diabolico flag la Fcc «ha stabilito che la strada per convincere gli americani ad adottare la Tv digitale sia far sì che faccia di meno e costi di più».