ALEMANNO: «Il male assoluto? Rimanere fermi al passato»
da “il Giornale” del 26 novembre 2003
di Fabrizio Di Feo
Roma, 26 novembre - Ministro Alemanno, Fini a Gerusalemme dissipa ogni dubbio e ogni ombra dal giudizio sul passato. An, però, fin da Fiuggi ha pronunciato parole chiare sull'antisemitismo e sulle leggi razziali. Lei sentiva l'esigenza di questa ulteriore svolta?
«Non credo si tratti di una nuova svolta ma della sottolineatura e forse della enfatizzazione della svolta operata dieci anni fa a Fiuggi. Anzi è necessario sottolineare che lo stesso Msi non sposò mai posizioni antisemite, come Giorgio Almirante si sforzò sempre di comunicare fuori dal ghetto in cui eravamo rinchiusi. Tant'è vero che il Msi fu sempre dalla parte di Israele nel conflitto medio-orientale. Fiuggi ha dato coerenza ideologica a una moderna destra democratica, superando ogni forma di nostalgismo, ribadendo nella forma più solenne l'avversione ad ogni forma di razzismo. E anche il riferimento alla Fiamma nel simbolo mi appare fuori luogo: la Fiamma non è un simbolo del fascismo, non è la falce e martello del totalitarismo comunista che Bertinotti e Cossutta continuano ad ostentare nei loro simboli».
Oggi Fini condanna, senza se e senza ma, anche la Rsi. Chi erano per lei i ragazzi di Salò? Patrioti che combattevano per difendere l'onore d'Italia o fiancheggiatori del nazismo?
«Credo che buona parte della storiografia contemporanea sia ormai concorde nel giudicare che la maggioranza dei volontari di Salò erano dei giovani in buona fede che si arruolarono convinti di servire la propria patria. Persone che ignoravano i crimini del nazismo e, anzi, speravano di preservare in qualche modo l'Italia dall'invasione tedesca. Illusioni, certo, ma pagate a duro prezzo e spesso con grande dignità».
La svolta di Fini è la proiezione di un sentimento diffuso tra gli iscritti di An? O l'ultimo strappo di una corsa in cui il leader si muove costantemente davanti al partito?
«Credo che tutti i militanti di An abbiano la coscienza tranquilla, si ritrovino convintamente nel percorso di una destra democratica fortemente ispirata dalla dottrina sociale della Chiesa. Quello che può dare fastidio è la sensazione di essere perennemente sotto esame e non tanto da parte delle comunità ebraiche che hanno tutti i motivi storici per essere vigili. Il fastidio vero nasce dalla pretesa della sinistra di dettare i tempi e i modi del nostro percorso politico, di essere subalterni a qualcuno per la nostra legittimazione. Fini deve essere attento a questi umori, che già quando facemmo l'esperimento dell'elefantino con Segni hanno dimostrato di essere un problema non solo della "base militante" ma anche di fette cospicue dell'elettorato di destra».
Teme contraccolpi elettorali?
«Dei contraccolpi elettorali in questa sede non me ne importa un bel nulla. Ci tengo che, soprattutto al cospetto dei nostri padri e dei nostri figli, il nostro percorso sia realmente ispirato a valori profondi e consapevoli. Niente "tornacontismo", come ha detto Fini. Ma proprio per questo, se è giusto riconoscere che le leggi razziali rappresentarono il "male assoluto", è necessario non dimenticare che il fascismo non fu soltanto questo, come attesta tutta la storiografia contemporanea».
Si aspetta che ora anche a sinistra ci siano strappi, riflessioni ed esami di coscienza sulle tante ferite storiche del comunismo e della resistenza?
«Il libro "Il sangue dei vinti" di un intellettuale di sinistra come Pansa o la tragedia delle foibe dimostrano che anche il fronte dell'antifascismo si è macchiato di crimini orrendi per colpa del totalitarismo comunista. Forse qualcuno a sinistra se lo dovrebbe ricordare prima di salire in cattedra».
Oggi è più facile pensare all'ingresso di AN nel Ppe?
«Non credo che tutto questo c'entri molto con la collocazione europea del nostro partito. Io, sia in Italia che in Europa, non credo nel bipartitismo ma in un bipolarismo articolato, da una parte come dall'altra, su più partiti. E in ogni caso prima di pensare a un nostro ingresso nel Ppe è ovviamente necessario che questo si trasformi da una aggregazione di centro in una aggregazione coerentemente di centrodestra».
L'antisemitismo è una parola oggi tristemente tornata di moda. L'Italia è davvero investita da questo virus?
«L'antisemitismo è una variante particolarmente odiosa del razzismo ed è parente stretto della xenofobia. Sono tutte espressioni di un atteggiamento di chiusura e di rifiuto dell"'altro da noi" che spesso contamina la cultura moderna e la porta verso l'abisso. E’ evidente che la destra appare culturalmente più esposta a questo rischio, ma la sinistra spesso cova nel proprio interno forme di razzismo ideologico che, proprio perché non confessate, sono altrettanto pericolose. D'altra parte gli ultimi regimi sistematicamente antisemiti furono quelli del socialismo reale d'oltrecortina. Ma io credo che dobbiamo smetterla di accusarci reciprocamente per le tragedie del passato. Destra e sinistra in Italia devono guardare avanti, senza dimenticare le lezioni della storia ma misurando la propria legittimità nella capacità di dare risposte per il futuro».