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  1. #21
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    In origine postato da Pieffebi
    Passiamo a cose serie.....

    dal quotidiano il Giornale


    Cordiali saluti

  2. #22
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    Il mio concittadino Ennio Flaiano diceva che in Italia i Fascisti si dividono in Fascisti e Antifascisti.

    Parole sagge.

  3. #23
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    In origine postato da Ernani
    Il mio concittadino Ennio Flaiano diceva che in Italia i Fascisti si dividono in Fascisti e Antifascisti.

    Parole sagge.
    E preveggenti...

  4. #24
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    In origine postato da MrBojangles
    E preveggenti...
    ---------------
    Molti degli "altri" invece son impiccioni, non si fanno i cavoletti loro.

    Che sono l'aspettare il ritorno del "preso a calci'n culo" emigrato a Bruxelles.

  5. #25
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    In origine postato da mustang
    ---------------
    Molti degli "altri" invece son impiccioni, non si fanno i cavoletti loro.

    Che sono l'aspettare il ritorno del "preso a calci'n culo" emigrato a Bruxelles.
    Siete voi i "coesi"....

  6. #26
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    In origine postato da Ernani
    Il mio concittadino Ennio Flaiano diceva che in Italia i Fascisti si dividono in Fascisti e Antifascisti.

    Parole sagge.

    Beh tenendo conto della provenienza fascista di buona parte dell'intellettualità antifascista [e poi dicono che Fini sia una banderuola o che lo sia Ferrara] di questo paese......... ai suoi tempi il buon Ennio [che ne ha dette anche di più belle] aveva ragionissima.

    Cordiali saluti

  7. #27
    SENATORE di POL
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    Ruggero Guarini su IL TEMPO..... enuncia critiche alle parole di Fini sul "Male Assoluto" che sono sovrapponibili in gran parte a quelle di Ferrara, Mieli, Gentile. Ma Fini è un politico, non uno storico o un intellettuale "borghese". Tuttavia le valutazioni di Guarini sono largamente condivisibili nella valutazione del fenomeno fascista, anche se operata per "finta interposta persona", e in modo sintetico e necessariamente semplificato.

    " QUELLO CHE FINI DOVEVA DIRE


    di RUGGERO GUARINI

    GENTILE Gianfranco Fini – mentre nel suo partito infuria la rivolta provocata dalle sue parole sul fascismo, vorrei spiegarle perché quelle parole non sono sembrate felici nemmeno a qualche vecchio e schietto antifascista.
    Proverò a farlo arrischiandomi a immaginare la risposta che lei avrebbe potuto dare a quel giornalista israeliano che le ha chiesto, non senza un’evidente intenzione provocatoria, se ella è oggi disposto a definire il fascismo "il male assoluto".
    Lei, com’è ormai arcinoto, ha risposto affermativamente. Mentre avrebbe dovuto dire più o meno questo:
    "Non sono un teologo. Non sono nemmeno un filosofo. Perciò non posso sapere che cosa sia ciò che lei chiama "male assoluto". Sono però un politico, e come tale le posso dire soltanto questo: che dopo molti anni di abbagli, illusioni, dubbi, ripensamenti, studi e illuminazioni, credo di aver finalmente capito non già che cosa sia il "male assoluto" ma soltanto quale sia stato il più grande male storico, politico e morale del secolo appena defunto.
    "Ella pensa, e vorrebbe che affermassi, che anche questo preciso e circoscritto male storico fu il fascismo. Ma questo non posso dirlo. E il motivo per cui non posso dirlo non è, come lei forse potrebbe pensare, un certo attaccamento sentimentale e ideologico al il mio filofascismo giovanile. È la ferma convinzione che quel grande male storico che fece del Novecento un secolo di convulsioni e di atrocità fu il totalitarismo come tale. Sia in salsa nera che in salsa rossa. Che furono certo due salse abbastanza diverse. Ma che in effetti condivano il medesimo nauseabondo menu.
    "I totalitarismi rossi e neri che hanno funestato il XX secolo presentano infatti sempre, al di là di alcune innegabili differenze, alcuni fondamentali elementi comuni: partito unico, identificazione del partito con lo stato, suo dominio su tutti gli aspetti pubblici e privati della vita, culto della personalità del Capo, totale o parziale statizzazione dell’economia, irreggimentazione delle masse in appositi organismi collettivi, controllo dell’informazione, dell’istruzione, della cultura e dell’arte, arresto, deportazione e spesso liquidazione fisica degli avversari politici, sterminio di interi gruppi sociali o razziali e molte altre analoghe delizie.
    "Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che il fascismo condivise molte di queste infamie. Sono anzi più che mai convinto che esso, nella storia della diffusione del cancro totalitario, occupa un posto assolutamente decisivo.
    Ma so anche che tutti gli storici seri hanno riconosciuto da un pezzo che le forme in cui quel cancro si manifestò nell’Italia fascista furono assai più benigne, o se preferisce, meno micidiali, che nella Germania nazista o nella Russia comunista. Tanto che molti studiosi del fenomeno totalitario sono arrivati addirittura a negare che il fascismo possa esservi incluso.
    "Io stesso mi sono convinto che esso, in effetti, non fu un vero regime totalitario. Che fu solo un brutale regime autoritario. Questo fra l’altro l’ho appreso leggendo un bellissimo libro sulle origini del totalitarismo. Vuol saoere chi lo ha scritto? Una grande studiosa ebrea. La vostra geniale Hannah Arendt".
    guarini.r@virgilio.it
    "
    www.iltempo.it

    Saluti liberali

  8. #28
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    Predefinito Effetto....

    ....Mussolini

    Roma. Con preciso tempismo politico, proprio nel giorno in cui la Nipotissima abbandona il partito, An propone un emendamento alla finanziaria per istituire un benemerito “Fondo Nonni”.
    Che poi, precisamente attorno a un Nonno, quel Nonno, con annessi e connessi, eredità tanto lodate prima tanto svalutate poi, che An fibrilla e saltella.
    All’ora di pranzo, donna Assunta Almirante si riversa sul Foglio come un fiume in piena. “Incavolata, anzi indiavolata”.
    Di più, “nera di rabbia”, che pure politicamente è molto ben detto. “Alessandra ha fatto benissimo, l’ammiro per il suo coraggio. Questi altri hanno solo la paura di perdere le poltrone”. E’ stata zitta per giorni, quella che alcuni nel partito ancora chiamano Imperatrice Madre.
    Anzi, lei racconta che era pure felice del viaggio di Fini in Israele. “Realizzava finalmente il suo sogno. Mi hanno intervistato e gli ho augurato buon viaggio.
    E invece se ne esce con quelle cose, fa quei discorsi contro la repubblica sociale. Ma come: vai a trovare, giustamente, i morti, a
    riverire i martiri, e parli male dei morti tuoi, li insulti?”.
    Parla, donna Assunta, si sfoga, e neanche fa più il nome di Fini. Dice: lui. E ogni volta qualcosa aggiunge. “Non può giudicare, lui. Ma come si permette di insultare? Ma lui chi è?”.
    Dice pure: “Non siamo più disponibili a votare un uomo che non ci appartiene”.
    “Lui parla della svolta di Fiuggi, predica tanto, dieci anni di An. Ma quali dieci anni di An? E’ davvero convinto, lui, di aver cambiato le coscienze dei missini? Ma non le dica, queste fesserie! I missini sono rimasti quelli di ieri, le nostre coscienze non le ha toccate. Lui non lo sa, perché ormai fa un comizio l’anno, sta chiuso in ufficio. La base parla lo stesso linguaggio di ieri”.
    Si domanda, donna Assunta: “Oggi An cosa rappresenta?”.
    Si risponde: “Nulla, non rappresenta nulla”.
    Sospira: “Ho lavorato con intensità e affetto per l’elezione a segretario del partito dell’onorevole Fini, ora non ha idea di quanto possa essere dispiaciuta e mortificata”.
    E soprattutto rivuole la fiamma, donna Assunta, “e rifaccio il Msi, siamo in grado di presentarci già alle europee, c’è tanta gente con noi”. Ché “questi non hanno capito una cosa: il coltello dalla parte del manico ce l’abbiamo noi, gli elettori: non li votiamo e se ne vanno a casa. Faremo la nostra crociata. Tutti quelli non hanno coraggio, se si escludono Tremaglia e Trantino”.
    E adesso vuole andare, donna Assunta, in “ogni condominio, in ogni quartiere, in ogni piazza”, ognuno si faccia attivista, “diremo agli elettori di non votare An”.
    La fiamma, la fiamma, ancora la fiamma: “la gente mi dice: donna Assu’, non vorrei vota’, poi vediamo la fiamma, pensiamo che ce l’ha messa lui”, e qui lui è Giorgio Almirante, non il suo erede oggi ripudiato.

    “Ridatemi la fiamma per rifare il Msi”.
    L’hanno difesa pure Alemanno e La Russa, la fiamma, in questi giorni.
    “Quelli la fiamma non sono degni di tenerla – replica donna Assunta – la devono togliere. Devono concederla a noi missini, la fiamma, loro la usano solo come specchietto per le allodole.
    Siamo pronti a riorganizzarci, a rifare il Msi. La fiamma ce la riprendiamo noi, la bandierina celeste se la tengano loro”.
    E vuole
    pure altro, donna Assunta, nel giorno della sua
    rabbia. “Devono essere onesti, devono lasciare tutto, anche le sedi che appartenevano al Msi, e che fece comprare Almirante.
    E non i soldi suoi, che è morto e aveva quattro milioni sul conto corrente”.
    Dice pure, donna Assunta, che gli hanno già riconsegnato, i militanti, nei giorni scorsi quindicimila tessere, “e proprio oggi ne è arrivato un altro pacco dalla Sicilia”.
    Donna Assunta dice di sentirsi ferita, e di sentirsi orgogliosa di Alessandra Mussolini che ha sbattuto la porta. “Lui poteva rendere omaggio, e lo rendiamo anche noi, alle vittime dell’Olocausto.
    Pure io e Giorgio abbiamo sempre detestato i nazisti.
    Ma non doveva insultare, mica abbiamo aspettato lui per non essere antisemiti”.
    E fino al gesto della Mussolini, nessun parlamentare nel partito aveva alzato la voce, nonostante i militanti tempestassero di telefonate il centralino del Secolo. “Sono attaccati alle poltrone, legati a chi sta a capo di tutto e decide. Il partito non c’è più, i circoli sono chiusi, stanno solo sulla carta. La gente li vota solo perché vede la fiamma. Cosa hanno ottenuto da quando sono al governo? Lì l’unico che lavora è Berlusconi”.
    Forse Fini vuole sostituirlo… “Forse Fini, così va a casa pure lui”.
    Il vertice comunica di aver dedicato “un minuto” alla Mussolini, ma Storace sbotta, Tremaglia gronda amarezza, persino Servello (autore del libro “Caro Fini”) chiede riflessione.
    E Teodoro Buontempo: “Qui l’unico nostalgico è il presidente del mio partito: ci vuole ricacciare indietro di sessant’anni”.

    saluti

  9. #29
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    Predefinito Bocchino si ...

    ...può dire

    Norme di vigilanza democratica e di pronta applicazione ad uso del Secolo d’Italia, da dieci anni quotidiano antifascista, organo di Alleanza nazionale.
    Nota di biasimo per titolo su prima pagina dell’edizione di venerdì:
    “Se si estingue la razza dei tifosi…”. Razza è parola intrinsecamente equivoca. Da non usare.
    Abbassare tutte le “P” maiuscole della parola “patria”.
    Non abusare del termine, patria è infatti parola intrinsecamente equivoca se privata delle opportune declinazioni repubblicane. Usare solo in riferimento ai comunicati costituzionali del Quirinale. O, va da sé, nell’edizione del 25 aprile, festosamente pavesata. Controllo accurato dell’onomastica.
    Sono banditi dalla prima pagina i seguenti nomi e, va da sé, certi tristi cognomi: è fatto assoluto divieto di pubblicare comunicati del senatore Kappler, approntare editoriale dove se ne chiede l’espulsione.
    Norme di vigilanza democratica e di
    pronta applicazione a uso del Secolo d’Italia, da dieci anni quotidiano antifascista. Risolto il problema Alessandra M., non sono perciò più ammessi: Primo, Romano, Ardito, Arma, Carabiniere, Gasparri, Pecora, Cento, Anni, Giorno, Leone, Spada, Aratro, Solco, Assunta, Giampaolo (Pansa), Mirko, Italo (Bocchino si può dire), Ignazio si può scrivere solo nella versione ’Gnazio, giammai Adolfo (si usi Urso), giammai Benito, giammai Julius, mai e poi mai Junio, né tanto meno Rodolfo. Mai corrispondenze dalle seguenti località: Arcinazzo, Predappio, Balduina, Eur. E’ reintegrato nel ruolo di direttore politico Enzo Palmesano, mentre Gennaro Malgieri – reo di scarsa adesione in questo decennale antifascista appena trascorso – dovrà firmarsi Malgeri fino a completo processo di de-ciarrapicizzazione democraticamente comprovata dal Cdr. Va da sé che il Cdr porge un deferente saluto a Raffaele Fiengo, a Serventi Longhi e a tutte le rappresentanze sindacali che fino a oggi hanno vigilato contro le infezioni antidemocratiche e anticostituzionali.
    Norme di vigilanza democratica e di pronta applicazione a uso del Secolo d’Italia, da dieci anni quotidiano antifascista.
    Si fornisce elenco di manchette di libri che non potranno apparire anche se pagano: quelle con aquile, quelle con oggetti taglienti quali fasci, asce, accette, coltelli (falci con opportuni martelli sì), quelle con parole quali sangue, fuoco, fiamma, (Bocchino si può dire), quelle di Dino Editore.
    Tassativamente vietate nelle pagine spettacoli recensioni sui saloini Dario Fo, Giorgio Albertazzi, nonché rievocazioni di Walter Chiari o Enrico Maria Salerno (soprassedere su Raimondo Vianello).
    Tassativamente vietate nelle pagine culturali libri editi da Edizioni Europa, Settimo Sigillo, edizioni Ar, All’Insegna del Veltro, Asefi, La Fenice, Harry Potter, Adelphi (non si sa mai, è parola intrinsicamente equivoca), Uomo Libero, Sette Colori, Mondadori (stigmatizzare la deriva plebiscitaria di Silvio Berlusconi).
    Controllo accurato nei necrologi affinché non appaia mai la parola “camerata”.
    Controllo accurato nella pagina delle lettere affinché nessuno saluti romanamente o, peggio, con la formula “camerateschi saluti”.
    Siano date continue prove di civiltà.
    I colleghi redattori s’impegnino nel solco del percorso intrapreso dal Presidente Editore. E’ gradita la conversione alla confessione battista, anglicana o avventista per essere più vicini all’Alleato Anglomericano (Bocchino si può dire). Infine, è abolita la festa della Befana redazionale ed è perciò gradito l’acquisto del tacchino da consumare alla presenza del Presidente Editore. Sono inibite le linee telefoniche con l’abitazione di Assunta Almirante. Bocchino però si può dire. Oggi, è una garanzia di antifascismo.
    Norme di vigilanza per il Secolo, giornale antifascista.
    Cestinare i comunicati del senatore Kappler, meglio ’Gnazio di Ignazio

    saluti

  10. #30
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    Predefinito

    In origine postato da Montalbano
    Come Galante Garrone?
    No come Pietro Ingrao.

 

 
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