Giù le mani dal fascismo

Se è autobiografia della nazione, allora è fatto storico, non
male assoluto


All'onorevole Gianfranco Fini, che è il leader politico di un partito
nato sulle ceneri della Repubblica di Salò, è concesso ovviamente di
esprimere come desidera la sua contrizione di fronte alla storia. Ma la
definizione del fascismo come "male assoluto", anche e soprattutto per noi
che non siamo fascisti, piuttosto siamo antifascisti, è da bocciare senza
esitazione. Benedetto Croce aveva parlato del fascismo come di una
parentesi, espressione eufemistica degna di un grande liberal-conservatore
che alle definizioni badava poco, roba per positivisti in cerca di
classificazioni. Piero Gobetti, ardente liberal-progressista, ne parlò come
di una autobiografia della nazione. E che l'autobiografia degli italiani sia
il "male assoluto" è storicamente falso. Falso come i titoli e i commenti
dei giornali che "strillano" la notizia del male assoluto in un contesto
politicamente ambiguo, alla caccia di un nuovo interlocutore da cucinarsi
per benino nella gara in corso tra i poteri politici e altri poteri. Falso
in senso storico, perché il "male assoluto" non lo si può guardare in
faccia, ed è imperdonabile, mentre il fascismo italiano e la guerra civile
che gli ha messo fine sono stati studiati con sempre maggiore curiosità e
umanità e giudicati in un modo sempre più complesso e sempre meno
manipolatorio da una pletora di studiosi, antifascisti e non. E' evidente
che la razzia del Ghetto di Roma è male assoluto, che le leggi razziali lo
sono, che la soppressione delle libertà civili con il carcere e il confino
sono mali assoluti; ma se dietro questa formula si nasconde il tentativo di
dimostrare che quei fatti sono escrescenze a cui è estranea la tortuosa e
drammatica storia dell'Europa tra le due guerre e di questo paese, allora la
formula di condanna più roboante si trasforma in una penosa indulgenza. L'
intransigenza "assoluta" verso un'Italia a cui ci si ritiene estranei
diventa un'autoassoluzione, quella stessa con cui fece i conti lo storico
Renzo De Felice, e definitivamente, quando dimostrò da posizioni
revisioniste che il fascismo ci riguardava tutti, incluse le minoranze
virtuose, ad esclusione di alcuni comportamenti davvero eroici, quelli che
non fanno media bensì eccezione alla media. Insomma: noi antifascisti
democratici e anticomunisti abbiamo riconquistato il diritto di studiare il
fascismo e di giudicarlo fuori dalla vulgata conformista, e sarebbe
singolare se ora perdessimo quel diritto per la legittima ansia di
legittimazione del partito post fascista.