Sessant’anni dopo l’allora braccio destro di De Gasperi e il segretario personale del «Migliore» si confrontano su un episodio ancora oscuro
Andreotti, Caprara e il «colpetto di Stato» di Togliatti
Referendum ’46: le manovre del leader Pci per prevenire il rischio della sconfitta repubblicana
Nell'ormai eterno mistero sull'esito «vero» del referendum istituzionale che traghettò l'Italia, il 2 giugno 1946, dalla monarchia alla Repubblica, il prossimo numero di Nuova Storia Contemporanea aggiunge una pagina rilevante e sconcertante: una forzatura ai massimi livelli dello Stato suggerita - ma forse si potrebbe dire ordinata - da Palmiro Togliatti in veste di Guardasigilli. Una mossa che, nella rovente polemica di quei giorni, Luigi Barzini, vicedirettore del Tempo , sintetizzò in un titolo sul giornale come un «colpetto di Stato» .
L'episodio viene ora certificato da inedite testimonianze anche se rimane non del tutto decifrabile negli scopi. Su questi, anzi, la rivista aggiunge un recentissimo scambio di lettere fra Massimo Caprara - autore della ricerca nonché, al tempo, segretario personale del «Migliore» - e Giulio Andreotti, in quel periodo, al debutto della carriera politica come braccio destro di Alcide De Gasperi.
In appendice, poi, interviene il direttore, Francesco Perfetti, con una nota che ricorda manovre contemporanee e completamente opposte: tese, cioè, ad accelerare la proclamazione della Repubblica.
Correggendo, in più, due imprecisioni nelle lettere di Andreotti - una curiosità, ricordandone la ben nota pignoleria - sulla data della partenza del re e sui contatti con De Gasperi riguardo al messaggio di addio alla nazione.
Nel suo saggio, Massimo Caprara ricostruisce il tortuoso meccanismo previsto per il referendum - ad esempio, quaranta milioni di schede per ventotto milioni di votanti - poi le notti convulse dopo l'inizio dello spoglio dei voti, il 3 giugno, e le docce scozzesi sull'esito: basti citare i Diari di Falcone Lucifero, ministro della Real Casa, recentemente pubblicati da Mondadori, con De Gasperi che, il 4 giugno, l'informa di non creder più alla vittoria della Repubblica.
«Togliatti scelse per sé un'altra via di comportamento - scrive Caprara - non quella delle congetture opinabili... ma quella della determinazione operosa. Infatti agì».
È il preludio al «colpetto di Stato». La testimonianza di Caprara è di primissima mano. A lui il Guardasigilli detta il testo di una lettera da recapitare a Giuseppe Pagano, primo presidente della Corte di cassazione cui spettava - secondo i neonati regolamenti - la lettura dei risultati numerici e la proclamazione dell'esito referendario. Ed è ancora Caprara a portare la missiva e ad ascoltare l'immediata reazione di Pagano. La lettera ordina di modificare la procedura. Pagano deve solo conteggiare i nomi validi, senza aggiungere altro. In pratica non deve dire ufficialmente chi ha vinto. Caprara racconta che l'alto magistrato lesse un paio di volte la lettera: «Poi, con voce senza sfumature e sentimenti, esclamò: "Assicuri il ministro"». Così vanno le cose, il 10 giugno, nella Sala della Lupa: «Lo sconcerto fu generale», a partire dal premier De Gasperi.
Ora, perché Togliatti fece quello che Caprara definisce «un atto di governo privo di qualsiasi sanzione collegiale da parte del Consiglio dei ministri»? La risposta è netta: «Togliatti agì sotto l'impulso di un pericolo per lui e per la sua parte politica, ritenuto incombente: il rischio della vittoria della monarchia. Fu, quindi, una condotta apertamente di parte».
In effetti, come documenta un altro articolo di Nsc a firma Franco Malnati, il computo carente dei voti nulli, apriva consistenti dubbi sulla legittimità di quella che - nude cifre dei due schieramenti alla mano e trascurando le teorie di brogli - pare una vittoria indiscussa. Togliatti, consultati esimi costituzionalisti, avrebbe scelto questa strada per evitare un possibile altolà della Corte, una sospensione ufficiale nella proclamazione in funzione di un ricalcolo dei voti con conseguenti contromosse istantanee e drastiche dei monarchici. Una specie di cortina fumogena dietro a cui, il 12 giugno, il Consiglio dei ministri, senza attendere la proclamazione della Suprema corte, attribuì al premier De Gasperi le funzioni di capo provvisorio dello Stato - il «colpetto di Stato», appunto - creando il fatto compiuto che obbligò il re alla partenza per l'esilio. Quel giorno, comunque, Togliatti regalò una memorabile battuta a Caprara: «I parti difficili come quello della Repubblica vanno assistiti e pilotati».
Il Corriere della Sera
8 12 2002