Dal sito SANTI E BEATI:
Santa Barbara, Martire
4 dicembre
sec. III
Quando venne mandata a morte, fu il padre stesso a farle da carnefice; ma quando, colpita dalla spada paterna, la testa di Barbara si staccò e rotolò insanguinata, un fulmine improvviso si abbatté sull'uomo, incenerendolo all'istante.
Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di «barbara», cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l'ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti. (Avvenire)
Patronato: Architetti, Minatori, Moribondi, Fucili e polvere da sparo, Vigili del Fuoco
Etimologia: Barbara = straniera, dal greco
Emblema: Palma, Torre, calice con osta, spada
Martirologio Romano: A Nicomedia, commemorazione di santa Barbara, che fu, secondo la tradizione, vergine e martire.
Martirologio tradizionale (4 dicembre): A Nicomedia la passione di santa Barbara, Vergine e Martire, la quale, nella persecuzione di Massimino, dopo orribili torture nel carcere, dopo il bruciamento colle fiaccole, il taglio delle mammelle ed altri tormenti, compì il martirio percossa colla spada.
Santa Barbara nacque a Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia) nel 273 d.C..
La sua vita riservata, intenta allo studio, al lavoro e alla preghiera la definì come ragazza barbara, cioè non romana. Era una denominazione di disprezzo. E’ questo il nome a noi pervenuto da quello suo proprio.
Tra il 286-287 Santa Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia poiché il padre Dioscoro, fanatico pagano, era un collaboratore dell’imperatore Massimiano Erculeo. Quest'ultimo gli aveva donato ricchi e vasti possedimenti in Sabina.
Dioscoro fece costruire una torre per difendere e proteggere Barbara durante le sue assenze. Il progetto originario prevedeva due finestre che diventarono tre (in riferimento alla Croce) secondo il desiderio della ragazza. Fu costruita anche una bellissima vasca a forma di Croce. Sia la finestra che la vasca non erano altro che i simboli del cristianesimo a cui la ragazza si era convertita.
La tradizione afferma che proprio nella vasca Barbara ricevette il battesimo per la visione di San Giovanni Battista.
La manifestazione di fede di Barbara provocò l’ira di Dioscoro; essa allora per sfuggire a quest’ultimo si nascose nel bosco dopo aver danneggiato gran parte degli dei pagani della sua villa. La tradizione popolare scandrigliese afferma che essa si rifugiava in una nicchia scavata all’interno di una roccia (dicitura indicata come riparo di Santa Barbara in località “le scalelle”) e fu trovata per la delazione di un pastore lì presente.
Dioscoro la consegnò al prefetto Marciano con la denuncia di empietà verso gli dei e di adesione alla religione cristiana.
Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la Fede Cristiana: fu così torturata e graffiata mentre cantava le lodi al Signore. Il giorno dopo aumentarono i tormenti mentre la Santa sopportava ogni prova col fuoco. Il 4 dicembre letta la sentenza di morte Dioscoro prese la treccia dei capelli e vibrò il colpo di spada per decapitarla.
Insieme a Santa Barbara subì il martirio la sua amica Santa Giuliana, questo avvenne nella zona campestre indicata nei codici antichi con una espressione generica “ad aram solis” o “in loco solis” (denominazione della zona costa del sole oggi denominata Santa Barbara). Il cielo si oscurò e un fulmine colpì Dioscoro.
La tradizione scandrigliese invoca la Santa contro i fulmini, il fuoco, la morte improvvisa, il pericolo ecc. La tradizione inoltre affermava che la treccia di Santa Barbara fosse visibile all’innocenza dei bambini alla sorgente omonima.
Il nobile Valenzano curò la sepoltura del corpo della Santa presso una fonte (sorgente di Santa Barbara) che diventò una meta di pellegrinaggio per l’acqua miracolosa.
Quando l’imperatore Costantino nel 313 consentì di rendere un culto esterno ai martiri, i fedeli ornarono il sepolcro e di seguito vi costruirono un oratorio (che si ritiene del VI secolo). Nel secolo IX decadde dal suo primitivo splendore e nel secolo X si poteva considerare abbandonato a seguito dell’invasione saracena. Passata l’invasione attorno all’anno 1000 fu eretta una chiesa completamente rifatta che esiste ancora oggi.
Tra il 955 ed il 969 i reatini organizzarono una spedizione a Scandriglia (che oggi si trova in provincia di Rieti) e dopo varie ricerche trovarono il suo corpo. Fu sottratto ai ricercatori di corpi santi e portato al sicuro nella Cattedrale di Rieti dove ancora oggi riposa sotto l’altare maggiore.
Santa Barbara è la patrona di Scandriglia e di Rieti.
Autore: Andrea Del Vescovo
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Sempre dallo stesso SITO altro profilo biografico:
Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286 – 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia, di Nicomedia e, infine, di una località denominata “Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò completamente il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).
Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”.
La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.
Autore: Gian Domenico Gordini
Ambrosius Benson, Vergine con Bambino e Sante Caterina d'Alessandria e Barbara, 1519, Musée du Louvre, Parigi
Lucas Cranach il Vecchio, Sante Caterina d'Alessandria e Barbara, Museum Mayer van den Bergh, Antwerp
Jan van Eyck, S. Barbara, 1437, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, Antwerp
Hans Holbein il Vecchio, S. Barbara, 1516, Alte Pinakothek, Monaco