Temo tu non abbia letto con attenzione (e senza pregiudizi) il post di Silvia nel quale si dice tra l'altro:
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Qui due aspetti vanno distinti. Vi era, da un lato, l'usanza, che ogni ragazza giunta alla pubertà non potesse passare a eventuali nozze prima di aver offerta la propria verginità in un contesto non di amore profano, ma di sacralità: ella doveva darsi nel recinto sacro del tempio a uno straniero che facesse una offerta simbolica e che invocasse, in lei, la dea (1 ). Dall'altro lato, vi erano templi con un corpo fisso di ierodule, cioè di addette alla dea, sacerdotesse il cui culto consisteva nell'atto per il quale i moderni non sanno trovare altro termine che «prostituirsi»: celebravano il mistero dell'amore carnale nel senso non di un rito formalistico e simbolico ma già di un rito magico operativo: per alimentare la corrente di psichismo che faceva da corpo alla presenza della dea e, in pari tempo, per trasmettere a coloro che con esse si congiungevano, come in un sacramento efficace, l'influenza o virtù di questa dea. Erano queste giovani che avevano, anche, il nome di «vergini» (panhénoi ierai), di «pure», di «sante» — qadishtu, mugig, zêrmasîtu; si pensava che incarnassero, in un certo modo, la dea, che fossero le «portatrici» della dea, da cui traevano, nella loro specifica funzione erotica, il nome — ishtaritu (2). L'atto sessuale assolveva cosi per un lato la funzione generale propria ai sacrifici evocatori o ravvivatori di presenze divine, dall'altro aveva una funzione strutturalmente identica a quella della partecipazione eucaristica: era lo strumento per la partecipazione dell'uomo al sacrum, in questo caso portato e amministrato dalla donna; era una tecnica per ottenere un contatto sperimentale con la divinità, per aprirsi ad essa, il trauma dell'amplesso, con la interruzione della coscienza individuale che esso comporta, costituendo a ciò una condizione particolarmente propizia. Tutto questo, in via di principio.
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Congiungendosi alla donna il visitatore si congiungeva con la Dea stessa, le cui caratteristiche simboliche la ishtaritu personificava. Nè si esclude una reale vivificazione spirituale della quale la donna fosse stata fatta oggetto in precedenza.
Questo accadeva in molti luoghi a varie latitudini. Non si può pensare a semplice prostituzione. Dietro a tutto questo vi era un insieme di significati e di valori: il fatto che oggi non siano più compresi non inficia in nulla la loro portata.