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05 dicembre 2003 -- Falchi contro colombe. Ovvero, i nipotini delle teorie e delle azioni di George W. Bush e i vagheggiatori di Guantanamo nostrane, contro chi - pur nel governo - è più ancorato al rispetto del dettato costituzionale e sensibile ale garanzie democratiche, pur in tempo di allarme terrorismo.
Così un'intervista rilasciata dal consigliere militare di palazzo Chigi, il generale Leonardo Tricarico, per invocare in sostanza leggi speciali è diventata un caso politico. Mentre compatte insorgevano le opposizioni, lo stesso Viminale, ossia il ministro Pisanu, si è trovato costretto a intervenire con una nota ufficiale (smentendo per parte sua il generale) per smentire qualsiasi ipotesi di compromettere i "diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini".
Ma cosa aveva detto Tricarico? "Non si può pensare di gestire una situazione di emergenza come questa con leggi ordinarie. Per garantire la sicurezza dei cittadini è necessario rinunciare ad alcuni diritti e privilegi". Aggiungendo che la nostra legislazione prevede norme che regolano il "tempo di pace", ma che spesso si rivelano inadatte per fronteggiare situazioni di crisi."Quella contro il terrorismo è una guerra e come tale va combattuta".
Insomma, secondo il generale, è come se fossimo in guerra. E bisogna regolarci di conseguenza. Ma come? Affidando la competenza ai tribunali militari? Dichiarando lo stato di guerra? Ipotesi suggestive, sicuramente cavalcate da qualche "falco" del governo, ma che provocherebbero contraccolpi di non poco conto, come quella di dover ammettere - ad esempio - che siamo in guerra e che il nostro contingente in Iraq, tanto per fare un altro esempio, è in missione di guerra.
Insomma, anche se - verosimilmente - espressione dell'ala più militarista della maggioranza, le parole di Tricarico riflettono quello che è uno scontro all'interno del governo e, anche, una fibrillazione di alcuni apparati i quali cercano di approfittare della situazione di crisi internazionale per valorizzare il proprio ruolo. Ad ogni modo, fortunatamente, mentre da Palazzo Chigi c'era un eloquente quanto imbarazzato silenzio, una note ufficiale del Viminale ha nettamente preso le distanze dalle dichiarazioni di Tricarico. Le parole non hanno avuto alcuna ambiguità: "In materia di contrasto al terrorismo nessuna misura potrà, neanche sotto il pretesto dell'eccezionalità, compromettere i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini. Ogni eventuale iniziativa legislativa verrebbe ovviamente sottoposta alle valutazioni del Parlamento, nel rigoroso rispetto di quei poteri di indirizzo e controllo ai quali il ministero dell'Interno si è sempre attenuto ed intende attenersi". Parole apprezzate dal diessino Pietro Folena il quale, dal canto suo, si è augurato l'allontanamento di Tricarico dal suo incarico dopo le "inacettabili" dichiarazioni.
Durissimo anche il commento del senatore Gianfranco Pagliarulo, dei Comunisti italiani: "Le considerazioni del generale sono un passo avanti verso l'umiliazione dello Stato di diritto e la militarizzazione della politica. Attenzione: si scivola su di un piano inclinato che accentua la svolta autoritaria già in atto".
Molto critico anche Massimo Brutti, ora vice-presidente dei senatori dei Ds, ma in passato sottosegretario alla Difesa e agli Interni: "In un momento delicato come quello attuale, di fronte alla minaccia del terrorismo, chi ha responsabilità politica e di protezione dei cittadini ha il dovere di pesare le parole e le proposte. Non sembra il caso del generale Tricarico, che ha rilasciato dichiarazioni che appaiono quantomeno superficiali. Sarebbe opportuno se il ministro dell'Interno, il ministro della Difesa o lo stesso presidente del Consiglio, condividono le improprie valutazioni del consigliere militare di Palazzo Chigi. Per questo chiediamo che il governo venga in Senato a esporre la sua valutazione e, più in generale, alle misure che intende adottare per garantire incisività e concretezza alla lotta al terrorismo". Ha aggiunto Brutti: "Tricarico ha indicato nel diritto dei cittadini alla riservatezza il primo diritto che dovrebbe essere limitato e compresso dall'autorità statuale. Questa tesi, seppure enunciata in forma assai generica, appare in contrasto con i principi costituzionali. Non risulta in alcun modo chiaro quali dovrebbero essere, al di là delle norme attualmente vigenti, le procedure nuove da adottare in caso di pericolo, né viene specificato a quali autorità dovrebbero essere ricondotte tali procedure".
Insomma, al di là delle apparenze il governo è diviso. E i "falchi" sono passati al contrattacco. Sfruttando una situazione di allarme che purtroppo - secondo le ultimissime informative della nostra intelligence - è davvero fondato.
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