Raga, tra poco si riparte coi megamanifesti del Berlusca. Hanno stanziato 100 milkioni, l'obiettivo è far risalire FI dal 20 al 25% per le europee.
Auguri, Berlusca.
Il Riformista, 9 Dicembre 2003
TAGLIANDI 1. LA LISTA UNICA È SALTATA, FI S’ORGANIZZA
Cento milioni per le europee contro Prodi (e gli alleati)
Big azzurri in lizza, Formigoni apre la corsa dei governatori
Sicuro di sé, certo di possedere un appeal elettorale superiore a Romano Prodi, stufo delle continue voci sulla sua successione, Silvio Berlusconi sta pianificando con largo anticipo la campagna elettorale di Forza Italia per le europee. Archiviata infatti la mission impossible della lista unica del centrodestra, il premier è stato recentemente convinto dai suoi spin-doctor che, in fondo, «è meglio così». Al di là della competition con il triciclo, infatti, un buon risultato degli azzurri rappresenterebbe «la migliore risposta ai tanti che chiedono il rimpasto, ai pochi che resuscitano la secessione, ai due che aspirano a impossessarsi dell'intero centrodestra». Secondo i berlusconiani, insomma, non c'è «miglior tagliando delle urne per fare chiarezza». Stando ai sondaggi riservati, però, mancherebbero ancora cinque punti percentuale per il break-even, fissato al 25,4% dei voti, lo stesso risultato ottenuto nel 1999. Ecco quindi la necessità di una strategia adeguata, compreso uno sforzo economico senza precedenti: il primo sommario preventivo azzurro consterebbe in circa cento milioni di euro complessivi. Una cifra considerevole, ma che comprenderebbe tutto: maxicartelloni (sarebbe già cominciata la prenotazione degli spazi per l'affissione), sondaggi, la paga per motivare i rappresentanti di lista (il Cavaliere ha la fissa dei brogli elettorali), le spese per convegni e comizi (che secondo lo stile forzista abbisognano di luoghi sfarzosi e scenografie particolari), materiale vario (lettere, fac-simile, brochure). Costosissima sarà poi l'organizzazione del congresso, «pensato per stupire», e fissato a maggio proprio per far da traino alle europee.
Naturalmente, i soldi sono solo un aspetto della faccenda. Fi sta studiando ben altri incentivi. In tempi di riscoperta del patriottismo, c'è ad esempio l'idea di rilanciare il tricolore stilizzato, simbolo dei forzisti. Quanto alla politica, metabolizzate a dicembre le imprevedibili decisioni sulla Gasparri e il lodo Schifani, si punta su gennaio per mediare tra il rimpasto subgovernativo, la devolution bossiana e l'approvazione entro febbraio della riforma previdenziale. Berlusconi, infatti, vuole avere tempo, fino a giugno, per «spiegarla» agli elettori.
Ma è sulle candidature che più si sta lavorando. Sembra, infatti, che dopo il naufragio del partito della Cdl, la riforma elettorale a lista bloccata e senza preferenze sia stata accantonata anche da Fi, poiché avvantaggerebbe soltanto il triciclo. Passerebbe invece il principio dell'incompatibilità, ma senza impedire preventivamente le candidature: solo se eletti in Europa, si dovrà abbandonare una delle due ipotetiche cariche. Questo perché anche Berlusconi, con tutta probabilità, sarà della corsa, naturalmente come capolista in tutte le circoscrizioni. Non solo: Forza Italia spera che anche Prodi scenda in campo, perché se a livello di lista non c'è partita (i riformatori vincerebbero di sicuro sugli azzurri), c'è la convinzione che nella battaglia delle preferenze il Cavaliere batterebbe il Professore.
Berlusconi a parte, Fi studia la candidatura di altri personaggi capaci di catturare tantissimi consensi, anche di coloro che sarebbero poi costretti alle dimissioni da Strasburgo. Il nome più certo, al momento, è quello di Roberto Formigoni, convinto egli stesso della necessità di dare una “lezione” agli alleati. Anche altri governatori azzurri (Galan, Ghigo, Fitto) verranno invitati a candidarsi, così come molti coordinatori regionali. Oltre all'uscente Antonio Tajani, pure Miccichè e Martusciello potrebbero essere della corsa, per sfruttare la loro presenza sul territorio (ma gli spin-doctor pensano piuttosto a capitalizzare, cinicamente, la concorrenza dei coordinatori con i loro avversari interni, Musotto e Gargani). Quanto agli «intellettuali», ad esempio Jas Gawronski e Domenico Mennitti, saranno liberi di ricandidarsi. Stavolta, però, dovranno cavarsela da soli. Nel 1999 il Cavaliere fece spostare qualche migliaia di preferenze sui loro nomi. Ma era un'altra epoca: oggi non è il più momento di fare certe cortesie.