Risultati da 1 a 8 di 8
  1. #1
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    Predefinito Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    Tremonti sbaglia, ma un compromesso è possibile: vediamo perchè







    Il super-ministro per l’Economia Giulio Tremonti rappresenta a tutti gli effetti una colonna portante di questo governo e di questa maggioranza, e non è possibile immaginare il centrodestra senza la sua presenza. Le dimissioni ventilate in questi ultimi giorni - non si sa bene se dal diretto interessato o da fantasiose ricostruzioni giornalistiche - sarebbero disastrose per la compagine dell’esecutivo, e per i rapporti con l’alleato leghista, pronto a sostenere fino in fondo la permanenza del ministro nel governo. Resta il fatto, però, che la richiesta di promozione di Tremonti al vicepremierato - se vera - appare più una mossa di bassa politica che una effettiva necessità per il paese. Gli italiani non vogliono sentir parlare di cariche, cadreghe e maggiorazioni di stipendio in un momento di grave crisi economica. I cittadini chiedono, anzi pretendono, una politica economica chiara e unitaria, possibilmente indirizzata alla diminuzione della pressione fiscale, accompagnata da una attenzione per la solidità dei conti pubblici, e il contemporaneo taglio agli sprechi.

    Tremonti in questi ultimi tempi s’è guadagnato la fama del rigidissimo custode delle casse statali, dell’avaro dispensatore di spiccioli ai colleghi ministri, tutti in fila come mendicanti a chiedere la carità di qualche fondo a disposizione in più per i rispettivi dicasteri, in modo da non sfigurare presso l’opinione pubblica. Il titolare dell’Economia ha tutte le ragioni per tutelare fino in fondo i conti pubblici, e rispettare così i patti europei sul debito, ma sbaglia quando si spinge, con i suoi comportamenti così arcigni, a negare ogni possibilità di riduzione di IRAP e balzelli vari; riduzioni tra l’altro previste dal programma di governo.

    Un precedente ancora impresso nella mente degli italiani dovrebbe portare il ministro a cambiare, almeno parzialmente, la sua linea così asciutta e avara: quando il Ministro Tommaso Padoa Schioppa ammazzò il paese di tasse pur di raggranellare un “tesoretto” da dedicare interamente al risanamento dei conti, si attirò tutte le maledizioni possibili da parte di cittadini infuriati. I soldi, se ci sono, vanno valorizzati, ossia adoperati in funzione di un alleggerimento fiscale, volano per una crescita dei consumi, e non tenuti in cassaforte solo perchè la lontana Europa lo richiede. Certo, nessuno può pretendere che Tremonti allarghi le borse della spesa fino a portare l’Italia alla bancarotta. Le spese vanno controllate in modo oculato, e i denari destinati a progetti seri e necessari, senza sprechi inutili. Insomma, una mediazione è possibile.

    Tremonti sbaglia, ma un compromesso è possibile: vediamo perchè

  2. #2
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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    Citazione Originariamente Scritto da FalcoConservatore Visualizza Messaggio
    Tremonti sbaglia, ma un compromesso è possibile: vediamo perchè

    Il super-ministro per l’Economia Giulio Tremonti rappresenta a tutti gli effetti una colonna portante di questo governo e di questa maggioranza, e non è possibile immaginare il centrodestra senza la sua presenza. Le dimissioni ventilate in questi ultimi giorni - non si sa bene se dal diretto interessato o da fantasiose ricostruzioni giornalistiche - sarebbero disastrose per la compagine dell’esecutivo, e per i rapporti con l’alleato leghista, pronto a sostenere fino in fondo la permanenza del ministro nel governo. Resta il fatto, però, che la richiesta di promozione di Tremonti al vicepremierato - se vera - appare più una mossa di bassa politica che una effettiva necessità per il paese. Gli italiani non vogliono sentir parlare di cariche, cadreghe e maggiorazioni di stipendio in un momento di grave crisi economica. I cittadini chiedono, anzi pretendono, una politica economica chiara e unitaria, possibilmente indirizzata alla diminuzione della pressione fiscale, accompagnata da una attenzione per la solidità dei conti pubblici, e il contemporaneo taglio agli sprechi.

    Tremonti in questi ultimi tempi s’è guadagnato la fama del rigidissimo custode delle casse statali, dell’avaro dispensatore di spiccioli ai colleghi ministri, tutti in fila come mendicanti a chiedere la carità di qualche fondo a disposizione in più per i rispettivi dicasteri, in modo da non sfigurare presso l’opinione pubblica. Il titolare dell’Economia ha tutte le ragioni per tutelare fino in fondo i conti pubblici, e rispettare così i patti europei sul debito, ma sbaglia quando si spinge, con i suoi comportamenti così arcigni, a negare ogni possibilità di riduzione di IRAP e balzelli vari; riduzioni tra l’altro previste dal programma di governo.

    Un precedente ancora impresso nella mente degli italiani dovrebbe portare il ministro a cambiare, almeno parzialmente, la sua linea così asciutta e avara: quando il Ministro Tommaso Padoa Schioppa ammazzò il paese di tasse pur di raggranellare un “tesoretto” da dedicare interamente al risanamento dei conti, si attirò tutte le maledizioni possibili da parte di cittadini infuriati. I soldi, se ci sono, vanno valorizzati, ossia adoperati in funzione di un alleggerimento fiscale, volano per una crescita dei consumi, e non tenuti in cassaforte solo perchè la lontana Europa lo richiede. Certo, nessuno può pretendere che Tremonti allarghi le borse della spesa fino a portare l’Italia alla bancarotta. Le spese vanno controllate in modo oculato, e i denari destinati a progetti seri e necessari, senza sprechi inutili. Insomma, una mediazione è possibile.

    Tremonti sbaglia, ma un compromesso è possibile: vediamo perchè
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  3. #3
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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    PDL: COSSIGA, TREMONTI UNA MINACCIA MA BOSSI NON FARA' SALTARE GOVERNO


    (ASCA) - Roma, 26 ott - ''Esiste una minaccia di implosione nel PdL, sia per la posizione assunta da Fini e dai finiani, sia per la posizione assunta da Giulio Tremonti che ha l'appoggio della Lega''. A dichiararlo e' il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga durante la registrazione di Otto e mezzo che andra' in onda questa sera alle 20.30 su LA7.

    ''Ho l'impressione che Berlusconi non riesca a tenere tutto.Tuttavia - afferma Cossiga - non credo che Bossi porrebbe un veto alle dimissioni di Tremonti, anche perche' se lui vuole andare alle elezioni deve portare qualcosa come il federalismo fiscale. Adesso c'e' soltanto la legge delega''. E ha commentato ironico ''anche se per me federalismo non e', ma sa. io ho studiato tanto tempo fa''.

    Alla domanda se Tremonti possa essere un agnello sacrificale, Cossiga ha risposto: ''Assolutamente si''', anche se lui ''agisce per il bene del paese''. Secondo Cossiga infatti, Tremonti ''rappresenta il partito del contenimento della spesa contro il partito della spesa''.

    Per il presidente emerito quindi, lui ''fa bene a tenere duro, perche' noi siamo un paese che purtroppo quest'anno aumentera' il rapporto deficit/Pil. E non siamo in ripresa, ma stiamo nel bel mezzo di una nuova bolla speculativa''.

    Quanto pero' alle dimissioni del ministro dell'Economia, Cossiga le esclude: ''Ho collaborato con Tremonti e ne conosco bene il carattere, meta' valtellinese e meta' cadorino. So che e' una persona piuttosto salda e dura''.

    Quanto al sostegno della Lega, Cossiga ritiene che ''essere appoggiato dalla Lega rafforzi Tremonti per l'attivita' di Governo e parlamentare, ma lo danneggia dal punto di vista politico, soprattutto con l'ala dei finiani. E a Berlusconi - ha concluso - da' piu' stabilita' la strategia di Fini che di Tremonti, perche' Tremonti e' una persona sola, Fini e' una terza forza, e' il vecchio An. E questo si e' visto bene nella lettera che e' stata scritta per lui ed e' stata firmata da 50 persone che e' quasi un partito''.

    Quanto all'ipotesi di elezioni anticipate, Cossiga afferma sardonico: ''Non ho capacita' di profetizzare il futuro del PdL. Questo governo potra' essere rovesciato solo se la Lega si dissocia, ma la Lega non fara' saltare il governo, anche perche' non puo' aspirare ad andare a elezioni da sola, anche se e' profondamente radicata nel territorio''.

    PDL COSSIGA TREMONTI UNA MINACCIA MA BOSSI NON FARA SALTARE GOVERNO - Agenzia di stampa Asca


    carlomartello

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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    CASTELLI, STIMA PER TREMONTI, IMPORTANTE STABILITA'


    (AGI) - Milano, 26 ott. - La stima per Tremonti e' "grandissima" e quello che che conta e' che il governo rimanga stabile: e' l'opinione del viceministro alle Infrastrutture e trasporti, Roberto Castelli, interpellato sulle ultime vicende all'interno del governo a margine di un convegno sulla rete ferroviaria incorso questa mattina al Politecnico di Milano.
    "Ho grandissima stima per lui - ha detto Castelli - l'importante e' che rimangano gli equilibri interni al Pdl perche' e' importante che il governo sia stabile". La stabilita' serve, secondo Castelli, anche per fare "i decreti legislativi sul federalismo fiscale e tenere l'Italia in equilibrio". Finora, ha concluso Castelli, "il governo sta governando bene".

    AGI News On - CASTELLI, STIMA PER TREMONTI, IMPORTANTE STABILITA'


    carlomartello

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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    Tensioni nel governo. Vertice del pdL, la russa: «Abbiamo parlato di altro»
    Bossi: «Sì a Tremonti vicepremier»
    Ma arriva il no del Pdl

    Il ministro dell'Economia pranza con Passera, Profumo e Guzzetti e poi incontra Siniscalco


    BARLASSINA (MONZA) - Bossi rilancia la candidatura di Tremonti alla vicepresidenza del Consiglio, mentre Berlusconi riunisce ad Arcore i vertici del Pdl, che confermano fiducia alla «politica economica» del governo, ma hanno di fatto bloccato la promozione del ministro dell'Economia. Tremonti, spalleggiato dalla Lega, sostiene la linea del rigore economico, ma questa sua posizione ha suscitato l'ostilità di molti colleghi dell'esecutivo. E anche qualche dissapore con lo stesso Berlusconi. Nel vertice di sabato ad Arcore tra il premier, Tremonti e Bossi (l'incontro era stato inizialmente rimandato per il ritardato rientro del capo del governo dalla Russia) era filtrata l'ipotesi di affidare al titolare dell'Economia la vicepresidenza del Consiglio.

    LE POSIZIONI - Un'idea che Renato Brunetta aveva subito bocciato. «Giulio non ha bisogno di altri galloni» aveva dichiarato il ministro per l'Innovazione e la Pubblica Amministrazione. Posizione condivisa dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli: «Non serve aumentare le poltrone». Adesso, però, è Bossi a rilanciare. Alla domanda se Tremonti debba diventare vicepremier, Bossi risponde secco: «Secondo me sì». «Da ministro - spiega - Tremonti può stabilizzare. Dal punto di vista economico è un ottimo ministro, poi ha tutti i contatti che servono in Europa». «Senza Tremonti - aggiunge Bossi - c'è il rischio di dover aumentare le tasse per decreto. Lui è una garanzia perché frena gli spendaccioni». E a chi gli chiede se una svolta del genere non finirebbe per «commissariare» di fatto Berlusconi, Bossi replica: «Sono tutte stupidaggini. Tremonti è amico di Berlusconi, gli vuole bene e non farebbe mai una cosa del genere».

    VERTICE - Nel frattempo a Villa San Martino si è riunito il vertice convocato da Berlusconi con i tre coordinatori nazionali del Pdl: il ministro della Difesa Ignazio La Russa, Denis Verdini, e il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi. Bossi non teme «destabilizzazioni» dall'incontro. «Noi ci stabilizziamo da soli, Berlusconi non è mica cretino» assicura il Senatùr. E al termine del vertice, è la Russa ad affermare che si è discusso «di politica economica, del partito, delle regionali e del Governo». «Non vi aspettate cose drammatiche» scandisce il ministro. Alla domanda se durante il vertice si sia parlato dell'eventuale promozione del ministro dell'Economia, La Russa risponde: «Non è stato questo il tema della discussione». Poi aggiunge: «Ma voi siete sicuri che è quello che ha chiesto Tremonti?».

    LA NOTA - Poco dopo i vertici del Pdl diffondono una nota ufficiale. «Nel corso dell'incontro con il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - si legge - è stata espressa piena condivisione della politica economica del governo. In particolare si è concordato sulla necessità espressa dal presidente Silvio Berlusconi di coniugare e di contemperare due esigenze altrettanto valide, soprattutto nel momento in cui si intravedono alcuni segnali di miglioramento della crisi economica, e cioè l'esigenza inderogabile del rigore, da tutti condivisa, e quella della ripresa dello sviluppo economico. Tutto ciò - conclude - in coerenza con gli impegni programmatici assunti da questo governo e dalla maggioranza che lo sostiene di fronte agli elettori».

    TREMONTI, I BANCHIERI E SINISCALCO - Nel pomeriggio Tremonti è stato per due ore a colloquio nell'ufficio milanese del dicastero con Domenico Siniscalco, l'economista che lo aveva sostituito al dicastero dell'Economia nel 2004. A chi gli ha chiesto il motivo della sua visita, l’attuale chef executive di Morgan Stanley Italia ha risposto di essere arrivato «come amico, perché Tremonti è un amico». E a chi ha domandato a Siniscalco se ci sia l’eventualità di un suo ritorno al ministero dell’Economia, l'ex titolare di via XX Settembre ha replicato sorridendo: «Non scherziamo, sono un uomo libero». Nel tardo pomeriggio Tremonti ha lasciato il suo ufficio milanese senza lasciare alcuna dichiarazione. A pranzo incontrato i banchieri Corrado Passera (Intesa Sanpaolo) e Alessandro Profumo (Unicredit), accompagnati da Giuseppe Guzzetti (Fondazione Cariplo).

    27 ottobre 2009

    Bossi: «Sì a Tremonti vicepremier» Ma arriva il no del Pdl - Corriere della Sera


    carlomartello

  6. #6
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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    Così Silvio metterà fuori gioco Tremonti
    Il ministro finirà in minoranza nel PdL


    di Mario Sechi - Il Cav ha acceso gli antinebbia. Vuole uscire dalla bruma in cui l’ha cacciato Giulio Tremonti. Viaggiare a fari spenti quando sei alla guida del governo è pericoloso. Il ministro dell’Economia gioca al rilancio (vicepremier), Berlusconi vuol mediare ma non farsi dimezzare. Tremonti può lasciare o tirare la corda, ma Silvio ha un piano. Tremonti domenica scorsa si è presentato al vertice di Arcore «sotto scorta» nordista: Umberto Bossi e Roberto Calderoli l’hanno spalleggiato, sostenuto, sorretto, imposto. Buona scelta tattica per evitare un pranzo di traverso, pessima decisione strategica per rilanciarsi sul campo di sempre. Perché in un batter d’occhio il colore dominante di Giulio è passato dal blu al verde. Non più un principe azzurro, ma l’incredibile Hulk padano. Non più l’ideologo del PdL, ma il portabandiera del Carroccio. Ribaltamento politico, rovesciamento di senso. Tremonti dentro o fuori? «Certamente sta a metà del guado» dice chi studia il risiko in via dell’Umiltà. «Più di là che di qua», aggiunge un altro. E allora? Silvio fa la cosa che non ti aspetti. Lui, l’uomo delle decisioni improvvise, il Signore del Predellino, il Cavaliere Solitario, prende e come un consumato democristiano o comunista, «consulta il partito», di più lo rimette in moto a suon di statuto e regolamento. Silvio carismatico e pure democratico, tiè. Mentre gli altri partiti si squagliano il Cav che ti combina? Convoca il comitato di coordinamento, chiede lumi a Denis Verdini, Sandro Bondi e Ignazio La Russa. Lui, primo violino, convoca gli orchestrali. E non per un quartetto da camera, perché Silvio per sovrastare il rumore della tremontana ha deciso di far suonare lo spartito a un gruppo allargato: l’ufficio di presidenza del PdL. Esiste. Preparatevi ad apprenderne gli arcani.

    A norma di statuto

    Statuto del partito, Titolo II, Capo I, articolo 16: «L’Ufficio di Presidenza dà attuazione alle deliberazioni del congresso nazionale e del Consiglio nazionale. Coadiuva il Presidente nazionale in tutte le sue funzioni e, d’intesa con esso, concorre alla definizione di nomine e candidature. È composto dal Presidente nazionale che lo convoca e lo presiede, dai Capigruppo ed i Vicecapigruppo vicari alla Camera ed al Senato, da un rappresentante del Popolo della Libertà nell’Unione Europea, e da altri 30 membri eletti dal Congresso su proposta del Presidente nazionale con votazione immediatamente successiva alla sua elezione, tra i quali il Presidente individua i tre membri del Comitato di coordinamento, di cui al successivo articolo. Il Presidente nazionale, nella formazione dell’ordine del giorno, può prevedere, in relazione ai singoli argomenti da trattare, l’invito a partecipare ai lavori anche ad altri soggetti in base al loro incarico istituzionale o di partito. L’Ufficio di Presidenza è convocato dal Presidente nazionale di norma una volta al mese e si riunisce comunque ogni volta ne faccia istanza il 25% dei suoi componenti».
    Se siete sopravvissuti all’italiano, possiamo andare avanti. Sintassi a parte, badiamo al sodo: è l’organo che decide collegialmente sulle grandi questioni interne, quasi come il comitato centrale del fu Pci. Silvio ha deciso che il 5 novembre i componenti dell’ufficio di presidenza si riuniranno. Tutti insieme, appassionatamente. Per fare cosa? Che domande, realizzare quel che si fa in qualsiasi partito democratico: discutere la linea di politica economica, votarla e... mettere Tremonti in minoranza. Perché delle due l’una: o Giulio fa parte del PdL e ne accetta le regole; oppure è una via di mezzo tra il tecnico (geniale) e il politico (un po’ meno) che fa il pontiere tra Lega e PdL e non sta nei confini del partito. Nel primo caso tutto bene, si va avanti e il ministro prosegue il suo lavoro (ottimo durante la crisi) interpretando al meglio le indicazioni del partito di maggioranza. Nel secondo caso, Tremonti è destinato a uscire di scena per cercare altre vie e soluzioni politiche alle sue legittime ambizioni.

    Restare o rompere il patto?

    La girandola di incontri di ieri a Milano è significativa: l’incontro con i due nemici di Unicredit e Intesa, Alessandro Profumo e Corrado Passera; la chiacchierata con il suo amico-nemico-riamico Domenico Siniscalco, (oggi un big di Morgan Stanley, ieri il suo direttore generale al Tesoro, che nel 2004 lo «tradì» per diventare lui ministro), hanno il sapore di un giro d’orizzonte sul che fare prima di giocare la mano decisiva al tavolo verde di Palazzo Chigi. Il piatto è grosso, grazie alla Lega Giulio ha molte fiches verdi da giocare, ma Berlusconi si è rimesso a fare Berlusconi. Vuol tagliare le tasse, rivincere le elezioni, affrontare la madre di tutte le battaglie (giudiziaria e politica) combattendo e non arretrando. Ha il consenso politico e con l’affermazione di Bersani persino un interlocutore migliore nell’opposizione. Il Cav dà sempre il meglio di sé quando ha le spalle al muro. Siamo a quel punto della storia.
    Certo, Tremonti potrebbe rompere il patto, rovesciare il tavolo e buttare via il piatto, ma con quale disegno e che futuro? Paradossalmente, il suo ancoraggio forte alla Lega è anche una zavorra: il Carroccio non può sbandare a sinistra né stare al centro e così anche Giulio si ritrova in questo schema. Resta solo un’ipotesi: un governissimo. Qui il genio di Tremonti brillerebbe moltissimo. Lui ne godrebbe, ma per il Paese sarebbe un capitolo grigissimo.

    Libero News - Così Silvio metterà fuori gioco Tremonti

    Governo, Berlusconi: "Tremonti è fuori dal Pdl" - Interni - ilGiornale.it del 27-10-2009

    "Giulio deve capirlo, il premier sono io" Fini: se Silvio cede si fa commissariare - Politica - Repubblica.it


    carlomartello
    Ultima modifica di carlomartello; 27-10-09 alle 14:30

  7. #7
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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    Citazione Originariamente Scritto da albiy Visualizza Messaggio
    Dubiti del quotidiano di famiglia Berlusconi?
    Ebbene sì, non sono un trinariciuto come voialtri

  8. #8
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    Predefinito Rif: Tremonti nella bufera: un compromesso è possibile

    Citazione Originariamente Scritto da carlomartello Visualizza Messaggio
    Così Silvio metterà fuori gioco Tremonti
    Il ministro finirà in minoranza nel PdL


    di Mario Sechi - Il Cav ha acceso gli antinebbia. Vuole uscire dalla bruma in cui l’ha cacciato Giulio Tremonti. Viaggiare a fari spenti quando sei alla guida del governo è pericoloso. Il ministro dell’Economia gioca al rilancio (vicepremier), Berlusconi vuol mediare ma non farsi dimezzare. Tremonti può lasciare o tirare la corda, ma Silvio ha un piano. Tremonti domenica scorsa si è presentato al vertice di Arcore «sotto scorta» nordista: Umberto Bossi e Roberto Calderoli l’hanno spalleggiato, sostenuto, sorretto, imposto. Buona scelta tattica per evitare un pranzo di traverso, pessima decisione strategica per rilanciarsi sul campo di sempre. Perché in un batter d’occhio il colore dominante di Giulio è passato dal blu al verde. Non più un principe azzurro, ma l’incredibile Hulk padano. Non più l’ideologo del PdL, ma il portabandiera del Carroccio. Ribaltamento politico, rovesciamento di senso. Tremonti dentro o fuori? «Certamente sta a metà del guado» dice chi studia il risiko in via dell’Umiltà. «Più di là che di qua», aggiunge un altro. E allora? Silvio fa la cosa che non ti aspetti. Lui, l’uomo delle decisioni improvvise, il Signore del Predellino, il Cavaliere Solitario, prende e come un consumato democristiano o comunista, «consulta il partito», di più lo rimette in moto a suon di statuto e regolamento. Silvio carismatico e pure democratico, tiè. Mentre gli altri partiti si squagliano il Cav che ti combina? Convoca il comitato di coordinamento, chiede lumi a Denis Verdini, Sandro Bondi e Ignazio La Russa. Lui, primo violino, convoca gli orchestrali. E non per un quartetto da camera, perché Silvio per sovrastare il rumore della tremontana ha deciso di far suonare lo spartito a un gruppo allargato: l’ufficio di presidenza del PdL. Esiste. Preparatevi ad apprenderne gli arcani.

    A norma di statuto

    Statuto del partito, Titolo II, Capo I, articolo 16: «L’Ufficio di Presidenza dà attuazione alle deliberazioni del congresso nazionale e del Consiglio nazionale. Coadiuva il Presidente nazionale in tutte le sue funzioni e, d’intesa con esso, concorre alla definizione di nomine e candidature. È composto dal Presidente nazionale che lo convoca e lo presiede, dai Capigruppo ed i Vicecapigruppo vicari alla Camera ed al Senato, da un rappresentante del Popolo della Libertà nell’Unione Europea, e da altri 30 membri eletti dal Congresso su proposta del Presidente nazionale con votazione immediatamente successiva alla sua elezione, tra i quali il Presidente individua i tre membri del Comitato di coordinamento, di cui al successivo articolo. Il Presidente nazionale, nella formazione dell’ordine del giorno, può prevedere, in relazione ai singoli argomenti da trattare, l’invito a partecipare ai lavori anche ad altri soggetti in base al loro incarico istituzionale o di partito. L’Ufficio di Presidenza è convocato dal Presidente nazionale di norma una volta al mese e si riunisce comunque ogni volta ne faccia istanza il 25% dei suoi componenti».
    Se siete sopravvissuti all’italiano, possiamo andare avanti. Sintassi a parte, badiamo al sodo: è l’organo che decide collegialmente sulle grandi questioni interne, quasi come il comitato centrale del fu Pci. Silvio ha deciso che il 5 novembre i componenti dell’ufficio di presidenza si riuniranno. Tutti insieme, appassionatamente. Per fare cosa? Che domande, realizzare quel che si fa in qualsiasi partito democratico: discutere la linea di politica economica, votarla e... mettere Tremonti in minoranza. Perché delle due l’una: o Giulio fa parte del PdL e ne accetta le regole; oppure è una via di mezzo tra il tecnico (geniale) e il politico (un po’ meno) che fa il pontiere tra Lega e PdL e non sta nei confini del partito. Nel primo caso tutto bene, si va avanti e il ministro prosegue il suo lavoro (ottimo durante la crisi) interpretando al meglio le indicazioni del partito di maggioranza. Nel secondo caso, Tremonti è destinato a uscire di scena per cercare altre vie e soluzioni politiche alle sue legittime ambizioni.

    Restare o rompere il patto?

    La girandola di incontri di ieri a Milano è significativa: l’incontro con i due nemici di Unicredit e Intesa, Alessandro Profumo e Corrado Passera; la chiacchierata con il suo amico-nemico-riamico Domenico Siniscalco, (oggi un big di Morgan Stanley, ieri il suo direttore generale al Tesoro, che nel 2004 lo «tradì» per diventare lui ministro), hanno il sapore di un giro d’orizzonte sul che fare prima di giocare la mano decisiva al tavolo verde di Palazzo Chigi. Il piatto è grosso, grazie alla Lega Giulio ha molte fiches verdi da giocare, ma Berlusconi si è rimesso a fare Berlusconi. Vuol tagliare le tasse, rivincere le elezioni, affrontare la madre di tutte le battaglie (giudiziaria e politica) combattendo e non arretrando. Ha il consenso politico e con l’affermazione di Bersani persino un interlocutore migliore nell’opposizione. Il Cav dà sempre il meglio di sé quando ha le spalle al muro. Siamo a quel punto della storia.
    Certo, Tremonti potrebbe rompere il patto, rovesciare il tavolo e buttare via il piatto, ma con quale disegno e che futuro? Paradossalmente, il suo ancoraggio forte alla Lega è anche una zavorra: il Carroccio non può sbandare a sinistra né stare al centro e così anche Giulio si ritrova in questo schema. Resta solo un’ipotesi: un governissimo. Qui il genio di Tremonti brillerebbe moltissimo. Lui ne godrebbe, ma per il Paese sarebbe un capitolo grigissimo.

    Libero News - Così Silvio metterà fuori gioco Tremonti

    Governo, Berlusconi: "Tremonti è fuori dal Pdl" - Interni - ilGiornale.it del 27-10-2009

    "Giulio deve capirlo, il premier sono io" Fini: se Silvio cede si fa commissariare - Politica - Repubblica.it


    carlomartello
    Ribadisco che le eventuali dimissioni di Tremonti sarebbero deleterie per Governo e maggioranza. Sbaglia Berlusconi se intende spingere fuori dallo steccato del PDL il ministro, che resta un pilastro dell'esecutivo. Ma come ho già detto, gli italiani non sopportano questi teatrini, nè tantomeno vogliono sentir parlare di vicepremierati e promozioni (con annessi aumenti di stipendi) in periodo di grave crisi economica.

    Insomma, la richiesta di Tremonti non può essere accolta, anche perchè somiglierebbe tanto ad una resa senza condizioni alla Lega - sponsor del ministro - con grave imbarazzo per il PDL, costretto ad accettare il continuo rinvio della diminuzione della pressione fiscale. Io sono fermamente convinto del fatto che al paese, oggi, serve un serio e radicale taglio delle tasse. Anche a costo di superare qualche limite imposto dall'Europa.

 

 

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