Il Premio Nobel per la pace a Obama lascia perplessi. Il presidente del “cambiamento” ha mantenuto lo stesso “Ministro della Guerra” di Bush (Robert Gates) e con esso tutti gli impegni militari che gli Stati Uniti avevano sui diversi fronti della Guerra Globale al Terrorismo (Gwot), da Obama cosmeticamente ribattezzata “Operazioni di emergenza di Oltremare” (Oco).
Iraq. Il ritiro degli Usa dall’Iraq (che verrà completato entro la fine del 2011) non è motivato da ideali pacifisti, ma dalla decisione strategica di liberare risorse militari da quella che Obama ha definito la “guerra sbagliata”, per impiegarle sul fonte della “guerra giusta”, quella in Afghanistan.
Afghanistan. Nonostante le dichiarazioni sulla “nuova strategia”, nei fatti Obama sta perseguendo un’escalation del conflitto raddoppiando il numero delle truppe Usa al fronte (da 32mila a 68mila in un anno, con il programma di arrivare a 100mila) e proseguendo i bombardamenti aerei che ogni giorno continuano a fare strage di civili afgani.
Pakistan. Obama ha di fatto esteso l’intervento militare Usa in Afghanistan al Pakistan, intensificando notevolmente i raid missilistici condotti dai droni volanti della Cia sulle Aree Tribali (circa 70 da quando si è insediato, in cui sono morte decine e decine di civili) e costringendo il governo di Islamabad a sferrare massicce offensive militari nelle roccaforti talebane dello Swat (che ha causato una catastrofe umanitaria con milioni di sfollati) e presto in Waziristan.
Somalia. Con Obama sono proseguiti i raid militari statunitensi in territorio somalo per eliminare esponenti di Al Qaeda e del gruppo locale di Al Sabaab: attacchi missilistici o blitz condotti da commando aviotrasportati (come quello dello scorso 14 settembre)
Filippine. Le forze speciali statunitensi continuano a combattere a fianco delle truppe filippine impegnate nelle operazioni militari contro i gruppi armati integralisti islamici considerati legati ad Al Qaeda (Abu Sayyaf e Jemaah Islamiah) che operano nelle isole più meridionali dell’arcipelago filippino.
Altri conflitti. Consiglieri e addestratori militari Usa continuano a operare su molti altri fronti di guerra: nel sud della Thailandia (contro i separatisti islamici di Pattani, anche loro accusati di legami con Al Qaeda), in Georgia (contro i separatisti osseti e abkhazi sostenuti dalla Russia), in Colombia (contro i guerriglieri delle Farc), in Niger, Mali e Tunuisa (contro le cellule locali di Al Qaeda nel Maghreb Islamico) e in Yemen (contro le milizie di Al Qaeda nella Penisola Araba dello sceicco Nasir al-Wahayshi).
Diplomazia. Anche le iniziative diplomatiche di Obama non sono tutte “rose e fiori”. Basta pensare all’ostacolamento di un’inchiesta indipendente sui crimini di guerra commessi da Israele a Gaza durante l’operazione “Piombo Fuso”, alla provocatoria bufala della “nuova” centrale nucleare iraniana di Qom (in realtà nota agli Usa fin dal 2006), alla farsa dell’ “abbandono” dello scudo missilistico di Bush (in realtà solo rimodulato secondo criteri più moderni), fino al rinnovo dell’anacronistico embargo economico a Cuba.
La politica imperialista del Nobel per la pace Obama Egemonia e Rivoluzione