Cari amici,
dovrei esordire chiedendovi perdono, per aver lasciato così, d'un tratto, il nostro forum, ma col nuovo sottotitolo, piuttosto che mascherare le mie emozioni sotto la coltre neutrale, quanto incombrante, di un ridicolo messaggio pubblico di scuse, preferisco dirla tutta.....
...... due settimane fa mio padre ha avuto un infarto. Uno di quelli piccoli, di quelli che si percepiscono appena, di quelli che non lasciano altri segni, se non nel ricordo e nello spirito di chi lo ha avuto, e di chi lo ha vissuto. Ma c'è stato, inutile nasconderlo.
Sono stato chiamto a qualcosa, cxhe nemmeno io potevo immaginare. Tempo addietro, circa tre mesi fa, alla morte di un mio caro cugino, mentre percorrevamo la strada che ci avrebbe portato alla camera ardente, mio padre mi invitò, mi incitò quasi alla calma, alla forza, al coraggio.
"Mi sto facendo grande (ha infatti 58 anni), e inoltre c'è la nonna, che è anziana. Devi affrontare queste cose in modo diverso, Antonio" ...............
Avevo appena incominciato a studiare, quando mia madre, dal piano superiore, mi chiamò. Papà aveva la pressione sanguigna a circa 200, o giù di lì. Dolore al petto, anche se lieve. Non fece storie, quando gli dissi che lo avrei portato in ospedale: era giù un sintomo.
Due ore dopo, veniva trasferito d'urgenza in un centro ancor più specializzato, rinomato a Catania e provincia per questioni di tal genere. Dovevano accertarsi dell'entità del danno, e delle possibile ricadute, quantunque già all'arrivo i medici del posto mettevano sotto la giusta luce il fatto: o si trattava di una cosa di lievissima entità, o vi era ancora un infarto in corso. Che si sarebbe evoluto nella notte.
Lascio solo immaginare, che notte io e mia madre abbiamo passato. Quando qualcuno non ci è vicino, quando uno spazio viene lasciato libero, d'un tratto pare che un buco, una breccia faccia capolino nella nostra mente: è spazio dell'anima che rimane sgombro, e spazio tra gli enti che deve essere occupato.
Le sue scarpe, la sua macchina, l'odore stesso dei vestiti...... e noi lì, in salotto davanti al televisore (c'era la maratona Telethon), ad aspettare - e perché mai vigili? - una telefonata,
quella telefonata, che a quell'ora avrebbe potuto significare una ed una sola cosa.
Non ci fu alcuna telefonata, anche se ogni volta che il telefono squillava, avevamo un sussulto al cuore.
Il Mattino del 13, giorno di Santa Lucia a cui mio padre è devoto, dopo una coronarografia, viene sciolta ogni riserva: si è trattato di un piccolo infarto ad una piccola arteria di una ramificazione secondaria. Grave come solo i problemi al cuore, insieme a pochi altri, sanno essere. Ma molto meno grave, una sciocchezza, se confrontato a quanto poteva davvero accadere.
Uscii dalla sala di aspetto, e solo allora potei rompere in un pianto liberatorio. Mi ero davvero sentito solo, quell'istinto animalesco del maschio, o forse - anzi sicuramente quel senso della famiglia che la mia essenza cattolica e l'esempio dei miei genitori ha radicato in me, aveva fatto sì che reggessi alla tensione, che facessi forza a mia madre. Ma poi, quando tutto è rientrato, ho sentito per la prima volta il senso della solitudine.
Diceva Cioran, che i migliori sono sempre i più soli, perché salgono troppo: io vedevo mia madre, mia nonna, tutti come se dovevano essere protetti da me, ed io solo, a reggere una fiumana che doveva, prima o poi, tracimare.
capii, pure, che lì era la mia famiglia, che tutto sarebbe passato, certo, con gli anni e dopo le prime lacrime, ma che solo a mia madre sarebbe rimasto un segno nel cuore, ben più profondo di ogni squarcio reale.
La società industrializzata ha i suoi riti, per iniziare i giovani alla vcita adulta: d'ora in poi, non sarò più il secondo. Mio padre, quantunque stia bene, e ben presto potrà ricominciare tutto d'accapo, limitandosi solo ad eliminare alcune cattive abitudini (caffeina, nicotina e ansia), ha ceduto, di sachianto come era logico. Quel pialstro a cui tutti ci appoggiavamo, per imbucare una lettera o per aggiustare un rubinetto, si è lesionato. Reggerà, Dio voglia ancora per interi decenni, ma da quel momento un po' più di peso è sceso a caricare i troppi leggeri e volanti pilastri secondari, ed uno in particolare è divenuto portante.
Dio mi conservi ancora a lungo mio padre: solo quando ho rischiato di perderlo, mi sono accorto di non aver ancora appreso molto. Di aver ancora bisogno di una guida, di un sostegno.
Che non manchi mai!
Carlo Magno Imperatore - Antonio