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Discussione: Forte e Caffarra...

  1. #21
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    Mia testimonianza su Caffarra

    arial
    Carissimi vi chiedo scusa se scrivendo faccio molti errori,non sono abituato al Forum,io in genere sono un frequentatore di Mailing List ! Io a differenza di voi abito nell'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio e non sono Cattolico Integrista da molto,solo da 5 anni e lo sono diventato grazie alla persona più cara per me,dopo mia madre,il Sacerdote della Fraternità Sacerdotale San Pio X Don Davide Pagliarani,che per me è stato un amico,un Direttore Spirituale ed un fratello,senz'altro più fratello dei miei fratelli carnali,gente senza Dio,senza morale e che non ama nessuno !
    Negli anni dell'Episcopato Materialiter di Caffarra,appartenevo al mondo modernista,ma ero parte di un Associazione,che non posso nominare,essendo stato minacciato di azioni legali da un alto esponente della stessa,in cui lottavo per la Messa Vera,quella di San Pio V,anche se "UNA CUM" e per un pò di pulizia in questa mia Arcidiocesi,ero infatti anche volontario di Radio Maria e pur sapendo oggi che sbagliavo,comunque posso dire che lottai con passione e zelo e non tardarono le persecuzioni da parte dell'Arcivescovo Materialiter Caffarra,che si è sempre circondato simultaneamente di collaboratori cosidetti Conservatori,in realtà squallidi leccapiedi e di collaboratori Ultra- Progressisti o Ultra-Modernisti in genere Sacerdoti,per cui questa collocazione credetemi è benevola,accomunava queste opposte fazioni di collaboratori l'adulazione stomachevole per Caffarra,che da uomo rude,viene sciolto ben presto solo dal sentirsi incensato ed adulato per le sue virtù e la sua erudizione ! Fui ben presto, sotto il suo Episcopato Materialiter,emarginato e perseguitato e nello stile vincente di oggi mi venne creato il vuoto intorno,fino a che diventai imbarazzante anche per la simbiontica Associazione e questo unito ai miei problemi personali,la perdita della mia ragazza,che abortì mio figlio,determinarono il mio crollo e solo Don Davide Pagliarani raccolse i cocci della mia povera carcassa obesa ! Da Cattolico Integrista Fedele della Fraternità Sacerdotale San Pio X,le persecuzioni aumentarono e fecero un salto di qualità,infatti Caffarra può e deve essere ricordato come l'Arcivescovo Materialiter che odia di più ogni Integrismo Cattolico e la Messa Tridentina o di San Pio V,in forza del suo ritenersi Apologeta del Concilio Vaticano II,come i suoi amici Conservatori dal passato Lefebvriano,su cui oggi sputano per essergli simpatici ! Per questo ho gioito di una gioia beota,sapendo del suo allontanamento da Ferrara,per cui a mente fredda non c'è sicuramente da gioire,ritrovandoselo Porporato ed Arcivescovo Materialiter di Bologna in cui farà terra bruciata dell'era Biffi !




    In Jesu et Maria+


    IL VANDEANO

  2. #22
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    Predefinito

    Cari forumisti e caro Vandeano,
    non intendo approfondire ulteriormente il problema dell'arcidiocesi di Bologna (e del suo neovescovo Caffarra), anche se la questione bolognese mi sta particolarmente a cuore, prova ne sia il fatto che porto il nick di un glorioso cardinale che ha retto questa stessa arcidiocesi dal 1921 al 1952.
    Mi permetto solo di esporre una brevissima riflessione, e cioè che proprio dagli ambienti più squallidi e provati (come la diocesi di Ferrara-Comacchio, stando a quanto è stato detto) nascono i fiori migliori: penso a un don Giorgio Maffei, che proprio nello squallore modernista dell'arcidiocesi di Ferrara-Comacchio ha maturato l'idea di associarsi alla Fraternità, se non ufficialmente quantomeno "de facto".
    Evidentemente non dobbiamo scoraggiarci, ma proviamo a pensare che è Nostro Signore che manda amministratori balordi per far sì che gli animi più nobili (di sacerdoti, laici, ecc...) possano prendere coscienza della realtà e cominciare a seguire la verità in modo totale.
    Nasalli Rocca
    Nasalli Rocca

  3. #23
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    Predefinito

    CARO NASALLIROCCA,

    NESSUN SCORAGGIAMENTO PER CARITà, SEMMAI MAGGIORE SPRONE AD AGIRE E AD IMPEGNARSI CONTRO COSTORO...

    GRAZIE PER L'INTERVENTO

    GUELFO NERO

  4. #24
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    Predefinito

    Domanda: forse che i vescovi ed i sacerdoti della Fraternità siano da ritenersi meno pericolosi, per la fede, del lupo mitrato oggetto di questo thread?!
    Amo don Maffei di un affetto filiale che non verrà mai meno, tanto più che egli fu il sacerdote che celebrò le nozze del sottoscritto con rito di San Pio V. Tuttavia ritengo che la scelta attuata da don Giorgio di entrare a far parte dell'entourage disobeddient-fraternitario lefebvriano, sia grave e sbagliata sotto tutti i punti di vista.
    Concludo specificando che: qualsiasi post futuro contenente velati spunti apologetici pro Fraternità sarà immediatamente rimosso!
    Bellarmino

  5. #25
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    Predefinito Risposta a Bellarmino

    Bene prendo atto della presa di posizione di Bellarmino e saluto tutti congedandomi da questo Forum !

    In Jesu et Maria


    IL VANDEANO

  6. #26
    scemo del villaggio
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    Predefinito Spidlik e caffarra, la strana coppia ("L'Espresso")

    Spidlik e Caffarra, la strana coppia uscita dalla mente del papa
    Il primo è un grande ecumenista, ponte tra la teologia e l’arte d’Oriente e d’Occidente. Il secondo è un implacabile cacciatore di eretici. Ma Giovanni Paolo II li predilige entrambi. E li ha promossi

    di Sandro Magister



    ROMA – Tra le recenti nomine di spicco, ve ne sono un paio che sono opera di Giovanni Paolo II in tutto e per tutto. Lui in persona le ha ideate, volute, attuate. E sembrano l’una il contrario dell’altra.

    La prima nomina è di un cardinale. Il suo nome è Tomas Spidlik, ha 84 anni, è moravo, è gesuita, e per una vita ha studiato e insegnato teologia e spiritualità dell’oriente cristiano. Nel 1995 Giovanni Paolo II lo chiamò a predicare la Quaresima in Vaticano, indice di grande predilezione. E nel 1996 gli affidò di ricreare a modo suo la più grande delle cappelle papali private. Ne venne un capolavoro d’arte cristiana (nella foto un particolare) con forte impronta d’oriente, nel cuore del patriarcato di Roma e d’occidente. Forse il più grande atto ecumenico del pontificato di Karol Wojtyla.

    La seconda nomina è di un arcivescovo, Carlo Caffarra, promosso il 16 dicembre da Ferrara a Bologna, al posto di un cardinale di prima grandezza, Giacomo Biffi, ritiratosi per età. Anche Caffarra è un prediletto del papa, che l’ha utilizzato più volte come suo ghostwriter. Anche Caffarra è teologo, come Spidlik e come lo stesso Biffi. Ma quanto diverso da entrambi! I suoi temi prediletti sono la famiglia, la procreazione, il sesso. Il suo argomentare è geometrico, contrappositivo. Se Biffi fa venire in mente sant’Ambrogio e Spidlik il Monte Athos, Caffarra ricorda piuttosto monsignor Umberto Benigni, nemico implacabile dei modernisti d’inizio Novecento.

    Ma anche di questi contrasti si nutre il pontificato di Giovanni Paolo II. E altrettanto contrastata sarà la sua eredità. Ecco qui di seguito i profili paralleli dei due neopromossi. Il primo, Spidlik, letto alla luce dei mosaici da lui ideati per la nuova cappella papale. Il secondo, Caffarra, messo a confronto con il suo grande predecessore a Bologna, Biffi. I due articoli sono entrambi usciti su “L’espresso”, il primo quando la cappella fu inaugurata, il secondo pochi giorni fa:

    (...)

    2. Carlo Caffarra, la teologia che si fa martello degli eretici


    Una volta, a Bologna, quando lo Stato della Chiesa arrivava fin lì, il papa mandava il suo cardinal legato. E oggi è lo stesso. Il nuovo arcivescovo e futuro cardinale Carlo Caffarra, promosso a Bologna il 16 dicembre, è in tutto un uomo del papa. È Giovanni Paolo II in persona che lì l’ha voluto, fortissimamente. Tra gli applausi dei movimenti cattolici che sia il papa, sia Caffarra più amano: Comunione e liberazione e Opus Dei.

    Il predecessore, Giacomo Biffi, era tutt’altra tempra. Aveva fama di conservatore irriducibile, ma non di papalino. I grandi cardinali ambrosiani – e Biffi era milanese purissimo – non sono stati mai succubi alla sede di Roma. Obbedienti nella fede al successore di Pietro, ma decisi a dire la loro nelle materie opinabili. Biffi è stato l’unico, tra tutti i cardinali d’Italia e del mondo, a scrivere nero su bianco le sue critiche alle decisioni più ardite di Giovanni Paolo II: i meeting interreligiosi di Assisi e i mea culpa per i misfatti passati della cristianità. E su un’altra cosa Biffi non ha mai collimato con papa Karol Wojtyla: sul matrimonio, sul corpo e sul sesso martellati come fossero la misura dell’intera fede cristiana.

    Per Caffarra, invece, è proprio lì che l’ortodossia o cade o sta in piedi. Quando nel 1995 arrivò a Ferrara come vescovo fresco di nomina, e tra i vari ceti e categorie incontrò i professionisti del foro, disse loro che c’è una cosa e una sola che fa la differenza tra gli uomini e le bestie: il matrimonio. Incurante che tra i presenti vi fossero fior di divorziati, e che tutti lavorassero a separare le coppie.

    Il non guardare in faccia, anche alla lettera, l’interlocutore è un’altro dei distintivi del nuovo arcivescovo di Bologna. Biffi temperava d’umorismo manzoniano le sue staffilate antimoderne. Caffarra le esaspera, convinto che “secondo l’Apocalisse in Babilonia resteranno solo due profeti e anche questi verranno uccisi. Siamo incamminati verso questa situazione”. Una volta paragonò se stesso a sant’Atanasio, il difensore della fede che nel IV secolo combatté in solitudine l’eresia ariana, che aveva conquistato quasi tutta la Chiesa, e la vinse. “Le mie tesi sono opposte a quelle del 99 per cento degli altri? E allora dico che il 99 per cento sbaglia”.

    La sua carriera ecclesiastica cominciò infatti proprio con l’enciclica più criticata e disobbedita del Novecento, l’”Humanae Vitae” pubblicata da Paolo VI nel 1968. Tra i difensori, già pochi, del nocciolo dell’enciclica – la condanna dei contraccettivi non naturali – Caffarra fu il più estremista: arrivò ad equiparare l’uso della pillola e del preservativo a un omicidio ripetuto. Anzi, a più che un omicidio, perché, a differenza di questo, per la contraccezione non ci sarebbe deroga che tenga, neppure per legittima difesa.

    Il papa, che intanto era diventato Giovanni Paolo II, gli diede ragione e prese a utilizzare il giovane professore di morale Caffarra come proprio ghostwriter per i discorsi e le encicliche che riguardavano la famiglia e la procreazione. Dalla natia Fidenza, Caffarra si trasferì a Roma, si installò come consultore nella congregazione per la dottrina della fede (nonostante le riserve del cardinale Joseph Ratzinger su certi suoi eccessi) ed ebbe in dote dal papa un intero pontificio istituto, intitolato a Giovanni Paolo II e tutto dedicato agli studi su matrimonio e famiglia.

    Apogeo di Caffarra come esperto di fiducia del papa fu un convegno da lui organizzato in Vaticano nel novembre 1988, nel ventennale dell’”Humanae Vitae”. Dalla tribuna, accusò di “antiteismo” i teologi dissenzienti e reclamò provvedimenti disciplinari contro i vescovi che li autorizzavano a insegnare nelle rispettive diocesi. Di qualcuno degli eretici fece anche il nome, in particolare di Bernhard Haering, il più celebre e universalmente stimato dei teologi moralisti del dopoconcilio. E questi reagì con una lettera aperta al papa, una specie di appello al disarmo: il papa metta un freno ai suoi moralisti di fiducia e li faccia smettere dall’accusare d’eresia i dissenzienti; a cominciare da Caffarra, che Haering giudicava in preda a “delirio teologico”.

    Ma, tra Haering e Caffarra, Giovanni Paolo II non aveva dubbi, optava per il secondo. Continuò ad avvalersi di lui come suo scrivano e nel 1995 lo fece vescovo, a Ferrara. E poi, un quinquennio più tardi, gli garantì la promozione a una sede cardinalizia nell’Italia del nord. Tra i vescovi italiani Caffarra rimaneva un isolato e infatti, quando man mano si liberarono le sedi di Torino, di Firenze, di Venezia, di Milano, di Genova, nessuno si mobilitò a sostenerne la candidatura. Restava a quel punto solo Bologna, messa a disposizione nel 2003 da un Biffi in piena salute ma decisissimo a tornare ai suoi studi, una volta compiuti i 75 anni canonici. E papa Wojtyla fece scattare la sua opzione. Da teologo e da parroco Biffi – parola sua – ebbe successori “che disfecero tutto quello che avevo fatto”. Da vescovo chissà.

    [Da “L’espresso”, n. 1 del 2-8 gennaio 2004]


    Caffarra come Sant'Atanasio, "martello degli eretici"? Urge lettera all'"Espresso" con le testimonianze dei ferraresi. Posso citarvi, Vandeano e Bellarmino?

  7. #27
    scemo del villaggio
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    Giacomo Biffi vescovo, l’ultimo dei grandi Ambrosiani
    In un solo volume, i testi più acuminati del più controverso dei cardinali italiani. Come predicare il Vangelo “sine glossa”. Senza cedimenti allo spirito del tempo

    di Sandro Magister



    Nel 2003 il cardinale Giacomo Biffi, milanese e arcivescovo di Bologna, compirà 75 anni e rimetterà il suo mandato.

    Per segnare questo passaggio di testimone ha raccolto in un solido volume ben rilegato i suoi dodici testi più importanti e più controversi, prodotti in diciassette anni di episcopato.

    E a chi ha dedicato il volume? Al terzultimo arcivescovo di Milano, cardinale Giovanni Colombo. Dedica ben studiata. Perché dopo Colombo, a Milano, è venuto Carlo Maria Martini, e dopo quest’ultimo è arrivato Dionigi Tettamanzi. Ma con entrambi Biffi ha sempre avuto poco da spartire, quanto a orientamento e stile. Di Colombo, infatti, Biffi scrive che

    «con lui è arrivata alla sua conclusione, dopo quasi novant’anni, l’epoca che nella Chiesa ambrosiana era iniziata nel 1891 con la venuta del beato cardinale Andrea Carlo Ferrari. Un’epoca tra le più luminose e feconde per il calore e la certezza della fede, per la concretezza della iniziative e delle opere, per la capacità di rispondere alle interpellanze dei tempi non con cedimenti e mimetismi ma attingendo al patrimonio inalienabile della verità... Sempre con l’ispirazione e lo slancio attinti alla grande tradizione di san Carlo Borromeo e al ricchissimo, sereno e rasserenante magistero di sant’Ambrogio».

    Come dire che la grande tradizione dei pastori ambrosiani s’è interrotta a Milano nel 1979. E da lì è trasmigrata a Bologna. Con Biffi. Indomito nel predicare «la certezza della fede» e insieme nello smascherare e contrastare «i cedimenti e i mimetismi» della Chiesa allo spirito del tempo.

    Sfogliando questo volume, in effetti, si ritrova in ogni pagina la freschezza e il vigore d’una predicazione controcorrente. Costantemente ripagata sui media come “reazionaria”. Ma che in realtà è stata una delle pochissime voci forti – pensanti e capaci di far pensare – udibili ai vertici della Chiesa italiana, in questi anni recenti.

    Eccone, qui di seguito, alcune rapide citazioni.

    Pagina 299. Biffi ripete san Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo”. E invece «ecco la dilagante retorica del dialogo» a diluire e cancellare questo comandamento, e l’idea secondo cui a musulmani ed ebrei non si debba annunciare Gesù Cristo, «per il timore d’essere accusati di proselitismo». La realtà è che «è in atto una violenta e sistematica aggressione al fatto cristiano, eppure la cristianità – almeno quella che parla e fa parlare di sé – non mostra di rendersene conto».

    Pagina 436. «Come stanchi di testimoniare il Crocifisso, i discepoli di Gesù si riducono a parlare di pace, di solidarietà, di amore per gli animali, di difesa della natura, eccetera. Così il dialogo con i lontani si fa meno irto; e la nostra possibilità di essere accolti nei salotti mondani diventa facile e senza problemi. Come se Gesù non avesse mai dichiarato: “Io non sono venuto a portare pace, ma una spada”...».

    Pagina 444. Chiedere perdono per gli errori ecclesiastici passati «può servire anche a renderci meno antipatici e a migliorare i nostri rapporti con i rappresentanti della cultura così detta laica, i quali si compiaceranno della nostra larghezza di spirito, anche se non ne ricaveranno di solito nessun incoraggiamento a superare la loro condizione di incredulità... Senza dire che, dei veri enormi delitti storici contro il genere umano – oggi avvolti da un misericordioso silenzio culturale – pare siano tutti d’accordo nel ritenere che non ci siano più i responsabili. Per esempio. a chi l’umanità manderà il conto per gli innumerevoli ghigliottinati francesi del 1793, uccisi senza colpe diverse da quella dell’appartenenza sociale? A chi l’umanità manderà il conto delle decine di mlioni di contadini russi trucidati dai bolscevichi? Ma allora, per i peccati della storia, non sarebbe forse meglio che aspettiamo tutti il giudizio universale?».

    Pagina 591. «Persino all’interno del nostro mondo l’ortodossia appare da più parti insidiata. È sintomatico che la Congregazione per la dottrina della fede abbia ritenuto di dover intervenire con la dichiarazione “Dominus Iesus” circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa. Il fatto è di una gravità senza precedenti: in duemila anni mai si era sentito il bisogno di richiamare e difendere verità così elementari».

    Pagina 627. «Io penso che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la “cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa cultura del niente (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».

    Pagina 676. «Il dialogo interreligioso dovrà sempre fare i conti con una certezza fondamentale e irrinunciabile; e cioè che l’evento salvifico – nei due fatti costitutivi dell’incarnazione del Verbo e della risurrezione di Gesù – non solo sta all’origine del cristianesimo, ma ne rappresenta in modo perenne e definitivo il senso e il cuore. Essendo dei fatti e non delle dottrine, essi non sono trattabili: o si accolgono o si rifiutano. Sono culturalmente laceranti: il credente non può, restando intellettualmente onesto, né attenuarli né metterli tra parentesi».

    E così via. Si leggono con gusto anche le digressioni dotte del predicare di Biffi.

    Come lo studio (p. 725-767) che egli dedica all'espressione “casta meretrix” applicata alla Chiesa. Formula oggi abusata per avvalorare le chiacchiere sulla Chiesa peccatrice e invece escogitata nel IV secolo da sant’Ambrogio (e sua esclusiva) proprio per dire il contrario: che la Chiesa «è santa tanto nell’adesione senza tentennamenti e senza incoerenze a Cristo suo sposo (“casta") quanto nella volontà di raggiungere tutti per portare tutti a salvezza (“meretrix”)».

    Oppure la nota a piè di pagina 668 in cui egli mostra il senso originario - platonico e antimondano invece che aristotelico – di un’altra citazione patristica abusata dagli innamorati del dialogo, quella della “Lettera a Diogneto”.

    Le parole di Biffi che hanno subito le più rumorose contestazioni, negli anni scorsi, sono state quelle da lui dedicate alla questione dell’immigrazione musulmana in Italia e in Europa. Nel libro egli riporta per intero i testi controversi. E così li commenta (pagina 590): «Pagine benedette, se sono servite a far uscire almeno per qualche momento la cristianità su questo pungente argomento da una inqualificabile spensieratezza travestita da altruismo».

    Un’ultima notazione. Rispetto al diluvio di testi ecclesiastici, Biffi si distingue per sobrietà. Per densità teologica. Per totale assenza di retorica. E per ironia. Una virtù quasi introvabile dentro la Chiesa. Ma assente anche fuori, tra i noiosi detrattori di questo vescovo così raro.

  8. #28
    scemo del villaggio
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    “Humanae Vitae”. La vera storia della sua gestazione
    Un membro autorevole della commissione che preparò la discussa enciclica svela nuovi particolari della vicenda. E smonta un falso

    di Sandro Magister



    ROMA – “Teologia” è la dotta rivista della Facoltà teologica di Milano e dell’Italia settentrionale. È per pochi e sceltissimi lettori. Ma il suo ultimo numero, in data marzo 2003, alle pagine 72-98, ospita un saggio che si distacca da tutti gli altri. E lo rimarca fin dalle prime righe: “Questa non è una nota di teologia. È in primo luogo un resoconto di esperienze vissute”. Il titolo è “Discussione sulla regolazione della fertilità: esperienze personali e riflessioni”.

    L’autore è Bernardo Colombo (nella foto), 84 anni, professore emerito di demografia all’università di Padova, fratello di Carlo Colombo, 1909-1991, vescovo e teologo di fiducia di Paolo VI negli anni del Concilio Vaticano II.

    Come il fratello, anche Bernardo Colombo è stato “perito” conciliare. Prese parte all’elaborazione della costituzione “Gaudium et Spes”. Ma soprattutto lavorò intensamente nella Commissione Pontificia per lo studio della Popolazione, della Famiglia e della Natalità, in sigla Cppfn: la commissione di cui Paolo VI si avvalse per preparare l’enciclica “Humanae Vitae” sulla regolazione delle nascite, pubblicata nel 1968.

    L’”Humanae Vitae”, si sa, fu subito oggetto di contestazioni e rifiuti. Il suo “no” alla pillola contraccettiva fu contrapposto al “sì” pronunciato a maggioranza dai membri della commissione preparatoria. Il parere della commissione doveva restare segreto, ma nell’aprile del 1967 un suo documento favorevole alla pillola uscì contemporaneamente in Francia su “Le Monde”, in Gran Bretagna su “The Tablet” e negli Stati Uniti sul “National Catholic Reporter”. Si scrisse che nella commissione i favorevoli erano 70 e i contrari solo 4. Ebbene, nel suo resoconto dei fatti sull’ultimo numero di “Teologia”, Bernardo Colombo non esita a liquidare questo verdetto come “un falso sparato ad uso dei criticoni e dei beoni: non di rado le stesse persone”.

    Ma andiamo per ordine. Colombo premette che manca tutt’ora una attendibile ricostruzione della vicenda. Racconta del crescente interesse dei vertici della Chiesa alla questione della natalità, a partire dai primi anni Cinquanta. Riferisce del suo apporto alla preparazione e allo svolgimento del Concilio. Dà conto della creazione della Cppfn. Cita i teologi moralisti che più ne hanno segnato i lavori: il domenicano Henri de Riedmatten, segretario della commissione, il gesuita Stanislas de Lestapis, il redentorista Bernhard Häring, il canonico Pierre de Locht.

    La commissione inizia a lavorare quando il Concilio è ancora in corso. E a questo proposito Colombo cita un episodio relativo alla stesura della “Gaudium et Spes”. Da due teologi incaricati di riordinare un paragrafo relativo al controllo delle nascite sentì dire: “Vi abbiamo inserito alcune paroline che cambiano le cose e i Padri non se ne accorgeranno neppure”. Colombo commenta: “Sentii questa dichiarazione come un pugno nello stomaco. Abituato al rigore della ricerca scientifica, giudicai intellettualmente disonesto quel modo di fare”.

    In commissione si votava con voto individuale e palese. Della prima votazione sulla liceità della pillola, avvenuta nel giugno del 1964, Colombo riferisce:

    “Avevo annotato, per ciascuno dei presenti, la espressione e la motivazione del voto. Ne ricavo un quadro con sfumature che vanno al di là di quanto riportato nel rapporto [del segretario della commissione]. Una netta maggioranza sia fra i teologi che fra i laici condivideva un giudizio di illiceità. Ma sono rilevabili posizioni che si potrebbero configurare come un ‘placet iuxta modum’, o anche – se si vuole – come un ‘non placet iuxta modum’”.

    La commissione fu allargata a più riprese. Si lavorava per gruppi: teologi, un terzo del totale; demografi, sociologi ed economisti; medici e psicologi. Ma la presentazione delle proposte al papa era demandata a un gruppo di cardinali e vescovi, con presidente il cardinale Ottaviani e vicepresidenti i cardinali Heenan e Döpfner.

    Gli esperti, una quarantina, si riunirono l’ultima volta in sessione plenaria nel giugno del 1966. Due teologi illustrarono rispettivamente le posizioni della minoranza, contraria a ogni mutamento della dottrina, e della maggioranza, favorevole. Poi si passò alla discussione. Scrive Colombo:

    “Vidi, nei riformatori, difficoltà nel definire praticamente i criteri oggettivi [su cui fondare la scelta]. Quando sentii un eminente teologo qualificare come tali l’efficacia, o il costo, ecc., di un metodo contraccettivo, mi cascarono le braccia. Né mi si rialzarono quando un altro aggiunse la mutua intesa fra i coniugi, ignorata dal primo. Ci mancherebbe altro”.

    Al momento del voto – continua Colombo – “ho registrato, fra una scelta largamente maggioritaria e una limitata minoritaria, che poco meno di una decina dei presenti avevano assunto un orientamento, direi, intermedio. Registrai anche nella memoria, con sorpresa, che mezza giornata dopo due dei presenti che avevano votato con la maggioranza, un teologo e un laico, mi confidarono separatamente delle riserve”.

    “Molto pochi” – scrive ancora Colombo – furono i componenti della commissione che nel corso dei lavori “mutarono verso le posizioni della maggioranza il loro orientamento iniziale. In generale mi è parso che gran parte dei teologi era entrata con posizioni precostituite. [...] Sempre fra i teologi, ma anche fra i laici, v’erano alcuni, pochissimi, con durature esperienze dirette di contatti con coppie, capaci di rendersi conto dei loro problemi. I più partivano da posizioni maturate in astratto”.

    Quando nell’aprile del 1967 uscì sulla stampa la cosiddetta “relazione della maggioranza”, Colombo ricorda d’essersi sentito “intimamente offeso e disgustato”. Quel testo era solo “uno di dodici rapporti presentati al Santo Padre”. Quanto ai responsabili della fuga:

    “Si sa da chi è partita l’iniziativa, nell’ambito del Centro di Documentazione olandese. Il canonico de Locht scrive di campagna bene orchestrata. No, caro canonico, io vi vedo una campagna orchestrata con malizia: non mi risulta che questa rientri tra le virtù cristiane. [...] Intimamente sentii che quella gente, in fatto di comportamenti morali, non aveva nulla da insegnarmi. [...] A me venne fatto di confrontare la serietà di quelle persone con quella dei componenti del comitato centrale del partito comunista italiano”: famosi per tenere il segreto anche su cose di cui erano a conoscenza “ben più di cento persone”.

    Colombo conclude il suo racconto con alcune “riflessioni sull’attualità”:

    “La dinamica della popolazione mondiale ha visto calare il ritmo d’incremento. Notando questo, taluni sono usciti a dire che ‘la Chiesa aveva ragione’: in sostanza, i problemi demografici si risolvono con il tempo e non pongono ostacoli al rispetto delle linee di comportamento giudicate accettabili dalla Chiesa. Questi sono giudizi insensati. Non tengono conto della circostanza che quel rallentamento non scende come manna dal cielo, ma in grandissima parte è causato dall’estendersi anche in paesi in via di sviluppo di pratiche contraccettive che la Chiesa certo non apoproverebbe”.

    Colombo sottolinea l’importanza di un discorso di Giovanni Paolo II del 22 novembre 1992 alla Pontificia Accademia delle Scienze, “nel quale era la prima volta che un pontefice parlava esplicitamente di contenimento delle nascite”. Affermava il papa:

    “Tocca ai pubblici poteri emanare norme atte a conciliare il contenimento delle nascite con il rispetto delle libere e personali assunzioni di responsabilità”.

    Contenimento delle nascite e libertà. È questo il binomio che sintetizza la linea della Chiesa. Il contenimento delle nascite – scrive Colombo – è “conseguenza inevitabile del dominio che l’uomo ha acquisito, e che presumibilmente ancor più estenderà, sulla malattia e sulla morte. Un percorso diverso porterebbe nel giro di pochi secoli a risultati intollerabili, ai limiti dell’assurdo. [...] In sostanza, l’uomo è purtroppo costretto a rinunciare a gran parte della sua capacità di procreare”.

    Quanto alla libertà, “il Santo Padre parlava anche di ‘esercizio della maternità e della paternità responsabile’. [...] Ma perché ci sia responsabilità, occorre che sia aperta una libertà d’azione. [...] È di assoluta rilevanza, in particolare, l’impegno dello Stato a salvaguardare con equità per tutti un ragionevole esercizio di questo diritto”.

    __________


    Il sito della Facoltà che pubblica la rivista “Teologia”:

    > Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale

    Nella foto, il chiostro di San Simpliciano, a Milano, sede centrale della Facoltà:

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    Re: Spidlik e caffarra, la strana coppia ("L'Espresso")

    Originally posted by franco damiani
    Spidlik e Caffarra, la strana coppia uscita dalla mente del papa
    Il primo è un grande ecumenista, ponte tra la teologia e l’arte d’Oriente e d’Occidente. Il secondo è un implacabile cacciatore di eretici. Ma Giovanni Paolo II li predilige entrambi. E li ha promossi

    di Sandro Magister



    ROMA – Tra le recenti nomine di spicco, ve ne sono un paio che sono opera di Giovanni Paolo II in tutto e per tutto. Lui in persona le ha ideate, volute, attuate. E sembrano l’una il contrario dell’altra.

    La prima nomina è di un cardinale. Il suo nome è Tomas Spidlik, ha 84 anni, è moravo, è gesuita, e per una vita ha studiato e insegnato teologia e spiritualità dell’oriente cristiano. Nel 1995 Giovanni Paolo II lo chiamò a predicare la Quaresima in Vaticano, indice di grande predilezione. E nel 1996 gli affidò di ricreare a modo suo la più grande delle cappelle papali private. Ne venne un capolavoro d’arte cristiana (nella foto un particolare) con forte impronta d’oriente, nel cuore del patriarcato di Roma e d’occidente. Forse il più grande atto ecumenico del pontificato di Karol Wojtyla.

    La seconda nomina è di un arcivescovo, Carlo Caffarra, promosso il 16 dicembre da Ferrara a Bologna, al posto di un cardinale di prima grandezza, Giacomo Biffi, ritiratosi per età. Anche Caffarra è un prediletto del papa, che l’ha utilizzato più volte come suo ghostwriter. Anche Caffarra è teologo, come Spidlik e come lo stesso Biffi. Ma quanto diverso da entrambi! I suoi temi prediletti sono la famiglia, la procreazione, il sesso. Il suo argomentare è geometrico, contrappositivo. Se Biffi fa venire in mente sant’Ambrogio e Spidlik il Monte Athos, Caffarra ricorda piuttosto monsignor Umberto Benigni, nemico implacabile dei modernisti d’inizio Novecento.

    Ma anche di questi contrasti si nutre il pontificato di Giovanni Paolo II. E altrettanto contrastata sarà la sua eredità. Ecco qui di seguito i profili paralleli dei due neopromossi. Il primo, Spidlik, letto alla luce dei mosaici da lui ideati per la nuova cappella papale. Il secondo, Caffarra, messo a confronto con il suo grande predecessore a Bologna, Biffi. I due articoli sono entrambi usciti su “L’espresso”, il primo quando la cappella fu inaugurata, il secondo pochi giorni fa:

    (...)

    2. Carlo Caffarra, la teologia che si fa martello degli eretici


    Una volta, a Bologna, quando lo Stato della Chiesa arrivava fin lì, il papa mandava il suo cardinal legato. E oggi è lo stesso. Il nuovo arcivescovo e futuro cardinale Carlo Caffarra, promosso a Bologna il 16 dicembre, è in tutto un uomo del papa. È Giovanni Paolo II in persona che lì l’ha voluto, fortissimamente. Tra gli applausi dei movimenti cattolici che sia il papa, sia Caffarra più amano: Comunione e liberazione e Opus Dei.

    Caffarra come Sant'Atanasio, "martello degli eretici"? Urge lettera all'"Espresso" con le testimonianze dei ferraresi. Posso citarvi, Vandeano e Bellarmino?


    Carissimo Professore devo,purtroppo a malincuore,chiederle di non citarmi,le ho scritto privatamente per spiegarle i motivi !
    Infatti Sandro Magister dimentica un terzo movimento modernista che ama molto "l'arcivescovo" Materialiter Caffarra e questa gente,a Ferrara soprattutto,vuole la mia testa e mi ha minacciato a più riprese e Bellarmino lo sà,in particolare l'odontoiatra ed un individuo che è pietoso e saggio non citare,che resta il mortale nemico del VANDEANO e che lo odia con virulenza belluina ! Prego gli amici del Forum di non citare tale movimento,perchè vogliono rovinarmi e non voglio dargliene la possibilità ! Mi capisca Professore non è viltà la mia,sono un invalido civile con accompagnamento ed invalidità e quella è gente richissima che può farmi tantissimo male ed anche il Caffarra non aspetta altro mi creda,perchè gli ho sempre opposto una fiera resistenza !

    l'abbraccio Professore !

    In Jesu et Maria+


    IL VANDEANO

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    Se Caffarra è un martello degli eretici, le parole non hanno più significato. Tutto diventa semplice divertissment linguistico....

    Guelfo Nero

 

 
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