Quale atteggiamento di fronte all’Islam?
di padre Piero Gheddo

Si diffonde nei paesi islamici un sentimento ostile verso l’Occidente e il cristianesimo. Fomentato da imam e scuole coraniche. I cristiani non confondano il dialogo con l’arrendevolezza. Intanto a Sumatra una tribù cristiana...

1. Dopo il crollo dell’ideologia e dei 30 regimi comunisti, l’incontro fra l’islam e il mondo occidentale è la sfida prioritaria per la pace nel mondo.

2. Nell’ultimo mezzo secolo, è cresciuta fra i popoli del Corano una forte avversione contro l’Occidente. Nei venti paesi islamici visitati, i missionari mi hanno detto che 40-50 anni fa non c’era questo profondo sentimento. Le cause sono molte e complesse. Alla radice non c’è la lotta tra ricchi e poveri, ma il fatto che i popoli islamici vivono in un’epoca sacrale, come l’Europa nel 1300-1400. Il mondo moderno (Tv, consumismo, femminismo, ecc.) scardina la fede e le comunità dell’islam. I musulmani ci vedono come popoli atei, immorali, noi li conquistiamo con la tecnica, loro con la fede: fra due-tre generazioni tutta l’Europa sarà musulmana. L’odio e il terrorismo sono la reazione al sentirsi impotenti di fronte al mondo moderno venuto dall’Occidente, che marginalizza la religione nella vita di questi popoli.

3. Il nostro orientamento di cristiani è chiaro e richiamato con forza dal Papa: dialogo, incontro fraterno, accoglienza, solidarietà, integrazione di vita, anche annuncio di Cristo nelle debite forme possibili; soprattutto la carità verso i più poveri, la miglior testimonianza dello spirito cristiano. Ma noi occidentali dobbiamo essere disposti a rimettere in causa i nostri interessi (es. commerciali), il nostro benessere, per assicurare a tutti i popoli il necessario alla vita.

4. Ringraziamo il Signore che il Papa, le Chiese d’Europa, la diplomazia vaticana e le manifestazioni pacifiste (non del tutto condivisibili), hanno lanciato un chiaro messaggio al mondo islamico: la guerra in Iraq non è la guerra dei cristiani contro i fedeli del Corano.

5. L’incontro con l’islam è il "segno dei tempi" che ci provoca alla conversione ("Convertitevi e credete al Vangelo"): dobbiamo tornare a Gesù Cristo, se vogliamo avere, come europei, una precisa identità e forza religioso-morale. Un’Europa scristianizzata è facile preda di una pacifica invasione islamica; loro hanno la forza della "fede", noi siamo una civiltà vuota di contenuti. Se a noi europei togli il cristianesimo, cosa ci rimane? Questo il tema che andrebbe discusso a livello di opinione pubblica, di scuole, di mass media, di partiti e associazioni. Perché intellettuali e giornalisti, pronti a discutere di tutto, ignorano questa tragedia dell’Europa? I nostri popoli "cristiani" debbono rendersi conto che, così come siamo oggi, siamo destinati a scomparire! È inevitabile: dove si crea un vuoto, c’è chi è pronto a riempirlo (non illudiamoci con la "morale laica" e la "religione della ragione").

6. Se il rapporto con l’islam è la sfida prioritaria, perché questo non entra nei rapporti politici, commerciali, culturali, economici fra paesi cristiani e paesi musulmani? Non è ammissibile, ad esempio, che in Arabia Saudita non pochi lavoratori stranieri (filippini, indiani, srilankesi, bangladeshi, ecc) vengano arrestati e condannati al carcere, se scoperti con un crocifisso o un quadretto religioso. La nostra politica internazionale non può essere guidata solo da interessi economici. Quando dichiareremo l’embargo nei confronti dell’Arabia e di altri paesi simili?

Sono proprio questi ricchi paesi petroliferi che diffondono nel mondo islamico avversione al cristianesimo e all’Occidente, e convertono forzatamente i popoli più poveri.

7. Nei paesi cristiani i musulmani sono liberi, in nessun paese musulmano i cristiani sono liberi. Il Bangladesh è il paese più tollerante, ma anche lì non c’è piena libertà per i cristiani. In Indonesia, dove c’è un islam fra i più moderati e dialoganti, bruciano cappelle e case di cristani, che sono penalizzati anche nella vita pubblica. In Malesia è peggio e non parliamo di Pakistan, Sudan, Turchia, Egitto, Emirati arabi, dove i diritti dei cristiani come comunità non sono rispettati. Perché il mondo occidentale non si fa carico di tutto questo?

Nell’incontro con i popoli islamici, non basta volere la pace, il dialogo, la carità, la giustizia; bisogna anche affermare ed esigere con eguale forza il rispetto dei nostri diritti di uomini e di cristiani. Nel 1990 il card. C. M. Martini pubblicò un lungo testo sul tema "Noi e l’islam", nel quale affermava che non basta l’esercizio della carità e del dialogo, ma occorre anche l’uso di una certa forza nel pretendere la reciprocità dei diritti, che dev’essere affermata ad ogni livello, politico, diplomatico, di aiuti reciproci, di collaborazione fra stati, università, ecc.

8. C’è un altro fatto del tutto ignorato in Italia. Noi parliamo di dialogo, di educazione all’amore, alla comprensione e al rispetto dell’altro. In diversi paesi islamici anche "moderati" ho sentito dire che i libri scolastici, i giornali, le televisioni sono violentemente anti-occidentali, ci sono attacchi ai cristiani, al cristianesimo. Questo non è dialogo, ma incitamento all’odio.

Perché i governi non intervengono?

In Italia non sarebbe permesso scrivere questo dell’islam, insegnare questo odio nelle scuole o nelle chiese.

Chi controlla la predicazione nelle moschee e nelle madrasse (scuole coraniche)? In molti paesi islamicì gli imam fanno violenti discorsi anti-occidentali, anti-americani, anti-cristiani. Perché i governi tollerano? Perché gli intellettuali non protestano? Ad esempio, il Bangladesh e un paese molto povero e dipendente dai finanziamenti dei paesi occidentali e dagli organismi dell’Onu, finanziati dall’Occidente. bilanci governativi, scuole, sanità, progetti di sviluppo, ecc. Eppure in Bangladesh, fino all’11 settembre 2001, c’erano centinaia di madrasse finanziate dai paesi del petrolio, dove si facevano discorsi contro l’Occidente, e sei centri di formazione dei "guerriglieri dell’islam" i giovani migliori venivano mandati fra i talebani in Afghanistan, per andare a combattere nell’Intifada palestinese. E possibile accettare questo, in un paese sostenuto in tutto dall’Occidente?

In Indonesia ci sono i "pesantren", scuole di preparazione dei quadri dell’islam che prendono i ragazzi dalle elementari e li portano fino all’università: dipendono dal ministero della religione e non da quello dell’educazione. I pesantren sono molti: disciplina ferrea, educazione islamica integrale, formano i fanatici dell’islam che lavorano a servizio del ministero della religione, insegnano l’islam nelle scuole anche elementari, registrano i matrimoni e i pellegrinaggi alla Mecca. È ammissibile che un paese di "islam moderato" e finanziato dall’Occidente prepari i suoi quadri religiosi in questo spirito? In Occidente nessuno protesta.

Noi dobbiamo volere il dialogo, ma se dall’altra parte pochi o quasi nessuno risponde, se non alcune élites intellettuali e universitarie?

9. Per concludere. Tutti condanniamo la guerra, non la vogliamo come cristiani. Ma 15 anni fa Gheddafi sparava missili contro Pantelleria e organizzava attentati terroristici. Quando Reagan gli ha bombardato il palazzo presidenziale, ha smesso i toni bellicosi e ha cambiato politica. Nell’isola di Sumatra, quasi totalmente musulmana, il piccolo popolo è semplice, cordiale, ma eccitato in senso anti-cristiano dagli imam che vengono dai paesi del petrolio e da politici che strumentalizzano l’islam. Non sono rari gli incendi di cappelle e di villaggi cristiani. Nel nord Sumatra i capi della tribù cristiana dei "Nias" hanno convocato capi delle tribù vicine, dicendo loro: "Noi siamo sempre andati d’accordo e vogliamo continuare a vivere in pace. Ma se ci bruciate una cappella, vi bruciamo dieci moschee". Finora, fra i Nias non si sono avuti atti terroristici. Non è un fatto esemplare per il rapporto con l’islam, lo cito solo per informare.

Dobbiamo essere disposti anche a difendere la libertà religiosa, o no?

© Il Timone – n.25 maggio/Giugno 2003