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  1. #411
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    In Origine Postato da MrBojangles
    Un generoso contributo al dialogo:
    «Per noi Violante non è mai stato né potrà mai essere un interlocutore politico. Che questo signore continui a parlare di questione morale è semplicemente disgustoso».

    Sandro Bondi (Coordinatore di Forza Italia) 12 marzo 2004
    Vedo che l'Unita' va a ruba!
    Postiamoci solo il loghetto allora e W L'UNITA'!


  2. #412
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    Predefinito Re: Chiarite le ragioni degli sproloqui...

    In Origine Postato da MrBojangles



    ...l'alcolismo.
    O mamma....e chi sono questi?

  3. #413
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    Predefinito Re: Re: Chiarite le ragioni degli sproloqui...

    In Origine Postato da asti_sinistra
    O mamma....e chi sono questi?
    Quelli che...il bondi!
    Se hai un po di tempo da perdere fai un salto qui:
    www.candidonews.wordpress.com
    Un blog in cui parlare di Politica, Informazione, Televisione, Cinema e tanto altro...

  4. #414
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    14.03.2004
    Spagna, vince chi ha difeso la pace contro la guerra. Vince il Psoe
    di Gianni Marsilli

    DALL’INVIATO

    MADRID. Il nuovo presidente del governo spagnolo Rodriguez Zapatero domenica mattina, ancora semplice candidato, era entrato nel suo seggio tranquillo ed elegante. Aveva preso la scheda e l’aveva infilata nell’urna con composta serenità, accennando solo un sorriso di cortesia alle telecamere, prima di stringere la mano a tutti gli scrutatori. Poi se n’era andato salutando gentilmente la piccola folla che fuori l’aspettava: pochi applausi, piuttosto un brusio di viva simpatia. Mariano Rajoy avrebbe voluto fare lo stesso. Anche lui è un signore di bella presenza, ed è arrivato all’appuntamento elettorale accompagnato dalla moglie. Ma ancor prima che mettesse piede nel seggio è stato brutalmente apostrofato: «Bugiardo!».

    Non se lo meritava, proprio lui che dal mattino di giovedì era stato l'unico dei leader popolari a non additare un colpevole certo e indiscutibile del massacro di giovedì. Ma pagava il prezzo della precipitazione e della renitenza alla trasparenza dei suoi compagni di partito e di governo. Ancor più severa la sequenza che ha accompagnato José Maria Aznar, che votava per l'ultima volta nelle vesti di presidente del governo. Il volto grave, la moglie al fianco con il nastro del lutto sul tailleur colo avana, Ana Botella stava piangendo di rabbia e umiliazione. Il loro arrivo era stato accompagnato da una salva di fischi e di accuse lanciate a viva voce: «Aznar, la guerra è tua, i morti sono nostri!». All'uscita è andata ancora peggio. La coppia ha dovuto farsi strada a fatica, tra urla di contestazione e cartelli esibiti: «Vogliamo la verità!». Numerosi erano i giovani, forse attivisti, ma anche le signore in età che se l'erano trovato davanti all’improvviso. Basta questa immagine per spiegare la profonda erosione subìta dal Partito popolare e il balzo in avanti del Partito socialista, che domenica sera era tale da assicurargli la vittoria con il 43 per cento dei voti e 164 seggi (contro il 36 per cento dei popolari e 135 seggi)? No, quell'immagine non basta, per quanto possa essere emblematica degli ultimi, drammatici giorni vissuti da questo paese.

    È bene sapere che il Partito popolare nello scorso dicembre, secondo i sondaggi, aveva dieci punti di vantaggio sul partito socialista e più della maggioranza assoluta dei voti. Un mese dopo aveva, con otto punti di vantaggio, giusta giusta la maggioranza assoluta. Due settimane fa aveva perduto la maggioranza assoluta, pur conservando un vantaggio di quattro punti. Mercoledì scorso, la vigilia dell'attentato, gliene rimanevano soltanto due, e secondo il Psoe non più di mezzo punto, peraltro pericolante. Poi ci sono state le bombe, la perentoria messa sotto accusa dell'Eta, i primi indizi che portavano invece dall'altra parte, verso Al Qaeda, e i balbettìi del ministro degli Interni, e le mezze marce indietro di Aznar, e le immense manifestazioni di venerdì sera, e poi gli arresti degli islamici, la rivendicazione islamista: il velo che copriva quei tristi maneggi ha fatto evidentemente in tempo ad esser tolto.

    Ieri era chiaro: il governo che si ricandidava alla guida del paese aveva dato prova di slealtà verso i suoi cittadini, in uno dei momenti più gravi della storia spagnola. Ma l’erosione del consenso, come abbiamo visto, era in opera da tempo. Il ciclo Aznar era già in fase di chiusura. Gli spagnoli ormai sapevano che quei dati così orgogliosamente esibiti sull'occupazione nascondevano una media di durata dei nuovi contratti di lavoro che non superava i dieci giorni. Sapevano che quelle percentuali di crescita da record europeo (2,4) nascondevano la bolla speculativa del boom edilizio. E negli ultimi tre giorni si sono accorti che era andata in fumo anche l'ultima garanzia che Aznar vantava davanti al paese: quella di essere il più affidabile difensore della sicurezza e della stabilità del paese. Anche se Rajoy avesse vinto, avrebbe dovuto cambiare registro: meno arroganza, meno autocrazia, più rispetto per gli avversari, meno controllo sui media televisivi. Avrebbe dovuto ricucire la tela della coesione nazionale, quella che i metodi di Aznar -soprattutto nel corso della seconda legislatura- avevano strappato qua e là.

    Toccherà a Rodriguez Zapatero, il socialista che in questa campagna elettorale è apparso l'uomo della «forza tranquilla». L'aveva confermato in questi ultimi tre giorni. L'avevamo visto venerdì nella sede del Psoe, nel corso di una conferenza stampa semideserta. Sapeva già che il governo non la raccontava giusta ma non gli era scappata una parola di troppo: «unità e fermezza», aveva detto. Anche Rajoy e i popolari l'avevano detto. Ma Zapatero, nel breve volgere di queste ore drammatiche, ne è parso l'unico interprete autentico. La vittoria è stata sobriamente annunciata domenica sera alle 10 da José Blanco, responsabile della campagna elettorale: «Tutto porta a pensare, che il Psoe è in condizione di farsi carico del governo della Spagna». «È una vittoria chiara, in termini di voti e di seggi. Grazie e buona sera».

    Precedentemente aveva invitato i suoi a non celebrare nulla: «È stata una giornata elettorale, non una festa». Com’era previsto, gli spagnoli si sono recati alle urne con grande partecipazione: ha votato più dell'80 percento, almeno undici punti in percentuale di più che nel 2000. Il soprassalto di senso civico ha premiato Zapatero. L'aumento di affluenza alle urne è stato particolarmente massiccio nel paese basco e in Catalogna. È probabile che Zapatero debba negoziare con gli autonomisti catalani per governare, anche se gli exit-poll di ieri sera non lo davano molto lontano dalla maggioranza assoluta (che è di 176 seggi, gliene mancavano una dozzina). Ma qualsiasi sia la coalizione di governo avrà il compito di restituire fiducia ad un paese che deve ancora cominciare ad elaborare il lutto dell'11 marzo.

  5. #415
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    15.03.2004
    Spagna, Zapatero: a casa i soldati in Iraq. L'Europa in silenzio ricorda le vittime
    di red.

    Mentre l'Europa si è fermata per tre minuti in memoria delle vittime degli attentati, il leader socialista Zapatero annuncia che la Spagna ritirerà le truppe dall'Iraq. «Come avevo promesso in campagna elettorale, ritirerò le truppe spagnole dall'Iraq entro il 30 giugno se a quella data il controllo del potere nel paese arabo non sarà passato nelle mani delle Nazioni Unite», ha detto il socialista Josè Luis Rodriguez Zapatero, nella sua prima intervista da candidato eletto alla consultazione di domenica. «È un impegno che ho assunto prima degli attentati: - ha continuato il leader socialista - in molte occasioni ho detto che la guerra in Iraq è stato un disastro, e l'occupazione continua ad esserlo, perchè solo ha generato altro odio». Zapatero ha aggiunto che «la lezione deve servirci: queste cose hanno sempre una conseguenza e già ce n'è stata una, i risultati elettorali di ieri in Spagna. E la seconda sarà che le truppe spagnole torneranno a casa».

    Nell'intervista a Cadena Ser, il dirigente socialista ha sottolineato che con il nuovo governo la Spagna «tornerà a ricuperare gli assi tradizionali» della sua politica estera, sottolineando che l«'Europa sarà l'ambito naturale della nostra politica estera».

    «Bush e Blair dovranno riflettere e fare autocritica, per evitare che le cose tornino a farsi in questo modo: non si può bombardare un popolo in caso fosse necessario, non si può lanciare una guerra in base a delle bugie», ha sottolineato Zapatero. Secondo il vincitore delle elezioni, «il terrorismo non si può combattere con le guerre, perché le guerre moltiplicano l'odio, la violenza e il terrore».

    Le autorità sanitarie di Madrid, intanto hanno dato il bilancio uffiale delle vittime degli attentati: 201 morti e 243 feriti, 11 dei quali sono «in condizioni critiche». Secondo il bilancio, 34 feriti sono «molto gravi», 108 «gravi», 69 «feriti in modo leggero» e 21 «con prognosi riservata».

    Nel frattempo, per tre minuti si è fermata tutta l'Europa. A mezzogiorno tre minuti di silenzio sono stati dedicati alla memoria delle vittime degli attentati. A Bruxelles, i rappresentanti politici si sono uniti ai funzionari, dirigenti, diplomatici delle istituzioni europee guidati da Romano Prodi che silenziosi manifestano in Roind Point Schumann.

    Anche in Italia, dalle istituzioni politiche alle banche, dalle industrie alle televisioni, l'adesione all'iniziativa proposta dall'Unione europea è stata massiccia. Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha osservato i tre minuti nel refettorio dell'Abbazia di Monte Cassino, un luogo simbolo della pace. Moltissime le istituzioni coinvolte, dalle Camere, alle Regioni e alle Province, al Campidoglio, agli aeroporti di Fiumicino, Ciampino e Linate, alle agenzie stampa, fino ai privati cittadini. All'appello europeo hanno quindi risposto i presidenti di Senato e Camera, Marcello Pera e
    Pier Ferdinando Casini. A Palazzo Madama e a Montecitorio tutto fermo, dunque, per tre minuti. Una piccola cerimonia si è tenuta nel cortile di Palazzo Chigi con il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, mentre Giuliano Amato e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno osservato insieme i tre minuti di silenzio.

  6. #416
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    LUNEDI' 15 MARZO 2004



    Colin Powell e Condoleezza Rice, dopo i trionfali risultati di Putin hanno espresso perplessità: «La nostra impressione è che con gli avversari non vi sia stato alcun dibattito». (Ansa, 14 marzo). Si consiglia ai due statisti di rivolgersi a Lucia Annunziata, presidente Rai, per avere notizie sul dibattito politico col Premier alla Tv italiana.

    http://www.unita.it/index.asp?sezione_cod=FR

  7. #417
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  8. #418
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    MARTEDI' 16 MARZO 2004



    Lezioni spagnole: «Oggi assumiamo un impegno di fronte al Paese: noi socialisti metteremo fine all’era della televisione pubblica di partito. Noi cambieremo i mezzi di comunicazione, garantiremo la loro autonomia, faremo in modo che siano al servizio dei cittadini».


    José Luis Zapatero, Ansa 15 marzo

    http://www.unita.it/index.asp?sezione_cod=FR

  9. #419
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    MERCOLEDI' 17 MARZO 2004



    «Bush e coloro che lavorano per Bush sono il gruppo di persone più bugiarde che esista al mondo. Occorre allontanarsi da loro, parlare di economia, di lavoro, di scuola, di qualità dell’aria e dell’acqua. Basta con Bush».

    John Kerry, Cbs Tv, 11 marzo 2004

    http://www.unita.it/index.asp?sezione_cod=FR

    ECCO PARLIAMO UN PO' DI QUALITA' DELL'ARIA E DELL'ACQUA E FIRMIAMO IL PROTOCOLLO DI KYOTO CARO IL MIO DEMOCRATICO CHE PARLI TANTO BENE......VOGLIO VEDERLO QUANDO VA AL GOVERNO COSA FA.....E SICCOME QUESTO AL GOVERNO CI VA VOGLIO PROPRIO VEDERE COME SI SGANCIA DI DOSSO LE MULTINAZIONALI CHE SOSTENGONO LUI COME BUSH....
    BELLISSIME PAROLE...DIRE PERSINO DI SINISTRA....I FATTI A DOPO IL VOTO???

  10. #420
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