ecco un'intervista in cui si tratta anche della situazione dei Cattolici in Grecia:
2005-06-06
Le relazioni fra la Santa Sede e la Grecia sono “ad un livello di eccellenza difficilmente superabile”
Intervista a Stavros Lykidis, ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede
CITTÀ DEL VATICANO, lunedì, 6 giugno 2005 (ZENIT.org).- Pochi giorni dopo essere arrivato a Roma, il nuovo ambasciatore greco presso la Santa Sede ha ricevuto ZENIT nella sede dell’Ambasciata ed ha rilasciato un’intervista in cui commenta lo statuto giuridico dei cattolici in Grecia, la libertà religiosa e le radici cristiane dell’Europa.
Essere greco equivale ad essere ortodosso. È ancora così? Le minoranze di altre confessioni e religioni sono “meno greche”? Lykidis: E’ diventata famosa, nel tempo, la massima “Grecia di Greci Cristiani” – e non di “Greci Ortodossi” – ideata dal regime dei Colonnelli, già più di un terzo di secolo fa. Oggi, ovviamente, siamo lontani da tali aforismi. Se è vero che la confessione maggioritaria nel Paese rimane sempre quella della Chiesa Orientale Ortodossa, secondo l’appellativo ufficiale, le convinzioni religiose o non religiose di ognuno appartengono strettamente al dominio della vita privata e di rado arrivano a diventare oggetto di dibattito pubblico. Con questo intendo non una segregazione dei credenti dalla vita pubblica, ma, al contrario, la possibilità offerta ad ogni cittadino di esprimere le proprie convinzioni senza che questo incida sulla sua persona pubblica.
Bisogna precisare, a questo punto, che i gruppi demografici più importanti, insieme a quello degli ortodossi praticanti, dovrebbero essere quelli dei non praticanti e degli agnostici, non necessariamente in quest’ordine. Varie comunità musulmane – sunnita, bektasci, kizilbasci, dhurufi ed altre – così come le comunità ebraica e cattolica seguono a ruota.
Una presenza che si fa sentire negli ultimi anni è quella dei gruppi protestanti, specialmente evangelici. Musulmani, ebrei e cristiani di altre denominazioni non coinvolgono tuttavia più dell’1-1,5% della popolazione totale.
Dall’inizio degli anni ‘90, inoltre, la società ellenica si trova dinanzi al fenomeno dell’immigrazione estera, che include vari gruppi etnici, ma anche religiosi.
A parte questi immigrati recenti, che nonostante si integrino più o meno facilmente nel tessuto della società non sono ancora visti come partecipanti in pieno all’identità nazionale ellenica – atteggiamento d’altronde condiviso dalle altre società ed amministrazioni statali nel mondo occidentale –, non si nota una differenza sensibile nel comportamento individuale in base alle convinzioni religiose dell’interlocutore, anche perché tale condizionamento risulta totalmente estraneo alle consuetudini dei Greci in genere.
D’altro canto la legge, sia a livello di Costituzione che a quello della legislazione ordinaria, è chiara e rigida, reprimendo rarissimi casi di eccezione, che hanno più a che fare con le particolarità caratteriali degli individui coinvolti; il fatto che si sviluppino quasi sempre in “causes cèlebres” sta a dimostrare quanto sensibile sia l’opinione pubblica – ma anche le istanze giudiziarie e amministrative – riguardo a tali eventi. Nonostante questo, riteniamo di poter fare ancora meglio, di pari passo con gli sviluppi analoghi negli altri Paesi occidentali, e infatti il dibattito interno procede in questa direzione.
In un Paese come la Grecia, dove sono nati il mito di Europa e tanti miti pagani, si lotta per far riconoscere che il continente è ancora cristiano?
Lykidis: A qeusto proposito, basta che mi riferisca alla decisione del Governo attuale di schierarsi con quei Paesi che hanno sostenuto la proposta sulla menzione delle radici cristiane della cultura europea nel Preambolo del Trattato Costituzionale Europeo. Quanto alla Chiesa Ortodossa di Grecia, ha sostenuto, su questo argomento, una posizione identica a quella della Chiesa Cattolica. Oltre a queste prese di posizione ufficiali, è da notare il dibattito a livello accademico e filosofico. La bibliografia greca in materia si rivela infatti fra le piu ricche in Europa, anche perché nei lunghi anni della Guerra Fredda solo in Grecia è stato possibile mantenere un tale discorso dal punto di vista del mondo ortodosso, visto che gli altri Paesi a maggioranza ortodossa erano all’epoca sotto regimi comunisti; il dibattito c’è stato e continua per la semplice ragione che, accanto alla forte corrente di pensiero religioso ortodosso, in Grecia esiste un altrettanto ricco filone di pensiero laico, che ne costituisce il contraltare.
Papa Giovanni Paolo II considerava opportuno trovare uno statuto giuridico per i cattolici in Grecia. Sarà facile?
Lykidis: Precisiamo che uno statuto giuridico per i cattolici in Grecia esiste già da parecchi decenni, ma è stato reso obsoleto col tempo e al giorno d’oggi non soddisfa più né i nostri compatrioti cattolici né l’amministrazione statale. La meta è quindi comune, ed è quella di trovare un nuovo statuto che faciliti la vita a tutti. Ci sono state varie trattative, peraltro condotte in un clima di assoluta buona volontà da entrambe le parti – Chiesa Cattolica di Grecia e Ministero dell’Educazione Pubblica e dei Culti –, che però finora non hanno portato ad una soluzione. Essendo giurista di formazione, posso permettermi di non esserne sorpreso, giacché questo tipo di lavoro giuridico comprende di solito l’elaborazione di molti dettagli.
Lei viene dal Kuwait. Pensa che la libertà religiosa sia uno di grandi temi nel panorama geopolitica attuale?
Lykidis: La libertà religiosa, ecco un termine che mi piace assai più dell’usuale “tolleranza”. Si sente troppo parlare di tolleranza al riguardo delle altre religioni, in specifiche parti del pianeta, eppure il termine ha una connotazione ben negativa che di solito passa inosservata.
Tollerare le convinzioni o pratiche altrui significa, fondamentalmente, che esse sono sbagliate o addirittura nocive, ma che per delle ragioni che possono essere e spesso sono di ordine diverso da quello morale non vengono soppresse, senza che esso significhi che non vengono accantonate o limitate.
La libertà, d’altro canto, non ha altro limite che la libertà altrui. La libertà religiosa, appunto perché si riferisce alle dimensione più intime della personalità di ogni essere umano, è la prima ad essere presa di mira dai vari regimi che tendono proprio a controllare l’espressione della nostra umanità. La prima linea fra democrazia e autocrazia viene dunque tracciata proprio qui, come ha d’altronde sostenuto recentemente anche la Chiesa Cattolica nell’ultima ministeriale dell’OSCE a Sofia per voce del Segretario per le Relazioni con gli Stati, monsignor Lajolo.
E la Grecia come si pone, di fronte alla libertà religiosa?
Lykidis: La posizione greca in questo senso è identica alla posizione della Santa Sede. Condividiamo anche certe considerazioni rispetto alle demarcazioni fra religione e attività che apparentemente sembrano religiose, ma in realtà hanno scopi lucrativi o di altro genere. Questo è un punto delicatissimo, specialmente in quelle società come quella greca che per ragioni sociali e storiche si sono dotate di un apparecchio giuridico ultra-liberale.
Il presidente Papoulias è entrato in funzioni in un momento di tensione con la Chiesa Ortodossa Greca: come stanno le cose? Lykidis: L’entrata in funzioni di Carolos Papoulias come Presidente della Repubblica non ha alcuna incidenza sul dibattito attuale sulla Chiesa Ortodossa di Grecia. Secondo la Costituzione, il Capo dello Stato funge da simbolo dell’unità della Nazione e il suo ruolo è appunto d’innalzarsi al di sopra delle differenze.
Speculazioni nei media greci su questo od altri atteggiamenti del nuovo Presidente circa i recenti avvenimenti all’interno della Chiesa ci sono state ma dovrebbero essere prese per quel che sono, cioè delle esternazioni di carattere personale.
Carolos Papoulias stesso ha peraltro dimostrato col suo comportamento nei giorni successivi alla sua entrata in funzioni di volersi attenere ai limiti del suo nuovo incarico.
Quanto alla situazione della Chiesa stessa, è vero che con gli anni si è stabilito un clima di compiacenza che ha permesso a certi pastori di dimenticarsi del loro ruolo e di immischiarsi in affari, se non necessariamente loschi, sicuramente di una natura che avrebbe dovuto indurli ad astenersene.
Adesso tocca alla legge, canonica e ordinaria – a seconda delle eventualità – occuparsene, e questo processo è in corso. Entro qualche tempo dovrebbero risultarne dei dati inconfutabili. Nonostante tutto il baccano mediatico, per il momento non siamo ancora giunti a tal punto. La Chiesa, infatti, ha già iniziato una procedura di autodepurazione e nonostante le varie critiche sembra decisa di portare a termine la questione.
Cosa vorrebbe fare in questo nuovo ruolo per migliorare i rapporti tra la Grecia e la Santa Sede?
Lykidis: Come Lei ben sa, le relazioni fra le due parti sono già ad un livello di eccellenza difficilmente superabile. Senza dubbio esistono ulteriori possibilità di collaborazione in vari settori, a livello sia politico che di fede. Sotto questo aspetto, la Grecia è ovviamente aperta ad ogni tipo di collaborazione, entro il quadro, si intende, prescritto dal suo ordinamento costituzionale e dai suoi obblighi internazionali, specialmente europei.