CONVERSAZIONE. «NON ESCLUDO LE ELEZIONI ANTICIPATE E FORSE CI STANNO GIÀ PENSANDO»
«Berlusconi premier non arriva al 2006» Per Fassino la svolta ci sarà alle europee


Piero Fassino si dice convinto «e da tempo, che Berlusconi non arriverà da premier al 2006». Non esclude affatto l'ipotesi di un'interruzione anticipata della legislatura. E non esclude nemmeno che Berlusconi stia ancora valutando se non gli conviene «giocare d'anticipo, come ha sempre fatto, anche da imprenditore, tentando la scommessa del voto politico nel 2004». Da qui alle europee, infatti, per il segretario dei Ds le difficoltà del premier potranno solo aumentare, non ridursi. Una ripresa economica che dia effetti visibili in Italia è improbabile, «e la Gasparri bis in parlamento sarà un tormento per la maggioranza». Secondo Fassino «il governo arriva così stanco e logorato al giro di boa del titolo di campione d'inverno, che lo scudetto non lo vince».
«A chi mi chiede se Berlusconi perderà le europee del 2004 io rispondo che Berlusconi ha già perso quattro consultazioni elettorali nel 2003; perché il 2003 è stato l'anno in cui il grande sogno è svanito, e il miracolo si è manifestato per quel che era, un'illusione. L'andamento dell'economia è preoccupante, alla terza finanziaria il governo non trova risorse né per tagli fiscali, né per investimenti produttivi, né per politiche sociali. L'inflazione è in ripresa, mi ha colpito che il 75% delle famiglie dichiari di non risparmiare più. Nel frattempo, l'essersi messo al riparo dall'azione giudiziaria non ha messo il premier al riparo dalla conflittualità politica, anzi forse l'ha rilanciata nella stessa maggioranza. E il conflitto di interessi è stato autodenunciato in quei tre giorni in cui il governo cercava disperatamente un ministro disposto a firmare il decreto salva Rete4. In queste ore, dopo il colossale buco scoperto alla Parmalat, si riparla di un rischio-Italia in Europa. Io la penso come Ciampi: l'Italia non è solo un bel paese, ma anche un grande paese. Però un grande paese ha bisogno di un grande governo, e in questo momento l'Italia è un grande paese con un piccolo governo».
Che ci sia una «crisi di consensi e credibilità» del governo, come dice Fassino, è innegabile. Ma la domanda è se si tradurrà in una sconfitta elettorale del centrodestra e in una vittoria del centrosinistra. «Buona domanda a cui non è possibile dare una buona risposta. Io i voti li conto al lunedì del giorno dopo le elezioni, e non sottovaluto né il consenso di cui il centrodestra ancora gode nel paese, né la forza mediatica e la disponibilità di mezzi del premier. Però constato che da maggio tutti i sondaggi segnalano una perdita di consensi della maggioranza e una crescita di consensi dell'opposizione, e che da settembre quest'ultima è costantemente in testa nelle intenzioni di voto». Berlusconi si dovrebbe dimettere se perde le europee? «Se non traesse le conseguenze di una sconfitta elettorale, il premier accrescerebbe solo il rischio di perdere più pesantemente la volta dopo. Segnalo la lezione del centrosinistra: abbiamo perso nel 2001, ma rotolavamo in discesa, perché avevamo già perso nel 1999 e nel 2000».
Fassino pensa che la situazione imponga un cambio di marcia al centrosinistra: «Abbiamo passato i primi due anni a ricostruire l'opposizione; ora dobbiamo sbrigarci a costruire un'alternativa di governo. Non è detto infatti che la crisi di consensi del centrodestra si trasformi automaticamente in voti per noi». Gli chiediamo se la lista unitaria sarà più forte con o senza Di Pietro. Fassino risponde che «la domanda che viene dalla nostra gente è di unità, quindi più la lista è larga più consensi può raccogliere. Il nostro elettorato ritiene che disunità e conflittualità interna (dal 1998 in poi) siano state la prima causa della sconfitta. I sentimenti degli elettori contano alle elezioni, e i nostri elettori preferiscono anche una sofferta unità tra diversi a un soggetto più compatto, ma più piccolo e meno unitario. Secondo me la lista unitaria ha ottime probabilità di vittoria anche senza Di Pietro, ma tutti i dirigenti del centrosinistra hanno il dovere di fare i conti con questa sensibilità». A Fassino chiediamo se secondo lui il governo protegge adeguatamente Prodi. «Mi auguro che lo faccia; voglio sperare che non ci sia alcuna sottovalutazione e che, se c'è stata finora, non sia motivata politicamente». Infine l'ex guardasigilli risponde a una domanda sul caso Sofri: il capo dello Stato dovrebbe firmare la grazia anche in assenza della controfirma di Castelli? «Io sono favorevole alla grazia per Sofri, e l'ho detto più volte. Bisogna vedere se è possibile con l'opposizione del ministro di Giustizia. La grazia è un provvedimento duale, del ministro e del presidente. Se è accertato che può essere frutto della sola volontà di Ciampi, allora Ciampi la firmi. Ma francamente ho dubbi, la Costituzione mi sembra chiara in materia. Anche perché, se pure il presidente firma da solo il provvedimento, c'è poi bisogno della controfirma del ministro, e se non c'è si apre un grave conflitto istituzionale