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  1. #31
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    In Origine postato da Mjollnir
    Chiedo scusa per il ritardo nella risposta, e vengo al dunque...

    Negli Asi e nei Vani sì, visto che si tratta di Dèi a tutti gli effetti. Lo stesso nome Asatrù significa proprio "fedeltà agli Dèi Asi".

    Quanti ai giganti ed ai nani il discorso è + complesso, visto che si tratta di figure simboliche e mitiche (...).
    Ciò non toglie che per la mentalità pagana sia agevole e niente affatto impossibile pensare ad una pluralità stratificata di forze ed entità spirituali, sia benigne che maligne.
    Mi riesce difficile accettare divinità umanizzate come Thor (col dovuto rispetto, visto il tuo nome), Odino e via dicendo.
    Parlo naturalmente per me, poi ognuno è libero di credere in quello che vuole, purché poi sia coerente con le sue credenze.
    Mi domando se le religioni pagane non possano essere classificate in due tipi, quelle umanizzate e quelle non umanizzate.
    Mi risulta difficile spiegarmi, ma ci proverò.
    Immagino l'uomo di fronte alle forze della natura, scatenate in un furioso temporale, o in un'eruzione, o magari mentre danno evidenza di sé nell'incanto di una fonte, o nella meraviglia di un albero frondoso e suggestivo.
    L'uomo le riconosce - o crede di riconoscerle - come evidenza dell'opera di qualcosa più perfetto di lui... diciamo di qualcosa di divino.
    Ora, si può riconoscere l'opera di un unico artefice (come nel Cristianesimo), o quella di molti dei (come nel paganesimo), o si può voler spiegare tutto rifiutando l'idea di artefici divini (ateismo).
    Ora, mi pare di poter dire che il passaggio dall'immaginare degli dei all'immaginarli in sembianze umane, non sia poi così obbligatorio. Cioè, immaginare dio o gli dei in forma umana non è l'unico modo, credo, di immaginarli. Nel caso del Cristianesimo, questa religione dice espressamente che noi saremmo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, ma credo che sia plausibile poter considerare anche altre eventualità, nel momento dello studio e del ragionamento, in quanto i dogmi sono oggetto di Fede e non di studio, no ?
    Tornando alle fonti e agli alberi, possiamo chiederci se essi siano luoghi di devozione, o divinità essi stessi, e quindi se e in che misura il pensarli come divinità implichi immaginarli simili all'uomo.

    Faccio un altro esempio.
    Mi risulta che la singola formica non sia molto intelligente.
    Mi risulta che il formicaio, nel suo insieme, esibisca comportamenti intelligenti di livello superiore all'intelligenza della singola formica... sbaglio ?
    Allora possiamo provare ad applicare al formicaio e alle formiche i concetti che abbiamo espresso prima.
    L'ateo penserà che tutto ciò è effetto del caso, e dell'evoluzione, mi sembra di capire, e comunque tutto sarebbe semplice materia.
    Il cristiano penserà che tutto ciò è comunque opera di un solo artefice, Dio.
    Il pagano penserà che esiste un dio del formicaio, ovvero un essere superiore alla singola formica.
    E' davvero necessario pensare al dio del formicaio in forma umana ?
    Aggiungerò che si può fare ancora un'ipotesi di studio, e che cioè non si può escludere che questo livello di divinità (quello del formicaio) non sia poi il più elevato, e che ne esista almeno un altro, e magari potrebbe esistere un unico artefice di tutti questi dei...
    Naturalmente sto facendo un' analisi (grossolana, incompleta ed approssimativa) e non una dichiarazione di Fede !

  2. #32
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    si ma non é necessario vedere gli dei come esseri umani. Gli dei si rapresentavano avvolte come uomini/donne, altre volte come animali o fenomeni naturali (del resto Yahvé si manifestava come un cespuglio infuocato dinanzi a mosé). Il mito identifica la divinitá in QUEL preciso momento, ma non era un'immagine universale. Infatti il paganesimo si concentrava ANCHE nel interpretare i segni degli dei nella natura. Ergo non si manifestavano SOLO in forma umana.

    Per quanto Mjoldnir afferma per l'asatru é vero. Infatti solo mezzo secolo fá in Islanda (l'ultimo paese ad essere cristianizzato ) vi erano tracce di quessto culto, che poi fu ufficializzato nel '76. Del resto queste tracce sono ben presenti in tutta la skandinavia sia nella letteratura che perfino nelle chiese.
    Parlai tempo fa con degli archeologi Danesi di mia conoscenza, e loro mi spiegarono che la Danimarca e i paesi skandinavi furono solo parzialmente sfiorati dalle correnti migratorie prima dell'impero romano e verso la sua fine. Questo vuol dire che la popolazione del luogo é l'originale di due o tremila anni fa.
    Gli studiosi che studiavano la storia Danese nel '800 si meravigliavano quando interrogavano la popolazione locale sulle origini dei vari Dolemen e menhir (alquanto comuni nelle campagne skandinave) per sentirsi dire, "li nei tempi antichi sorgeva una chiesa", oppure quel boscho , era un luogo di preghiera!
    Interessante perche nei miti della popolazione, sia pur cristianizzata, era rimasta il senso del sacro in quei luoghi.

    Persino nei nomi delle cittá e dei luoghi é possibile risalire ai significati originali: Nella cittadina di Gudmé (gud = dio, e mé= é l'abbreviativo di HØJMÈ (la lettera Ø si legge OE) collina sacra) e in quel luogo hanno trovato antichi insediamenti risalenti dall'etá del bronzo (circa tremila anni fa) con numerose costruzioni sacre.
    Infatti i nomi nei corsi dei secoli non hanno (quasi) subito modifiche!
    Syntax error.

  3. #33
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    In ogni paese del mondo troverai tradizioni locali riguardanti antichi posti di culto ed antiche rovine. Ciò non indica necessariamente una tradizione orale risalente ai tempi antichi.
    Non vedo poi cosa cambierebbe il fatto (più che dubbio) che la popolazione danese sarebbe quella "originale" di 2000 anni fa.
    Premetto che non ne so molto sui relitti dele antiche religioni che sarebbero sopravissute in Islanda, ma già il fatto che le chiami "tracce" di culto mi sembra la dica lunga sulla loro qualità.
    Una corretta ricostruzione storica non si può basare su relitti folcloristici.
    Capisco comunque che per una persona credente la storia non sia poi tanto importante, come per esempio anche un cristiano non dubiterà la sua fede solo perchè gli storici ritengono gran parte dell' evangelo storicamente non corretta.

  4. #34
    Mjollnir
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    Che i Germani non siano mai stati una entità culturale ben definita mi sembra una forzatura insostenibile. Fino al I sec e.v. gli autori classici addirittura non li distinguevano nettamente dai Celti, e solo dopo ripetuti ed approfonditi contatti tale distinizione viene fissata. Nella sua Germania Tacito riconosce che essi appaiono non mescolati con altri e simili solo a sé stessi. Ora, senza aderire alla lettera a questa descrizione, bisogna dire che molte descrizioni di altri autori classici coincidono nelle descrizioni fondamentali dei Germani.
    Ciò non depone a favore di una spiccata eterogeneità interna.

    Ma in generale non dovremmo farci fuorviare dalle categorie della interpretatio romana come ad es l'unità politica. Per cui in mancanza di unità politica e statuale non ci sarebbe neanche quella culturale. Dal punto di vista delle strutture mentali, l'unità politica viene in secondo piano. Per cui, il fatto che i Germani si organizzassero in clan e tribù, e che queste spesso entrassero in conflitto fra loro, non è significativo. La mancanza di un endoetnico collettivo non significa che non avessero la percezione della loro parentela: lo testimonia il mito dell'antenato primordiale Mannus, dai cui discendenti sono derivate le varie tribù.
    É un carattere comune anche ai Celti l'unitarietà religioso-culturale che non si traduce in unità politica. Prima della comparsa della potenza romana, l'Europa avrebbe potuto essere unificata dalla cultura celtica, dominante dalla penisola iberica all'Anatolia. Le tribù potevano anche farsi la guerra tra di loro, alcune allearsi con i Romani contro altre tribù, ma i druidi di tutto il mondo celtico si riunivano periodicamente in luoghi sacri prefissati per trattare le questioni di interesse comune, legate ai riti, al costume, all'amministrazione della giustizia ecc...
    Anche nell'India antica si ritrova il medesimo carattere, e ciò in virtù del fatto che i nuclei di tutti questi popoli hanno ereditato queste caratteristiche da un passato comune.

    Questa considerazione si può trasferire anche sul piano linguistico. Se si pensa che i vari sottogruppi germanici siano varianti successivamente diversificate (per le vicende storiche) di una fase linguistica comune - detta dai linguisti protogermanico o germanico comune - non è più possibile sostenere che si trattasse di lingue autonome con qualche parola in comune, e con qualche somiglianza magari dovuta alla vicinanza e ai contatti. Questi ultimi tipi di somiglianza sono sempre indotti e tardivi, e di solito comportano dei prestiti lessicali e altre modifiche per così dire "superficiali", ma la sintassi e la grammatica della lingua non cambia.

    Spostandosi sul piano antropologico, la situazione non cambia molto: è difficile pensare a popoli di origini estranee le une alle altre (la accozzaglia di cui diceva Patto), che a un bel momento della protostoria europea si trovano ad avere per caso così tante caratteristiche strutturali profondamente simili. Fra le quali, parlare varianti di una stessa lingua.
    Anche considerando le varie annessioni, vicinato ed influenze con popolazioni non germaniche o addirittura non indoeuropee, rimarrebbe sempre inspiegato il perchè della comunanza linguistica e culturale, se non ammettessimo che la comunanza di lingua deriva dalla parentela etnica. In altre parole, anche se una tribù di confine assorbe un certo numero di Sciti, Finni o Sarmati, i quali passano all'uso del germanico, resta inspiegato perchè questa tribù di confine parla già autonomamente germanico, e perchè questo carattere linguistico è abbastanza forte da poterlo imporre ai nuovi membri.
    Insomma, dietro la lingua c'è sempre il popolo che ne è il portatore vivente, e tranne alcune eccezioni non si dà cambiamento linguistico radicale senza un ricambio etnico. Per cui se in un'area prevale il germanico, la cosa non è spiegabile altrimenti che con la presenza dominante (anche se non esclusiva) di etnie germaniche.

    Per quanto riguarda la religione, anche qui c'è di che essere + ottimisti rispetto al quadro sconsolante di Patto. Tacito descrive esplicitamente la triade delle divinità germaniche principali (Thor, Odhinn, Tyr) anche se le assimila - secondo la consueta interpretatio - a quelle romane: Mercurio, Ercole, Marte.
    Si tratta di una testimonianza del I sec e.v. e riguarda i gruppi germanici occidentali, poichè i Romani non avevano contatti con quelli nordici e orientali.
    Nell'VIII sec. abbiamo i testi delle formule di abiura che i Sassoni sconfitti dai Franchi dovevano pronunciare prima di convertirsi. Testi dai quali si evince la stessa struttura del pantheon germanico già riferita da Tacito. Infine, in pieno Medioevo abbiamo la testimonianza del cronista Adamo di Brema, che nell'opera famosa Gesta hammaburgensis ecclesiae pontificum descrive il paganesimo germanico come era praticato in Svezia nell'XI sec. Anche questa descrizione collima con le altre 2 precedenti.
    Quindi sulla base delle testimonianze classiche e medievali possiamo affermare che nelle linee generali la struttura del politeismo germanico è rimasta costante.
    É una continuità notevole perchè abbraccia circa un millennio e soprattutto perchè il politeismo in genere non è dotato di una chiesa centralizzata e di testi sacri, in modo da individuare ed impedire eventuali "deviazioni" dalla norma.

  5. #35
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito

    In Origine Postato da shelburn
    Ora, mi pare di poter dire che il passaggio dall'immaginare degli dei all'immaginarli in sembianze umane, non sia poi così obbligatorio. Cioè, immaginare dio o gli dei in forma umana non è l'unico modo, credo, di immaginarli.
    É verissimo. Questa poi è solo una distinzione teorica, ma entrambi gli atteggiamenti possono coesistere. Oppure si possono verificare passaggi da un atteggiamento all'altro.


    In Origine Postato da shelburn
    Tornando alle fonti e agli alberi, possiamo chiederci se essi siano luoghi di devozione, o divinità essi stessi, e quindi se e in che misura il pensarli come divinità implichi immaginarli simili all'uomo.
    Immaginare un albero, una roccia o una sorgente come simili all'uomo sarebbe un pò difficile, chiaro...
    Generalmente essi non sono pensati come divinità, ma come luoghi o ricettacoli in cui il divino è presente e particolarmente manifesto. Ed è per questo, cioé in maniera indiretta - per così dire - che essi assurgono a luoghi ed oggetti di culto.
    Invece la propaganda cristiana (e poi le intepretazioni razionaliste moderne, che non sono così diverse) non ha compreso questo atteggiamento e ha concluso che negli alberi, nelle sorgenti, nelle rocce il pagano adorasse il legno, l'acqua, la pietra, ossia gli elementi fisici.
    Ma con questa logica verrebbe da chiedersi se le civiltà pagane non si contraddicessero bruciando il legno per scaldarsi, l'acqua per lavarsi e la pietra per costruire le case, oppure se fossero consapevoli di commettere infiniti sacrilegi...

  6. #36
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito

    In ogni caso non vorrei andare troppo off topic; il mio intento iniziale era infatti quello di dimostrare come delle banali semplificazioni e identificazioni fossero scorrette.

 

 
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