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  1. #11
    Re del Fondoscala
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    Originally posted by ARI6
    Sulla carta solo l'anarchia lo è, nella pratica anche la monarchia assoluta è risultata meno oppressiva della tirannia della maggioranza.
    Capire perchè è facilissimo: una sola persona non può ledere i diritti di molti se tiene alla pelle, in democrazia il tirannicidio invece è impossibile. Ovviamente non c'è solo questo semplice argomento contro la democrazia: ti consiglio la lettura di "Abbasso la democrazia" di Hans Hoppe (lo puoi ordinare su www.libertari.org : con 7 eurini te lo porti a casa, eppoi ce lo vieni a recensire qui).

    C'è un piccolo particolare che tralasci...lo sviluppo di una società si è avuto con la democrazia e non con i tiranni o gli anarchici. Come la libertà (che tu chiamerai apparente) individuale, il libero commercio ecc. Il livello di vita negli ultimi cento anni è migliorato come non mai perchè nel mondo si è diffusa la democrazia. Secondo te ci potrebbe essere sviluppo in una anarchia? in una dittatura? (la seconda domanda è più semplice perchè si hanno riscontri storici).

    Per favore, cancella dalla tua mente la pannelliana equazione libertario (che si basa sulla libertà come valore fondamentale, ispirato alla difesa della libertà) = libertino (licenzioso, gaudente).
    Un libertario non è per forza libertino: io ad esempio sono un conservatore, convinto che lo stato moderno abbia distrutto la tradizione e che essa possa rinascere solo ridimensionando e infine annullando il potere politico come lo conosciamo. Di contro un libertino difficilmente è libertario in politica: infatti la figura del libertino è anch'essa tipicamente moderna, e prolifera grazie alla deresponsabilizzazione incoraggiata dal welfare. E' facile prevedere che in una società libera certi comportamenti sarebbero ridotti al minimo e stigmatizzati dall'opinione pubblica (qui in Toscana si ricordano le figure degli anarchici socialisti dell'ottocento, simpatici parassiti che spesso dilapidavano i patrimoni familiari rifiutandosi di lavorare).
    si ho capito scusa

  2. #12
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    Originally posted by O'Rei
    C'è un piccolo particolare che tralasci...lo sviluppo di una società si è avuto con la democrazia e non con i tiranni o gli anarchici.

    RE: Se con "sviluppo" intendi la progressione sulla linea del tempo delle tappe storiche di una società, allora è vero.

    Se invecdi intendi che solo grazie ad essa abbiamo raggiunto quella specie di "mondo-macchina"* in continua e prolifica evoluzione che l'uomo occidentale è portato a conoscere oggi, allora ti ricordo che questo è solo una forma vuota e ridicolmente positivista per rinchiudere le menti.

    Come la libertà (che tu chiamerai apparente) individuale, il libero commercio ecc. Il livello di vita negli ultimi cento anni è migliorato come non mai perchè nel mondo si è diffusa la democrazia. Secondo te ci potrebbe essere sviluppo in una anarchia? in una dittatura? (la seconda domanda è più semplice perchè si hanno riscontri storici).

    RE: Non credo che ad Ari del progresso e dello sviluppo gliene freghi qualcosa


    *Se non hai capito cosa intendo è difficile spiegarlo in due righequindi neanche ci provo

  3. #13
    Re del Fondoscala
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    Originally posted by Mr2
    lascia stare il mondo macchina, io mi riferivo al progresso della condizione condizione sociale dell'uomo

  4. #14
    Ecce Homo
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    quindi l'equazione è
    progresso = pancia piena e culo al caldo

  5. #15
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    Originally posted by O'Rei
    C'è un piccolo particolare che tralasci...lo sviluppo di una società si è avuto con la democrazia e non con i tiranni o gli anarchici. Come la libertà (che tu chiamerai apparente) individuale, il libero commercio ecc. Il livello di vita negli ultimi cento anni è migliorato come non mai perchè nel mondo si è diffusa la democrazia. Secondo te ci potrebbe essere sviluppo in una anarchia? in una dittatura? (la seconda domanda è più semplice perchè si hanno riscontri storici).
    Se per sviluppo della società intendi, giustamente, il miglioramento del benessere materiale conseguente all'allargamento dei mercati, mi sembra chiaro che esso si sia affermato nonostante la democrazia e non grazie ad essa.
    Te lo dimostra il richiamo costante dei politici a un governo della globalizzazione. Ancora, smetti di identificare liberalismo e democrazia: c'era più liberalismo nell'inghilterra dell'ottocento che in quella attuale.
    Se invece lo sviluppo di cui parli è riferito ad alcune presunte conquiste del novecento (l'aborto, le leggi anti-discriminazione, la redistribuzione colossale) allora hai ragione, queste sono figlie della democrazia. Ma te le puoi tenere.

  6. #16
    Re del Fondoscala
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    Originally posted by Mr2
    quindi l'equazione è
    progresso = pancia piena e culo al caldo
    mi sembri un comunista...

  7. #17
    Giu' la maschera!
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    Originally posted by O'Rei
    mi sembri un comunista...
    pure a me...
    Mr. Hyde


  8. #18
    Re del Fondoscala
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    Originally posted by Mr. Hyde
    pure a me...
    eppure io lui me lo ricordavo membro onorario del forum destra radicale una volta

  9. #19
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    che c'entra il comunismo?
    diamo una definizione convenzionale di progresso prima di cominciare a parlarne

  10. #20
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    Predefinito Re: Re: La rivoluzione democratica dei neoconservatori

    Originally posted by ARI6
    Ho paura di sì.
    Ma non disperare: la destra conservatrice in Italia non c'è mai stata, un fenomeno considerato di destra come il fascismo ha dato l'esempio a Roosvelt per il new deal, cioè una mezza rivoluzione proletaria
    Tra l'altro, come ha giustamente notato un amico libertario, dirsi conservatori in Italia non è neanche consigliabile, vista l'inesistenza, da qualche secolo a questa parte, di tradizioni sane da conservare: meglio definirsi reazionari.

    Per tornare a Rocca e al suo lavoro sui famigerati neocons (un bel thread sull'argomento lo trovi QUI), ti riporto qui sotto una recensione di Alberto Mingardi da Il Riformista. Condivido ogni singola parola.
    Per capire il vuoto teorico dietro a questa modaiola ideologia ti consiglio anche l'ultimo libro di Adornato (il manifesto della CDL, l'ha definito il Berlusca), un miscuglio di liberalismo, democrazia, socialismo e tradizionalismo spicciolo, con evidenti imprecisioni e contraddizioni grossolane. Se è il massimo che la destra italiana riesce a produrre stiamo freschi.

    L'ideologia è sapientemente vacua Il ritratto (neocon) è fedele


    Esportare l'America di Christian Rocca è libro confezionato scrupolosamente da un operaio specializzato, e perciò zeppo d'informazioni e di lettura leggera, mappa coerente e senza frustrate ambizioni di completezza di un universo intellettuale, quello dei neo-conservatori, che sta alla guerra in Iraq come il romanzo beat alla rivoluzione sessuale. E', però, anche ritratto zuccheroso dell'amata, firmato da un innamorato sincero. L'amore, come sempre, annebbia la vista, tramortisce i sensi. E il saggio di Rocca si snoda fra serici capelli biondi e scintillanti occhioni blu cobalto.
    Il pregio del libro è proprio questo: esso è ritratto fedele, fedelissimo, di un'ideologia sapientemente vacua, che se va alla grande, sulla rive droite dello spettro politico, è proprio perché è un pensiero mignon, senza testi sacri, senza orizzonti ariosi, fedele fino in fondo a una visione del mondo ch'è un po' fumetto e un po' commedia dell'arte, Batman e Arlecchino. Se pure quest'altra buffa rifondazione di Camelot sulle rive del Potomac sia giunta al capolinea, con re Artù incline a dispensar Merlino - nonostante la diretta mondiale del trionfo odontoiatrico sul villain sconfitto - è troppo presto per dirlo. C'è chi nota, o piuttosto spera, che il ritorno (sia pure in posizione defilata) di James Baker, picciotto fidato della dinastia texana ma realista solido, poco incline a gettarsi nel business d'esportare ideologie, sia il primo segno di un'attesa inversione di rotta. I sondaggi suggeriscono che il supporto degli americani alla guerra al terrorismo è condizionato alla durata della stessa. E al Presidente è stato fatto capire che in anno di elezioni è meglio smussare gli angoli, anche per non scontentare eccessivamente gli affezionati della destra senza il «neo», vieppiù insofferenti al progressismo wilsoniano in politica estera che si mescola, com'era prevedibile, al welfarismo parvenu di provvedimenti come la chiacchierata riforma di «Medicare».
    Rocca parla di “idealismo realista” e riconosce e argomenta che i neo-cons sono gli eredi di Wilson, dell'idea che appunto la democrazia si possa e si debba esportare. Però non riesce a trovare un ancoraggio teorico coerente, le sue definizioni sono sfuggenti, come, non diversamente, quelle dei suoi maiores. Anzitutto, il tentativo di costruire al neo-conservatorismo un pedigree, ripercorrendo a ritroso il fiume della tradizione politica americana, convince poco. Più facile e più azzeccata sarebbe la lettura maliziosa di chi non crede alle conversioni dei voltagabbana, e sottolinea ragioni spicce e di mercato. I neo-con sono, forse, semplicemente uomini di una sinistra che non si è più identificata nello stile della sinistra sortita dal Sessantotto. Poi le cose sono cambiate, il movimento si è evoluto, le nuove generazioni si sono inserite in un solco già tracciato e, sì, ci sono anche tra i neo-conservatori dei cattivisti per partito preso che sono, inequivocabilmente, una costola della destra più incazzosa e muscolare. Ma se guardiamo alle proposte di policy, ch'è come dire alla concretezza della politica, i neo-con non sono liberal “assaliti” dalla realtà, semmai liberal che hanno stretto i denti e allacciato le cinture.
    Poi c'è la questione della democrazia. Rocca accenna, come fosse una certezza banale, al fatto che le democrazie non si fanno guerra l'un l'altra. In America c'è stata, per esempio, una guerra di secessione, fallita, in cui entrambi i contendenti prevedevano l'elezione dei governanti. La prima guerra mondiale ha visto la Russia zarista combattere al fianco delle future “democrazie occidentali” contro Austria e Germania in cui, nondimeno, si votava. Si può giocare con i ma e con i se, dire che per democrazia s'intende in realtà qualcosa d'altro, ma non si riesce ad eludere un fatto: le democrazie non si fanno guerra perché, nel gioco della pubblica opinione mondiale, si dichiara subito l'avversario “non-democratico”, per procacciarsi legittimazione. In quest'ottica, l'affermazione è - alla meglio - sornionamente tautologica.
    In secondo luogo, Rocca dà assolutamente per scontato che democrazia e libertà siano i termini di una stessa equazione. Cita Kagan contro Zakaria, e le pagine che dedica alla schermaglia fra queste due caricature di Hobbes e Locke fabbricate ad arte dai giornali, sono davvero illuminanti. Lo sono perché restituiscono al lettore il profumo ed il gusto della semplicità sloganeggiante di Kagan, di quella fanciullesca tensione verso sorti magnifiche, democratiche e progressive ch'è poi l'incantevole e luttuosa pazzia dei neoconservatori. Democrazia senza libertà di Fareed Zakaria non è certo un libro coi crismi del classico, ma è un saggio divulgativo e schietto, col pregio gigantesco di ricordare una verità minuta ma importante: liberalismo e democrazia sono da sempre in tensione. Basterebbe rileggere i grandi liberali di ieri e di oggi, da Benjamin Constant a Friedrich von Hayek, guardinghi e scettici verso quello che Herbert Spencer dipinse con pittoresco tocco vittoriano come “il diritto divino dei Parlamenti”.
    Datemi un gruppo sociale e vi troverò una minoranza. Il liberalismo crede all'inevitabilità delle minoranze, che non s'annullano nel potere salvifico del 50 più uno. Della libertà di ciascuna di queste minoranze, fino a quella più insignificante e preziosa, il singolo individuo, il liberalismo è geloso custode, e proprio per questo oppositore accanito dell'oppressione più pericolosa: quella soffice, invasellinata, che si palesa sotto il tallone di peluche di governi usciti a petto in fuori da una consultazione elettorale. La democrazia è una procedura, la libertà una situazione. L'America, a sua volta, è vero, non è solo un continente: è anche un'idea, scolpita nelle parole dei saggi fondatori. Che, da un lato, non bramavano affatto di esportarla. E, dall'altro, mica sognavano una democrazia. S'accontentavano di una repubblica.

    dovrò frequentare di più questo forum si fanno discussioni interessanti e un po' più elevate dell'attualità spicciola.

    anche se caro ari sono in disaccordo su abbastanza cose

 

 
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