Vi sottopongo una lettera pubblicata su un giornale on-line della provincia di Varese.
Io l'ho trovata interessante e ricca di spunti. Volevo sapere cosa ne pensavate.

«Ridateci i politici veri, quelli che cambiano il destino del territorio».

Caro direttore,
ho seguito con attenzione il “ping-pong” epistolare che ha interessato il suo giornale negli ultimi giorni. Fiducia imprenditoriale, citazioni fordiste, speranze nel futuro, dure critiche a chi crede che il futuro potrà essere anche nelle mani delle piccole imprese. Anche slanci di ottimismo. Però, contrariamente a quanto si possa credere, ciò che mi interessa non è tanto intervenire nel dibattito quanto sul dibattito.
Partendo da una componente che, in realtà, è stata solo sfiorata: la pregnanza degli attori politici sul nostro territorio. Ed uso appositamente “nostro” perché ricordo, leggendo la Storia, che “se non ti interesserai di politica sarà la politica ad interessarsi di te”. Non lasciamo che la città di Varese e le città della sua Provincia si trasformino in aree al di fuori del “controllo” di chi ci opera ogni giorno, e quindi estranee. Considerando il fatto che non mi alletta il pensiero che qualcosa o qualcuno si interessino a me senza che io, nel mio piccolo, possa agire consapevolmente, mi ritrovo ad insistere sull’argomento.
Quindi: il “vuoto “della politica o la politica “sottovuoto”? E perché non proporre la saggezza di Bismarck quando, attraverso un aforisma che è divenuto voce di popolo, diceva: «La politica è come il salame: se i cittadini sapessero di cosa è fatto non lo mangerebbero più». Nonostante tutto, la politica è anche il sale dello sviluppo e della democrazia. Acquistando il quotidiano del mattino, spostandosi in automobile o con i mezzi pubblici, addentando una bistecca o un biscotto tutti noi compiamo, inconsciamente, azioni di politica.
Facciamo economia, interveniamo sul sociale, sui conflitti del welfare, sull’andamento della produzione, sui redditi. Essendo direttore di una significativa associazione di rappresentanza di interessi, mi sta a cuore il futuro di quella imprenditoria già consolidata – e che quotidianamente deve competere - e di quella neo-imprenditoria che, invece, cerca in noi strumenti per crescere e competere.
E qui sorge il primo problema: la mancanza di una omogeneità politica di sistema (locale, regionale, nazionale, europeo). La presenza di una simmetria tra gli schieramenti partitici e la società sembra essersi dissolta lasciando disordine e feriti sul campo.
Si è passati, come scrive Ilvo Diamanti, da una “politica sul territorio” ad una “politica senza territorio” dove i disagi – culturali, sociali, ovviamente politici – concorrono a creare quella società individualizzata, definita da Zygmunt Bauman, orfana di valori, scettica e cinica, velleitaria e disinteressata. Una società dove la continuità e la mediazione sono concetti insipidi, così come identità e rappresentanza politica.

Ci troviamo scaraventati in una “camera d’aria” dove, parlando in termini di Prima Repubblica, sembrano non esistere più una zona bianca, verde o rossa ma solo fratture cementate, velocemente, da alleanze di comodo nelle quali non si ritrovano i cittadini ma solo quei professionisti della politica che di quelle alleanze sono gli strateghi.
La Lega, per esempio, esaltando il localismo, il federalismo e, a fasi alterne, il secessionismo ha contribuito a rivoluzionare le formule della politica schierata in campo perché si è opposta al centro dell’economia (il fordismo del Nord-Ovest) ed al centro del potere nazionale (Roma). La Lega ha portato il “territorio contro la politica”, ma nello stesso tempo ha accentuato l’importanza del regionalismo o, comunque, di un’entità territoriale con le sue peculiarità culturali, economiche e sociali. Poi si è ritrovata ad essere componente di un network nazionale – azzurro - quale è Forza Italia, che spinge sul personalismo del suo leader, che accentra e non decentra, che dirige ma, permettetecelo, scarsamente governa. Che pensa, o pensava, di poter fare a meno del territorio ma sa di non potersi permettere un suo “annullamento”.
La politica attuale è più figlia della frantumazione o di invisibili sfilacciamenti, anche se può sembrare assurdo, che della capacità di fare coalizione. Il suo comunicare nasce da una grande esperienza mediatica, ma si ha l’impressione che i messaggi lanciati ai cittadini siano sempre più fragili e lontani dalla capacità comunicativa di una politica che realmente vuole fare gioco sul territorio per consolidare lo sviluppo. Perché è questo la vera risorsa alla quale si deve puntare: una risorsa competitiva per un mercato competitivo; un territorio a geometria variabile, quello della Provincia di Varese, al quale servono coalizioni per cooperare, consolidare le infrastrutture e garantire lo sviluppo. Ecco perché risultano essere dannose affermazioni come quelle del sindaco di Saronno. Il futuro della politica, probabilmente, si giocherà a livello locale andando alla ricerca di quelle soluzioni che potranno ribaltare nuovamente gli equilibri passando da una “politica senza territorio” ad una “politica sul territorio”. Una politica che – perché no? – può, o deve, nascere dal basso, magari «lontana dai partiti, senza i partiti o in modo critico rispetto ai partiti» ma nuovamente attiva ed impegnata nel territorio. Oserei dire radicata tra i cittadini e per i cittadini. Proprio quei cittadini che, coscienti delle trasformazioni sociali in atto costringeranno i partiti, dopo aver inseguito la strada della politica senza territorio, a rincorrere le strade della politica che conducono al territorio.

Marino Bergamaschi
direttore dell'Associazione Artigiani della Provincia di Varese