Incredibile a dirsi, ma la notizia della morte di Bobbio ha letteralmente cancellato dai telegiornali di ieri, di ieri l'altro e in parte anche di oggi il resto degli avvenimenti politici e di cronaca.
L'Italia trasecola per la perdita (ormai prevedibile) di un ultranovantenne che ideologicamente neanche apparteneva alla memoria collettiva di tutti. Eppure eccolo lì il solito teatrino torinese: camera ardente all'università, con schiere di politici commossi (in primis il Presidente della Repubblica) e quintali di comunicati di condoglianze. Dirette televisive, interviste, salotti e retorica a go gò; la strumentalizzazione di un corpo fino al suo ultimo atto esistenziale: la tumulazione (che fortunatamente avverrà in forma strettamente privata). Una monopolizzazione della notizia così forte che ha persino oscurato la scomparsa quasi contemporanea di un altro grande intellettuale del panorama politico torinese: Parisot.
Parisot, un astro nel mondo dell'arte e del pensiero moderno, una personalità che ha però avuto la sfortuna di morire mentre Bobbio agonizzava e poi moriva. I suoi stessi supporter (quelli modernisti per intenderci) lo hanno quasi ignorato, Hanno preferito inchinarsi alla corte di Bobbio e dimenticarsi di quella loro creatura. La notizia della sua morte? Ridotta a brevi trafiletti su internet e sui quotidiani. Ma cosa importava? Quello era il momento di Bobbio, Bobbio, Bobbio, Bobbio solamente e ossessivamente Bobbio. Del resto come ignorare una così ghiotta occasione per siliconare un'altro pò la memoria storica e collettiva di un paese in declino? Bobbio era la miscela giusta: antifascismo, intellettualismo e patriottismo (che coi comunisti non c'entra assolutamente una mazza), la scusa buona per calare ancora una volta su questo povero paese ancora un po di finto e sano mito nazionalpopolare e retorica patriottarda, la retorica storica di un nazionalismo che non c'è mai stato e che però oggi fa comodo ricostruire anche con i Norberto Bobbio, ma non con i Parisot.
Ho aspettato tre giorni per vedere se prima o poi avessero parlato della scomparsa di questo artista, ma i suoi "cultori" si devono essere distratti dai troppi tricolori che in questi giorni sventolavano per una o per l'altra occasione.
Ebbene ci penserò io, che non posso certamente dirmi cultore dell'arte moderna tout court, ma ci penserò ugualmente, mi dispiace sempre vedere una persona tradita, soprattutto quando viene tradita per pochi sporchi denari.
Il 7 gennaio è morto novantaduenne a Torino il pittore Adriano Parisot. Nel 1951 entrò a fare parte del Movimento Arte Concreta di Milano, formato da Dorfles, Munari e Regina, su suggerimento di Mario Soldati, suo amico. Nel '52 creo e diresse come segretario la sezione torinese del MAC; nel '53 fu direttore di una piccola galleria torinese (Le quattro Pipe) e dal '54 fu direttore della rivista 'I 4 Soli'.
Suoi lavori sono esposti in varie collezioni e musei, tra cui la Galleria d'Arte Moderna di Torino e il Centre Georges Pompidou di Parigi.
Riposa in pace Parisot, almeno nell'aldilà non ci saranno sicuramente anime di serie A e di serie B, ma soprattutto non ci sarà quell'insopportabile retorica.