Da Il Messaggero



Domenica 11 Gennaio 2004 Chiudi

IL MAGO DEI SONDAGGI


«Italiani sfiduciati? Sono delusi dalle promesse elettorali»

Pagnoncelli, dall’Abacus al gruppo francese Ipsos: aziende e partiti oggi osservano l’opinione pubblica su scala mondiale

di PIETRO PIOVANI


ROMA Secondo un recente sondaggio, la maggioranza degli italiani non crede ai sondaggi. Sembra il paradosso inventato da un filosofo greco (come quella vecchia battuta che dice: il 97,5 per cento delle statistiche sono sbagliate). Ma Aldo Pagnoncelli, fino al mese scorso direttore dell’Abacus e ora presidente di Ipsos Italia , ci tiene a correggere il dato: «Gli italiani non credono a tutti i sondaggi. C’è un sano scetticismo: si distingue tra sondaggi buoni e meno buoni ».
I sondaggi che lei realizza ogni settimana per il Messaggero descrivono un’Italia molto pessimista.
«Il livello di fiducia è più basso che nel ’92-’93. Eppure quella fu una crisi economica vera, e l’inflazione era più alta di oggi».
Come se lo spiega?
«Da una parte l’euro ha dato agli italiani la sensazione, giusta o sbagliata che sia, di essere più poveri. Dall’altra credo che sia la conseguenza delle aspettative create nel 2001. La speranza di un miglioramento della qualità della vita fu il filo conduttore dell’ultima campagna elettorale. Questo miglioramento non c’è stato, e ora gli italiani pensano di stare persino peggio di prima».
Lei ha deciso di cambiare società e lasciare l’Abacus. Come mai?
« Dopo diciannove anni ho portato a termine un incarico e mi è sembrato che fosse giunto il momento di affrontare nuove sfide».
La francese Ipsos è il terzo gruppo mondiale nel settore. Le società di rilevazione dell’opinione pubblica sono sempre più in mano a società straniere. Da che dipende?
« Queste ricerche hanno costi alti e concentrare più istituti in una stessa sigla consente di ottenere economie di scala. Inoltre, sempre più spesso, vengono richieste indagini di mercato che coprono venti, trenta paesi. Servono a grandi clienti come Coca Cola o Procter & Gamble. E i processi di integrazione europea porteranno a internazionalizzare non solo le indagini di mercato, ma anche le analisi dell’opinione pubblica».
Fare un sondaggio sugli orientamenti dell’opinione pubblica è diverso dal fare una ricerca di mercato?
«Il settore è delicato, richiede competenze specifiche. Quando società specializzate nel marketing si avventurano in un campo che non è il loro spesso prendono grosse cantonate».
A parte giornali e televisioni, chi sono i vostri committenti?
«Partiti, istituzioni nazionali, enti locali. E poi le aziende».
Le aziende?
«Alcuni fenomeni sociali non si capiscono analizzando soltanto i consumi».
Capire i fenomeni sociali serve a vendere prodotti?
« Faccio un esempio: nessuno avrebbe capito che i cibi biologici avevano un mercato se si fosse limitato a testare il gradimento di un prodotto. Conoscere il clima sociale aiuta a far emergere una domanda latente».
Ma gli italiani rispondono ancora ai sondaggi?
«Il tasso di rifiuto è in crescita. Ormai una persona su due non risponde».
E questo non falsa il campione?
«Il problema esiste. I rifiuti non sono distribuiti in modo omogeneo fra tutti gli strati della popolazione. Noi ricercatori dobbiamo trovare dei parametri per attenuare gli effetti di questa autoselezione».