Disse no a Hitler: verso gli altari

Morì sul carro bestiame diretto al campo di sterminio di Dachau Sposato, era
presidente della San Vincenzo

Da Bolzano
Cornelia Dell'Eva - Avvenire


«Non giuro a Hitler!». Con queste parole Josef Mayr Nusser, 34 anni,
cassiere in un negozio di Bolzano, sancì la propria condanna. Morì pochi
mesi dopo averle pronunciate, in un carro bestiame che lo portava al campo
di concentramento di Dachau.
Un gesto, il suo, compiuto nel nome della fede. Per questo la diocesi di
Bolzano-Bressanone ha aperto la fase diocesana del processo di
beatificazione, nominando postulatore don Josef Innerhofer, impegnato ora
nella raccolta del materiale che documenta la vita di questo martire della
fede.
Siamo nel 1944. Josef (Pepi per gli amici) viene arruolato nelle SS. Un
arruolamento che va contro le convenzioni internazionali, secondo cui una
potenza occupante non può arruolare nel proprio esercito i cittadini dello
stato occupato. Un arruolamento forzato che lo costrinse a lasciare la
famiglia, la moglie Hildegard ed il piccolo Albert, nato da pochi mesi, per
seguire un periodo di addestramento in Prussia. Al termine era previsto il
giuramento, la cui formula si concludeva con le parole «Che Dio mi assista».
Giurare a Hitler e chiedere l'aiuto di Dio in questo contesto suonava come
una bestemmia all'orecchio del giovane Josef che alzò la mano e disse che,
per motivi di fede, non poteva pronunciare quelle parole.
«Il maresciallo rimase di stucco poi andò a chiamare il comandante»,
racconta Franz Treibenreif, commilitone ed amico di Josef, in un
documentario realizzato dalla sede regionale della Rai. «Chiese a Pepi per
quale motivo non poteva prestare giuramento. Pepi rispose che era per motivi
religiosi. (.) Il comandante chiese solo di porre per iscritto la
dichiarazione, cosa che Pepi fece subito...».
I compagni cercarono di dissuaderlo dal suo intento, ma Josef era sicuro di
ciò che faceva. Ed era sicuro che la sua scelta fosse condivisa da
Hildegard: «Non saresti mia moglie se ti aspettassi da me qualcosa di
diverso», le scrisse dalla prigionia.
Il gesto di Mayr-Nusser non fu dettato da uno slancio emozionale ma maturato
ne gli anni precedenti, quando con gli amici dell'Azione Cattolica
sudtirolese si interrogava sul significato di essere cristiano e cercava di
interpretare alla luce del Vangelo gli avvenimenti che lo circondavano.
Forte fu anche il suo impegno a favore degli ultimi: presidente della
Conferenza San Vincenzo, non mancava di visitare i più poveri e portare loro
aiuti materiali e spirituali. Fu un cristiano nel senso pieno del termine,
quasi un anticipatore di quel "saper leggere i segni dei tempi" che Papa
Giovanni tanto raccomandava. Ancora oggi si ragiona spesso sull'impegno
socio-politico dei cristiani; Josef Mayr-Nusser ne fece una ragione di vita.
«Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma efficace». scriveva nello
Jugendwacht, rivista della Gioventù Cattolica. E fu coerente con le sue
parole.