....di SanRemo
Non prendete impegni dal 2 al 6 marzo, e scordatevi quella rottura di palle di Otto e mezzo. C’è Tony Renis con il suo 54° Festival di Sanremo, e sarà un successo colossale.
Leggete i giornali di sinistra, che volevano mettere in scena uno scontro tra la mafia e il figliolo del generale Dalla Chiesa: sono sbalorditi, storditi.
A Francesco Merlo hanno rifilato informazioni banali da cui non è riuscito a districarsi in tempo, ma il critico musicale di Repubblica (Gino Castaldo) e il cronista del Manifesto (Flaviano De Luca) e quello dell’Unità (Silvia Boschero) sono attoniti, con gli occhi fuori dalle orbite.
Scrivono tra le righe come i falasifa medievali, per evitare i fulmini dei direttori politici antiberlusconiani, ma si capisce quel che pensano a scorno della tirannia dell’establishment: la chiave essoterica dei pezzi di commento (all’attacco) è che sarà il Festival degli sconosciuti, fortemente osteggiato dai parrucconi del Codacons, ma la morale esoterica dei pezzi pubblicati dai giornali de sinistra (tutti in difesa, anzi apologetici) è che Sanremo sarà fantastico, perché i selezionati sono giovani, sono nuovi, sono di valore, non sono raccomandati (anzi: i raccomandati, se non valgono, tutti a casa), e in più sono beniamini di un paese senza voce, anzi senza ugola, c’è il jazzista, l’alternativo, lo spinellaro vascorossiano, c’è il beniamino segreto del pubblico adolescente, quello che ha sbancato la critica al Club Tenco, il cantautore rifondarolo, e tutti legati a un progetto di vera musica “con orecchio internazionale”.
E’ il progetto dell’amico di Frank Sinatra, a sua volta amico di Sam Giancana, il cattivo degli incubi che fa il Festival buono e da sogno, che punta sulle canzoni e non sui nomi, che non fa la solita festa mazzettara destinata prima o poi alla procura, che se ne impipa delle case discografiche, che fa precedere la gara dal seminario nell’università di Mogol, in Umbria, nell’ascetica Umbria patria dei santi poveri, alta cultura, altro che Benigni e il Paradiso di Dante.
Un delirio. Una meraviglia. Uno spiazzamento che fa di Tony Renis il Gramsci del Cav., un nazionalpopolare in bello stile, e cosmopolita, con numeri promessi da Blues Brothers, trasgressione e arte, arte e trasgressione per i palati fini e gli orecchi accordati di chi ama la musica.
I cronisti culturali della bella stampa rassicurano i direttori-tiranni parlando snobisticamente degli “scognomati” (il Manifesto), dei cantautori poveri che andranno lì a loro spese per la defezione dei ricchi discografici (questo è sull’Unità, il giornale dell’abbiente Verdurin): ma tra le righe, e nelle righe, sono onesti e hanno capito tutto.
E’ il trionfo di Tony Renis, il duetto degli scognomati con James Brown e Morris Albert e i Gipsy King e Natalie Cole, costruttori di imperi.
Altro che Gorbaciov, Dulbecco e il salottino buono di Fabio Fazio.
Con il Cav. e l’amico Tony si canta e si balla.
Ferrara sul suo Foglio
saluti