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    Predefinito Discorso di un autore anonimo renano-fiammingo.

    Oeuvres de Tauler, Sermon pour la féte de s.te Catherine, Trad. Noél, Tralin, 1911, t. V, 319-321.323.326-327.

    Cari amici, le parole del vangelo che avete ascoltato si prestano a una duplice interpretazione. Le possiamo applicare alla vergine di Cristo che ha lasciato tutto per conservare integra la perla della sua castità. Oppure possono indicare la meditazione e l'imitazione della passione di Cristo, paragonate ad una perla per la quale la vergine abdica ad ogni piacere di quaggiù per testimoniare la sua riconoscenza.
    Ci sono infatti due vie molto brevi ed efficaci per servire Dio.
    Il primo itinerario consiste nell'osservare le leggi e le pratiche ordinarie che raccomanda la santa Chiesa; in senso più specifico, si tratta di seguire i consigli dati da Cristo nel vangelo, ossia i voti di castità, povertà e obbedienza, e altre sante consuetudini. Tutte le regole, che derivano dai consigli evangelici e dalle costituzioni dei nostri santi Padri, offrono la meravigliosa possibilità di dominare il comportamento esteriore e di applicarsi alle virtù.
    Quanto al secondo itinerario, esso consiste nell'imitare la passione di Cristo Gesù, meditandola assiduamente.

    L'immagine della perla preziosa conviene per eccellenza alla passione del Salvatore. La vergine di Cristo penserà ogni giorno a quella perla, per custodirla e agghindarsene. Si rappresenterà Cristo dall'ultima cena fino all'ascensione in cielo, cercherà di adeguarsi a lui senza mettere fra parentesi nessuna circostanza, con immensa riconoscenza e amore infuocato.
    Una simile meditazione trionfa con facilità sulle tendenze della natura corrotta e sulle immaginazioni cattive. Mediante questo esercizio, si acquista quella profonda umiltà, che nasce dal trovarsi affrontato con i propri limiti e con i propri difetti interiori. Di lì poi ci è possibile elevarci rapidamente alla compassione intima e affettuosa per nostro Signore e per tutti gli uomini.
    Se invece uno tralascia di meditare i dolori e la morte di Gesù, rimane accalappiato dalle attività esterne, e difficilmente troverà la via del cuore. Avrà un bell'attendere ad atti ed esercizi esterni: se non si applica con tutte le forze alla memoria della passione di nostro Signore, non potrà gustare nessuna intima dolcezza.
    Le vergini di Cristo non smettono mai di meditare la vita e la passione del Signore, e Dio concede loro, per i meriti di quel mistero di dolore, la capacità di rimanere raccolte nel fondo di sé stesse. Questa singolare pietà spesso viene loro rimproverata, persino volta in ridicolo, giacché gli uomini interpretano il timore e la riserbatezza nei confronti di Dio come ipocrisia o scempiaggine. Ma Dio stesso è testimone dell'onestà delle loro intenzioni, e quelle vergini non badano ai giudizi altrui, inondate come si sentono di gratitudine e di conforto.
    Persino il demonio fatica a iniettare nel loro cuore una perniciosa tristezza, dal momento che quelle anime sono costantemente rivolte verso il proprio intimo. Esse non si aspettano nulla dai lumi naturali, dalla conversazione con gli uomini o dalle realtà esteriori, per sfolgoranti che siano. Neppure dipendono dalle consolazioni sensibili o da intime dolcezze che talvolta provano.

    Come si e detto, la perla che l'uomo trova dapprima nella dolcezza, nella conoscenza e nell'amore, dovrà poi farla fruttificare applicandosi in ogni esercizio anche a vantaggio dei fratelli.
    Poi egli passerà dalla soavità all'amarezza, in quell'abbandono che accetta per amore ogni sofferenza e l'amputazione della volontà propria.
    Una volta che si sia affrancato dall'io e sia nudo da ogni diletto, l'uomo diventa libero dalle tentazioni e dalle insidie del demonio, non conosce più quaggiù nessuna perniciosa depressione, e si premunisce contro l'inferno e il purgatorio della vita futura.
    Il primo grado della vita spirituale consiste nell'impegnarsi ad atti di virtù, intrisi di consolazione; l'ultimo grado compie quei medesimi atti, ma nello sforzo, nel dolore, nei rimorsi e nei duri rimbrotti della coscienza. L'uomo spirituale deve sopportarli con fede semplice, abbandonarsi totalmente a Dio fidandosi di lui con una speranza tenace. Egli si consegna nelle mani di Dio per il tempo presente e per l'eternità.
    Vedete, carissimi, fin dove ci conduce la meditazione sui patimenti di Cristo: perveniamo al vertice della perfezione e all'unione perfetta nell'unico Spirito. Davvero il nostro amabilissimo Creatore ci venga in aiuto per trovare la perla preziosa! Amen.

    Francesco Guarino, S. Agnese, 1650 circa, Cosenza

    Marco Benfial, Martirio di S. Agnese, 1750 circa, Chiesa della Ss. Trinità degli Spagnoli, Roma

    Amelia De Angelis, S. Agnese presenta le figlie di Maria alla Vergine, 1867, dettaglio, Basilica di S. Agnese fuori le mura, Cappella della Pia Unione Primaria delle Figlie di Maria, Roma

    Frank Cadogan Cowper, S. Agnese riceve in prigione da un angelo una veste bianca, 1905, Tate Gallery, Londra

  2. #12
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    Predefinito Dai Discorsi di san Francesco di Sales.

    Sermon de vêture, pour la fête de sainte Anne. Oeuvres, Annecy, 1897, t. 9, 170-171.174.175.176.177.

    Gesù si esprime con un paragone molto a proposito quando dice che il Regno dei cieli è simile a un mercante in cerca di perle; quando finalmente egli ne trova una di impagabile pregio, di valore eccezionale, vende tutto quello che ha per acquistarla. Il Signore si vale di questa similitudine per farci capire come chi traffica per il cielo assomiglia al mercante di cui si è detto; se fate ben attenzione si tratta di un medesimo baratto, nel senso che i due operano identiche scelte.
    Vedete questo mercante? Va in cerca di perle, ma quando ne trova una, ne pondera bene il pregio e l'eccellenza; vende tutti i suoi averi per potere acquistare. In fondo, ciascuno di noi agisce così, perché ognuno cerca la felicità e il benessere, benché li trovi unicamente colui che incontra la perla preziosa del puro amore di Dio, e una volta trovata, vende tutto quello che possiede per averla.

    Desideri la perla? La potrai avere, purché tu sia capace del perfetto abbandono di tutto; anzi, occorre lasciare se stessi, giacché il puro amore di Dio non tollera invadenze indebite. Non solo non ammette rivali, ma vuole dimorare unico nei nostri cuori e regnarvi a suo pieno agio. Se Dio smette di regnare nel cuore, cessa anche di dimorarvi.
    Noi abbiamo due "io", cui occorre rinunziare con un totale abbandono, senza alcuna riserva per essere veri religiosi. Il primo "io" è quello esterno, che san Paolo chiama l'uomo vecchio. E poi c'è l'altro "io", il giudizio proprio, la volontà propria. In questo secondo io sta il punto nodale. Occorre seriamente cimentarsi con la rinuncia del corpo, ma non basta:
    dobbiamo soprattutto mortificare lo spirito. Ascoltate la sposa del Cantico dei Cantici: Se uno dà tutte le sue ricchezze per Dio, per il suo puro amore, le stimerà un nulla (cf Ct 8,7), credendo di non avere dato quasi un niente in cambio di una perla tanto preziosa.

    Le anime che hanno compiuto la generosa impresa di trasformarsi tutte in Dio, ahimè che cosa non devono fare per annientarsi! Devono abbandonare se stesse completamente fino a quando, del tutto purificate, sono esclusiva dimora dell'ineffabile Dio che, inabitandole, le restituisce alla sorgiva immagine e somiglianza della sua maestà.
    Considerate il cammino intrapreso da Paolo per poter dire in verità: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20). Persecuzioni, penitenze, abiezioni e tormenti con pene di ogni genere non furono la sua parte? Rammentate quello che scrisse: Insultati, perseguitali, calunniati, siamo diventati come la spazzatura del mondo (1 Cor 4,1213).

    In che cosa pensate che consista la grandezza dell'anima coraggiosa? Ebbene, nella piccolezza del coraggio. La possederete tanto più gagliarda quanto più sarete "piccoli" in voi stessi. Ricordatevi della parola così meravigliosamente inculcata da nostro Signore nel cuore degli apostoli: Se non vi convertire te e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3). Occorre essere pari ai bambini nel senso di avere un coraggio che, di fatto, coincida con una profonda umiltà di cuore.
    Vi prego però di notare come il Salvatore ha praticato il coraggio fino all'estremo nell'atto più eccellente dell'amore che ci ha manifestato: nella sua morte e nella sua passione. Osservate che allora non fa altro se non lasciare che facciano di lui tutto quello che vogliono. La magnanimità del suo coraggio consiste nel lasciarsi maneggiare, alla mercé della volontà di chiunque.
    Anche il nostro coraggio dovrà seguire un percorso analogo: non tanto fare, quanto lasciar fare di noi tutto quello che vorranno.


  3. #13
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    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 356-360

    21 GENNAIO

    SANT'AGNESE, VERGINE E MARTIRE


    Non abbiamo ancora esaurito la splendida assemblea di Martiri che si incontra in questi giorni dell'anno. Ieri Sebastiano; domani Vincenzo, che porta la vittoria finanche nel suo nome. Fra questi grandi santi appare oggi la giovanissima Agnese. È a una fanciulla di tredici anni che l'Emmanuele ha dato il coraggio del martirio. Essa avanza nell'arena con un passo fermo al pari di quello dell'ufficiale romano e del Diacono di Saragozza. Se questi sono i soldati di Cristo, quella ne è la casta amante. Ecco il trionfo del Figlio di Maria! Egli si è appena manifestato al mondo, che tutti i nobili cuori volano verso di lui, secondo quelle parole: "Dove sarà il corpo, ivi si raduneranno le aquile" (Mt 24,28).

    Mirabile frutto della verginità della madre sua, che ha tenuto in onore la fecondità dell'anima, molto al disopra di quella dei corpi. Essa ha aperto una nuova via attraverso la quale le anime elette avanzano rapidamente fino al divino Sole, di cui il loro sguardo purificato contempla, senza nubi, i raggi, poiché egli ha detto: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8).

    Gloria immortale della Chiesa cattolica, la sola che possieda nel suo seno il dono della verginità, principio di tutte le dedizioni, poiché procede unicamente dall'amore! Sublime onore per Roma cristiana aver prodotto Agnese, questo angelo della terra, davanti a cui impallidiscono le antiche Vestali la cui verginità ricolma di favori e di ricchezze non fu mai provata dal ferro e dal fuoco!

    Quale fama può paragonarsi a quella di questa fanciulla, il cui nome sarà letto sino alla fine del mondo nel Canone della Messa? L'orma dei suoi innocenti passi, dopo tanti secoli, è ancora impressa nella città santa. Qui, sull'antico Circo Agonale, sorge un tempio che dà accesso a quelle volte già contaminate dalla prostituzione ed ora fragranti del profumo di sant'Agnese. Più lontano, sulla via Nomentana, fuori delle mura di Roma, una magnifica basilica, costruita da Costantino, custodisce, sotto un altare rivestito di pietre preziose, il casto corpo della vergine. Sotto terra, attorno alla basilica, hanno inizio e si estendono vaste cripte, al centro delle quali Agnese riposò fino al giorno della pace e dove dormirono, come sua guardia d'onore, migliaia di Martiri.

    Né dobbiamo passare sotto silenzio il grazioso omaggio che rende ogni anno la santa Chiesa di Roma alla giovane Vergine, nel giorno della sua festa. Vengono posti sull'altare della basilica Nomentana due agnelli, che ricordano insieme la mansuetudine del divino Agnello e la dolcezza di Agnese. Dopo essere stati benedetti dall'Abate dei Canonici regolari che prestano servizio in quella chiesa, vengono portati in un monastero di religiose che li allevano con cura e la loro lana serve per tessere il Pallium che il Sommo Pontefice deve mandare, come segno della loro giurisdizione a tutti i Patriarchi e Metropoliti del mondo cattolico. Così, il semplice ornamento di lana che quei Prelati porteranno sulle spalle come simbolo della pecora del buon Pastore, e che il Papa prende sulla tomba stessa di san Pietro per inviarlo ad essi, recherà fino agli estremi confini della Chiesa il duplice sentimento della forza del Principe degli Apostoli e della dolcezza virginea di Agnese.

    Riporteremo ora le meravigliose pagine che sant'Ambrogio, nel suo libro sulle Vergini, ha consacrate alla lode di sant'Agnese (l. I, cap. 2, PL 16, c. 189-191). La Chiesa ne legge la maggior parte nell'Ufficio di oggi; e la vergine di Cristo non poteva desiderare miglior panegirista del grande vescovo di Milano, il più eloquente dei Padri in tema di verginità, e il più persuasivo, poiché la storia ci dice che, nelle città in cui predicava, le madri trattenevano in casa le figlie per timore che le ardenti parole del prelato accendessero in loro un così ardente amore per Cristo da vederle rinunciare al matrimonio.

    "Dovendo scrivere un libro sulla Verginità - dice il grande vescovo - mi ritengo onorato di poterlo aprire con l'elogio della vergine la cui solennità ci riunisce. È oggi la festa d'una Vergine: cerchiamo la purezza. È oggi la festa d'una Martire: immoliamo vittime. È oggi la festa di sant'Agnese: si sentano pieni d'ammirazione gli uomini, non si perdano d'animo i fanciulli, guardino con stupore le spose e le vergini cerchino di imitare. Ma come potremo parlare degnamente di colei della quale il nome stesso racchiude l'elogio? Il suo zelo è stato superiore all'età e la sua virtù superiore alla natura, di modo che il suo nome non sembra un nome umano, ma piuttosto un oracolo che presagiva il suo martirio". Il santo Dottore fa qui allusione alla parola agnello, da cui si può far derivare il nome di Agnese. Lo considera quindi come formato dal termine greco agnos, che significa puro, e continua così il suo discorso: "Il nome di questa Vergine è anche un titolo di purezza: devo dunque celebrarla come Martire e come Vergine. È una lode abbondante, né si ha bisogno di cercarla: esiste già di per sé. Si ritiri il retore, e ammutolisca l'eloquenza; una sola parola, il suo solo nome loda Agnese. La cantino dunque i vecchi, i giovani e i bambini. Celebrino tutti gli uomini questa Martire; poiché non possono pronunciare il suo nome senza lodarla.

    Si narra che aveva tredici anni quando subì il martirio. Orribile crudeltà del tiranno, che non risparmia un'età così tenera; ma, più ancora, meraviglioso potere della fede, che trova testimoni di quell'età! C'era posto in un corpo così piccolo per le ferite? La spada trovava appena su quella fanciulla un luogo dove colpire; eppure Agnese aveva in sé il modo di vincere la spada.

    A quell'età la giovanetta trema allo sguardo adirato della madre; una puntura d'ago le strappa le lacrime, come se fosse una ferita. Intrepida fra le mani sanguinose dei carnefici, Agnese rimane immobile sotto le pesanti catene che la opprimono; ignara ancora della morte, ma pronta a morire, presenta tutto il corpo alla punta della spada d'un soldato furente. Viene trascinata, suo malgrado, agli altari: essa stende le braccia a Cristo attraverso i fuochi del sacrificio, e la sua mano forma, fin sulle mani sacrileghe, quel segno che è trofeo del Signore vittorioso.

    Passa il collo e le mani attraverso i ferri che le vengono presentati; ma non se ne trovano che possano stringere membra così esili.

    Nuovo genere di martirio! La Vergine non ha ancora l'età del supplizio, ed è già matura per la vittoria; non è ancora matura per il combattimento, ed è già capace della corona; aveva contro di sé il pregiudizio dell'età, ed è già maestra in fatto di virtù. La sposa non va verso il letto nuziale con la stessa premura di questa Vergine che avanza piena di gioia, con passo veloce, verso il luogo del supplizio, ornata non d'una capigliatura acconciata a regola d'arte, ma di Cristo; incoronata non di fiori, ma di purezza.

    Tutti piangevano; essa sola non piange. Ci si meraviglia che offra così facilmente la vita che ancora non ha gustata e che la sacrifichi come se già l'avesse esaurita. Tutti stupiscono che sia già il testimone della divinità, ad un'età in cui non potrebbe ancora disporre di se stessa. Le sue parole non avrebbero valore nella causa d'un mortale, ma sono credute oggi nella testimonianza che rende a Dio. Infatti, una forza che è al di sopra della natura non può derivare che dall'autore della stessa natura.

    Quali terrori non mise in atto il giudice per intimidirla! e quante carezze per conquistarla! Quanti uomini la chiesero in isposa! Essa esclama: L'amata fa ingiuria allo sposo, se si fa aspettare!

    Mi avrà soltanto colui che per primo mi ha scelta. Perché tardi, o carnefice? Perisca questo corpo che può essere amato da occhi che io non gradisco.

    Si offre, prega, e china il capo. Avreste potuto vedere il carnefice tremare come se egli stesso fosse stato condannato, la sua mano esitante, il suo volto pallido come per un estraneo pericolo, mentre la giovinetta contemplava, senza alcun timore, il proprio pericolo. Ecco dunque, in una sola vittima, un duplice martirio: uno di castità, l'altro di religione. Agnese rimase vergine, ed ottenne il martirio".

    La Chiesa Romana canta oggi magnifici responsori nei quali Agnese esprime con tanta soavità il suo innocente amore, e la beatitudine che prova nell'essere disposata a Cristo. Sono formati da parole tratte dagli antichi Atti della martire, attribuiti per lungo tempo a sant'Ambrogio.

    R. Il mio Sposo ha ornato di pietre preziose il mio collo e la mia mano; ha posto ai miei orecchi perle inestimabili: * E mi ha tutta adornata di pietre fini e scintillanti. V. Ha lasciato il suo segno sul mio viso, affinché non ammetta altro amante che lui, * E mi ha tutta adornata ...

    R. Io amo Cristo, e sarò la sposa di Colui la cui Madre è Vergine, di Colui che il Padre ha generato spiritualmente, di Colui che già fa risonare ai miei orecchi le sue armoniose note: * Se l'amo, sono casta; se lo tocco, sono pura; se lo possiedo, sono vergine. V. Mi ha dato un anello come pegno della sua fede, e mi ha ornata d'una ricca collana. * Se l'amo ...

    R. Ho succhiato il miele e il latte sulle sue labbra: * E il suo sangue colora le mie gote. V. Mi ha mostrato tesori incomparabili, dei quali mi ha promesso il possesso. * E il suo sangue ...

    R. Di già, per l'alimento celeste, la sua carne è unita alla mia, e il suo sangue colora le mie gote. * È lui la cui Madre è vergine, e che il Padre ha generato spiritualmente. V. Sono unita a Colui che gli Angeli servono, a Colui del quale il sole e la luna ammirano la bellezza. * È lui la cui Madre ...

    Come è dolce e forte, o Agnese, l'amore di Gesù tuo sposo! Come si impadronisce dei cuori innocenti, per trasformarli in cuori intrepidi! Che cosa ti importavano il mondo e i suoi piaceri, il supplizio e le sue torture? Che dovevi temere dalla terribile prova a cui volle sottometterti la feroce derisione del persecutore? Il rogo e la spada non erano nulla per te; il tuo amore ti diceva abbastanza che nessuna violenza umana ti avrebbe rapito il cuore dello Sposo divino; avevi la sua parola, e sapevi che egli è fedele.

    O fanciulla così pura in mezzo al contagio di Roma, così libera in mezzo ad un popolo schiavo, come appare in te il carattere dell'Emmanuele! Egli è l'Agnello, e tu sei semplice come lui; è il Leone della tribù di Giuda, e, come lui, tu sei invincibile. Quale è dunque la nuova stirpe discesa dal ciclo che viene a popolare la terra? Oh, vivrà per lunghi secoli questa famiglia cristiana uscita dai Martiri, che conta fra i suoi antenati eroi così magnanimi: vergini, fanciulli, a fianco di pontefici e di guerrieri, tutti ripieni d'un fuoco celeste, e che aspirano solo ad uscire da questo mondo dopo aver sparso il seme delle virtù! Così sono riavvicinati a noi gli esempi di Cristo dalla catena dei suoi Martiri. Per natura essi erano fragili come noi; dovevano vincere i costumi pagani che avevano corrotto il sangue dell'umanità; eppure erano forti e puri.

    Volgi gli occhi su di noi, o Agnese, e soccorrici. L'amore di Cristo languisce nei nostri cuori. Le tue battaglie ci commuovono; versiamo qualche lacrima al racconto del tuo eroismo; ma siamo deboli contro il mondo e i sensi. Infrolliti dalla continua ricerca dei nostri comodi e da un folle sperpero di quella che chiamiamo sensibilità, non abbiamo più coraggio di fronte ai doveri. Non è forse vero dire che la santità non è più compresa? Essa stupisce, e scandalizza; la giudichiamo imprudente ed esagerata. Eppure, o Vergine di Cristo, tu sei lì davanti a noi, con le tue rinunce, i tuoi ardori celesti, la tua sete della sofferenza che conduce a Gesù. Prega per noi indegni; elevaci al sentimento d'un amore generoso ed operante. Vi sono, sì anime forti che ti seguono, ma sono poche; aumentane il numero con le tue preghiere, affinché l'Agnello, in cielo, abbia un numeroso seguito.

    Tu ci appari, o Vergine innocente, in questi giorni in cui ci stringiamo intorno alla culla del divino Bambino. Chi potrebbe descrivere le carezze che tu gli prodighi, e quelle di cui egli ti ricolma? Lascia tuttavia che i peccatori si accostino a questo Agnello che viene a riscattarli, e raccomandali tu stessa a quel Gesù che hai sempre amato. Guidaci a Maria, la tenera e pura agnella che ci ha dato il salvatore. Tu che rispecchi in te il soave splendore della sua verginità, ottienici da essa uno di quegli sguardi che purificano i cuori.

    Intercedi, o Agnese, per la santa Chiesa che è anche la Sposa di Gesù. È essa che ti ha generata al suo amore, ed è da essa che anche noi abbiamo la vita e la luce. Ottieni che sia sempre più feconda di vergini fedeli. Proteggi Roma, dove la tua tomba è tanto gloriosa. Benedici i Prelati della Chiesa: chiedi per essi la dolcezza dell'agnello, la fermezza della roccia, lo zelo del buon pastore per la pecorella smarrita. E infine sii l'aiuto di tutti coloro che ti invocano; e il tuo amore per gli uomini si accenda sempre di più a quello che brucia nel Cuore di Gesù.

  4. #14
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    Altare dell'urna del capo di S. Agnese, Basilica di S. Agnese in Agone, Roma

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    Guercino, S. Agnese, 1637 circa, collezione privata

    Francisco Pacheco, Matrimonio mistico di S. Agnese, 1628, Museo de Bellas Artes, Siviglia


    Vicente Carducho, S. Agnese, 1637, Museo del Prado, Madrid

    Francisco Rizi, S. Agnese, Museo del Prado, Madrid

    Francisco Pacheco, S. Agnese, 1608, Museo del Prado, Madrid

    Francisco de Osona, SS. Stefano ed Agnese, 1505 circa, Museo delle belle arti, Valencia

  7. #17
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    St. Agnes of Rome

    Of all the virgin martyrs of Rome none was held in such high honour by the primitive church, since the fourth century, as St. Agnes.

    In the ancient Roman calendar of the feasts of the martyrs (Depositio Martyrum), incorporated into the collection of Furius Dionysius Philocalus, dating from 354 and often reprinted, e.g. in Ruinart [Acta Sincera Martyrum (ed. Ratisbon, 1859), 63 sqq.], her feast is assigned to 21 January, to which is added a detail as to the name of the road (Via Nomentana) near which her grave was located. The earliest sacramentaries give the same date for her feast, and it is on this day that the Latin Church even now keeps her memory sacred.

    Since the close of the fourth century the Fathers of the Church and Christian poets have sung her praises and extolled her virginity and heroism under torture. It is clear, however, from the diversity in the earliest accounts that there was extant at the end of the fourth century no accurate and reliable narrative, at least in writing, concerning the details of her martyrdom. On one point only is there mutual agreement, viz., the youth of the Christian heroine. St. Ambrose gives her age as twelve (De Virginibus, I, 2; P.L., XVI, 200-202: Haec duodecim annorum martyrium fecisse traditur), St. Augustine as thirteen (Agnes puella tredecim annorum; Sermo cclxxiii, 6, P.L., XXXVIII, 1251), which harmonizes well with the words of Prudentius: Aiunt jugali vix habilem toro (Peristephanon, Hymn xiv, 10 in Ruinart, Act. Sinc., ed cit. 486). Damasus depicts her as hastening to martyrdom from the lap of her mother or nurse (Nutricis gremium subito liquisse puella; in St. Agneten, 3, ed. Ihm, Damasi epigrammata, Leipzig, 1895, 43, n. 40). We have no reason whatever for doubting this tradition. It indeed explains very well the renown of the youthful martyr.

    Sources

    We have already cited the testimony of the three oldest witnesses to the martyrdom of St. Agnes:
    • St. Ambrose, De Virginibus, I, 2;
    • the inscription of Pope Damasus engraved on marble, the original of which may yet be seen at the foot of the stairs leading to the sepulchre and church of St. Agnes (Sant' Agnese fuori le muri);
    • Prudentius, Peristephanon, Hymn 14.

    St. Ambrose

    The rhetorical narrative of St. Ambrose, in addition to the martyr's age, gives nothing except her execution by the sword.

    Pope Damasus

    The metrical panegyric of Pope Damasus tells us that immediately after the promulgation of the imperial edict against the Christians, Agnes voluntarily declared herself a Christian, and suffered very steadfastly the martyrdom of fire, giving scarcely a thought to the frightful torments she had to endure, and concerned only with veiling, by means of her flowing hair, her chaste body which had been exposed to the gaze of the heathen multitude (Nudaque profusum crinem per membra dedisse, Ne domini templum facies peritura videret).

    Prudentius

    Prudentius, in his description of the martyrdom, adheres rather to the account of St. Ambrose, but adds a new episode: The judge threatened to give over her virginity to a house of prostitution, and even executed this final threat; but when a young man turned a lascivious look upon the virgin, he fell to the ground stricken with blindness, and lay as one dead. Possibly this is what Damasus and Ambrose refer to, in saying that the purity of St. Agnes was endangered; the latter in particular says (loc. cit.): Habetis igitur in una hostiâ duplex martyrium, pudoris et religionis: et virgo permansit et martyrium obtinuit (Behold therefore in the same victim a double martyrdom, one of modesty, the other of religion. She remained a virgin, and obtained the crown of martyrdom). Prudentius, therefore, may have drawn at least the substance of this episode from a trustworthy popular legend.

    Agnes beatae virginis

    Still another source of information, earlier than the Acts of her martyrdom, is the glorious hymn: Agnes beatae virginis, which, though probably not from the pen of St. Ambrose (since the poet's narrative clings more closely to the account of Damasus), still betrays a certain use of the text of St. Ambrose, and was composed not long after the latter work. (See the text in Dreves, Aur. Ambrosius der Vater des Kirchengesanges, 135, Freiburg, 1893).

    The Acts of the Martyrdom of St. Agnes

    The Acts of the Martyrdom of St. Agnes belong to a somewhat later period, and are met with in three recensions, two Greek and one Latin. The oldest of them is the shorter of the two Greeks texts, on which the Latin text was based, though it was at the same time quite freely enlarged. The longer Greek text is a translation of this Latin enlargement (Pio Franchi de Cavalieri, St. Agnese nella tradizione e nella legenda, in Römische Quartalschrift, Supplement X, Rome, 1899; cf. Acta SS., Jan. II, 350 sqq). The Latin, and consequently, the shorter Greek text date back to the first half of the fifth century, when St. Maximus, Bishop of Turin (c. 450-470), evidently used the Latin Acts in a sermon (P.L., LVII, 643 sqq.). In these Acts the brothel episode is still further elaborated, and the virgin is decapitated after remaining untouched by the flames.

    After her martyrdom

    We do not know with certainty in which persecution the courageous virgin won the martyr's crown. Formerly it was customary to assign her death to the persecution of Diocletian (c. 304), but arguments are now brought forward, based on the inscription of Damasus, to prove that it occurred during one of the third-century persecutions subsequent to that of Decius.

    The body of the virgin martyr was placed in a separate sepulchre on the Via Nomentana, and around her tomb there grew up a larger catacomb that bore her name. The original slab which covered her remains, with the inscriptions Agne sanctissima, is probably the same one which is now preserved in the Museum at Naples. During the reign of Constantine, through the efforts of his daughter Constantina, a basilica was erected over the grave of St. Agnes, which was later entirely remodelled by Pope Honorius (625-638), and has since remained unaltered. In the apse is a mosaic showing the martyr amid flames, with a sword at her feet. A beautiful relief of the saint is found on a marble slab that dates from the fourth century and was originally a part of the altar of her church.

    Since the Middle Ages St. Agnes has been represented with a lamb, the symbol of her virginal innocence. On her feast two lambs are solemnly blessed, and from their wool are made the palliums sent by the Pope to archbishops.

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. I, New York, 1907

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    Johann von Schraudolph, S. Agnese di Roma, 1842, Neue Pinakothek, Monaco

    Alessandro Turchi, S. Agnese protetta dall'angelo, 1620 circa, Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles

    Tintoretto, Miracolo di S. Agnese, 1577 circa, Madonna dell'Orto, Venezia

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    Il Papa ha benedetto gli agnelli la cui lana servirà per i Pallii

    Come ogni anno in occasione della Solennità di Sant’Agnese


    CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 21 gennaio 2008 (ZENIT.org).- In occasione della memoria liturgica di Sant’Agnese, il Papa ha benedetto lunedì mattina, nella Cappella Urbano VIII del Palazzo Apostolico Vaticano, due agnelli vivi la cui lana sarà utilizzata per confezionare i Pallii dei nuovi Arcivescovi Metropoliti.

    Il Pallio, insegna liturgica d’onore e di giurisdizione indossata dal Papa e dagli Arcivescovi Metropoliti nelle loro chiese e in quelle delle loro province, vuole simboleggiare la pecorella smarrita e ritrovata, portata sulle spalle dal Buon Pastore, e l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità.

    Inizialmente attributo esclusivo del Sommo Pontefice, venne poi accordato dal Santo Padre anche ai Vescovi che avessero ricevuto dalla Sede Apostolica una speciale giurisdizione: nel 513, infatti, Papa Simmaco lo concesse a Cesario, Vescovo di Arles.

    Come segno di speciale vicinanza alla Sede Apostolica, è collocato dai Vescovi intorno alle spalle, proprio a simboleggiare un agnello.

    Il Pallio reca impresse sei croci di seta nera ed è ornato da tre spille gemmate, chiamate “aciculae”, che anticamente tenevano fermo il paramento sul petto, sul dorso e sulla spalla sinistra e che ricordano la Passione di Cristo.

    Il Pontefice benedice i nuovi Pallii il 29 giugno, in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Essi vengono quindi riposti in un’urna di bronzo donata da Benedetto XIV e conservata nella cosiddetta “nicchia dei pallii” presso la Confessione di San Pietro.

    I due agnelli, in genere dono dei religiosi dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi, che servono la Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura, vengono allevati nel Monastero trappista delle Tre Fontane.

    Dopo la tosatura, saranno le suore del Monastero benedettino di Santa Cecilia in Trastevere a provvedere alla confezione dei Pallii, in sottili bende, larghe dai 4 ai 6 centimetri.

    La benedizione degli agnelli ha luogo nel giorno in cui si commemora Sant’Agnese, per ricordarne la morte cruenta, avvenuta nel Circus Agonalis (attuale Piazza Navona), luogo dove sorge oggi la cripta a lei dedicata, e dove venne esposta e poi trafitta con un colpo di spada alla gola, nel modo in cui si uccidevano gli agnelli.

    Nata nel III secolo da nobile famiglia, a dodici anni Agnese consacrò la propria vita a Dio facendo voto di verginità.

    Dopo lo scoppio di una terribile persecuzione contro i Cristiani, venne denunciata in quanto tale dal figlio del Prefetto di Roma, che la ragazza aveva respinto per tener fede alla promessa fatta al Signore.

    Per questo motivo, e anche per un gioco di parole latine che lega il nome di Agnese all'agnus, l’iconografia raffigura spesso la Santa con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio.

    Fonte: Zenit, 21.1.2008

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    Jacques Callot, S. Agnese, vergine e martire, 1630-36, Auckland Art Gallery, Auckland, Nuova Zelanda

 

 
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