riporto un interessante intervista a Finkelstein, postata da ARI6 sul fondoscala....

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ARI6 []
Estremista della libertà

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Post #73 di 74

Posto qui una intervista, vecchia di un paio d'anni, allo storico Finkelstein. Che ovviamente, dopo il libro del quale si parla nell'intervista, è stato accusato di revisionismo negazionista. Ditemi voi se è tollerabile...
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Jean-Paul Sartre scrisse che l'antisemita è in una gran brutta
posizione: per vivere, ha bisogno delle stesse persone che vorrebbe
distruggere. Col suo The Holocaust Industry (in Italia, uscirà per Rizzoli),
Norman Finkelstein ci dimostra che è vero anche il contrario.
Figlio di due sopravvissuti di Auschwitz, storico vicino agli ambienti della
New Left (Noam Chomsky e compagnia), Finkelstein ha scioccato mezzo mondo in
appena centocinquanta pagine. Scrivendo una radiografia impietosa di quella
che lui definisce industria dell'Olocausto, cioè del giro d'affari e
d'interessi che ha fatto del genocidio degli ebrei una specie di Disneyland
ambulante.
"In America, oggi ci sono più Holocaust Museum che Burger King. Tempo un
paio di anni, e surclasseranno anche McDonald's", ci dice lui, la voce che
vibra d'indignazione.

-Professor Finkelstein, nel suo libro lei distingue: una cosa è l'olocausto
nazista, un'altra L'Olocausto con le maiuscole...

Esattamente. Chiamo olocausto nazista il fatto storico, la "soluzione
finale", il genocidio degli ebrei compiuto dai tedeschi. L'Olocausto è
invece la costruzione ideologica elaborata a partire da quell'evento
storico.

-Perchè non usa il termine Shoa?

Shoa è un'espressione figlia di un certo sciovinismo etnico dell'èlites
ebraica americana, nel tentativo consapevole di mistificare quanto accadde
allora.ÝSa perchè hanno cominciato a parlare di Shoa? Perchè a certi
esponenti della comunità ebraica non andava giù che altre culture si
riferissero ai rispettivi genocidi parlando di "olocausto". Così, per
differenziarsi dall'olocausto dei neri deportati in America, dall'olocausto
degli armeni, dall'olocausto dei nativi americani, hanno rispolverato la
parola Shoa.

-Lei ha scritto che l'Olocausto, inteso come costruzione ideologica, si fonda
su due dogmi. Uno è appunto quella che viene chiamata la sua unicità...

Diciamo pretesa unicità. Ora, è evidente che ogni evento storico ha delle
caratteristiche "uniche", come è "unica" la sua determinazione temporale.
Per esempio, Hiroshima: sicuramente è un evento significativo, con
caratteristiche importanti, segna l'inizio dell'era atomica. Ma non vuol
dire che non si possano tracciare paragoni con altri episodi simili, con
altre forme di genocidio. Anzi. Fare storia è proprio questo: cercare
elementi di comunanza, paragonare, raffrontare, discutere. Se si evita di
farlo, non è storia, è propaganda. E mi sembra che L'Olocausto sia proprio
questo, propaganda, nel momento in cui se ne proclama l'unicità. Sicuramente
l'olocausto nazista ha delle caratteristiche uniche - su tutte, l'idea
dell'omicidio in catena di montaggio che ne è tipica - ma non è un evento
"unico". E' stato un genocidio. Come purtroppo molti altri. Chi parla di
"unicità" lo fa per ragioni non storiche, ma politiche.

-Quali?

Mettiamola così. Se si accetta che la sofferenza degli ebrei è "unica", ne
consegue che gli ebrei hanno speciali diritti, che non devono sottostare
agli "standard" morali che valgono per tutti gli altri.


-Questa posizione sarebbe rafforzata da quello che lei ha individuato come il
secondo "dogma", entrando in polemica con Daniel Goldhagen, autore de I
volonterosi carnefici di Hitler (Mondadori).


Il libro di Goldhagen rispolvera l'idea di un eterno complotto dei "gentili"
contro il popolo eletto. Tutti i gentili, lascia intendere Goldhagen,
vorrebbero uccidere gli ebrei, Hitler non ha fatto altro che dare loro la
possibilità di farlo.
Ma non c'è nessuna evidenza storica che possa confermare le tesi di
Goldhagen.

-Nessuna?

Nessuna. Certo che un libro del genere è risultato utilissimo, politicamente
intendo.

-Mi scusi, ma a chi di preciso?

In primo luogo allo Stato di Israele, per ovvi motivi. Credo sia sotto gli
occhi di tutti che Israele si è macchiato di una serie di crimini,
dall'aggressione all'occupazione militare alla tortura, prontamente
condonati in nome dell'Olocausto. E poi al governo degli Stati Uniti. Che
parla di "nuovo Olocausto" ogni qualvolta si picca di spedire i marines in
giro per il mondo (in Kosovo piuttosto che in Kuwait), salvo dimenticarsene
per esempio per quel che riguarda i genocidi di Timor Est e del Guatemala,
in cui gli USA avevano pesanti responsabilità.

-L'attuale esplosione di reminescenze dell'Olocausto viene solitamente
spiegata così: prima la comunità ebraica aveva tentato invano di reprimere
il ricordo, oggi intende consegnare memoria di quei tempi alle nuove
generazioni. Lei scrive che è un teorema sballato. Ci spiega perchè?

Da questo punto di vista, vale la pena fare riferimento al caso italiano:
Primo Levi scrisse appena dopo la fine della guerra, e come lui tanti altri
che resero testimonianze eccellenti delle violenze subite. Dunque è
assolutamente falso che si tentò di "reprimere" il ricordo. La differenza
fra allora ed oggi è invece l'opportunità "mediatica": fino al 1967, gli
Stati Uniti non avevano interesse che si parlasse del genocidio degli ebrei,
perchè erano indaffarati a rinsaldare l'alleanza con la Germania Ovest. La
cui classe dirigente - a parte una mosca bianca come Adenauer - era formata
da gente che era stata nazista fino a pochi anni prima.

-Le si potrebbe obiettare che la Germania anche oggi è alleata del governo
americano...

Già, ma oggi gli Stati Uniti sono l'unica potenza in campo, non c'è più la
guerra fredda e i riferimenti all'Olocausto servono sovente per mettere
pressione sugli alleati. E' che l'èlites ebraica americana è sempre stata
assai conformista rispetto al governo: così, come allora tacevano, dopo il
1967 l'America ha deciso di dare il proprio appoggio allo Stato d'Israele ed
è stata costruita pian piano questa "industria dell'Olocausto.

-I numeri dei "sopravvissuti dell'Olocausto" oscillano continuamente. E ogni
tanto spunta qualcuno che si definisce "sopravvissuto di seconda
generazione", gente della sua età, figli di chi è scampato al disastro. Che
ne pensa di questi "second generation survivor"?

Che si dovrebbero vergognare. E non solo perchè l'etichetta stessa va contro
la nostra religione. Mettiamola così: mio padre a 23 anni era a Auschwitz,
io a quell'età studiavo a Princeton. Cosa mi rende un "sopravvissuto di
seconda generazione"? Se fossi andato da mia madre a dirglielo, mi sarei
beccato un bello schiaffo e me lo sarei ampiamente meritato. Il punto è che
si cerca di mungere il più possibile la mucca dello sterminio, solo questo.
E' la stessa ragione per cui lievitano i numeri dei "sopravvissuti": per
spillare soldi ai Paesi europei, in primis la Svizzera. A questo proposito,
mia madre diceva sempre qualcosa del genere. Norman, ma se ci sono in giro
tutti questi sopravvissuti, Hitler chi ha ucciso?.

-Lei è arrivato a scrivere che chi alimenta questa memoria fittizzia è peggio
di chi nega le sofferenze patite dagli ebrei. Cosa intende?

Visto che L'Olocausto, come ogni costruzione ideologia non accetta di essere
criticata razionalmente (pena la scomunica dei suoi santoni), e visto che
chi non s'adegua viene tacciato di "negazionismo" e "antisemitismo"... bene,
io credo che questa mistificazione della realtà storica porterà a
conseguenze peggiori degli scritti dei negazionisti. Sì, perchè a un dato
punto il resto del mondo si accorgerà della frode imbastita da parte della
comunità ebraica - e penserà che sia una frode anche il resto, cioè lo
sterminio che purtroppo è accaduto davvero. Saranno i vari "Holocaust
museum", le pellicole alla "Schindler's list", l'industria dell'Olocausto
insomma a provocare la nascita di un nuovo antisemitismo.

-Che è quello che vorrebbero combattere. Perchè ha attaccato così
vigorosamente Elie Wiesel?

E' semplice: Wiesel è l'incarnazione dell'Olocausto con la "o" maiuscola, è
un sottoprodotto di questa costruzione ideologica. E' lui quello che declama
continuamente che i gentili odierebbero noi ebrei mossi da chissà quale
mistica "invidia". Ovviamente è solo un burattino...

-E i fili chi li muove?

Gli stessi che hanno aperto un faraonico "Holocaust museum" nel centro di
Washington. Ecco, mi piacerebbe che nel centro di Berlino aprisse i battenti
un museo dedicato al genocidio dei nativi americani. Magari così,
dimenticandoci il dogma dell'unicità, potremmo ricominciare a fare storia. E
riflettere sui crimini di cui si sono macchiati i governi di tutto il mondo,
non solo quello di Hitler.