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Difendiamo l'eroina della legalità
di Massimo Fini
La notte del 13 agosto un killer, entrato nell’affollatissimo Roxy Bar di Mondragone, un centro vicino a Caserta, ha ucciso Giuseppe Mancone, responsabile secondo il clan locale dei La Torre di essersi messo a spacciare cocaina senza la loro autorizzazione. Come al solito nessuno ha visto nulla. Solo una ragazza, che era al Roxy con degli amici e delle amiche, ha avuto il coraggio di testimoniare e poi in Questura di riconoscere in una foto il presunto killer che, nei giorni scorsi, è stato arrestato. «E’ normale» ha detto la donna, che di mestiere fa la domestica «ho solo raccontato quello che avevo visto». Ma il Paese l’ha scaricata, a cominciare dagli amici («Ma sei matta? Ti stai scavando la fossa. Chi te lo ha fatto fare?») e intorno a lei si è creato un pauroso e significativo isolamento.
Il 25 settembre del 1984 in un paesino vicino a Catania fu assassinato a colpi di lupara, sotto gli occhi del figlio, Francesco Richichi, benzinaio quarantenne. Richichi aveva resistito ai molti tentativi di taglieggiamento della mafia locale, non si era piegato nemmeno dopo un incendio al suo distributore e quando due delinquenti erano arrivati per rapinargli l’incasso e dargli una lezione, minacciandolo con le pistole, lui e il suo giovane figlio erano stati più svelti e li avevano uccisi. Da allora sull’asfalto del chiosco erano comparsi una croce e, ogni giorno, per un lungo anno, dei fiori, una precisa e agghiacciante minaccia di morte. Nonostante ciò la Questura di Catania si era ben guardata dall’organizzare un qualsiasi servizio di protezione intorno al benzinaio, che era stato lasciarto solo con il suo coraggio fino all’inevitabile conclusione.
Se lo Stato non protegge adeguatamente la ragazza di Mondragone, come già non protesse Richichi, si fa complice, di fatto, della mafia, che non si combatte solo con le maxi-retate e le ambigue confessioni dei ‘pentiti’ ma, poichè prima che un’organizzazione criminale è una mentalità, si batte soprattutto non lasciandosoli e inermi quei pochi che hanno l’enorme coraggio civile di opporsi a questa mentalità e di non piegarsi ai suoi metodi e la cui incolumità acquista una fondamentale valore simbolico oltre che pratico. Lo Stato deve proteggerli dispiegando tutte le sue forze, sottraendole magari a quei tanti e inutili personaggi che in Italia godono di enormi e ridicole scorte più che altro per ragioni di prestigio.
Perché se dovesse accadere qualcosa di male alla domestica di Mondragone, come già al benzinaio di Catania, si dimostrerebbe nel modo più lampante che il vero potere, da cui il cittadino può aspettarsi protezione, non è lo Stato, estraneo e attento solo a lorsignori, ma proprio la mafia.