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  1. #21
    "SI PUO' FARE"
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    Stamattina Cuffaro in procura .. nel mentre, ieri, parlava anche della sua candidatura alle europee.

    Non si sa mai, una buona immunità potrebbe tornare sempre utile.


    Martedi, 10 Febbraio 2004



    Talpe Dda, Cuffaro in Procura

    PALERMO - Questa mattina il Presidente della Regione Salvatore Cuffaro, si è presentato in Procura a Palermo per rispondere alle domande dei magistrati che indagano sulla vicenda. «Risponderò alle domande dei magistrati perchè ho rispetto per il lavoro che stanno facendo. Ogni cittadino in questi casi non si può sottrarre». Ha detto Cuffaro, al suo arrivo al palazzo di giustizia di Palermo. Il governatore sabato aveva ricevuto un nuovo avviso di garanzia per concorso in favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio. L'interrogatorio si svolge nella palazzina «N» del nuovo edificio della procura. Cuffaro è arrivato insieme ai suoi legali, gli avvocati Nino Caleca, Grazia Volo e Claudio Gallina Montana.

    Nuova perquisizione dei carabinieri, questa mattina, negli uffici dell'Udc all'Assemblea Regionale Siciliana. Gli uomini dell'Arma stanno effettuando controlli negli ambienti frequentati dal deputato Antonio Borzacchelli, finito in manette all'alba di sabato con l'accusa di concussione. I militari si erano già recati negli uffici di palazzo dei Normanni sabato mattina ma è stato deciso di rinviare la perquisizione a questa mattina, dopo una telefonata tra il procuratore capo di Palermo, Pietro Grasso, e il presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Guido Lo Porto. Durante la fine settimana gli uffici del gruppo dell'Udc sono stati sigillati.

    Intanto l'inchiesta sulle talpe alla Dda di Palermo si è arricchita di un altro indagato: il maresciallo dei carabinieri Calogero Di Carlo, 45 anni, in servizio alla regione carabinieri «Sicilia». L'ipotesi di reato per il sottufficiale è concussione. Dalle indagini effettuate dai militari del nucleo operativo, emergerebbe che Di Carlo avrebbe incassato una somma di denaro pagata dall'imprenditore della sanità privata Michele Aiello, arrestato nel novembre scorso per associazione mafiosa.

    Di Carlo è stato in passato comandante di una stazione dei carabinieri nel messinese e per diverso tempo ha collaborato ad indagini coordinate dal pm di Messina Angelo Giorgianni, di cui è poi diventato uno stretto collaboratore. Nella metà degli anni Novanta era stato trasferito a Palermo dov'è stato in servizio al nucleo operativo fino a pochi mesi fa, quando poi è stato trasferito in un ufficio del comando regione.

    L'indagine su Di Carlo si incrocia con quella di Antonio Borzacchelli, l'ex maresciallo dei carabinieri e attuale deputato regionale dell'Udc, arrestato ieri per concussione. Il politico, secondo gli inquirenti, avrebbe incassato dal dicembre 1992 all'ottobre 2003, più di un miliardo di vecchie lire da Aiello. Somme di denaro pagate, sostengono i magistrati, perchè Borzacchelli minacciava di far avviare indagini sulle attività di Aiello, o ancora per ottenere informazioni su indagini riservate che riguardavano l'imprenditore.

    9 Febbraio 2004 La Sicilia
    "La guerra è la vicenda in cui innumerevoli persone, che non si conoscono affatto, si massacrano per la gloria e per il profitto di alcune persone che si conoscono e non si massacrano affatto." (Paul Valèry, poeta francese).

  2. #22
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    09.02.2004 L' Unità


    «Cuffaro, la faida del centrodestra»

    ROMA Un parlamentare della maggioranza arrestato, il capo del governo regionale accusato di reati gravissimi. L’ombra pesante di Cosa Nostra sulla Regione. La Sicilia è di nuovo al centro di una bufera dagli esiti imprevedibili. Nel cuore della tempesta Totò Cuffaro, il governatore, un uomo che è una macchina da guerra elettorale. Sempre affabile, sempre sorridente, pronto all’abbraccio e al bacio: il nomignolo di vasa vasa gli rimarrà appiccicato a vita. Allievo prediletto di Calogero Mannino, ora non ride più: deve difendersi dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio, favoreggiamneto. Il tutto - scrivono i magistrati - a vantaggio di affaristi e boss. Attorno a lui il vuoto e, sempre più assordante, il silenzio della Casa delle libertà, che in Sicilia è partito-stato. Cosa succede nei Palazzi di Palermo? Ne parliamo con Giuseppe Lumia, parlamentare siciliano e capogruppo dei Ds nella Commissione antimafia.
    Lumia, Cuffaro dice che a dimettersi non ci pensa proprio, né si candiderà alle europee per fuggire da Palermo. Dice che la Madonna lo protegge e che...
    «La prego, lasciamo da parte il folklore. Facciamo lavorare la magistratura in pace, senza attacchi, ma anche senza inutili strumentalizzazioni. È bene che Cuffaro liberi il campo e subito, ma non perché ha ricevuto un avviso di garanzia, ma per motivi ben più gravi che riguardano il suo governo e i danni enormi che sta provocando all’intera Sicilia».
    Lei non sventola atti giudiziari?
    «Non ci penso proprio. Guardo invece al loro fallimento totale sul terreno dello sviluppo e della legalità. Il centrodestra siciliano non cadrà per la doverosa azione della magistratura, questa classe dirigente si sta autosconfiggendo per la sua mancanza di cultura di governo».
    Cuffaro è solo. A differenza di quanto è accaduto con il primo avviso di garanzia, in questi giorni non c’è stato il diluvio di attestati e dichiarazioni di solidarietà. Perché?
    «In Sicilia il centrodestra è diviso, i partiti della coalizione sono lacerati e in competizione tra di loro, nelle loro fila c’è una tentazione cannibalistica molto spinta. Questo può spiegare tanti silenzi, ma solo in parte, perché dietro tanti politici improvvisamente afoni c’è anche altro: la paura, ad esempio, e una certa attesa tatticistica. Non escludo che qualcuno stia pensando di sostituire il sempre più indifendibile Cuffaro con un altro personaggio che sia in grado di assicurare la continuità nei metodi di governo e nel sistema di relazioni».
    L’immortale Gattopardo siciliano...
    «Peggio: il delirio di onnipotenza, la concezione orgiastica del potere del centrodestra siciliano dominato da un irrefrenabile senso dell’impunità».
    Mafia, corruzione, uomini politici a braccetto con boss e affaristi, onorevole, cosa sta succedendo in Sicilia?
    «Storicamente la mafia ha avuto due tipi di approccio con la politica, c’è il paradigma Lima nel quale mafia e politica mantengono le rispettive autonomie, salvo poi incontrarsi sul terreno degli affari, della corruzione e sull’uso della spesa pubblica. E c’è il paradigma Ciancimino, che vede Cosa Nostra direttamente rappresentata nella politica e nelle istituzioni con propri uomini di riferimento. Oggi permangono i due sistemi, anche se registro una allarmante crescita di uomini politici che sono diretti rappresentanti degli interessi mafiosi. Le faccio un esempio: la gestione affaristica della sanità -settore pubblico delicatissimo - crea alleanza, genera voti e potere politico, seleziona classe dirigente, promuove».
    Lei dice, facciamo lavorare in pace i magistrati.
    «Sì, il terreno della politica è un altro, perché quando un politico ha rapporti sistematici e consapevoli con un boss, il reato penale ha bisogno di un elevato grado probatorio per poter dire parole chiare, la politica, invece, deve avere il compito di individuare, denunciare e colpire quel sistema di relazioni anche prima dei pm».
    Cosa che il centrodestra non ha fatto?
    «No, e qui sta il loro fallimento, Non hanno difeso l’economia sana dalla mafia, né i cittadini dalla devastazione dei diritti che la mafia provoca, hanno permesso che in questa regione la legalità venisse continuamente attaccata. Cuffaro deve andarsene per tutto questo».


    *capogruppo Ds in Commissione Antimafia
    "La guerra è la vicenda in cui innumerevoli persone, che non si conoscono affatto, si massacrano per la gloria e per il profitto di alcune persone che si conoscono e non si massacrano affatto." (Paul Valèry, poeta francese).

  3. #23
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    Se crolla ‘zu Totò crolla tutto.
    E il «palazzo» tace
    Enrico Fierro

    Lui, «‘u zu Totò», Salvatore Cuffaro non si trova. Tornerà domani per farsi ascoltare dai magistrati.
    I suoi portaborse sono impazziti fino alle otto di ieri sera per rintracciarlo. Zero. Il governatore della Sicilia è a New York, negli States, per incontri politici di altissimo livello, e fino a quell’ora nulla ha saputo della furiosa tempesta che lo sta travolgendo. Almeno così dicono i suoi portavoce. E basta crederci. Ma quello che più colpisce a Palermo in queste ore, dopo il terremoto del settimo grado provocato dall’inchiesta su mafia, politica e affari è il silenzio dei palazzi. Silenzio che però è capace di raccontare mille cose. Non parla Cuffaro, solitamente torrenziale, e non parla nessun altro. Tace finanche Guido Lo Porto, ex missino duro e irriducibile e Presidente dell’Assemblea siciliana.
    Eppure ha un governatore «avvisato» per concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento e rivelazione di segreti d’ufficio, un deputato regionale della sua maggioranza, l’ex 007 dei Ros Antonio Borzacchelli, addirittura finito in galera. Si cuciono la bocca e blindano i cellulari tutti gli altri maggiorenti della Casa delle Libertà in terra sicula, i La Loggia, i Micciché, gli Schifani. Tutti solitamente loquaci al limite della logorrea e tutti ammutoliti.
    Oggi, però. Una cosa la dice un deputato della maggioranza, ma solo dietro la promessa - «da uomini» - del pieno e totale anonimato. Ed è un avvertimento di quelli che chi ha orecchie allenate può intendere senza eccessiva fatica: «Avete presente l’effetto domino? Qui se crolla Totò crolla tutto. Se affonda Cuffaro affondiamo tutti. Non si salva nessuno. Chiaro?». Chiarissimo. Salvatore Cuffaro, medico di Raffadali, è uomo da un milione e mezzo di preferenze personali, tante ne prese il 24 giugno del 2001, quando fu candidato alla Regione contro Leoluca Orlando, che staccò di ben venti punti rastrellando il 60 per cento dei voti generosamente offerti dai siciliani, ma è anche il politico che tiene in mano la cassaforte elettorale dell’Udc, al punto da insidiare in Sicilia il primato di Forza Italia.
    Difficile dire una parola. Difficile ancora di più se si guarda all’inchiesta dell’antimafia palermitana. Il quadro è inquietante: rapporti tra boss della mafia e grossi imprenditori della sanità pubblica e privata, deputati pappa e ciccia con i capibastone, candidature discusse nel salotto di un boss, mazzette, ricatti, voti, talpe nella procura che fu di Falcone e Borsellino, lo Stato tradito da chi doveva invece servirlo. Salotto del boss Giuseppe Guttadauro, Palermo, quartiere Brancaccio.
    Siamo alla vigilia delle candidature per le regionali. Parla Mimmo Miceli, assessore al comune di Palermo e giovanissima promessa della politica sicula targata Casa delle Libertà. Al boss racconta delle elezioni e di Cuffaro, la candidatura non è ancora certa perché un altro notabile siciliano aspira alla carica di governatore, Gianfranco Micciché.
    Guttadauro sicuro: «Miccichè perde, qui l’unico che può «fottere» Orlando è Totò Cuffaro... Però come è combinato? Con questo come siamo combinati? Ci dobbiamo parlare, non ci dobbiamo parlare, ci si può parlare?». Il politico Miceli: «Con Totò?». Il boss Guttadauro: «Umh...».Di nuovo il politico Miceli: «Penso di sì...».
    Pezzi di conversazioni in Sicilia. La Sicilia del 2004. Dove i potenti ora hanno perso la parola. Eppure, quando a giugno Totò Cuffaro ricevette il primo avviso, un mare di parole si riversò sulla sua scrivania. Telefonò Berlusconi: «Mi ha chiamato, il premier mi ha chiamato e mi ha detto di andare avanti». Chiamò Casini, e il suo ufficio stampa si premurò di diffondere la notizia. Formigoni da Milano per esprimere «piena solidarietà all’amico». Scrisse Angelino Alfano a nome di tutta Forza Italia per sottolineare «la stima, la fiducia e l’amicizia» del partito azzurro. Si mobilitò Melchiorre Cirami, quello della legge. Si indignò Gianfranco Rotondi (deputato irpino-lombardo dell’Udc) e come Bossi urlò al «golpe» e parlò di «revival di Forcolandia». Schifani proprio non si trattenne e dichiarò al mondo la sua «crescente illimitata fiducia in Cuffaro».
    Solo Gianfranco Micciché, il viceré berlusconiano della Sicilia che non ce la fa ad amare quell’ex democristiano «gaffeur», fu tiepido. Si limitò a dirsi «certo della buona fede» di Totò. Ma lui, Cuffaro, fu soddisfatto, con le lacrime agli occhi scoprì che «la Sicilia ha pregato per me». Invocò la Madonna e «il suo materno conforto», e si presentò (dimissionario per finta) all’assemblea della Regione. Parlò delle sue pene e della Madonna, della sua Sicilia tutta limoni e speranze, e si fece votare un ordine del giorno di solidarietà. Applausi scroscianti. Abbracci e baci sulle guance. Qualche lacrima. L’opposizione che lascia l’aula.
    Altri tempi, ora Totò è terribilmente solo. Ed è difficile decifrala, la solitudine. Che nella politica siciliana può avere più di un significato, prestarsi a tante chiavi di lettura, nascondere mille manovre. Già, cosa c’è dietro l’unanime silenzio dei potenti di Palermo? La voglia di lasciar cuocere nel suo brodo un alleato ingombrante, che si è troppo allargato negli ultimi tempi? O la paura di una inchiesta i cui sviluppi si annunciano imprevedibili? Ricordiamo l’effetto domino: «Se cade Totò, cadono tutti».




    «Taglieggiatore e terrorista»

    PALERMO «Scarafaggio», «terrorista», oppure «bastardo». Così il deputato regionale siciliano Antonio Borzacchelli veniva chiamato dall'imprenditore Michele Aiello, a cui si rivolgeva per chiedere sempre soldi, e dai due sottufficiali Ciuro e Riolo finiti in manette per mafia. È quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche tra lo stesso Aiello e i sottufficiali, inserite nell'ordinanza di custodia cautelare a firma del gip Giacomo Montalbano.
    Nel corso di una conversazione telefonica tra Aiello e Ciuro, risalente al 26 settembre scorso, Aiello, parlando di Borzacchelli, dice : «Avrà fatto opera di terrorismo... ». «Si desume - spiega il gip - che i due interlocutori siano pienamente convinti che Borzacchelli continui a spiegare e in più direzioni «opera di terrorismo», ritenendo che sia opera sua la difficoltà, manifestata da Cuffaro (presidente della Regione indagato, ndr) ad incontrarsi personalmente con Aiello». In una altra conversazione telefonica, Ciuro e Riolo criticano aspramente Borzacchelli, chiamandolo più volte «bastardo». «Taglieggia – dice Ciuro al telefono - ed è indebitato fino al collo, non sa come fare per pagare i debiti che ha a destra e a manca». Secondo il giudice che ha firmato l'arresto «non c'è dubbio alcuno che le emergenze probatorie acquisite nei confronti dell'indagato travalichino i limiti e l'evanescenza degli indizi assumendo ben più elevato e corposo spessore».

  4. #24
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    Non mi dire che ... dopo questa cannonata ... aspetti qualche risposta in merito?

    Il tempo insegue il tempo...

    B.

  5. #25
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    “Cuffaro è coperto dai carabinieri”
    Le conversazioni del medico Aragona intercettate in carcere. Ieri un altro maresciallo indagato

    Marzio Tristano
    PALERMO Si dice pronto al colloquio con i magistrati per difendersi dall'accusa di essere la «talpa», esprime «stupore» per l'arresto dell'on. Borzacchelli e lo difende, smentisce di avere l'intenzione di dimettersi o di candidarsi alle prossime elezioni europee: «Se qualcuno pensa che intendo candidarmi per trovare una via di fuga sbaglia di grosso perchè ho l'assoluta certezza che non ho niente da cui fuggire».

    Giuro di dire tutta la verità
    Il governatore della Sicilia Totò Cuffaro si prepara oggi a salire del scale del palazzo di Giustizia di Palermo da indagato per offrire ai magistrati della procura la sua verità sulle sue «relazioni pericolose» che governano il sottobosco di affari, informazioni riservate e mafia che ruota attorno a lui e ad alcuni esponenti del suo partito; intanto dal calderone delle indagini spunta il nome di un altro carabiniere indagato per concussione.
    È il maresciallo Calogero Di Carlo, 45 anni, in servizio alla regione Sicilia accusato di avere incassato una somma di denaro dall'imprenditore Michele Aiello, lo stesso in rapporti con Borzacchelli, arrestato nel novembre scorso per associazione mafiosa.

    Incroci pericolosi
    Comandante di una stazione dei carabinieri nel messinese negli anni '90 Di Carlo ha lavorato per diverso tempo ad indagini coordinate dal pm di Messina Angelo Giorgianni, di cui è poi diventato uno stretto collaboratore. Nella metà degli anni Novanta era stato trasferito a Palermo dov'è stato in servizio al nucleo operativo fino a pochi mesi fa, quando poi è stato trasferito in un ufficio del comando regione. L'indagine su Di Carlo si incrocia con quella su Antonio Borzacchelli, l'ex maresciallo dei carabinieri e attuale deputato regionale dell'Udc, arrestato ieri per concussione: avrebbe incassato dal dicembre 1992 all'ottobre 2003, più di un miliardo di vecchie lire dall'imprenditore Aiello. Somme di denaro pagate, sostengono i magistrati, perchè Borzacchelli minacciava di far avviare indagini sulle attività di Aiello, o ancora per ottenere informazioni su indagini riservate che riguardavano
    l'imprenditore.

    Off record dalle sbarre
    Ex maresciallo dei carabinieri, Borzacchelli fu candidato anche grazie a Cuffaro: e proprio ai rapporti del governatore con i carabinieri è dedicato un filone delle indagini condotte dai pm palermitani che hanno raccolto le confidenze rivolte in carcere dal medico Salvatore Aragona alla moglie e alla madre, captate da una microspia piazzata nella sala colloqui dell'Ucciardone il 29 agosto scorso: «I carabinieri proteggono Cuffaro - si è lasciato scappare Aragona - loro non ne possono fare a meno, molte cose le nascondono...».

    A casa del boss
    Il medico condannato per favoreggiamento di Giovanni Brusca cita l'episodio dell'incontro casuale all'aeroporto di Malpensa tra lui, che accompagnava la signora Guttadauro, moglie del boss, e Cuffaro: «A casa di Guttadauro - dice Aragona rivolto alla moglie - ad un certo punto parlo di Cuffaro, il passaggio tagliato è quello dell'aeroporto. Se tagliano il pezzo un po' mi puzza, si vuole evitare il contatto diretto tra Guttadauro e Cuffaro, perchè in questo caso la mia figura di intermediario viene a cadere».
    A Cuffaro Aragona sostiene di essere legato da un rapporto molto stretto. «Sono sempre stato dalla parte dell'on Cuffaro - detta a verbale il medico - tranne quando lui è andato all'Udeur, nel senso che non ho mai abbandonato la persona». E per spiegare l'intreccio tra boss e voti Aragona offre un esempio illuminante: «Nel '91 sono stato minacciato di morte perchè ho appoggiato Cuffaro, Emanuele Brusca non lo voleva fare votare. Lui ha preso 1200 voti ad Altofonte ed io credo di essere entrato nel cuore immenso di Cuffaro». E conclude rivelando il suo sogno politico: «Nel mio sogno c'era il binomio Aragona-Cuffaro, ma non è stato possibile... ».

    Governatore di garanzia
    Il governatore ieri è tornato a negare ogni accusa: «Già nei mesi scorsi in seguito alle varie indiscrezioni di stampa avevo manifestato la mia disponibilita' ad essere ascoltato dai magistrati - ha detto - nei quali ripongo ogni fiducia.
    Ora che hanno ritenuto giusto convocarmi sono disponibile, nel doveroso rispetto per la verità e per il lavoro della magistratura, a portare il mio contributo alla conduzione dell'indagine».
    Borzacchelli? «Sono convinto – continua Cuffaro - che nei prossimi giorni riuscirà a spiegare e chiarire la propria posizione». E dimissioni neanche a parlarne: «Un avviso di garanzia, come tutti sanno, è a tutela dell'indagato - dice il governatore - voglio sperare che non venga trasformato subito in condanna».

    La scorciatoia europea
    Infine una promessa, insieme alla smentita delle indiscrezioni su una sua possibile candidatura al Parlamento europeo, la cui elezione gli assicurerebbe l'immunità: «Governerò fino al 2006 in base a un mandato che i siciliani mi hanno dato e che io porterò avanti».

  6. #26
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    In Origine Postato da MrBojangles
    La scorciatoia europea

    Infine una promessa, insieme alla smentita delle indiscrezioni su una sua possibile candidatura al Parlamento europeo, la cui elezione gli assicurerebbe l'immunità: «Governerò fino al 2006 in base a un mandato che i siciliani mi hanno dato e che io porterò avanti».
    Bhè, uno più uno meno...Si è perso il conto di quanti ce ne sono già in questo governo.

  7. #27
    "SI PUO' FARE"
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    Cuffaro, in tre anni dal trionfo elettorale alla bufera giudiziaria
    I suoi uomini nei posti chiave ora lo trascinano nel fango
    L'autunno del governatore
    travolto dal troppo potere
    Chi lo conosce afferma che è irriconoscibile,
    più magro e più altero, meno "democristiano"
    di ATTILIO BOLZONI


    La sede della Regione Sicilia

    PALERMO - Quelli che lo conoscono bene giurano che sia meno democristiano di un tempo. Anche nel fisico. Un po' smagrito, più nervoso, più somigliante agli sconosciuti signorotti rampanti scaraventati in massa da un giorno all'altro tra i soffici divani di quel Parlamento che sta a Palermo. Qualcuno dice che sia diventato anche più altero, quasi irriconoscibile rispetto al vecchio caro Totò di una volta.

    Potere del potere di un governatorato come la Sicilia, la Sicilia del 61 a 0 per il Polo alle ultime elezioni politiche, la Sicilia affogata nelle sue sabbie mobili, dissanguata dalla solita tribù di sceicchi della Regione che rende servigi come sempre agli amici degli amici. Sembra un prigioniero, oggi, Totò Cuffaro in questa sua isola, prigioniero di sé stesso, prigioniero dei suoi uomini più fidati, del suo "sistema". Quello che neanche tre anni fa l'aveva portato in trionfo.

    Troppo potente Totò Cuffaro nella terra che ha conquistato mettendo paura perfino ai tantissimi alleati di Forza Italia, sempre più diffidenti, sempre più in ansia per le occupazioni di feudo dei consoli del governatore, spaventati di venire scavalcati e alla fine anche risucchiati da quell'Udc che qui - tra Palermo e Catania - controlla ormai quasi tutto quello che c'è da controllare. Assessorati, consorzi, consigli di amministrazione, agricoltura, precariato. E Sanità soprattutto, l'ultima frontiera del business, cliniche private, diagnostica all'avanguardia, soldi sporchi, soldi pubblici, tanti, tantissimi soldi. Conosce tutti in quell'ambiente Totò. Proprio tutti. Baroni universitari, primari, imprenditori di aziende che lavorano con le Ausl. Un terzo del bilancio regionale va a finire alla Sanità e la Sanità è nelle mani del governatore.
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    Quel ragazzo che tanti anni fa era il "protetto" dell'ex ministro Calogero Mannino ha messo i suoi "cani da guardia", anche i più chiacchierati, i più disinvolti, a sorvegliare ogni piccola e grande fonte dalla quale sgorga denaro. Dappertutto. E dentro quell'esercito di migliaia e migliaia di medici, di infermieri, di agricoltori, di consulenti, di ex carabinieri e di ex finanzieri si sono incollati vecchi marpioni della politica siciliana, nuovi affaristi, personaggi come quel maresciallo-deputato Antonio Borzacchelli che faceva le estorsioni a un prestanome del boss Provenzano, professionisti al servizio di Cosa Nostra, spioni, ricattatori, candidati onorevoli finiti all'Ucciardone. Una marmaglia che ha trascinato il governatore della Sicilia sull'orlo di una crisi di nervi e di una crisi politica.

    E' avvenuto tutto a giugno dell'anno scorso, proprio quando i carabinieri avevano arrestato per mafia l'ex assessore comunale dell'Udc Mimmo Miceli (un suo vecchio amico piazzato anche alla guida di una società creata per assorbire lavoratori licenziati da imprese in crisi)) e Giuseppe Guttadauro, un aiuto primario della Terza Chirurgia dell'ospedale civico che alla carriera ospedaliera aveva preferito la nomina a padrino di Brancaccio. Indagine con tante intercettazioni telefoniche e ambientali. In una si faceva proprio il nome del governatore.

    Dell'avviso di garanzia per "concorso esterno in associazione mafiosa" l'ha saputo dalla tivù. "Per cinque minuti non è riuscito a dire una parola, poi mi ha confessato che si sarebbe dimesso subito", racconta l'amico che per primo ha parlato all'"indagato" presidente della Regione Siciliana. E' lì cominciata la stagione più lunga dell'ex studente dei salesiani, il radiologo che non ha mai fatto il radiologo per quella sua passione che nel 2001 l'ha catapultato sulla poltrona di Palazzo d'Orleans.

    Voleva dimettersi in quel giugno. E davanti ai 90 onorevoli di Palazzo dei Normanni parlava mentre nelle mani stringeva un discorso con due "finali": uno prevedeva proprio la sua uscita di scena. "Mi sento delegittimato", ripeteva agli intimi. Ma non si dimise. Dopo qualche giorno ci ripensò. E disse: "Ho visto tutta quella pioggia di solidarietà e ho deciso di aspettare". E poi seguirono mesi e mesi di "brutte notizie" lette ogni mattina sui giornali.

    Le "talpe" del Tribunale e quel carabiniere del Ros arrestati a novembre perché offrivano informazioni riservate al boss della Sanità Michele Aiello, le segretarie di due Pubblici ministeri del pool sotto inchiesta, l'annunciatissima cattura del suo compagno di partito Borzacchelli con le stupefacenti richieste di denaro in cambio di protezioni. E il nome di Totò Cuffaro sempre in mezzo a ogni atto giudiziario e a ogni voce. Un assedio. Un accerchiamento. Una tempesta.

    Dai sospetti di collusione con i boss a quelli di favoreggiamento per aver passato "segreti" giudiziari, ipotesi di reato per un governatore e indagini che hanno aperto un varco su un mondo indecente. Dove non è tutto mafia e solo mafia, alibi troppo comodo per raccontare anche gli ultimi avvenimenti siciliani. E' un mondo dove fasce di borghesia palermitana sono impantanate in un circuito fangoso, dove certa sbirraglia ha avuto e forse ancora ha licenza di investigare, dove la politica si fa a colpi di affari e di finanziamenti strappati. Un impasto. Con una Palermo che si mischia e si sfrega tra un ospedale pubblico e la clinica di un boss, che accumula sorprendenti ricchezze grazie a un paio di firme di qualche assessore, che si rivela sempre più vorace. E' questo mondo che gira intorno e vicino al "sistema" del governatore Cuffaro, una ragnatela che si estende da Palermo capitale al più lontano e piccolo paese che sta dall'altra parte della Sicilia, schiere infinite di clientes, una "macchina da guerra" per concessioni di favori, un partito in ascesa inesorabile in tutta l'isola. Con lui, con Totò "vasa vasa" (così l'hanno sempre chiamato per quella irresistibile mania di baciare chiunque incontri) che negli ultimi mesi ha perduto anche fisicamente quella "rotondità" democristiana che lo rendeva tanto rassicurante.

    Saranno stati i guai giudiziari o sarà stato quel troppo potere, ma il governatore della Sicilia in questi giorni si sta giocando tutto. Aveva una faccia tirata "Totò" quando è uscito dalle sei ore di interrogatorio continuo con i tre magistrati della Procura. Aveva la faccia di chi sapeva bene che non era ancora finita.


    (10 febbraio 2004) La Repubblica
    "La guerra è la vicenda in cui innumerevoli persone, che non si conoscono affatto, si massacrano per la gloria e per il profitto di alcune persone che si conoscono e non si massacrano affatto." (Paul Valèry, poeta francese).

 

 
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