Oggi si celebra la Giornata nazionale alla memoria degli esuli istriani, fiumani e dalmati e delle vittime delle foibe, uno degli ennesimi e inumani massacri dei criminali comunisti. Migliaia e migliaia di appartenenti al popolo istriano di fronte alle persecuzioni del regime rosso, soprattutto di sangue, del Maresciallo Tito furono costretti a lasciare le proprie case, i propri beni, i propri cari e a cercare rifugio in Italia. Coloro che non riuscirono a varcare il confine vennero massacrati in uno dei modi più barbari e vigliacchi che la storia della criminalità contro i popoli abbia mai potuto concepire: gettati nelle foibe, nella vana speranza di nascondere questi omicidi di massa.
Non c'è bisogno di parole né di altre forme retoriche, ma di una profonda e sincera sensibilità interiore e di un altrettanto commosso e vero cordoglio privo di esteriorità, per manifestare al glorioso popolo istriano e dalmata la nostra più commossa e partecipe solidarietà. Ma, al di là delle celebrazioni ufficiali che arrivano finalmente dopo decenni di silenzio e di colpevole cancellazione dai libri di storia, va sottolineato che ancora molti passi restano da compiere su questo terreno. Domenica "la Repubblica" ha ospitato una vergognosa lettera di Miriam Mafai, la compagna di Giancarlo Pajetta, la quale condanna certi leader politici della sinistra che all'improvviso hanno scoperto le lacrime e l'esecrazione su quei fatti: «Mi sembra eccessivo - ha scritto la Mafai - il mea culpa che a questo proposito pronuncia l'on. Fassino che si batte il petto riconoscendo le colpe del Pci in quella drammatica vicenda. Vorrei che gli ex comunisti (tra i quali m'annovero) la finissero di chiedere scusa per il loro passato, un esercizio nel quale sembrano ormai essersi specializzati, senza peraltro conquistare così nuovi consensi».
La Mafai dunque rivela che costoro fingono di piangere e di commuoversi al solo scopo di conquistare ipocritamente e cinicamente nuovi consensi che peraltro non arrivano.
Ma non è tutto: «Poiché - aggiunge la Mafai - viene proposto all'ordine del giorno anche il problema e la memoria dell'infamia delle "foibe", vale la pena di ricordare che, a suo tempo, per quanto ricordo il governo italiano (del quale i comunisti non facevano parte) si guardò bene dal chiedere giustizia e dal mettere in stato d'accusa, a livello internazionale, il governo titino che della strage delle foibe era responsabile ma che, dopo il '48 aveva abbandonato il cosiddetto campo socialista ed era diventato un alleato dello schieramento occidentale».
Come si può notare la tesi è fuorviante e meschina. E la Mafai cerca di spostare i termini della questione. E allora vediamo di essere chiari. Erano o non erano comunisti coloro che si macchiarono di quei crimini orrendi? Sì.
Era o non era colpevole il regime comunista del maresciallo Tito di quei massacri di nostri connazionali? Sì.
Dov'erano i comunisti italiani di allora, a cominciare da Palmiro Togliatti? Erano forse a Mosca ad approvare e ad alzare la mano in segno di assenso nel momento in cui si trattava di decidere la morte di altre migliaia di persone? Sì.
E, successivamente alla Liberazione, sono stati i comunisti o no a cancellare dalla nostra storia quelle pagine vergognose fatte di sangue e di morte? Sì.
E allora che cosa viene a raccontarci la signora Mafai che si definisce "ex-comunista" (ma, al di là di questa inaccettabile e troppo comoda auto-certificazione dovrebbe dimostrarci di non esserlo davvero nel suo profondo e nella sua essenza)? Lo sappiamo benissimo che le mani del maresciallo Tito grondavano sangue. E sappiamo bene quel che accadde dopo Yalta. Ma questo non cambia le cose: sono più colpevoli, e sicuramente assassini, i comunisti che uccidevano? Oppure i governi del dopoguerra che, rappresentando un paese sconfitto, non potevano certo avere la forza politica e diplomatica per "processare" chi aveva vinto? Oppure sono più colpevoli i comunisti di casa nostra che si sono macchiati di un secondo, ugualmente orrendo crimine: quello di tentare di cancellare dalla memoria collettiva le povere vittime delle foibe, nella speranza vana di cancellare le proprie colpe e le proprie responsabilità?
Questa uscita della Mafai fa il paio con la scelta de "l'Unità" di domenica di intervistare Pietro Ingrao nel quadro delle rievocazioni legate alla ex-testata del Pci. Non una parola, non un accenno, non una domanda su quello che scrisse l'allora direttore de "l'Unità" Pietro Ingrao contro le vittime dell'invasione sovietica in Ungheria. Le migliaia e migliaia di ungheresi schiacciati dai tank dell'Armata Rossa, sentitamente ringraziano Furio Colombo per l'onore che ha riservato loro esaltando la figura di qualcuno che sputò, sulle pagine di quello stesso giornale, sui loro cadaveri ancora caldi