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    Predefinito I riformisti di nuovo....

    ....all'attacco.

    Roma. Certo non sarà, come titolava giorni fa il Riformista “il day del giudizio”, ma pure la giornata sul riformismo – “un girotondo intorno alla lista riformista” – organizzata dal giornale di Antonio Polito ha diversi motivi di interesse.
    A cominciare dal fatto che del suddetto riformismo molto si parla (moltissimo il Riformista parla), molto se ne sente la necessità, a sentire diversi leader del centrosinistra, ma poco, praticamente nulla, in concreto si produce. E dunque “il test alla lista unitaria”, in programma per oggi pomeriggio alla Sala Umberto di Roma, potrebbe, se non altro, rilevare il tasso di positività. A stimolare la discussione prima una relazione del professor Michele Salvati, poi una tavola rotonda, animata da Giampaolo Pansa, con i diretti interessati – Piero Fassino, Francesco Rutelli, Enrico Boselli – e un interlocutore come il segretario della Cisl, Savino Pezzotta.
    Se nel sogno di Polito, nientemeno, c’è un triciclo “di elegante design scandinavo” al posto “delle foglioline del vecchio Ulivo”, il problema principale e finora sempre evaso non è tanto quello del logo né degli infiniti colpi di ingegneria organizzativa (confederazione, costituente, assemblea), quanto dei temi reali sul tappeto.

    Qui parole poche, intenzioni scarse, propensione indefinita.
    Né la giornata di oggi sarà del giudizio finale. Lo stesso Salvati, che dalle pagine del Foglio ha proposto la creazione di un Partito democratico, ammette che “un’offerta riformistica seria non è facile da fare”. E intorno a questa questione (che è poi “la questione”) dovrebbe ruotare oggi la sua relazione, ma “se mi atterrò a questo ancora non lo so”. Però è intenzionato, il professore, se riuscirà a schivare la disputa sul “fogliame dell’Ulivo”, a porre soprattutto un tema: “le ambiguità delle domande della società civile”.
    Spiega al Foglio: “La società civile non è solo quella dei girotondi, che pure dice cosa vuole. Cosa invece domanda il resto, non si sa: spesso domanda una cosa e il suo contrario. E questa ambiguità nelle domande da parte della società civile rende difficile formulare una risposta riformistica”.
    E dunque, l’opinione di Salvati è che “un soggetto riformistico serio ancora non c’è”.
    E non sarà facile fargli vedere la luce. Il tentativo di partito riformista che è la lista unitaria, ad esempio, ieri è stato bombardato a tutto campo proprio dagli altri alleati ulivisti, e persino dall’interno dei Ds, con il leader del correntone, Fabio Mussi, che ha minacciato Fassino: al congresso “verificheremo se le strade saranno ancora unite o divise”. E sempre in difesa della lista unitaria, è pure polemica durissima di Massimo D’Alema con gli altri alleati del centrosinistra, accusati di pensare all’alleanza come a “una mutua: non è una riserva ad attingere senza sacrificare nulla”. Quelli – Verdi, Pdci, Di Pietro e Occhetto, Udeur – hanno chiesto l’ennesimo vertice dei segretari per giovedì prossimo.

    “Un combinato disposto terribile”
    Questo solo per dire le difficoltà, tanto della lista riformista, quanto del riformismo puro e semplice. Dice Enrico Boselli: “Il riformismo non può essere un dibattito accademico”. E chi è riformista fa “battaglie liberali”, come quella contro “il dominio di Berlusconi nel sistema dell’informazione”, ma “essere riformista nel centrosinistra non significa limitarsi a riempire le piazze contro il governo e dire di no, ma spiegare anche cosa vogliamo”. Qualche esempio? Due, secondo il segretario dello Sdi: “Le pensioni e la missione in Iraq”.
    Temi bollenti, esplosivi per l’Ulivo. “In qualche occasione è necessario che la miccia si accenda e che ci sia un dibattito vero. Il compito di forze come la nostra e di intellettuali come Salvati è proprio quello di impedire che questi temi vengano rimossi, ma anzi sollevarli”. Con poco successo finora. “La lista unitaria potrebbe far trovare una dimensione e uno sbocco politico, può dare al riformismo italiano minoritario una vocazione maggioritaria”. Si vedrà.
    Ma Giampaolo Pansa vede “un combinato disposto terribile” nel momento politico, tra un triennio elettorale di fronte e lo scontro attuale, il Cav. “con un potere mediatico impressionante” e una parte della sinistra “con un atteggiamento sprezzante nei confronti dei vicini di banco, che quando non ti agiti come loro e non metti l’elmetto anche mentre dormi ti considerano un traditore”. Aggiunge il condirettore dell’Espresso, che oggi interrogherà i diretti interessati: “Il clima non mi sembra quello giusto…”. Teme che l’appello di Ciampi, “l’abbandono dell’odio che non produce nulla”, premessa pure per una politica riformista, resti “una specie di voce nel deserto”. E cita proprio la polemica di queste ore contro Fassino per le cose che ha detto sulle foibe, da parte di Cossutta e del suo partito. “Come si fa a costruire qualcosa di nuovo a sinistra se appena osi affacciarti su certe macchie nere ti sparano addosso come dei cecchini?”. Come si fa (o si potrebbe fare) qualcuno magari lo dirà oggi pomeriggio.

    Da il Foglio di martedì 10 febbraio

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Il riformismo in Italia è debole, ha molte...

    ....idee ma poco carattere

    Igirotondini sono casinari, forcaioli, apocalittici, e gli farebbe bene studiare un po’ i problemi, ma il girotondo riformista convocato oggi dall’omonimo giornale deve evitare uno scoglio: sembrare un’assemblea di primi della classe, quelli che a scuola fanno faville e nella vita prendono calci in faccia o finiscono con l’essere passabilmente trascurati. L’abbondanza di idee, la studiosità del progetto “a medio termine”, la frequentazione morbosa dei numeri e delle percentuali, lo stile supercolto e il birignao anglofono sono un tratto tipico del riformismo italiano, in tutte le sue versioni (liberale, socialista, ex-post comunista), e sempre questo elemento connotativo si sposa con l’altro, la totale assenza di carattere, uno spiccato narcisismo accademico, l’incapacità di rompere la regola massimalista e l’osservanza demagogica della vecchia sinistra in tutte le circostanze che contano.
    Avete mai visto un riformista italiano che mette ai voti l’aumento delle tasse universitarie o l’introduzione di elementi di competizione e concorrenza nel sistema sanitario, per non dire (mamma mia che paura!) della guerra in Iraq?
    Avete mai visto un riformista italiano riconoscere le crude verità della storia del Novecento, smascherare le principali imposture ideologiche di quel secolo, affrontare il confronto diretto con il popolo di sinistra uscendo dalla logica di club, accettare un confronto senza remore con i conservatori, con gli anticomunisti, con la cultura del capitalismo e le sue trasformazioni?
    Eppure la socialdemocrazia tedesca dell’altro secolo ebbe come fonte battesimale uno scontro armato con i comunisti a Berlino e fiorì nel bagno anticomunista di Bad Godesberg.
    E il blairismo nasce nell’emulazione con il sistema conservatore inventato dalla rivoluzionaria Margaret Thatcher, cresce in un succedersi di rotture e ricomposizioni che parlano il linguaggio delle grandi sfide materiali, non quello evanescente della mera obiezione intellettuale.
    I sindacalisti Di Vittorio e Novella e il bolscevico liberale Amendola riuscirono a fare del riformismo vero, a modificare il decollo industriale dell’Italia, a dire la verità sui salari degli operai, e tutto addirittura nell’ambito cominternista in cui furono educati e vissero.
    Per impedire che il morbo riformista contagiasse la sinistra italiana e divenisse maggioritario, Craxi l’hanno dovuto accoppare. Ai successori di queste rilevanti figure storiche auguriamo ogni bene e ogni successo, ma se vogliono riuscire persuasivi devono togliere il coniglio bianco in campo bianco dalla loro bandiera, provare a definirsi come pane e crusca invece che come lievito di birra.

    saluti

  3. #3
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    Predefinito Pessimista Salvati; ottimista Fassino; ....

    ....Rutelli fa il calimero

    Roma. Domanda a un certo punto Michele Salvati: “Non esiste una meritocrazia di sinistra?”. Domanda non campata in aria, parlando di riformismo. Ancora: “Sono passati più di vent’anni dal congresso socialista di Rimini, quello sui meriti e i bisogni: possibile che stiamo ancora ripetendo mantra sessantottini?”.
    E’ stata la relazione di Salvati – dall’emblematico titolo “Le domande ambigue della società civile e le difficoltà di un programma riformista” – a fare da guida alla giornata
    del Riformista day promossa dal giornale di Antonio Polito.
    E’ speranzoso, il professore, mica ottimista. Per dar coraggio alla
    platea evoca non solo l’antica parola d’ordine dell’antico Psi, rafforzandola con un’esortazione: “C’è una definizione dei doveri da riscoprire, per Dio!”, ma anche Machiavelli- tanto la quota di “volpe”, quella “che asseconda gli interessi e i pregiudizi correnti”, quanto quella di “leone”, che sarebbe “il sapore del coraggio e dell’innovazione”: un quarto della prima, tre quarti della seconda.
    E’ la giusta miscela per il cocktail del partito riformista, spiega,
    senza stare a tirarla tanto in lunga con le faccende delle diversità,
    ché “tendo ad arrabbiarmi quando qualcuno dice: la diversità è una ricchezza. A volte è una ricchezza, a volte crea casino”.

    E nel centrosinistra, crea sempre casino. Come già si è visto, e come la prossima settimana si vedrà sull’Iraq. E’ chiaro, Salvati, ma secondo Piero Fassino pecca di pessimismo: “Ha spiegato cose vere, ma il senso del suo intervento è che se uno è riformista quasi sempre perde le elezioni.
    Mi ostino a essere un riformista che le vuole vincere”. Vero che la platea del Riformista day è del tutto diversa da quella girotondina, cose anche sgradevoli si possono dire e a volte strappano anche l’applauso. Non ci si scandalizza se si sottolinea che “prevale una cultura dei diritti e non una dei diritti e dei doveri” e se addirittura “è l’intera dimensione dei ‘doveri’ che va ricostruita e fatta propria dalla sinistra”.
    Nella sua relazione Salvati ha spiegato quanto difficile sia
    “vendere” un progetto riformista in un paese di corporazioni, e quanto difficile sia mettere in piedi il partito riformista che dovrebbe sostenerlo, dato che “non c’è programma di riforma che sia così bello e convincente da poter essere sostenuto da un soggetto qualsiasi, da un soggetto che non sia altrettanto convincente e credibile del programma stesso”.
    Una giornata riformista che è stata, sostanzialmente, un serio (pure serioso, a volte) seminario (dopo Salvati sono intervenuti altri studiosi come Maurizio Ferrea o sindacalisti come Andrea Panzeri), fino al dibattito finale con i tre leader della lista unica (intesa riformista) – Piero Fassino, Enrico Boselli e Francesco Rutelli – con in più Savino Pezzotta, tallonati dalle domande di Giampaolo Pansa.

    Di Pietro che c’azzecca?
    I politici avevano l’occhio all’orologio, perché alla Camera si votava la legge sulla fecondazione (battutaccia di Boselli a Rutelli: “Però, pure se Rutelli non viene a votare…”), il sindacalista rilassato cedeva il passo e lasciava fare. A Fassino, Pansa ha chiesto notizie su come un futuro governo ulivista si regolerà con le tasse. Il segretario ds è partito da “l’inquietudine sotto la pelle del paese”, ha accusato Tremonti che “non ha ridotto di un centesimo le aliquote”, e ha proposto come sintesi:
    “Tasse giuste per tutti”.
    Pansa: “Troppo facile”.
    Fassino: “Però giusto”.
    A Boselli è toccato il tema della “revisione”, gli anni Novanta, il no a Di Pietro. Si prepara a rispondere, il microfono va in tilt, “solo sentire il nome di Di Pietro mi crea problemi”.
    Per Boselli l’ex pm va bene nell’Ulivo, ma con i riformisti, domanda (e cita) “che c’azzecca?”, tenuto conto che “la sua lista l’avrebbe fatta comunque”.
    Per Rutelli, dopo le polemiche in seguito alle sue prese di posizione tanto sulla fecondazione quanto sulle pensioni, viene evocato “Calimero pulcino nero”, e il leader della Margherita assume l’adeguata espressione.
    Ma ribadisce che si prepara a correre a Montecitorio per votare “con prevalente convinzione” una legge che gli alleati giudicano “oscurantista”.
    Sulle pensioni rivendica: “Non credo che abbiamo sbarellato, perché giusto oggi il governo ha cambiato in modo spettacolare posizione, togliendo la decontribuzione, togliendo il silenzio assenso, mettendo in campo l’obiettivo della previdenza complementare e dicendosi pronto a discutere dello ‘scalone’ che è la fonte della maggiore iniquità”. E adesso, aggiunge,
    “abbiamo una larghissima piattaforma condivisa al 90 per cento anche dai Ds”.
    E sulle aspettative dell’embrione di partito riformista che va sotto il nome di lista unitaria, Fassino ha aggiunto che “l’età di Cristo sarebbe un ottimo risultato”, insomma un 33 per cento andrebbe festeggiato. Che tanto, come dice loro pure Michele Salvati,
    “siamo nelle vostre mani”.

    saluti

  4. #4
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    Predefinito

    In origine postato da mustang
    ...Roma. Certo non sarà, come titolava giorni fa il Riformista “il day del giudizio”, ma pure la giornata sul riformismo – “un girotondo intorno alla lista riformista” – organizzata dal giornale di Antonio Polito ha diversi motivi di interesse....
    Certo ha molti più motivi di interessi la giornata organizzata da Liberal di Adornato, in contemporanea alla convention dei prodiani di Roma. Non solo per illustri intervenuti (compagno Bondi per primo) ma anche per il fatto che il molto onorevole presidente del senato, nonchè seconda carica dello stato, Pera chi?, si è sentito obbligato a spedire una bella letterina con i suoi suggerimenti per rinnovare una pronta vittoria elettorale.

    Super partes. O tempora o more. Par conditio. Tertium non datur.

    Che schifo...................

 

 

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